Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto processuale penale,
Procedimento amministrativo,
Pubblica amministrazione
Numero: 38224 |
Data di udienza: 21 Luglio 2016
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Reati contro la P.A. – Presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali – Pericolo di reiterazione di reati – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Applicazione delle misure cautelari personali – Requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato – Esigenze cautelari di cui all’art. 274, lett. a) cod. proc. pen. – Giurisprudenza.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 6^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 14 Settembre 2016
Numero: 38224
Data di udienza: 21 Luglio 2016
Presidente: CARCANO
Estensore: MOGINI
Premassima
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Reati contro la P.A. – Presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali – Pericolo di reiterazione di reati – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Applicazione delle misure cautelari personali – Requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato – Esigenze cautelari di cui all’art. 274, lett. a) cod. proc. pen. – Giurisprudenza.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 6^ 14/09/2016 (ud. 21/07/2016) Sentenza n.38224
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Reati contro la P.A. – Presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali – Pericolo di reiterazione di reati.
Nei reati contro la P.A., il giudizio di prognosi sfavorevole sulla pericolosità sociale dell’incolpato non è di per sé impedito dalla circostanza che l’indagato abbia dismesso la carica o esaurito l’ufficio nell’esercizio del quale aveva realizzato la condotta addebitata, purché il giudice fornisca adeguata e logica motivazione sulle circostanze di fatto che rendono probabile che l’agente, pur in una diversa posizione soggettiva, possa continuare a porre in essere condotte antigiuridiche aventi lo stesso rilievo ed offensive della stessa categoria di beni e valori di appartenenza del reato commesso.
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Applicazione delle misure cautelari personali – Requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato – Esigenze cautelari di cui all’art. 274, lett. a) cod. proc. pen. – Giurisprudenza.
In tema di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto espressamente dalla legge 16 aprile 25, n. 47 nel testo dell’
art. 274 lett. c) cod. proc. pen., va inteso non come imminenza del pericolo di commissione di ulteriori reati, ma come prognosi di commissioni di delitti analoghi, fondata su elementi concreti e non congetturali rivelatori di una continuità ed effettività del pericolo di reiterazione, attualizzata al momento della adozione della misura (Sez. 6, n.9894 del 16/02/2016, C.). Il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato deve dunque fondarsi su dati concreti ed oggettivi, attinenti al caso di specie, che rendano tale esigenza reale ed attuale, cioè effettiva nel momento in cui si procede all’applicazione della misura cautelare (Sez. 6, n. 8211 del 11/02/2016, Ferrante e altri; Sez. 6, n. 19052 del 10/01/2013, De Pietro; Sez. 1, n. 15667 del 16/01/2013, Capogrosso e altri; Sez. 6, n. 9117 del 16/12/2011, Tedesco).
(conferma ordinanza n. 43/2016 pronunciata dal Tribunale del Riesame di Potenza il 16/4/2016) Pres. CARCANO, Rel. MOGINI Ric. Vicino
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 6^ 14/09/2016 (ud. 21/07/2016) Sentenza n.38224
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 6^ 14/09/2016 (ud. 21/07/2016) Sentenza n.38224
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Vicino Rosaria, nata a Corleto Perticara il 1/5/1954;
avverso l’ordinanza n. 43/2016 pronunciata dal Tribunale del Riesame di Potenza il 16/4/2016;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Stefano Mogini;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Roberto Aniello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito in difesa della ricorrente l’Avvocato Daniele De Angelis, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Vicino Rosaria ricorre per mezzo del proprio difensore avverso l’ordinanza in epigrafe, con la quale il Tribunale del Riesame di Potenza ha, ai sensi dell’
art.309 cod. proc. pen., confermato l’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Potenza che le aveva applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari per fatti di concussione, peculato, induzione indebita a dare o promettere utilità e corruzione propria a lei contestati ai capi D, E, F, H, I, L, M, O, R e S dell’imputazione provvisoria.
2. La ricorrente censura la sentenza impugnata lamentando:
2.1. mancanza di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del concreto rischio di recidiva specifica di cui all’
art. 274, lett. e) cod. proc. pen., con particolare riferimento alla mancata considerazione dell’arco temporale di circa un anno e mezzo intercorrente tra la data delle condotte incriminate (ottobre novembre 2014) e la data di esecuzione della misura cautelare (29 marzo 2016), nel corso del quale le attività investigative non hanno fatto registrare alcuna condotta significativa di ulteriori fattireato o, quantomeno, nessuna integrazione alla originaria richiesta di applicazione di misura cautelare.
In tale contesto, il solo generico ed astratto riferimento alla consolidata rete di rapporti della ricorrente negli ambiti politicoistituzionali appare dissonante rispetto ai parametri legali di concretezza e attualità delle esigenze cautelari in questione quali risultano a seguito dell’entrata in vigore della L. 47/2015, tenuto anche conto della circostanza che la ricorrente ha definitivamente dismesso sia la carica di sindaco nell’esercizio della quale essa avrebbe posto in essere le condotte a lei contestate che quella di consigliere comunale, mentre nell’esercizio della sua attività di dipendente della ASP di Potenza la ricorrente mai si è occupata del controllo delle estrazioni petrolifere cui si riferiscono le imputazioni.
2.2. mancanza di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del concreto e attuale pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova, che l’ordinanza impugnata ricava da circostanze e comportamenti non congruenti, sicché la giustificazione offerta dal provvedimento sarebbe totalmente carente e non utilmente integrabile.
2.3. contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alle esigenze cautelari di cui all’
art. 274, lett. a) cod. proc. pen., con specifico riferimento al paventato rischio per la raccolta di prove documentali ormai definitivamente acquisite, tenuto anche conto dell’intervenuta chiusura delle indagini preliminari.
2.4. Violazione dell’art. 275 cod. proc. pen. e mancanza di motivazione in relazione all’inidoneità di misure cautelari meno afflittive alla tutela delle sopra richiamate esigenze, predicata sulla base di mere clausole di stile pur in presenza del decorso di circa un anno e mezzo dai fatti contestati al momento della decisione cautelare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Infondato è il primo motivo di ricorso.
In tema di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto espressamente dalla legge 16 aprile 25, n. 47 nel testo dell’
art. 274 lett. c) cod. proc. pen., va inteso non come imminenza del pericolo di commissione di ulteriori reati, ma come prognosi di commissioni di delitti analoghi, fondata su elementi concreti e non congetturali rivelatori di una continuità ed effettività del pericolo di reiterazione, attualizzata al momento della adozione della misura (Sez. 6, n.9894 del 16/02/2016, C., Rv. 266421). Il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato deve dunque fondarsi su dati concreti ed oggettivi, attinenti al caso di specie, che rendano tale esigenza reale ed attuale, cioè effettiva nel momento in cui si procede all’applicazione della misura cautelare (Sez. 6, n. 8211 del 11/02/2016, Ferrante e altri, Rv. 266511).
Inoltre, nei reati contro la P.A., il giudizio di prognosi sfavorevole sulla pericolosità sociale dell’incolpato non è di per sé impedito dalla circostanza che l’indagato abbia dismesso la carica o esaurito l’ufficio nell’esercizio del quale aveva realizzato la condotta addebitata, purché il giudice fornisca adeguata e logica motivazione sulle circostanze di fatto che rendono probabile che l’agente, pur in una diversa posizione soggettiva, possa continuare a porre in essere condotte antigiuridiche aventi lo stesso rilievo ed offensive della stessa categoria di beni e valori di appartenenza del reato commesso. (Sez. 6, n. 19052 del 10/01/2013, De Pietro, Rv. 256223; Sez. 1, n. 15667 del 16/01/2013, Capogrosso e altri, Rv. 255351; Sez. 6, n. 9117 del 16/12/2011, Tedesco, Rv. 252389).
Alla stregua dei principi testé ricordati, l’ordinanza impugnata si rivela immune dai vizi denunciati dalla ricorrente. Essa fornisce infatti una motivazione del tutto adeguata circa i concreti elementi quali la dimostrata esistenza di una congerie di rapporti personali e politici della ricorrente con una pluralità di esponenti istituzionali e delle imprese costruita mediante l’elargizione di favori illeciti e nella permanenza delle logiche clientelari e affaristiche che hanno caratterizzato la consumazione dei numerosi delitti ascritti alla Vicino, rispetto ai quali non viene in questa sede contestata la gravità del compendio indiziario, oltre che nel perdurante rapporto lavorativo della ricorrente con la ASP di Potenza dai quali vengono dedotte, con percorso argomentativo immune da vizi logici e giuridici, la concretezza e la continuità, al momento della adozione della misura e della decisione impugnata, del ritenuto pericolo di reiterazione di reati contro la pubblica amministrazione (p. 42 e ss.).
1.2. Infondati devono altresì ritenersi i motivi di ricorso coi quali si è censurata la motivazione dell’ordinanza impugnata in punto di sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio. Il Tribunale del riesame giustifica infatti in modo adeguato e non illogico l’esistenza di quello specifico rischio sulla base del comportamento della ricorrente emergente da numerosi elementi indizianti, puntualmente indicati nel provvedimento impugnato volto a sviare le attività di indagine in corso prima dell’esecuzione dell’ordinanza genetica presso gli uffici di diverse amministrazioni comunali, nonché della personalità della Vicino e della sua dimostrata capacità di condizionamento di persone a lei legate da perduranti interessi politici ed economici al fine di concordare versioni di comodo da offrire agli investigatori, ovvero di occultare o far occultare tracce documentali rilevanti nel processo (p. 44 es.).
1.3. Congrua e immune da vizi logici e giuridici si palesa infine la motivazione dell’ordinanza impugnata in relazione alla ritenuta inidoneità di misure cautelari meno afflittive alla tutela delle sopra richiamate esigenze, giustificata con puntuale riferimento alla specifica natura di quelle esigenze e alla necessità di evitare che la ricorrente possa fruire di una incontrollata libertà di comunicazione con soggetti terzi (p. 45 e s.).
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 21/7/2016.