Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: VIA VAS AIA
Numero: C-260/11 |
Data di udienza:
* VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALE – Particolari progetti pubblici e privati – Prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento – Onere finanziario – Convenzione di Aarhus – Accesso alla giustizia in materia ambientale – Nozione di procedimenti giurisdizionali “non eccessivamente onerosi” – Poteri e limiti del giudice nazionale – Art. 10 bis Dir. 85/337/CEE – Dir. 2003/35/CE – Art. 15 bis Dir. 96/61/CE.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 4^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 11 Aprile 2013
Numero: C-260/11
Data di udienza:
Presidente: Bay Larsen
Estensore: Bonichot
Premassima
* VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALE – Particolari progetti pubblici e privati – Prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento – Onere finanziario – Convenzione di Aarhus – Accesso alla giustizia in materia ambientale – Nozione di procedimenti giurisdizionali “non eccessivamente onerosi” – Poteri e limiti del giudice nazionale – Art. 10 bis Dir. 85/337/CEE – Dir. 2003/35/CE – Art. 15 bis Dir. 96/61/CE.
Massima
CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez.4^, 11/04/2013, Sentenza C-260/11
VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALE – Particolari progetti pubblici e privati – Prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento – Onere finanziario – Convenzione di Aarhus – Accesso alla giustizia in materia ambientale – Nozione di procedimenti giurisdizionali “non eccessivamente onerosi” – Poteri e limiti del giudice nazionale – Art. 10 bis Dir. 85/337/CEE – Dir. 2003/35/CE – Art. 15 bis Dir. 96/61/CE.
Il requisito secondo cui il procedimento giurisdizionale non deve essere eccessivamente oneroso, previsto dall’articolo 10 bis, quinto comma, della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, e dall’articolo 15 bis, quinto comma, della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento, come modificate dalla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, implica che alle persone ivi contemplate non venga impedito di proporre o di proseguire un ricorso giurisdizionale rientrante nell’ambito di applicazione di tali articoli a causa dell’onere finanziario che potrebbe risultarne. Qualora un giudice nazionale sia chiamato a pronunciarsi sulla condanna alle spese di un privato rimasto soccombente, in qualità di ricorrente, in una controversia in materia ambientale o, più in generale, qualora sia tenuto, come possono esserlo i giudici del Regno Unito, a prendere posizione, in una fase anteriore del procedimento, su un’eventuale limitazione dei costi che possono essere posti a carico della parte rimasta soccombente, egli deve assicurarsi del rispetto di tale requisito tenendo conto tanto dell’interesse della persona che desidera difendere i propri diritti quanto dell’interesse generale connesso alla tutela dell’ambiente. Nell’ambito di tale valutazione, il giudice nazionale non può basarsi unicamente sulla situazione economica dell’interessato, ma deve altresì procedere ad un’analisi oggettiva dell’importo delle spese. Peraltro, egli può tenere conto della situazione delle parti in causa, delle ragionevoli possibilità di successo del richiedente, dell’importanza della posta in gioco per il medesimo e per la tutela dell’ambiente, della complessità del diritto e della procedura applicabili, del carattere eventualmente temerario del ricorso nelle sue varie fasi nonché della sussistenza di un sistema nazionale di assistenza giurisdizionale o di un regime cautelare in materia di spese. Per contro, la circostanza che l’interessato, in concreto, non sia stato dissuaso dall’esercitare la sua azione non è sufficiente, di per sé, per considerare che il procedimento non sia eccessivamente oneroso per il medesimo. Infine, tale valutazione non può essere compiuta in base a criteri diversi a seconda che essa abbia luogo in esito ad un procedimento di primo grado, ad un appello o ad un’ulteriore impugnazione.
Pres. Bay Larsen, Rel. Bonichot
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez.4^, 11/04/2013, Sentenza C-260/11
SENTENZA
CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez.4^, 11/04/2013, Sentenza C-260/11
«Ambiente – Convenzione di Aarhus – Direttiva 85/337/CEE – Direttiva 2003/35/CE – Articolo 10 bis – Direttiva 96/61/CE – Articolo 15 bis – Accesso alla giustizia in materia ambientale – Nozione di procedimenti giurisdizionali ‘non eccessivamente onerosi’»
Nella causa C-260/11,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Supreme Court of the United Kingdom (Regno Unito), con decisione del 17 maggio 2011, pervenuta in cancelleria il 25 maggio 2011, nel procedimento
The Queen, con l’intervento di:
David Edwards,
Lilian Pallikaropoulos
contro
Environment Agency,
First Secretary of State,
Secretary of State for Environment, Food and Rural Affairs,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dai sigg. L. Bay Larsen, facente funzione di presidente della Quarta Sezione, J.-C. Bonichot (relatore), dalle sig.re C. Toader, A. Prechal e dal sig. E. Jarašiunas, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig. K. Malacek, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 settembre 2012,
considerate le osservazioni presentate:
– per L. Pallikaropoulos, da R. Buxton, solicitor, e D. Wolfe, QC;
– per il governo del Regno Unito, da C. Murrell e J. Maurici, in qualità di agenti, assistiti da R. Palmer, barrister;
– per il governo danese, da S. Juul Jørgensen e V. Pasternak Jørgensen, in qualità di agenti;
– per l’Irlanda, da E. Creedon e D. O’ Hagan, in qualità di agenti, assistiti da N. Hyland, barrister-at-law;
– per il governo ellenico, da G. Karipsiades, in qualità di agente;
– per la Commissione europea, da P. Oliver e L. Armati, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 18 ottobre 2012,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 10 bis, quinto comma, della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, pag. 40), e dell’articolo 15 bis, quinto comma, della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (GU L 257, pag. 26), quale modificata dalla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003 (GU L 156, pag. 17; in prosieguo, rispettivamente, la «direttiva 85/337» e la «direttiva 96/61»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che contrappone il sig. Edwards e la sig.ra Pallikaropoulos all’Environment Agency, al First Secretary of State nonché al Secretary of State for Environment, Food and Rural Affairs, in merito all’autorizzazione concessa dall’Environment Agency all’esercizio di un cementificio. La domanda riguarda la conformità con il diritto dell’Unione della decisione della House of Lords che condanna la sig.ra Pallikaropoulos, la cui impugnazione è stata respinta in quanto infondata, al pagamento delle spese delle controparti.
Contesto normativo
Il diritto internazionale
3 Ai sensi del preambolo della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU L 124, pag. 1; in prosieguo: la «convenzione di Aarhus»):
«(…)
[r]iconoscendo altresì che ogni persona ha il diritto di vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere e il dovere di tutelare e migliorare l’ambiente, individualmente o collettivamente, nell’interesse delle generazioni presenti e future,
[c]onsiderando che, per poter affermare tale diritto e adempiere a tale obbligo, i cittadini devono avere accesso alle informazioni, essere ammessi a partecipare ai processi decisionali e avere accesso alla giustizia in materia ambientale, e riconoscendo che per esercitare i loro diritti essi possono aver bisogno di assistenza,
(…)
[i]nteressate a che il pubblico (comprese le organizzazioni) abbia accesso a meccanismi giudiziari efficaci, in grado di tutelarne i legittimi interessi e di assicurare il rispetto della legge,
(…)».
4 L’articolo 1 della convenzione di Aarhus, intitolato «Finalità», prevede quanto segue:
«Per contribuire a tutelare il diritto di ogni persona, nelle generazioni presenti e future, a vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere, ciascuna Parte garantisce il diritto di accesso alle informazioni, di partecipazione del pubblico ai processi decisionali e di accesso alla giustizia in materia ambientale in conformità delle disposizioni della presente convenzione».
5 L’articolo 3 della convenzione in parola, che s’intitola «Disposizioni generali», al suo paragrafo 8 recita:
«Ciascuna Parte provvede affinché coloro che esercitano i propri diritti in conformità della presente convenzione non siano penalizzati, perseguiti o soggetti in alcun modo a misure vessatorie a causa delle loro azioni. La presente disposizione lascia impregiudicato il potere dei giudici nazionali di esigere il pagamento di un importo ragionevole a titolo di spese processuali».
6 Sotto il titolo «Accesso alla giustizia», l’articolo 9 della medesima convenzione precisa quanto segue:
«(…)
2. Nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico interessato
a) che vantino un interesse sufficiente
o in alternativa
b) che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di detta Parte esiga tale presupposto,
abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni dell’articolo 6 e, nei casi previsti dal diritto nazionale e fatto salvo il paragrafo 3, ad altre pertinenti disposizioni della presente convenzione.
(…)
3. In aggiunta, e ferme restando le procedure di ricorso di cui ai paragrafi 1 e 2, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale.
4. Fatto salvo il paragrafo 1, le procedure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 devono offrire rimedi adeguati ed effettivi, ivi compresi, eventualmente, provvedimenti ingiuntivi, e devono essere obiettive, eque, rapide e non eccessivamente onerose. (…)
5. Per accrescere l’efficacia delle disposizioni del presente articolo, ciascuna Parte provvede affinché il pubblico venga informato della possibilità di promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale e prende in considerazione l’introduzione di appositi meccanismi di assistenza diretti ad eliminare o ridurre gli ostacoli finanziari o gli altri ostacoli all’accesso alla giustizia».
Il diritto dell’Unione
7 A norma dell’articolo 10 bis della direttiva 85/337 nonché dell’articolo 15 bis della direttiva 96/61:
«Gli Stati membri provvedono, in conformità del proprio ordinamento giuridico nazionale, affinché i membri del pubblico interessato:
a) che vantino un interesse sufficiente o, in alternativa,
b) che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto,
abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva.
Gli Stati membri stabiliscono in quale fase possono essere contestati le decisioni, gli atti o le omissioni.
Gli Stati membri determinano ciò che costituisce interesse sufficiente e violazione di un diritto, compatibilmente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia. (…)
Le disposizioni del presente articolo non escludono la possibilità di avviare procedure di ricorso preliminare dinanzi all’autorità amministrativa e non incidono sul requisito dell’esaurimento delle procedure di ricorso amministrativo quale presupposto dell’esperimento di procedure di ricorso giurisdizionale, ove siffatto requisito sia prescritto dal diritto nazionale.
Una siffatta procedura è giusta, equa, tempestiva e non eccessivamente onerosa.
(…)».
8 La direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1), ha proceduto alla codificazione della direttiva 85/337. L’articolo 11, paragrafo 4, secondo comma, della direttiva 2011/92 prevede disposizioni identiche a quelle dell’articolo 10 bis, quinto comma, della direttiva 85/337.
9 La direttiva 2008/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (GU L 24, pag. 8), ha provveduto alla codificazione della direttiva 96/61. L’articolo 16, paragrafo 4, secondo comma, della direttiva 2008/1 prevede disposizioni identiche a quelle dell’articolo 15 bis, quinto comma, della direttiva 96/61.
Il diritto del Regno Unito
10 L’articolo 49, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Supreme Court del 2009 (Supreme Court Rules 2009, SI 2009, n. 1603) dispone quanto segue:
«La valutazione dettagliata delle spese viene effettuata da due costs officers nominati dal presidente, e:
a) uno di essi deve essere un costs judge (un Taxing Master presso le Senior courts)
e
b) il secondo può essere il cancelliere».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
11 Il sig. Edwards ha contestato la decisione dell’Environment Agency di autorizzare lo sfruttamento di un cementificio, compreso l’incenerimento di rifiuti, a Rugby (Regno Unito), alla luce del diritto ambientale, facendo segnatamente valere la mancata valutazione dell’impatto ambientale del progetto. In tale contesto, il sig. Edwards ha potuto fruire di un’assistenza giurisdizionale.
12 Il suddetto ricorso è stato respinto e il sig. Edwards ha interposto appello dinanzi alla Court of Appeal prima di decidere, infine, di rinunciare al procedimento l’ultimo giorno di udienza.
13 Su propria richiesta la sig.ra Pallikaropoulos è stata ammessa a partecipare in qualità di ricorrente per il seguito del procedimento. Essa non soddisfaceva le condizioni necessarie per fruire dell’assistenza giurisdizionale, ma la Court of Appeal ha accettato di limitare i suoi obblighi in materia di spese a GBP 2 000.
14 La Court of Appeal ha respinto l’appello della sig.ra Pallikaropoulos e ha condannato la stessa al pagamento delle proprie spese nonché a quelle delle controparti entro il limite massimo sopra citato.
15 La sig.ra Pallikaropoulos ha proposto impugnazione dinanzi alla House of Lords, dove ha chiesto di non essere tenuta a prestare la cauzione, richiestale da tale giudice, per le spese prevedibili, di un importo pari a GBP 25 000. Tale istanza è stata respinta.
16 La sig.ra Pallikaropoulos ha anche chiesto di beneficiare di un provvedimento cautelare in materia di spese («protective costs order») volto a limitare la sua responsabilità in materia di spese nell’ipotesi in cui la sua impugnazione fosse rimasta infruttuosa. Tale istanza è stata respinta.
17 Con decisione del 16 aprile 2008, la House of Lords ha confermato la decisione della Court of Appeal di respingere l’appello e, in data 18 luglio seguente, ha condannato la sig.ra Pallikaropoulos a pagare ai convenuti le spese inerenti all’impugnazione, il cui importo, in caso di disaccordo tra le parti, doveva essere fissato dal Clerk of the Parliaments. I convenuti hanno presentato due fatture di GBP 55 810 e di GBP 32 290 a titolo di spese ripetibili.
18 La competenza della House of Lords è stata trasferita alla Supreme Court of the United Kingdom, nuovamente costituita il 1° ottobre 2009. In base al regolamento di procedura della Supreme Court del 2009, la valutazione dettagliata delle spese è stata effettuata da due «costs officers» designati dal presidente di tale organo giurisdizionale. In tale contesto, la sig.ra Pallikaropoulos ha invocato le direttive 85/337 e 96/61 per contestare la sua condanna alle spese.
19 Con decisione del 4 dicembre 2009, i «costs officers» hanno dichiarato di essere competenti, in linea di principio, a valutare la fondatezza di tale argomento.
20 I convenuti nel procedimento principale, nel giudizio relativo alle spese, hanno proposto impugnazione avverso la suddetta decisione dinanzi ad un giudice unico della Supreme Court of the United Kingdom, nell’ambito della quale invitavano quest’ultima a rinviare la causa dinanzi ad un collegio di cinque giudici, rinvio che è stato infine deciso.
21 Tale collegio si è pronunciato il 15 dicembre 2010. Esso ha ritenuto che i «costs officers» avrebbero dovuto attenersi alle sole competenze loro assegnate dal regolamento di procedura della Supreme Court del 2009 e limitarsi, di conseguenza, a liquidare le spese. A suo giudizio, la questione se il procedimento seguito sia eccessivamente oneroso ai sensi delle direttive 85/337 e 96/61 compete unicamente al giudice del merito, il quale può statuire o in limine litis, quando esamina la domanda di provvedimento cautelare in materia di spese, oppure contestualmente alla sua decisione nel merito.
22 Lo stesso collegio ha anche ritenuto che la questione se la condanna della sig.ra Pallikaropoulos al pagamento delle spese dei convenuti fosse contraria a tali direttive non sia stata esaminata dalla House of Lords nell’ambito dell’esame della sua istanza di provvedimento cautelare in materia di spese.
23 Atteso quanto precede, la Supreme Court of the United Kingdom ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) In che modo un giudice nazionale debba affrontare la questione della condanna alle spese di un privato, rimasto soccombente come ricorrente in una controversia in materia ambientale, alla luce delle prescrizioni dell’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus, quale attuato dall’articolo 10 bis della [direttiva 85/337] e dall’articolo 15 bis della [direttiva 96/61].
2) Se la questione se il procedimento sia da considerarsi “eccessivamente oneroso” o meno, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus, quale attuata da [tali] direttive, debba essere decisa sulla base di criteri oggettivi (considerando, ad esempio, la capacità di un soggetto privato “medio” di far fronte all’eventuale pagamento delle spese giudiziali), o di criteri soggettivi (considerando i mezzi di cui dispone un ricorrente in particolare), o sulla base di una combinazione di tali due criteri.
3) Oppure se si tratti invece di una questione che rientra interamente nel diritto interno degli Stati membri, a condizione che sia conseguito l’obiettivo prefissato dalle [suddette] direttive, ossia che il procedimento di cui trattasi non sia “eccessivamente oneroso”.
4) Se sia rilevante, al fine di valutare se il procedimento sia o meno “eccessivamente oneroso”, che il ricorrente non sia stato, di fatto, dissuaso dal proporre ricorso o dal proseguire il procedimento.
5) Se, in fase i) di appello o ii) di ulteriore impugnazione, sia ammissibile un approccio a tali questioni diverso da quello che occorre adottare in primo grado».
Sulle questioni pregiudiziali
24 Con le sue diverse questioni, che vanno esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede alla Corte di precisare, da un lato, il significato del requisito di cui all’articolo 10 bis, quinto comma, della direttiva 85/337 nonché all’articolo 15 bis, quinto comma, della direttiva 96/61, secondo cui le procedure giurisdizionali contemplate dalle predette disposizioni non devono essere eccessivamente onerose, e, dall’altro, i criteri di valutazione di tale requisito, che possono essere applicati da un giudice nazionale quando statuisce sulle spese, nonché il margine di manovra degli Stati membri nella definizione di tali criteri nel diritto interno. Nell’ambito della valutazione, ad opera del giudice nazionale, dell’eventuale eccessiva onerosità del procedimento, il giudice del rinvio chiede parimenti alla Corte di precisare se il giudice debba prendere in considerazione la circostanza che la parte che può essere condannata alle spese non sia stata effettivamente dissuasa dal promuovere o proseguire il suo ricorso e se, peraltro, la sua analisi possa divergere a seconda che egli statuisca in esito ad un procedimento di primo grado, ad un appello o ad un’ulteriore impugnazione.
Sulla nozione di procedimento «non eccessivamente oneroso» ai sensi delle direttive 85/337 e 96/61
25 Come già statuito dalla Corte, va anzitutto ricordato che il requisito che i procedimenti giurisdizionali non siano eccessivamente onerosi, previsto dall’articolo 10 bis, quinto comma, della direttiva 85/337 e dall’articolo 15 bis, quinto comma, della direttiva 96/61, non vieta ai giudici nazionali di pronunciare una condanna alle spese (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2009, Commissione/Irlanda, C-427/07, Racc. pag. I-6277, punto 92).
26 Ciò emerge esplicitamente dalla convenzione di Aarhus sulla quale il legislatore dell’Unione deve essere «adeguatamente allineato», come risulta dal considerando 5 della direttiva 2003/35, che ha modificato le direttive 85/337 e 96/61, mentre l’articolo 3, paragrafo 8, di tale convenzione precisa che rimane impregiudicato il potere dei giudici nazionali di esigere un importo ragionevole a titolo di spese processuali in esito ad un procedimento giurisdizionale.
27 Va, poi, sottolineato che il requisito che il procedimento non sia eccessivamente oneroso riguarda il complesso dei costi finanziari derivanti dalla partecipazione al procedimento giurisdizionale (v., in tal senso, Commissione/Irlanda, cit., punto 92).
28 Pertanto, il carattere eccessivamente oneroso deve essere valutato globalmente, tenendo conto di tutte le spese sostenute dall’interessato.
29 Peraltro, dai requisiti inerenti tanto all’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto al principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione, la quale non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del suo senso e della sua portata, di norma devono essere oggetto, nell’intera Unione europea, di un’interpretazione autonoma ed uniforme, da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e della finalità perseguita (v., in particolare, sentenza del 14 febbraio 2012, Flachglas Torgau, C-204/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 37).
30 Ne consegue che, sebbene né la convenzione di Aarhus, il cui articolo 9, paragrafo 4, prevede che le procedure contemplate ai suoi paragrafi 1-3 non debbano essere eccessivamente onerose, né le direttive 85/337 e 96/61 precisino in che modo vada valutato il costo di un procedimento giurisdizionale al fine di determinare se debba essere considerato eccessivamente oneroso, tale valutazione non può rientrare nel solo diritto nazionale.
31 Come esplicitamente specificato agli articoli 10 bis, terzo comma, della direttiva 85/337 e 15 bis, terzo comma, della direttiva 96/61, l’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione consiste nel conferire al pubblico interessato «un ampio accesso alla giustizia».
32 Tale obiettivo rientra, più ampiamente, nella volontà del legislatore dell’Unione di preservare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente e di assegnare al pubblico un ruolo attivo a tal fine.
33 Peraltro, il requisito inerente al procedimento «non eccessivamente oneroso», nel settore ambientale, contribuisce al rispetto del diritto ad un ricorso effettivo, sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché del principio di effettività secondo cui le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (v., in particolare, sentenza dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie VLK, C-240/09, Racc. pag. I-1255, punto 48).
34 Infine, anche se il documento pubblicato nel 2000 dalla Commissione economica per l’Europa dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, intitolato «La convenzione di Aarhus, guida all’applicazione», non può fornire un’interpretazione vincolante di tale convenzione, si può rilevare che quest’ultima precisa che le spese di un ricorso ai sensi della convenzione o per fare applicare il diritto nazionale dell’ambiente non devono essere tanto elevate da impedire ai membri del pubblico di proporre ricorso ove lo reputino necessario.
35 Da quanto precede risulta che il requisito secondo cui il procedimento giurisdizionale non deve essere eccessivamente oneroso, previsto dall’articolo 10 bis, quinto comma, della direttiva 85/337 e dall’articolo 15 bis, quinto comma, della direttiva 96/61 implica che alle persone ivi contemplate non venga impedito di proporre o di proseguire un ricorso giurisdizionale rientrante nell’ambito di applicazione di tali articoli a causa dell’onere finanziario che potrebbe risultarne. Qualora un giudice nazionale sia chiamato a pronunciarsi sulla condanna alle spese di un privato rimasto soccombente, in qualità di ricorrente, in una controversia in materia ambientale o, più in generale, qualora sia tenuto, come possono esserlo i giudici del Regno Unito, a prendere posizione, in una fase anteriore del procedimento, su un’eventuale limitazione dei costi che possono essere posti a carico della parte rimasta soccombente, egli deve assicurarsi del rispetto di tale requisito tenendo conto tanto dell’interesse della persona che desidera difendere i propri diritti quanto dell’interesse generale connesso alla tutela dell’ambiente.
Sui criteri pertinenti di valutazione del requisito inerente al procedimento «non eccessivamente oneroso»
36 Come specificato al punto 24 della presente sentenza, la Supreme Court of the United Kingdom desirerebbe conoscere i criteri di valutazione che il giudice nazionale deve applicare per assicurare il rispetto del requisito, in sede di pronuncia sulla spese, che i costi del procedimento non siano di un importo eccessivamente oneroso. Essa chiede, in particolare, se tale valutazione abbia carattere oggettivo o invece soggettivo, nonché in quale misura si debba tenere conto del diritto nazionale.
37 Occorre ricordare che, in virtù di una giurisprudenza costante, in mancanza di precisazioni da parte del diritto dell’Unione, spetta agli Stati membri, nell’attuare una direttiva, garantire la piena efficacia di questa, pur disponendo di un ampio margine discrezionale quanto alla scelta dei mezzi (v., in particolare, sentenza del 9 novembre 2006, C-216/05, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I-10787, punto 26).
38 Ne consegue che, per quanto attiene ai mezzi atti a conseguire l’obiettivo di garantire una tutela giurisdizionale effettiva senza costi eccessivi nel settore del diritto ambientale, si devono prendere in considerazione tutte le disposizioni del diritto nazionale pertinenti e, in particolare, di un sistema nazionale di assistenza giurisdizionale, nonché di un regime cautelare in materia di spese, come quello indicato al punto 16 della presente sentenza. Infatti, occorre tenere conto delle notevoli differenze nelle normative nazionali in tale settore.
39 Peraltro, come precedentemente rilevato, il giudice nazionale chiamato a statuire sulle spese deve assicurarsi del rispetto di tale requisito tenendo conto sia dell’interesse della persona che desidera difendere i propri diritti sia dell’interesse generale connesso alla tutela dell’ambiente.
40 Di conseguenza, tale valutazione non può essere compiuta unicamente in relazione alla situazione economica dell’interessato, ma deve anche poggiare su un’analisi oggettiva dell’importo delle spese, e ciò a fortiori in quanto, come precisato al punto 32 della presente sentenza, i privati e le associazioni sono naturalmente chiamati a svolgere un ruolo attivo nella tutela dell’ambiente. In tal senso, le spese di un procedimento non devono apparire, in determinati casi, oggettivamente irragionevoli. Pertanto, le spese di un procedimento non devono superare le capacità finanziarie dell’interessato né apparire, ad ogni modo, oggettivamente irragionevoli.
41 Per quanto riguarda l’analisi della situazione economica dell’interessato, la valutazione che il giudice nazionale deve effettuare non può basarsi unicamente su una stima delle capacità finanziarie di un ricorrente «medio», poiché siffatti dati possono avere soltanto un esile collegamento con la situazione dell’interessato.
42 Peraltro, il giudice può tener conto della situazione delle parti in causa, delle ragionevoli possibilità di successo del richiedente, dell’importanza della posta in gioco per quest’ultimo nonché per la tutela dell’ambiente, della complessità del diritto e della procedura applicabili nonché del carattere eventualmente temerario del ricorso nelle varie sue fasi (v., per analogia, sentenza del 22 dicembre 2010, DEB, C-279/09, Racc. pag. I-13849, punto 61).
43 Va altresì precisato che la circostanza, addotta dalla Supreme Court of the United Kingdom, che l’interessato non sia stato in concreto dissuaso dall’esercitare la sua azione non è sufficiente, di per sé, per considerare che il procedimento non sia eccessivamente oneroso per il medesimo, nel senso, sopra precisato, delle direttive 85/337 e 96/61.
44 Infine, per quanto riguarda la questione se la valutazione del carattere non eccessivamente oneroso del procedimento dovrebbe essere diversa a seconda che il giudice nazionale statuisca sulle spese in esito ad un procedimento di primo grado, ad un appello o ad un’ulteriore impugnazione, parimenti evocata dal giudice del rinvio, oltre al fatto che tale distinzione non è prevista nelle direttive 85/337 e 96/61, una siffatta interpretazione non sarebbe atta a rispettare pienamente l’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione, che è quello di garantire un ampio accesso alla giustizia e di contribuire al miglioramento della tutela dell’ambiente.
45 Il requisito del carattere non eccessivamente oneroso del procedimento giurisdizionale non può quindi essere valutato in modo diverso da un giudice nazionale a seconda che egli statuisca in esito ad un procedimento di primo grado, ad un appello o ad un’ulteriore impugnazione.
46 Di conseguenza, si deve ritenere che, qualora il giudice nazionale, nel contesto ricordato al punto 41 della presente sentenza, sia chiamato a pronunciarsi in merito al carattere eccessivamente oneroso, per l’interessato, di un procedimento giurisdizionale in materia ambientale, egli non può basarsi unicamente sulla situazione economica di quest’ultimo, ma deve altresì procedere ad un’analisi oggettiva dell’importo delle spese. Peraltro, egli può tenere conto della situazione delle parti in causa, delle ragionevoli possibilità di successo del richiedente, dell’importanza della posta in gioco per il medesimo e per la tutela dell’ambiente, della complessità del diritto e della procedura applicabili, del carattere eventualmente temerario del ricorso nelle sue varie fasi nonché della sussistenza di un sistema nazionale di assistenza giurisdizionale o di un regime cautelare in materia di spese.
47 Per contro, la circostanza che l’interessato, in concreto, non sia stato dissuaso dall’esercitare la sua azione non è sufficiente, di per sé, per considerare che il procedimento non abbia per il medesimo un siffatto carattere eccessivamente oneroso.
48 Infine, tale valutazione non può essere compiuta in base a criteri diversi a seconda che essa abbia luogo in esito ad un procedimento di primo grado, ad un appello o ad un’ulteriore impugnazione.
Sulle spese
49 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
Il requisito secondo cui il procedimento giurisdizionale non deve essere eccessivamente oneroso, previsto dall’articolo 10 bis, quinto comma, della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, e dall’articolo 15 bis, quinto comma, della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento, come modificate dalla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, implica che alle persone ivi contemplate non venga impedito di proporre o di proseguire un ricorso giurisdizionale rientrante nell’ambito di applicazione di tali articoli a causa dell’onere finanziario che potrebbe risultarne. Qualora un giudice nazionale sia chiamato a pronunciarsi sulla condanna alle spese di un privato rimasto soccombente, in qualità di ricorrente, in una controversia in materia ambientale o, più in generale, qualora sia tenuto, come possono esserlo i giudici del Regno Unito, a prendere posizione, in una fase anteriore del procedimento, su un’eventuale limitazione dei costi che possono essere posti a carico della parte rimasta soccombente, egli deve assicurarsi del rispetto di tale requisito tenendo conto tanto dell’interesse della persona che desidera difendere i propri diritti quanto dell’interesse generale connesso alla tutela dell’ambiente.
Nell’ambito di tale valutazione, il giudice nazionale non può basarsi unicamente sulla situazione economica dell’interessato, ma deve altresì procedere ad un’analisi oggettiva dell’importo delle spese. Peraltro, egli può tenere conto della situazione delle parti in causa, delle ragionevoli possibilità di successo del richiedente, dell’importanza della posta in gioco per il medesimo e per la tutela dell’ambiente, della complessità del diritto e della procedura applicabili, del carattere eventualmente temerario del ricorso nelle sue varie fasi nonché della sussistenza di un sistema nazionale di assistenza giurisdizionale o di un regime cautelare in materia di spese.
Per contro, la circostanza che l’interessato, in concreto, non sia stato dissuaso dall’esercitare la sua azione non è sufficiente, di per sé, per considerare che il procedimento non sia eccessivamente oneroso per il medesimo.
Infine, tale valutazione non può essere compiuta in base a criteri diversi a seconda che essa abbia luogo in esito ad un procedimento di primo grado, ad un appello o ad un’ulteriore impugnazione.
Firme