Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto venatorio e della pesca
Numero: 25728 | Data di udienza: 30 Aprile 2012
* DIRITTO VENATORIO – Caccia – C.d. “uccellagione” – Natura – Furto ordinario – Presupposti – Art. 30 c.1 lett.e) ed h) L. n.157/92 – Artt. 624, 625 e 626 c.p..
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 3 Luglio 2012
Numero: 25728
Data di udienza: 30 Aprile 2012
Presidente: Grassi
Estensore: Sabeone
Premassima
* DIRITTO VENATORIO – Caccia – C.d. “uccellagione” – Natura – Furto ordinario – Presupposti – Art. 30 c.1 lett.e) ed h) L. n.157/92 – Artt. 624, 625 e 626 c.p..
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.5^ 3 luglio 2012 (Ud 30/04/2012) Sentenza n. 25728
DIRITTO VENATORIO – Caccia – C.d. “uccellagione” – Natura – Furto ordinario – Presupposti – Art. 30 c.1 lett.e) ed h) L. n.157/92 – Artt. 624, 625 e 626 c.p..
Nell’ipotesi della c.d. “uccellagione” (ex articolo 30 comma 1 lettere e) ed h) legge n. 157/92), si è in presenza di una attività rispetto alla quale non può operarsi la distinzione tra attività di frodo compiuta dal cacciatore e attività di bracconaggio, pertanto, non si presta ad una interpretazione dell’articolo 30, comma 3 della citata legge portatrice di conseguenze diverse da quelle della non applicazione delle norme in tema di furto ordinario (articoli 624, 625 e 626 cod.pen.).
(sentenza n. 60/2011 TRIBUNALE di CAMPOBASSO, del 01/03/2011) Pres. Grassi, Est. Sabeone, Ric. Cassone
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.5^ 3 luglio 2012 (Ud 30/04/2012) Sentenza n. 25728SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALDO GRASSI – Presidente
Dott. PIERO SAVANI – Consigliere
Dott. PAOLO ANTONIO BRUNO – Consigliere
Dott. GERARDO SABEONE – Consigliere Rel.
Dott. LUCA PISTORELLI – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
– sul ricorso proposto da CASSONE CIRO N. IL 26/01/1973
– avverso la sentenza n. 60/2011 TRIBUNALE di CAMPOBASSO, del 01/03/2011
– sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Gerardo Sabeone;
– lette le conclusioni del PG Dott. Aurelio Galasso che ha chiesto l’annullamento senza rinvio;
RITENUTO IN FATTO
1. II Tribunale di Campobasso, con sentenza del 1 marzo 2011 emessa ai sensi dell’articolo 444 cod.proc.pen., ha applicato a Cassone Ciro la pena di mesi quattro e giorni dieci di reclusione ed euro 300,00 di multa per i reati di furto aggravato, maltrattamento di animali ed abusiva uccellagione.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando esclusivamente il mancato proscioglimento, ex articolo 129 cod.proc.pen.
3. La Settima Sezione Penale di questa Corte, cui gli atti erano stati trasmessi ai fini della valutazione sull’inammissibilità del ricorso con provvedimento del 24 gennaio 2012 ha disposto rimettersi gli atti a questa Sezione per la discussione.
4. II Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Deve preliminarmente osservarsi, pur non essendo oggetto di specifico motivo di ricorso, come secondo una corrente interpretazione dei Giudici dei merito la legge sulla caccia 11 febbraio 1992 n. 157 non escluda in via assoluta l’applicabilità del cosiddetto “furto venatorio”; in realtà al contrario prevede tale esclusione solamente in relazione ai casi specificamente previsti dagli articoli 30 e 31, che non esauriscono tutti quelli di apprensione della fauna da ritenersi vietati in base ad altri precetti contenuti nella legge stessa ed infatti la norma che proibisce l’applicazione del “furto venatorio” è l’articolo 30 n. 3 il quale recita: “nei casi di cui al comma 1 (dell’art. 30) non si applicano gli articoli 624, 625 e 626 cod.pen.” ed analoga previsione è contenuta nell’articolo 31 per le sanzioni amministrative.
Si deduce, quindi, che il reato di furto sia stato espressamente escluso soltanto nei casi circoscritti dalla prima parte dell’articolo 30 e da tutto l’articolo 31 in questione e cioè quelli riguardanti il cacciatore munito di licenza che violi la stessa e cacci di frodo, mentre il bracconiere senza licenza non rientra in questa prima parte dell’articolo 30 ed in tutto l’articolo 31 e non rientra in nessun’altra previsione specifica e dunque il furto venatorio appare ancora applicabile a suo carico, perché la fauna resta pur sempre patrimonio indisponibile dello Stato (articolo 1 I. cit.) e restano dunque intatti i vecchi presupposti giuridici del “furto venatorio”.
Il reato di furto aggravato di fauna ai danni dei patrimonio indisponibile dello Stato sarebbe, dunque secondo la suddetta tesi, ancora oggi applicabile nel regime della legge n. 157 del 1992 con riferimento al caso in cui l’apprensione o il semplice abbattimento della fauna sia opera di persona non munita di licenza di caccia.
Tale interpretazione, oltre che sui dati testuali sopra riferiti, risulterebbe anche alla luce del complessivo impianto normativo della legge 157 del 1992, il cui articolo 1 testualmente stabilisce l’appartenenza della fauna selvatica al patrimonio indisponibile dello Stato e con le norme successive regola le modalità attraverso le quali (concessione da parte dello Stato, articolo 12) è consentito l’esercizio dell’attività venatoria, specificando luoghi, tempi, modi e oggetto della stessa e prevedendo, correlativamente, agli articoli 30 e 31 sanzioni penali e amministrative per i comportamenti difformi ivi specificamente ed analiticamente elencati, per i quali è espressamente esclusa la possibilità di applicare le norme di cui agli artt. 624, 625 e 626 cod.pen..
Mentre, dunque, sono regolate minuziosamente le conseguenze dell’inosservanza della disciplina positiva dettata per l’esercizio della caccia, manca del tutto all’interno della legge la previsione delle conseguenze che derivano dall’esercizio della caccia in assenza della stessa licenza, e cioè del presupposto – la licenza appunto – che rende lecito un comportamento altrimenti non consentito.
Ora, proprio l’impianto complessivo della legge, fondato sul principio che è il possesso della licenza a rendere lecita l’appropriazione da parte del cacciatore di una fauna appartenente allo Stato, porta a ritenere che la mancanza della abilitazione faccia scattare la responsabilità per furto secondo le regole generali del codice penale, la cui esclusione è dalla legge stessa prevista solo con riguardo ai comportamenti di cui agli articolo 30 e 31 che, per il loro stesso contenuto di dettaglio, presuppongono il possesso da parte di chi li pone in essere della licenza di caccia.
Il dianzi indicato orientamento interpretativo, espresso nell’unico precedente noto di questa Corte di legittimità (v. Cass. Sez. IV 24 maggio 2004 n. 34352) non è, però, applicabile alla fattispecie sottoposta all’esame di questo Collegio.
Nella specie, alla luce del contestato capo d’imputazione, si verte in ipotesi di c.d. “uccellagione” (articolo 30 comma 1 lettere e) ed h) legge 157/92), attività rispetto alla quale non può operarsi l’indicata distinzione tra attività di frodo compiuta dal cacciatore e attività di bracconaggio e che, pertanto, non si presta ad una interpretazione dell’articolo 30, comma 3 della citata legge foriera di conseguenze diverse da quelle della non applicazione delle norme in tema di furto ordinario (articoli 624, 625 e 626 cod.pen.).
3. In definitiva, avendo l’impugnata sentenza di applicazione della pena su richiesta, ex articolo 444 cod.proc.pen., irrogato al ricorrente una pena in contrasto con quella di legge ecco che il relativo accordo deve ritenersi viziato, con la necessaria caducazione dell’impugnata sentenza e trasmissione degli atti al Tribunale a quo per nuovo giudizio.
P.T.M.
La Corte, annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Campobasso per nuovo giudizio.
Così deciso in Roma, il 30/4/2012.