Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto processuale penale,
Diritto urbanistico - edilizia
Numero: 345 |
Data di udienza: 25 Novembre 2016
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reati edilizi – Difformità tra la normativa urbanistica ed edilizia e l’intervento realizzato – Ordine di demolizione delle opere abusive – Verifiche obbligatorie del giudice penale – Eventuale “disapplicazione” – Artt. 44, 93, 95 DPR n. 380/2001 – Giurisprudenza – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Rivalutazione del compendio probatorio e perimetro della giurisdizione di legittimità – Preciso difetto del percorso logico argomentativo – Necessità.
Provvedimento: Ordinanza
Sezione: 7^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 4 Gennaio 2017
Numero: 345
Data di udienza: 25 Novembre 2016
Presidente: GRILLO
Estensore: Di Stasi
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reati edilizi – Difformità tra la normativa urbanistica ed edilizia e l’intervento realizzato – Ordine di demolizione delle opere abusive – Verifiche obbligatorie del giudice penale – Eventuale “disapplicazione” – Artt. 44, 93, 95 DPR n. 380/2001 – Giurisprudenza – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Rivalutazione del compendio probatorio e perimetro della giurisdizione di legittimità – Preciso difetto del percorso logico argomentativo – Necessità.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 7^ 04/01/2017 (Ud. 25/11/2016) Ordinanza n.345
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reati edilizi – Difformità tra la normativa urbanistica ed edilizia e l’intervento realizzato – Ordine di demolizione delle opere abusive – Verifiche obbligatorie del giudice penale – Eventuale “disapplicazione” – Artt. 44, 93, 95 DPR n. 380/2001 – Giurisprudenza.
In tema di reati edilizi, qualora emerga una difformità tra la normativa urbanistica ed edilizia e l’intervento realizzato, per il quale sia stato rilasciato un titolo abilitativo, il giudice penale è in ogni caso tenuto a verificare incidentalmente la legittimità di quest’ultimo, senza che ciò comporti la sua eventuale “disapplicazione”, in quanto tale provvedimento non è sufficiente a definire di per sé – ovvero prescindendo dal quadro delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, e dalle rappresentazioni di progetto alla base della sua emissione – lo statuto di legalità dell’opera realizzata (Cass. Sez.3, n.36366 dell 6/06/2015; Sez.3, n.26144 del 22/04/2008; Sez.3, n.41620 del 02/10/2007; Sez.6, n.23255 del 17/02/2003).
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Rivalutazione del compendio probatorio e perimetro della giurisdizione di legittimità – Preciso difetto del percorso logico argomentativo – Necessità.
Il vizio di motivazione per superare il vaglio di ammissibilità non deve essere diretto a censurare genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve invece essere idoneo ad individuare un preciso difetto del percorso logico argomentativo offerto dalla Corte di merito, sia esso identificabile come illogicità manifesta della motivazione, sia esso inquadrabile come carenza od omissione argomentativa; quest’ultima declinabile sia nella mancata presa in carico degli argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle prove a sostegno delle componenti oggettive e soggettive del reato contestato. Il perimetro della giurisdizione di legittimità è, infatti, limitato alla rilevazione delle illogicità manifeste e delle carenze motivazionali, ovvero di vizi specifici del percorso argomentativo, che non possono dilatare l’area di competenza della Cassazione alla rivalutazione dell’interno compendio indiziario. Le discrasie logiche e le carenze motivazionali eventualmente rilevate per essere rilevanti devono, inoltre, avere la capacità di essere decisive, ovvero essere idonee ad incidere il compendio indiziario, incrinandone la capacità dimostrativa.
(Dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza n. 1819/2015 CORTE APPELLO di PALERMO, del 03/02/2016) Pres. GRILLO, Rel. DI STASI, Ric. Fanara
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 7^ 04/01/2017 (Ud. 25/11/2016) Ordinanza n.345
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 7^ 04/01/2017 (Ud. 25/11/2016) Ordinanza n.345
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SETTIMA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso proposto da FANARA ANGELA N. IL 08/02/1957
avverso la sentenza n. 1819/2015 CORTE APPELLO di PALERMO, del 03/02/2016 dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI STASI;
RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza pronunciata in data 3.2.2016, la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza del 29.10.2014 del Tribunale di Agrigento con la quale Fanara Angela era stata dichiarata responsabile dei reati di cui agli artt. 44, 95,93 DPR n. 380/2001 e condannata alla pena di mesi due di arresto ed euro 9.000,00 di ammenda con ordine di demolizione delle opere abusive.
2. – Avverso la sentenza, l’imputata ha proposto ricorso per cassazione, articolando due motivi, fondati su violazione di legge e vizio di motivazione, con i quali censura la sentenza impugnata con riferimento alla affermazione di responsabilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
2. Il primo motivo articolato è inammissibile per violazione dell’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., atteso che lo stesso involge esclusivamente censure di merito nei confronti dell’impugnata sentenza, riguardanti la rivalutazione del compendio probatorio.
Il vizio risulta diretto ad indurre la rivalutazione del compendio probatorio, senza l’indicazione di specifiche questioni in astratto idonee ad incidere sulla capacità dimostrativa delle prove raccolte.
Il vizio di motivazione per superare il vaglio di ammissibilità non deve essere diretto a censurare genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve invece essere idoneo ad individuare un preciso difetto del percorso logico argomentativo offerto dalla Corte di merito, sia esso identificabile come illogicità manifesta della motivazione, sia esso inquadrabile come carenza od omissione argomentativa; quest’ultima declinabile sia nella mancata presa in carico degli argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle prove a sostegno delle componenti oggettive e soggettive del reato contestato.
Il perimetro della giurisdizione di legittimità è, infatti, limitato alla rilevazione delle illogicità manifeste e delle carenze motivazionali, ovvero di vizi specifici del percorso argomentativo, che non possono dilatare l’area di competenza della Cassazione alla rivalutazione dell’interno compendio indiziario. Le discrasie logiche e le carenze motivazionali eventualmente rilevate per essere rilevanti devono, inoltre, avere la capacità di essere decisive, ovvero essere idonee ad incidere il compendio indiziario, incrinandone la capacità dimostrativa.
3. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di reati edilizi, qualora emerga una difformità tra la normativa urbanistica ed edilizia e l’intervento realizzato, per il quale sia stato rilasciato un titolo abilitativo, il giudice penale è in ogni caso tenuto a verificare incidentalmente la legittimità di quest’ultimo, senza che ciò comporti la sua eventuale “disapplicazione”, in quanto tale provvedimento non è sufficiente a definire di per sé – ovvero prescindendo dal quadro delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, e dalle rappresentazioni di progetto alla base della sua emissione – lo statuto di legalità dell’opera realizzata (Sez.3, n.36366 dell 6/06/2015, Rv.265034; Sez.3, n.26144 del 22/04/2008, Rv.240728; Sez.3, n.41620 del 02/10/2007, Rv.237995; Sez.6, n.23255 del 17/02/2003, Rv.225674).
Il ricorrente articola motivo che contrasta con tale giurisprudenza costante, le cui ragioni non tenta di confutare adducendo specifici motivi nuovi o diversi per sostenere l’opposta tesi.
4. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 25.11.2016