Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Inquinamento atmosferico
Numero: C-158/15 | Data di udienza:
INQUINAMENTO ATMOSFERICO – Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra – Nozione di “impianto” – Inclusione del sito di stoccaggio del combustibile – Regolamento (UE) n. 601/2012 – Nozione di “combustibile esportato dall’impianto”- Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2003/87/CE.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 6^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 9 Giugno 2016
Numero: C-158/15
Data di udienza:
Presidente: Arabadjiev
Estensore: Bonichot
Premassima
INQUINAMENTO ATMOSFERICO – Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra – Nozione di “impianto” – Inclusione del sito di stoccaggio del combustibile – Regolamento (UE) n. 601/2012 – Nozione di “combustibile esportato dall’impianto”- Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2003/87/CE.
Massima
CORTE DI GIUSTIZIA UE, Sez.6^ – 9 giugno 2016, sentenza C-158/15
INQUINAMENTO ATMOSFERICO – Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra – Nozione di “impianto” – Inclusione del sito di stoccaggio del combustibile – Regolamento (UE) n. 601/2012 – Nozione di “combustibile esportato dall’impianto”- Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2003/87/CE.
Fa parte di un «impianto» ai sensi dell’articolo 3, lettera e), della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE, come modificata dalla decisione n. 1359/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, un sito di stoccaggio del combustibile di una centrale a carbone come quello di cui trattasi nel procedimento principale e descritto dal giudice del rinvio. L’articolo 27, paragrafo 2, primo comma, del regolamento (UE) n. 601/2012 della Commissione, del 21 giugno 2012, concernente il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87, come modificato dal regolamento (UE) n. 206/2014 della Commissione, del 4 marzo 2014, deve essere interpretato nel senso che le perdite di carbone provenienti dal processo di autocombustione naturale di quest’ultimo durante lo stoccaggio in un sito facente parte di un impianto a norma dell’articolo 3, lettera e), della direttiva 2003/87 non possono essere considerate come carbone esportato da tale impianto.
Pres. Arabadjiev, Rel. Bonichot
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI GIUSTIZIA UE, Sez.6^ - 9 giugno 2016, sentenza C-158/15SENTENZA
CORTE DI GIUSTIZIA UE, Sez.6^ – 9 giugno 2016, sentenza C-158/15
SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
9 giugno 2016
«Rinvio pregiudiziale – Inquinamento atmosferico – Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra – Direttiva 2003/87/CE – Nozione di “impianto” – Inclusione del sito di stoccaggio del combustibile – Regolamento (UE) n. 601/2012 – Nozione di “combustibile esportato dall’impianto”»
Nella causa C-158/15,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi), con decisione del 1° aprile 2015, pervenuta in cancelleria il 3 aprile 2015, nel procedimento
Elektriciteits Produktiemaatschappij Zuid-Nederland EPZ NV
contro
Bestuur van de Nederlandse Emissieautoriteit,
LA CORTE (Sesta Sezione)
composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, J.‑C. Bonichot (relatore) e E. Regan, giudici,
avvocato generale: J. Kokott
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per l’Elektriciteits Produktiemaatschappij Zuid-Nederland EPZ NV, da V.M.Y. van ‘t Lam e T. Kortmann, advocaten;
– per il governo dei Paesi Bassi, da M. de Ree e M. Bulterman, in qualità di agenti;
– per la Commissione europea, da E. Manhaeve e K. Mifsud-Bonnici, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 marzo 2016,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, lettera e), della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU 2003, L 275, pag. 32), come modificata dalla decisione n. 1359/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013 (GU 2013, L 343; in prosieguo: la «direttiva 2003/87»), e dell’articolo 27, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 601/2012 della Commissione, del 21 giugno 2012, concernente il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87/CE (GU 2012, L 181, pag. 30), come modificato dal regolamento (UE) n. 206/2014 della Commissione, del 4 marzo 2014 (GU 2014, L 65, pag. 27; in prosieguo: il «regolamento n. 601/2012»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Elektriciteits Produktiemaatschappij Zuid-Nederland EPZ NV (in prosieguo: la «EPZ») e la Bestuur van de Nederlandse Emissieautoriteit (direzione dell’Autorità neerlandese competente in materia di emissioni; in prosieguo: la «NEa»), in merito alla presa in considerazione delle emissioni dei gas a effetto serra provenienti dall’autocombustione del carbone durante lo stoccaggio.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
La direttiva 2003/87
3 Il considerando 11 della direttiva 2003/87 così recita:
«È opportuno che gli Stati membri assicurino che i gestori che esercitano determinate attività siano in possesso di un’autorizzazione a emettere gas a effetto serra e controllino e notifichino le proprie emissioni di gas a effetto serra specificate in relazione a tali attività».
4 L’articolo 2 della medesima direttiva, intitolato «Campo di applicazione», al paragrafo 1 prevede quanto segue:
«La presente direttiva si applica alle emissioni provenienti dalle attività indicate nell’allegato I e ai gas a effetto serra elencati nell’allegato II».
5 L’articolo 3 di detta direttiva, rubricato «Definizioni», enuncia quanto segue:
«Ai fini della presente direttiva valgono le seguenti definizioni:
(…)
b) “emissioni”, il rilascio nell’atmosfera di gas a effetto serra a partire da fonti situate in un impianto, (…)
(…)
e) “impianto”, un’unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell’allegato I e altre attività direttamente associate che hanno un collegamento tecnico con le attività svolte in tale sito e che potrebbero incidere sulle emissioni e sull’inquinamento;
(…)
t) “combustione”, l’ossidazione di combustibili, indipendentemente dall’impiego che viene fatto dell’energia termica, elettrica o meccanica prodotte in tale processo, e altre attività direttamente connesse, compreso il lavaggio dei gas di scarico;
(…)».
6 L’articolo 12 della medesima direttiva, intitolato «Trasferimento, restituzione e cancellazione di quote di emissioni», al paragrafo 3 prevede quanto segue:
«Gli Stati membri provvedono affinché, entro il 30 aprile di ogni anno, il gestore di ciascun impianto restituisca un numero di quote di emissioni, diverse dalle quote rilasciate a norma del capo II, pari alle emissioni totali di tale impianto nel corso dell’anno civile precedente, come verificato a norma dell’articolo 15, e che tali quote siano successivamente cancellate».
7 L’allegato I alla direttiva 2003/87 elenca le categorie di attività cui si applica tale direttiva e riguarda, in particolare, al punto 6, la combustione di carburanti in impianti di potenza termica nominale totale superiore a 20 MW, tranne negli impianti per l’incenerimento di rifiuti pericolosi o urbani. Il punto 5 dello stesso allegato precisa inoltre che quando in un impianto si supera la soglia di capacità di qualsiasi attività prevista nel medesimo allegato, tutte le unità in cui sono utilizzati combustibili, diverse dalle unità per l’incinerazione di rifiuti pericolosi o domestici, sono incluse nell’autorizzazione ad emettere gas a effetto serra.
Il regolamento n. 601/2012
8 Il considerando 1 del regolamento n. 601/2012 stabilisce quanto segue:
«La completezza, coerenza, trasparenza e accuratezza del monitoraggio e della comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra, in conformità alle disposizioni armonizzate istituite nel presente regolamento, sono fondamentali per il buon funzionamento del sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra introdotto dalla [direttiva 2003/87]. (…)».
9 Il successivo considerando 5 è così formulato:
«È opportuno che il piano di monitoraggio, che definisce una documentazione precisa, completa e trasparente della metodologia di monitoraggio impiegata per un determinato impianto o per un determinato operatore aereo, costituisca il fulcro del sistema istituito dal presente regolamento. Occorre aggiornare tale piano periodicamente, sia per tener conto delle conclusioni dei responsabili della verifica, sia su iniziativa propria del gestore o dell’operatore aereo. (…)».
10 L’articolo 2 del medesimo regolamento, intitolato «Ambito di applicazione», dispone quanto segue:
«Il presente regolamento si applica al monitoraggio e alla comunicazione delle emissioni dei gas a effetto serra specificate in relazione alle attività elencate all’allegato I della [direttiva 2003/87] e al monitoraggio e alla comunicazione dei dati relativi all’attività di impianti permanenti (…).
Esso si applica ai dati relativi alle emissioni e ai dati sull’attività riferiti al periodo successivo al 1° gennaio 2013».
11 L’articolo 3 del regolamento n. 601/2012, intitolato «Definizioni», prevede quanto segue:
«Ai fini del presente regolamento si intende per:
(…)
5. “fonte di emissione”, una parte individualmente identificabile di un impianto o un processo che si svolge in un impianto, da cui vengono emessi i gas a effetto serra interessati, (…)
(…)
11. “emissioni di combustione”, le emissioni di gas a effetto serra prodotte durante la reazione esotermica di un combustibile con l’ossigeno;
(…)».
12 L’articolo 5 di detto regolamento, intitolato «Completezza», prevede quanto segue:
«Il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni sono esaustivi e riguardano tutte le emissioni di processo e di combustione provenienti da tutte le fonti e i flussi di fonti di emissione riconducibili ad attività elencate nell’allegato I della [direttiva 2003/87] e ad altre attività pertinenti previste dall’articolo 24 della medesima direttiva e relative a tutti i gas [a effetto] serra specificati in relazione a tali attività, evitando di contabilizzarle due volte.
I gestori e gli operatori aerei applicano misure appropriate per evitare che si verifichino lacune nei dati relativi al periodo di comunicazione».
13 L’articolo 11 del medesimo regolamento, rubricato «Obbligo generale», al paragrafo 1 dispone quanto segue:
«Ogni gestore o operatore aereo esegue il monitoraggio delle emissioni di gas a effetto serra secondo un piano di monitoraggio approvato dall’autorità competente in conformità all’articolo 12, in base alla natura e al funzionamento dell’impianto (…) a[l] qual[e] si applica.
(…)».
14 L’articolo 20 del regolamento n. 601/2012, intitolato «Limiti del sistema di monitoraggio», al paragrafo 1 stabilisce quanto segue:
«Il gestore definisce i limiti del sistema di monitoraggio per ciascun impianto.
Entro tali limiti il gestore tiene conto di tutte le corrispondenti emissioni di gas a effetto serra prodotte da tutte le fonti e dai flussi di fonti riconducibili ad attività di cui all’allegato I della [direttiva 2003/87] svolte nell’impianto, nonché riconducibili alle attività e ai gas a effetto serra aggiunti da uno Stato membro a norma dell’articolo 24 di detta direttiva.
Il gestore tiene conto inoltre delle emissioni prodotte sia nelle operazioni normali che in occasione di eventi straordinari tra cui l’avviamento, l’arresto e situazioni di emergenza nell’arco del periodo di comunicazione, a eccezione delle emissioni provenienti dai macchinari utilizzati a fini di trasporto».
15 L’articolo 21 di detto regolamento, intitolato «Scelta della metodologia di monitoraggio», al paragrafo 1 prevede quanto segue:
«Per monitorare le emissioni di un impianto, il gestore sceglie di applicare una metodologia basata su calcoli o una metodologia fondata su misure, a seconda delle specifiche prescrizioni del presente regolamento.
Una metodologia fondata su calcoli consiste nel determinare le emissioni prodotte da flussi di fonti in base ai dati relativi all’attività ottenuti tramite sistemi di misura e parametri supplementari ricavati da analisi di laboratorio o valori standard. (…)
(…)».
16 L’articolo 27 dello stesso regolamento, rubricato «Determinazione dei dati relativi all’attività», così dispone:
«1. Il gestore determina i dati relativi all’attività di un flusso di fonti in uno dei seguenti modi:
a) attraverso conteggi continui effettuati per il processo all’origine delle emissioni;
b) in base all’aggregazione dei conteggi dei quantitativi forniti separatamente, tenendo conto delle variazioni delle rispettive scorte.
2. Ai fini del paragrafo 1, lettera b), il quantitativo di combustibile o materiale usato durante il periodo di comunicazione è calcolato come il quantitativo di combustibile o materiale acquistato in quest’arco temporale meno il quantitativo di combustibile o materiale esportato dall’impianto più il quantitativo di combustibile o materiale in condizioni di stoccaggio all’inizio del periodo di comunicazione meno il quantitativo di combustibile o materiale in condizioni di stoccaggio alla fine di tale periodo.
(…)».
Il diritto dei Paesi Bassi
17 Ai sensi dell’articolo 2.2, paragrafo 1, della wet milieubeheer (legge sulla gestione dell’ambiente), alla NEa sono affidati i compiti previsti dal regolamento n. 601/2012.
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
18 La EPZ gestisce nei Paesi Bassi una centrale a carbone, entrata in funzione nel 1987. Tale centrale ha una potenza di 406 MW e brucia, in media, 2 500 tonnellate di carbone al giorno.
19 Il carbone è consegnato in un sito di stoccaggio ubicato a circa 800 metri dalla centrale e separato da quest’ultima da una via pubblica. Esso viene conservato in tale sito per un periodo compreso tra sei mesi e un anno prima di essere trasportato alla centrale su un nastro trasportatore per essere poi ridotto in polvere e successivamente immesso nell’impianto di combustione.
20 Nell’ambito dell’elaborazione del piano di monitoraggio dell’impianto gestito dalla EPZ per il terzo periodo di scambio compreso tra il 2013 e il 2020, la NEa ha ritenuto che le perdite di carbone dovute all’autocombustione di quest’ultimo durante il periodo di stoccaggio non potessero essere considerate come combustibile esportato da tale impianto ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 2, del regolamento n. 601/2012.
21 Con decisione dell’8 novembre 2013, la NEa, di conseguenza, ha rifiutato di approvare la modifica di detto piano di monitoraggio richiesta dalla EPZ, e successivamente, con decisione del 23 aprile 2014, ha respinto in quanto infondato il reclamo proposto da tale impresa avverso detta prima decisione.
22 La EPZ ha presentato al Raad van State (Consiglio di Stato) una domanda di annullamento di quest’ultima decisione.
23 In tale contesto, il Raad van State (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se una fattispecie come quella in esame, in cui il carbone viene stoccato in un “parco carbone” nel quale sono rilasciate emissioni di CO2 a seguito di autocombustione, il centro del “parco carbone” si trova a circa 800 metri dal limite [del terreno] della centrale a carbone, i due terreni sono separati da una via pubblica e il carbone viene trasportato dal deposito alla centrale mediante un nastro trasportatore che passa sopra la strada, rientri nella nozione di impianto ai sensi dell’[articolo 3, lettera e)], della [direttiva 2003/87].
2) Se con l’espressione “combustibile esportato dall’impianto”, di cui all’articolo 27, paragrafo 2, del [regolamento n. 601/2012], si intenda la situazione in cui, come nella fattispecie in esame, il carbone va perso durante lo stoccaggio nel “parco carbone” a seguito di autocombustione».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
24 Con la prima questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se costituisca un «impianto» ai sensi dell’articolo 3, lettera e), della direttiva 2003/87 un sito di stoccaggio del combustibile di una centrale a carbone come quello di cui trattasi nel procedimento principale e descritto dal giudice del rinvio, tenuto conto, in particolare, del fatto che esso si trova a una distanza di circa 800 metri da tale centrale ed è separato da quest’ultima da una via pubblica e che il combustibile è trasportato da detto sito alla centrale mediante un nastro trasportatore che passa sopra la suddetta via pubblica.
25 Occorre ricordare che l’articolo 3, lettera e), della direttiva 2003/87 definisce l’impianto ai fini della medesima direttiva come un’unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell’allegato I di detta direttiva e altre attività direttamente associate che hanno un collegamento tecnico con le attività svolte in tale sito e che potrebbero incidere sulle emissioni e sull’inquinamento.
26 Inoltre, detto allegato riguarda in particolare l’attività di combustione di carburanti in impianti di potenza termica nominale totale superiore a 20 MW, fatti salvi gli impianti per l’incenerimento di rifiuti pericolosi o urbani.
27 Nel procedimento principale è pacifico che, poiché la centrale a carbone della EPZ ha una potenza termica nominale totale superiore a 20 MW, l’attività di combustione di carbone di tale impianto è contemplata dall’allegato I alla direttiva 2003/87.
28 Per contro, riguardo all’attività di stoccaggio, anche a voler ritenere che il processo di autocombustione naturale del carbone destinato a detta centrale, durante lo stoccaggio di tale combustibile, possa essere considerato una combustione di carburanti prevista all’allegato I della medesima direttiva, dagli atti sottoposti alla Corte non risulta che la potenza termica del sito di stoccaggio oggetto del procedimento principale sia superiore alla soglia di 20 MW fissata dall’allegato I a detta direttiva. Tale sito non può quindi essere considerato un’unità tecnica permanente ai sensi dell’articolo 3, lettera e), della direttiva 2003/87.
29 Di conseguenza, il sito di stoccaggio del carbone in esame nel procedimento principale fa parte di un impianto a norma dell’articolo 3, lettera e), della direttiva 2003/87 solo se l’attività di stoccaggio del carbone risponde ai criteri enunciati da tale disposizione per le attività diverse da quelle indicate all’allegato I della medesima direttiva. È questa l’ipotesi che ricorre se tale attività è direttamente associata all’attività di combustione della centrale, ha un collegamento tecnico con le attività svolte nel sito di tale centrale ed è idonea a incidere sulle emissioni e sull’inquinamento.
30 In proposito va rilevato, da un lato, che la sola circostanza che il carbone stoccato sia indispensabile al funzionamento della centrale è sufficiente per ritenere che lo stoccaggio sia direttamente associato all’attività di quest’ultima. Tale nesso diretto si concretizza inoltre nell’esistenza di un collegamento tecnico tra le due attività. Infatti, come suggerisce l’avvocato generale al paragrafo 30 delle sue conclusioni, si deve presumere un siffatto nesso allorché l’attività interessata è integrata con l’attività di combustione della centrale in un processo tecnico comune.
31 Un nesso del genere, comunque, riguardo a un sito di stoccaggio di carbone come quello in esame nel procedimento principale, esiste per effetto dell’organizzazione materiale di tale sito e della presenza di un nastro trasportatore situato tra il parco a carbone e la centrale.
32 Le altre circostanze menzionate dal giudice del rinvio, in base alle quali il terreno del sito di stoccaggio e quello della centrale disterebbero 800 metri l’uno dall’altro e sarebbero inoltre separati da una via pubblica, sono irrilevanti al riguardo.
33 Dall’altro lato, occorre altresì rilevare che dalla decisione di rinvio risulta che l’attività di stoccaggio del carbone oggetto del procedimento principale emette gas a effetto serra a causa di un processo di autocombustione naturale, cosicché tale attività è idonea a incidere sulle emissioni e sull’inquinamento a norma dell’articolo 3, lettera e, della direttiva 2003/87.
34 Alla luce di quanto precede, si deve rispondere alla prima questione pregiudiziale dichiarando che un sito di stoccaggio del combustibile di una centrale a carbone come quello di cui trattasi nel procedimento principale e descritto dal giudice del rinvio fa parte di un «impianto» ai sensi dell’articolo 3, lettera e), della direttiva 2003/87.
Sulla seconda questione
35 Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 27, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 601/2012 debba essere interpretato nel senso che le perdite di carbone risultanti dal processo di autocombustione naturale di quest’ultimo durante lo stoccaggio in un sito facente parte di un impianto a norma dell’articolo 3, lettera e), della direttiva 2003/87 debbano essere considerate come carbone esportato da tale impianto.
36 Dalla decisione di rinvio risulta che la EPZ, ai fini del monitoraggio delle emissioni dell’impianto da essa gestito, ha scelto di applicare il metodo di monitoraggio basato sul calcolo descritto all’articolo 27, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 601/2012.
37 In tal caso, anzitutto, l’articolo 27, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 601/2012 consente al gestore di determinare i dati relativi all’attività di un flusso di fonti in base all’aggregazione dei conteggi dei quantitativi forniti separatamente, tenendo conto delle variazioni delle rispettive scorte.
38 L’articolo 27, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 601/2012 prevede, poi, che, ai fini della determinazione dei dati relativi all’attività di un flusso conformemente al metodo precisato al paragrafo 1, lettera b), di tale articolo, occorra, in particolare, detrarre dal quantitativo di combustibile acquistato durante il periodo di comunicazione il quantitativo di combustibile esportato dall’impianto.
39 Sia il testo di detta disposizione, in cui si fa riferimento alla nozione di «esportazione» e non a quella di «perdita», sia l’obiettivo perseguito dal regolamento n. 601/2012, di garantire un monitoraggio e una comunicazione esaustivi che riguardino, come precisa l’articolo 5 del medesimo regolamento, tutte le emissioni di processo e di combustione provenienti da tutte le fonti e i flussi di fonti di emissione riconducibili ad attività elencate nell’allegato I della direttiva 2003/87 nonché le emissioni relative a tutti i gas a effetto serra specificati in relazione a tali attività, evitando di contabilizzarle due volte, giustificano il fatto che le perdite di combustibili come quelle in esame nel procedimento principale non siano considerate come carbone esportato dall’impianto ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 2, primo comma, di detto regolamento.
40 Da tutti i suesposti rilievi risulta che occorre rispondere alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 27, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 601/2012 deve essere interpretato nel senso che le perdite di carbone provenienti dal processo di autocombustione naturale di quest’ultimo durante lo stoccaggio in un sito facente parte di un impianto a norma dell’articolo 3, lettera e), della direttiva 2003/87 non possono essere considerate come carbone esportato da tale impianto.
Sulle spese
41 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:
1) Fa parte di un «impianto» ai sensi dell’articolo 3, lettera e), della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE, come modificata dalla decisione n. 1359/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, un sito di stoccaggio del combustibile di una centrale a carbone come quello di cui trattasi nel procedimento principale e descritto dal giudice del rinvio.
2) L’articolo 27, paragrafo 2, primo comma, del regolamento (UE) n. 601/2012 della Commissione, del 21 giugno 2012, concernente il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87, come modificato dal regolamento (UE) n. 206/2014 della Commissione, del 4 marzo 2014, deve essere interpretato nel senso che le perdite di carbone provenienti dal processo di autocombustione naturale di quest’ultimo durante lo stoccaggio in un sito facente parte di un impianto a norma dell’articolo 3, lettera e), della direttiva 2003/87 non possono essere considerate come carbone esportato da tale impianto.
Firme