Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 20385 | Data di udienza: 22 Marzo 2019

RIFIUTI – Attività di gestione non autorizzata di rifiuti, stoccaggio e deposito incontrollato, pericolosi e non pericolosi – Responsabilità del legale rappresentante – Criteri – Esclusione dell’occasionalità della condotta – Individuazione dell’abitualità – Connotazione di pericolosità dei rifiuti – Fattispecie – Art. 256 d.lgs n.152/2006. 


Provvedimento: Ordinanza
Sezione: 7^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 13 Maggio 2019
Numero: 20385
Data di udienza: 22 Marzo 2019
Presidente: DI NICOLA
Estensore: GALTERIO


Premassima

RIFIUTI – Attività di gestione non autorizzata di rifiuti, stoccaggio e deposito incontrollato, pericolosi e non pericolosi – Responsabilità del legale rappresentante – Criteri – Esclusione dell’occasionalità della condotta – Individuazione dell’abitualità – Connotazione di pericolosità dei rifiuti – Fattispecie – Art. 256 d.lgs n.152/2006. 



Massima

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 7^ 13/05/2019 (Ud. 22/03/2019), Ordinanza n.20385


RIFIUTI – Attività di gestione non autorizzata di rifiuti, stoccaggio e deposito incontrollato, pericolosi e non pericolosi – Responsabilità del legale rappresentante – Criteri – Esclusione dell’occasionalità della condotta – Individuazione dell’abitualità – Connotazione di pericolosità dei rifiuti – Fattispecie – Art. 256 d.lgs n.152/2006. 
 
Si configura, nei confronti dell’amministratore di una s.r.l., il reato di cui all’art. 256, primo comma lett. a) e b) e secondo comma d. Lgs. 152/2006, per aver posto in essere (direttamente o attraverso dipendenti della società) un’attività di gestione non autorizzata di rifiuti, stoccaggio e deposito incontrollato, pericolosi e non pericolosi. Nella specie, è stato escluso che la raccolta e il trattamento di veicoli fuori uso fosse meramente occasionale, di conseguenza tale condotta è stata considerata abituale sia per le ingenti quantità e sia per le differenti tipologie dei rifiuti, nonché, per la predisposizione di mezzi idonei al loro trasporto. Mentre, la connotazione di pericolosità di alcuni rifiuti emergeva dalla mancata rimozione dei liquidi o di altri componenti pericolosi dalle auto fuori uso.

(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 15/05/2018 della CORTE APPELLO di CATANZARO) Pres. DI NICOLA, Rel. GALTERIO, Ric. Bartucci

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 7^ 13/05/2019 (Ud. 22/03/2019), Ordinanza n.20385

SENTENZA

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 7^ 13/05/2019 (Ud. 22/03/2019), Ordinanza n.20385

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SETTIMA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis 
  
ha pronunciato la seguente
 
ORDINANZA
 
sul ricorso proposto da BARTUCCI GIUSEPPE nato a COSENZA;
 
avverso la sentenza del 15/05/2018 della CORTE APPELLO di CATANZARO;
 
dato avviso alle parti;
 
udita la relazione svolta dal Consigliere DONATELLA GALTERIO;

RITENUTO IN FATTO
 
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Catanzaro ha integralmente confermato la condanna, resa all’esito del giudizio di primo grado dal Tribunale di Cosenza, nei confronti di Giuseppe Bartucci alla pena di quattro mesi di arresto ed € 1.800,00 di multa in quanto responsabile del reato di cui all’art. 256, primo comma lett. a) e b) e secondo comma d. lgs. 152/2006 per aver posto in essere, quale amministratore della s.r.l. Autodemolizioni F.lli Bartucci, attività di gestione, stoccaggio e deposito incontrollato di rifiuti, pericolosi e non pericolosi, provenienti dal trattamento di veicoli fuori uso.
 
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione formulando un unico pluriarticolato motivo con il quale lamenta, in relazione al vizio di violazione di legge e al vizio motivazionale, l’inconfigurabilità delle fattispecie criminose contestatigli eccependo che:
a) i veicoli rinvenuti nel piazzale adibito a piazzale di sosta dell’azienda, regolarmente autorizzata alla raccolta, stoccaggio e trattamento dei rifiuti, erano stati ivi collocati solo temporaneamente, in attesa di lavorazione, senza che la presenza in loco di attrezzi e cassoni scarabili autorizzasse diverse conclusioni, fondate su mere presunzioni;
b) la presenza di macchie sul terreno, di cui non veniva precisata né la tipologia, né la consistenza, non consentiva di presumere la natura pericolosa dei rifiuti ivi collocati;
c) l’autorizzazione conseguita dall’azienda al trattamento dei rifiuti imponeva di escludere l’illecito penale che sanziona l’attività svolta in assenza di autorizzazione e non già il luogo dove la stessa viene svolta, comunque adiacente all’area dove veniva regolarmente svolta l’attività autorizzata
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
Il ricorso è inammissibile per difetto di specificità, la quale ricorre in presenza non soltanto di censure indeterminate, ma altresì in assenza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, la quale non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, cade nel vizio di mancanza di cui all’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità (Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007 – dep. 10/09/2007, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 4, n.18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012 -, Pezzo Rv. 253849).
 
Le doglianze in esame risultano essere infatti essere state già svolte in termini analoghi con il ricorso in appello ed ampiamente disattese dai giudici del gravame i quali hanno reso risposte puntuali, coerenti ed aderenti alle risultanze istruttorie con riferimento ai singoli profili di doglianza, evidenziando che: 
a) l’area sulla quale erano stati ammassati i veicoli fuori uso e parti di essi provenienti dall’attività produttiva dell’impresa, così come rinvenuti in occasione del sopralluogo, trasformato in un deposito incontrollato di rifiuti non faceva parte del sito aziendale, nel quale soltanto era consentita l’attività di trattamento dei rifiuti per effetto della conseguita autorizzazione;
b) doveva escludersi che la raccolta dei rifiuti su tale area fosse meramente occasionale in ragione sia della ingente quantità e della differente tipologia degli stessi, sia della presenza sulla stessa area di mezzi idonei al trasporto che lasciava presumere una stabile organizzazione in tal senso; 
c) la connotazione di pericolosità di taluni dei suddetti rifiuti derivava dalla mancata rimozione dei liquidi o di altri componenti pericolosi dalle auto fuori uso ivi abbandonate, resa evidente dalle macchie di olio sullo stesso terreno in cui le vetture o parti di esse erano state ammassate.
 
A fronte di tali peculiari e pertinenti argomentazioni nessuna confutazione specifica è stata formulata dalla difesa limitatasi a contestare genericamente le conclusioni raggiunte dalla Corte distrettuale, senza indicare le puntuali ragioni volte a sollecitare una diversa risposta rispetto alle valutazioni del giudice di primo grado, confutandole o sovvertendole sul piano logico o giuridico, né tantomeno evidenziare incongruenze logiche o fratture argomentative tali da inficiare la tenuta del ragionamento sviluppato dai giudici di merito.
 
Devono pertanto essere richiamati i noti e consolidati orientamenti di questa Corte secondo cui gli accertamenti (giudizio ricostruttivo dei fatti) e gli apprezzamenti (giudizio valutativo dei fatti) cui il giudice del merito sia pervenuto attraverso l’esame delle prove, sorretti da adeguata motivazione esente da errori logici e giuridici, sono sottratti al sindacato di legittimità e non possono essere investiti dalla censura di difetto o contraddittorietà della motivazione solo perché contrari agli assunti del ricorrente, atteso che compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alle emergenze processuali, ma quello di stabilire se detti giudici abbiano fornito una corretta interpretazione di esse, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (cfr. Cass. Sez. 1^ n.42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507 e Cass. Sez. 1^ n.1507 del 17/12/1998, Rv. 212278). Il vizio motivazionale deducibile innanzi alla Corte di Cassazione deve essere diretto ad individuare un preciso difetto del percorso logico argomentativo offerto dalla Corte di merito, che va identificato come illogicità manifesta della motivazione o come omissione argomentativa, intesa sia quale mancata presa in carico degli argomenti difensivi, sia quale carente analisi delle prove a sostegno delle componenti oggettive e soggettive del reato contestato, e che deve essere altresì decisivo, ovverosia idoneo ad incidere sul compendio indiziario così da incrinarne la capacità dimostrativa, non potendo il sindacato di legittimità, riservato a questa Corte, dilatarsi nella indiscriminata rivalutazione dell’intero materiale probatorio che si risolverebbe in un nuovo giudizio di merito.
 
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
Così deciso in Roma, il 22 marzo 2019
 

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