Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Danno ambientale, Diritto processuale europeo Numero: C-156/14 | Data di udienza:

DANNO AMBIENTALE – DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO – Prevenzione e riparazione del danno ambientale – Responsabilità ambientale – Normativa nazionale e compatibilità con i principi del “chi inquina paga”, di precauzione, dell’azione preventiva e della correzione – Art. 99 reg. di procedura della Corte – Art. 191, par. 2 TFUE – Direttiva 2004/35/CE.


Provvedimento: Ordinanza
Sezione: 8^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 6 Ottobre 2015
Numero: C-156/14
Data di udienza:
Presidente: Ó Caoimh
Estensore: Toader


Premassima

DANNO AMBIENTALE – DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO – Prevenzione e riparazione del danno ambientale – Responsabilità ambientale – Normativa nazionale e compatibilità con i principi del “chi inquina paga”, di precauzione, dell’azione preventiva e della correzione – Art. 99 reg. di procedura della Corte – Art. 191, par. 2 TFUE – Direttiva 2004/35/CE.



Massima

 


CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez.8^ 06/10/2015 Ordinanza C-156/14

 

 

DANNO AMBIENTALE – Prevenzione e riparazione del danno ambientale – Responsabilità ambientale – Normativa nazionale e compatibilità con i principi del “chi inquina paga”, di precauzione, dell’azione preventiva e della correzione – Art. 99 reg. di procedura della Corte – Art. 191, par. 2 TFUE – Direttiva 2004/35/CE.

La direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, deve essere interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale, nell’ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest’ultimo le misure di riparazione, non consente all’autorità competente di imporre l’esecuzione delle misure di prevenzione e di riparazione al proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione, il quale è tenuto soltanto al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall’autorità competente nel limite del valore di mercato del sito, determinato dopo l’esecuzione di tali interventi. Fattispecie: Normativa nazionale che non prevede la possibilità per l’amministrazione di imporre, ai proprietari di terreni inquinati che non hanno contribuito a tale inquinamento, l’esecuzione di misure di prevenzione e di riparazione e che prevede soltanto l’obbligo di rimborsare gli interventi effettuati dall’amministrazione – Compatibilità con i principi del “chi inquina paga”, di precauzione, dell’azione preventiva e della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente.


Pres. Ó Caoimh, Rel. Toader, Ric. Tamoil Italia SpA


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez.8^ 06/10/2015 Ordinanza C-156/14

SENTENZA

 

CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez.8^ 06/10/2015 Ordinanza C-156/14

ORDINANZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

6 ottobre 2015

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte – Articolo 191, paragrafo 2, TFUE – Direttiva 2004/35/CE – Responsabilità ambientale – Normativa nazionale che non prevede la possibilità per l’amministrazione di imporre, ai proprietari di terreni inquinati che non hanno contribuito a tale inquinamento, l’esecuzione di misure di prevenzione e di riparazione e che prevede soltanto l’obbligo di rimborsare gli interventi effettuati dall’amministrazione – Compatibilità con i principi del “chi inquina paga”, di precauzione, dell’azione preventiva e della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente»

Nella causa C-156/14,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con decisione del 26 marzo 2014, pervenuta in cancelleria il 3 aprile 2014, nel procedimento

Tamoil Italia SpA

contro

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare,

e nei confronti di:

Provincia di Venezia,

Comune di Venezia,

Regione Veneto,

LA CORTE (Ottava Sezione),

composta da A. Ó Caoimh, presidente di sezione, C. Toader (relatore) e E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la decisione, adottata sentito l’avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata, conformemente all’articolo 99 del regolamento di procedura della Corte,

ha emesso la seguente

Ordinanza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dei principi del diritto dell’Unione in materia ambientale, segnatamente i principi del «chi inquina paga», di precauzione, dell’azione preventiva e della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, quali previsti all’articolo 191, paragrafo 2, TFUE, ai considerando 13 e 24, nonché agli articoli 1 e 8, paragrafo 3, della direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU L 143, pag. 56).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito della controversia tra la Tamoil Italia SpA (in prosieguo: la «Tamoil») e il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, (in prosieguo: il «Ministero») in merito a specifiche misure di messa in sicurezza di emergenza relative a terreni contaminati da diverse sostanze chimiche.

Procedimento principale e questione pregiudiziale

3 Il procedimento principale rientra in un quadro giuridico e fattuale sostanzialmente analogo a quello della causa conclusasi con la sentenza Fipa Group e a. (C‑534/13, EU:C:2015:140).

4 Dagli elementi del fascicolo di cui dispone la Corte risulta che la Tamoil è proprietaria di un’area nel «sito di interesse nazionale di Venezia-Porto Marghera» (Italia). A causa della grave contaminazione dei terreni di tale sito ad opera di diverse sostanze chimiche, tra cui l’alluminio e il cromo, una parte degli stessi è stata bonificata nel corso del 1996. Tale bonifica è risultata insufficiente.

5 Con provvedimenti amministrativi in data 13 marzo e 13 giugno 2007, le direzioni competenti del Ministero hanno ingiunto alla Tamoil di eseguire misure specifiche di «messa in sicurezza d’urgenza», ai sensi del codice dell’ambiente, e di presentare una variante del progetto di bonifica dell’area esistente dal 1996.

6 Adducendo di non essere autrice dell’inquinamento constatato, la Tamoil ha proposto due ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica contro detti provvedimenti amministrativi. A sostegno dei suoi ricorsi la Tamoil deduce che tali provvedimenti derivano da un’errata applicazione dell’articolo 191 TFUE e della normativa nazionale in materia ambientale.

7 Secondo il Ministero, un’interpretazione delle disposizioni contenute nella normativa nazionale in materia ambientale alla luce del principio «chi inquina paga» e del principio di precauzione consentirebbe di considerare che il proprietario di un sito contaminato sia tenuto all’esecuzione di misure di messa in sicurezza di emergenza.

8 In tale contesto il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se i principi dell’Unione [e]uropea in materia ambientale sanciti dall’articolo 191, paragrafo 2, [TFUE] e dalla direttiva [2004/35] (articoli l e 8, n. 3; tredicesimo e ventiquattresimo considerando) – in particolare, il principio “chi inquina paga”, il principio di precauzione, il principio dell’azione preventiva, il principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente – ostino ad una normativa nazionale, quale quella delineata dagli articoli 244, 245, 253 del [codice dell’ambiente], che, in caso di accertata contaminazione di un sito e di impossibilità di individuare il soggetto responsabile della contaminazione o di impossibilità di ottenere da quest’ultimo gli interventi di riparazione, non consenta all’autorità amministrativa di imporre l’esecuzione delle misure di sicurezza d’emergenza e di bonifica al proprietario non responsabile dell’inquinamento, prevedendo, a carico di quest’ultimo, soltanto una responsabilità patrimoniale limitata al valore del sito dopo l’esecuzione degli interventi di bonifica».

Sulla questione pregiudiziale

9 Ai sensi dell’articolo 99 del suo regolamento di procedura, quando una questione pregiudiziale è identica a una sulla quale abbia già statuito, la Corte, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata.

10 Tale situazione sussiste nella presente causa, in quanto, nella sentenza Fipa Group e a. (C‑534/13, EU:C:2015:140), la Corte è già stata chiamata a esaminare una questione identica a quella posta nella presente fattispecie e, di conseguenza, la risposta che la Corte ha fornito in tale sentenza è pienamente trasponibile alla questione posta nella causa in esame.

11 Si deve pertanto rispondere alla questione posta che la direttiva 2004/35 deve essere interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale, nell’ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest’ultimo le misure di riparazione, non consente all’autorità competente di imporre l’esecuzione delle misure di prevenzione e di riparazione al proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione, il quale è tenuto soltanto al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall’autorità competente nel limite del valore di mercato del sito, determinato dopo l’esecuzione di tali interventi.

Sulle spese

12 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:

La direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, deve essere interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale, nell’ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest’ultimo le misure di riparazione, non consente all’autorità competente di imporre l’esecuzione delle misure di prevenzione e di riparazione al proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione, il quale è tenuto soltanto al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall’autorità competente nel limite del valore di mercato del sito, determinato dopo l’esecuzione di tali interventi.

Firme

 

 

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