* RIFIUTI – PRGR della Regione Basilicata – Localizzazione degli impianti – Criterio “AV6” – Presenza di recettori sensibili all’inquinamento acustico, olfattivo, ecc. – Natura escludente assoluta del criterio – Inconfigurabilità – Principio di autosufficienza – Art. 181, c. 5 d.lgs. n. 152/2006 – Rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio e al recupero – Inapplicabilità – Principio di prossimità – Art. 181, c. 5 d.lgs. n. 152/2006 – Possibili soluzioni differenti – Adozione di misure fondate sul principio di precauzione – Presupposti e limiti.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Basilicata
Città: Potenza
Data di pubblicazione: 5 Dicembre 2018
Numero: 808
Data di udienza: 20 Giugno 2018
Presidente: Caruso
Estensore: Nappi
Premassima
* RIFIUTI – PRGR della Regione Basilicata – Localizzazione degli impianti – Criterio “AV6” – Presenza di recettori sensibili all’inquinamento acustico, olfattivo, ecc. – Natura escludente assoluta del criterio – Inconfigurabilità – Principio di autosufficienza – Art. 181, c. 5 d.lgs. n. 152/2006 – Rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio e al recupero – Inapplicabilità – Principio di prossimità – Art. 181, c. 5 d.lgs. n. 152/2006 – Possibili soluzioni differenti – Adozione di misure fondate sul principio di precauzione – Presupposti e limiti.
Massima
TAR BASILICATA, Sez. 1^ – 5 dicembre 2018, n. 808
RIFIUTI – PRGR della Regione Basilicata – Localizzazione degli impianti – Criterio “AV6” – Presenza di recettori sensibili all’inquinamento acustico, olfattivo, ecc. – Natura escludente assoluta del criterio – Inconfigurabilità.
Il cirterio “AV6”, recato dal piano regionale di gestione dei rifiuti – PRGR della Basilicata, relativo alla “presenza di recettori sensibili all’inquinamento acustico, olfattivo ecc.” subordina la localizzazione dell’impianto, in presenza dei c.d. “recettori sensibili” all’esito di attività di verifica, anche in relazione alla distanza da essi dell’ubicazione prescelta. In altri termini, il cennato criterio di localizzazione, in ragione della sua formulazione testuale, non è in assoluto preclusivo della installazione degli impianti di recupero di rifiuti, postulando invece valutazioni da compiere, in relazione alla tipologia e alle caratteristiche dell’installanda attività, in ordine alla stessa individuazione dei recettori e della distanza minima da osservare.
RIFIUTI – Principio di autosufficienza – Art. 181, c. 5 d.lgs. n. 152/2006 – Rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio e al recupero – Inapplicabilità.
Il principio di autosufficienza si applica esclusivamente ai rifiuti urbani non pericolosi destinati allo smaltimento e non a quelli avviati al recupero, atteso che, ai sensi dell’art. 181, n. 5 del d.lgs. n. 152/2006, «per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero è sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite categorie dell’Albo nazionale gestori ambientali ai sensi dell’articolo 212, comma 5, al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando il principio di prossimità agli impianti di recupero». Ne consegue che il principio di autosufficienza affermato dal PRGR non può, di per sé solo, tradursi in un fattore che escluda l’autorizzazione regionale all’installazione di un impianto di compostaggio rifiuti organici differenziati.
RIFIUTI – Principio di prossimità – Art. 181, c. 5 d.lgs. n. 152/2006 – Possibili soluzioni differenti.
Con riferimento al principio di prossimità, l’art. 181, n. 5 del testo unico dell’ambiente se da un lato privilegia, nel limite del possibile, la vicinanza degli impianti di recupero, non preclude tuttavia soluzioni differenti.
RIFIUTI – Adozione di misure fondate sul principio di precauzione – Presupposti e limiti.
L’adozione di misure fondate sul principio di precauzione è condizionata al preventivo svolgimento di una valutazione quanto più possibile completa dei rischi calata nella concretezza del contesto spazio–temporale di riferimento, valutazione che deve concludersi con un giudizio di stretta necessità; inoltre, il principio in esame non può legittimare una interpretazione delle disposizioni normative, tecniche e amministrative vigenti in un dato settore che ne dilati il senso fino a ricomprendervi vicende non significativamente pregiudizievoli per l’area interessata; la situazione di pericolo deve essere potenziale o latente, ma non meramente ipotizzata, e deve incidere significativamente sull’ambiente e sulla salute dell’uomo (Cons. Stato, sez. V, 17 dicembre 2013, n. 6520).
Pres. Caruso, Est. Nappi – F. s.r.l. (avv. Sechi) c. Regione Basilicata (avv. Possidente), Comune di Baragiano (avv. Catale) e altri (n.c.)
Allegato
Titolo Completo
TAR BASILICATA, Sez. 1^ - 5 dicembre 2018, n. 808SENTENZA
TAR BASILICATA, Sez. 1^ – 5 dicembre 2018, n. 808
Pubblicato il 05/12/2018
N. 00808/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00071/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso avente numero di registro generale 71 del 2018, proposto da
– Fratelli La Rocca s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa in giudizio dall’avv. Giampaolo Sechi, p.e.c. sechi.giampaolo@avvocatibari.legalmail.it, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppina Condosta, in Potenza, alla piazza A. De Gasperi n. 27;
contro
– Regione Basilicata, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Anna Carmen Possidente, con domicilio eletto presso l’Ufficio legale dell’Ente, in Potenza, alla via V. Verrastro n. 4;
– Comune di Baragiano, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso in giudizio dall’avv. Anna Catale, p.e.c. catale.anna@cert.ordineavvocatipotenza.it;
– Comitato tecnico regionale per l’ambiente della Regione Basilicata, Provincia di Potenza, Comune di Balvano, Azienda sanitaria locale di Potenza, Agenzia regionale protezione ambiente della Basilicata, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
– del piano regionale di gestione dei rifiuti, nel limite dell’interesse;
– della deliberazione di Giunta regionale n. 961 del 9 agosto 2016;
– della deliberazione di Consiglio regionale n. 568 del 30 dicembre 2016;
– della deliberazione della Giunta regionale n. 1374 del 15 dicembre 2017, notificata in data 22 dicembre 2017;
– del parere dell’Ufficio prevenzione e controllo ambientale dell’8 agosto 2017, n. 28359;
– dei verbali della conferenza dei servizi del 16 marzo 2017, dell’8 agosto 2017 e del 25 settembre 2017, per quanto occorrer possa;
– del parere reso dal Comitato tecnico regionale per l’ambiente del 25 settembre 2017;
– dei pareri e delle osservazioni espressi dal Comune di Baragiano nel corso del procedimento;
– della relazione del dirigente dell’Ufficio del 27 novembre 2017;
– nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente o comunque collegato a quelli sopra indicati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Basilicata e del Comune di Baragiano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del giorno 20 giugno 2018, il Primo Referendario avv. Benedetto Nappi;
Uditi i difensori delle parti presenti, come da verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con atto notificato il 14 febbraio 2018, depositato il successivo 20 di febbraio, la Fratelli La Rocca s.r.l. è insorta avverso gli atti in epigrafe, concernenti il giudizio sfavorevole di compatibilità ambientale relativamente alla realizzazione di un impianto di compostaggio rifiuti organici differenziati nell’area industriale di Baragiano.
1.1. In punto di fatto, la deducente ha esposto quanto segue:
– opera prevalentemente nel campo della gestione dei rifiuti e delle bonifiche ambientali;
– in data 24 luglio 2015 ha istato per la valutazione di impatto ambientale – VIA e l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera ex art. 269 d.lgs. n. 152 del 2006, per un impianto di compostaggio di rifiuti organici differenziati da ubicarsi in zona industriale di Baragiano;
– l’iniziativa si colloca nell’ambito del piano di sviluppo industriale mediante “pacchetti integrati di agevolazione”, di cui alla d.g.r. n. 577 del 29 aprile 2015, in relazione alla quale ha prodotto richiesta di agevolazione, collocandosi in posizione utile nella relativa graduatoria;
– espletato il relativo iter procedimentale, inopinatamente la Regione Basilicata ha notificato la deliberazione giuntale n. 1374 del 2017, impugnata col presente ricorso, colla quale ha denegato i titoli richiesti.
1.2. In diritto, la ricorrente ha dedotto per più profili la violazione di legge e l’eccesso di potere.
2. L’Amministrazione regionale, costituitasi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso.
2.1. Si è altresì costituito in giudizio il Comune di Baragiano che, del pari, ha concluso per la reiezione del ricorso.
3. Alla pubblica udienza svoltasi il 20 giugno 2018, i procuratori delle parti hanno precisato le rispettive posizioni e il ricorso è stato trattenuto in decisione.
4. Il ricorso è fondato, alla stregua della motivazione che segue.
4.1. Con un primo ordine di argomentazioni, la deducente ha lamentato la genericità e l’indeterminatezza del criterio escludente “AV6”, recato dal piano regionale di gestione dei rifiuti – PRGR. In particolare, l’Ente regionale intimato ha imperniato, tra l’altro, il contestato diniego sul rilievo della non conformità della localizzazione dell’impianto ai criteri recati dal predetto PRGR, segnatamente quello “AV6”, relativo alla “presenza di recettori sensibili all’inquinamento acustico, olfattivo ecc.”. Ora, secondo la deducente, tale criterio localizzativo sarebbe caratterizzato da indeterminatezza e genericità, mancando la necessaria e precisa indicazione di una distanza «apprezzabilmente volta a fondare la possibilità che un certo recettore sia inciso dal contributo acustico o olfattivo dell’opera».
Il Collegio non condivide tale chiave di lettura. Il criterio “AV6” così recita «i recettori sensibili dovranno essere individuati di volta in volta; in particolare dovranno essere compresi: scuole, ospedali, centri di aggregazione, attività industriali il cui processo produttivo potrebbe essere inficiato dalla dispersione di odori cattivi (es. impianti alimentari basati su processi di lievitazione, etc.). La distanza minima a cui collocare l’eventuale impianto dovrà essere quantificata in relazione alla tipologia di impianto e al tipo di recettore». Tale previsione non appare né generica e né indeterminata, subordinando la localizzazione dell’impianto, in presenza dei c.d. “recettori sensibili” all’esito di attività di verifica, anche in relazione alla distanza da essi dell’ubicazione prescelta. In altri termini, il cennato criterio di localizzazione, in ragione della sua formulazione testuale, non è in assoluto preclusivo della installazione degli impianti di cui è questione, postulando invece valutazioni da compiere, in relazione alla tipologia e alle caratteristiche dell’installanda attività, in ordine alla stessa individuazione dei recettori e della distanza minima da osservare.
4.1.1. Non appare irragionevole, come pure si è sostenuto nel ricorso, rimettere l’individuazione delle distanze minime a valutazioni discrezionali dell’Amministrazione, in quanto queste ultime non potrebbero comunque obliterare un’adeguata motivazione rapportata al quadro tecnico e disciplinare di riferimento, come tale, se del caso, sindacabile in sede giurisdizionale.
4.1.2. Coglie nel segno, diversamente, l’argomento volto a censurare l’erronea interpretazione che di tale criterio ha fatto l’Amministrazione regionale resistente. In effetti, nella relazione resa dal dirigente dell’ufficio competente, ai sensi dell’art. 16, n. 8, della legge regionale n. 47 del 1998, che costituisce formante motivazionale della deliberazione giuntale di diniego, si sostiene, in più punti, che il criterio di localizzazione “AV6” sia automaticamente escludente, nel senso che «il criterio è applicabile nella fattispecie ed è escludente per tale tipologia di impianto per la sola presenza di recettori sensibili (scuole, chiese, centri di aggregazione, casa di riposo per anziani)». Tuttavia, così non è per quanto si è testé osservato al precedente § 4.1.. Né, in senso contrario, depone l’invocato “carattere escludente” del criterio. Tale natura escludente, infatti, non è assoluta, ma va, appunto, rapportata alla singola fattispecie oggetto d’esame, e a essa, va ribadito, occorre dare concretezza attraverso l’acquisizione al procedimento dei fatti e degli altri elementi rilevanti.
Se, dunque, la distanza minima tra l’ubicazione prescelta e i “recettori sensibili” deve essere individuata in ciascun caso concreto, a valle di adeguata attività valutativa, è evidente che nel caso di specie l’erronea lettura del criterio in commento ha determinato l’obliterazione, per tale profilo, delle fasi dell’istruttoria e della valutazione, non emergendo né comunque risultando agli atti le ragioni per le quali la distanza dei singoli recettori sarebbe insufficiente.
4.1.2.1. Gli stessi rilievi vanno formulati, per tale profilo, con riguardo al parere negativo formulato dall’Ufficio prevenzione e controllo ambientale della Regione Basilicata dell’8 agosto 2017, secondo cui l’impianto in questione non sarebbe coerente con i criteri di localizzazione individuati dal piano regionale di gestione dei rifiuti. In effetti, con riguardo al criterio “AV6” in tale parere si legge che «il criterio escludente applicato all’impianto in questione (Av6 – Presenza di recettori sensibili) non prevede fasce di rispetto minime di localizzazione, le Province, sentiti i Comuni territorialmente interessati, ed utilizzando come strumento di indirizzo i criteri di localizzazione hanno il compito di individuare le aree idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e/o recupero dei rifiuti, così come individuare le aree non idonee a realizzare siffatti piani e progetti.
Nelle more dell’espletamento delle attività di pianificazione in capo alle Province la definizione della fascia di rispetto deve essere individuata in fase di valutazione di impatto ambientale dell’impianto, garantendo sia il rispetto dei limiti di sicurezza dell’impianto dai centri abitati e dalle funzioni sensibili che un buon impatto ambientale nel medio-lungo periodo e nel caso di incidenti». Tuttavia, alcuna “fascia di rispetto” risulta stata poi essere stata concretamente individuata, risolvendosi quindi l’operato dell’Ufficio nella sola constatazione della presenza di recettori sensibili nel raggio di 700 metri dalla prevista ubicazione dell’impianto.
4.1.2.2. Quanto mai generico, in relazione alla documentazione prodotta in sede procedimentale dalla società ricorrente, appare l’ulteriore spunto motivazionale secondo cui «la salute e la tutela della popolazione devono essere l’oggetto specifico della valutazione ambientale ed allo stato attuale uno studio previsionale di impatto olfattivo non consente, in termini di alta probabilità, di escludere l’assenza di incidenze significative sui recettori sensibili posti ad una distanza assai ravvicinata rispetto ai luoghi ove è prevista la realizzazione dell’impianto». In effetti, lo studio di impatto olfattivo prodotto dalla F.lli La Rocca s.r.l., su richiesta dell’Amministrazione procedente, per tale versante afferma che «presso i recettori sensibili ed i punti di aggregazione (scuole, stazione, parchi giochi, chiese ecc.) l’esposizione olfattiva è inferiore a tutti i criteri di valutazione assunti come riferimento e in particolare a quanto previsto dalla DGR Lombardia n.3018/2012». A fronte di tale conclusione, risultano carenti, allo stato degli atti, attività di acquisizione di accertamenti tecnici di segno differente che siano stati valutati dall’Ufficio al fine della sua confutazione.
4.2. Coglie nel segno anche il secondo motivo di ricorso, nella sola parte in cui si è lamentata l’illegittimità dell’applicazione del criterio localizzativo “AV1” fatta nel caso di specie dall’Amministrazione resistente.
In effetti, il criterio “AV1”, rubricato “Ambito urbano ai sensi della l.r. 23/99” prevede che «per i Comuni che hanno adottato o approvato il regolamento urbanistico ai sensi della L.R. 23/99, l’ambito urbano è quello riportato negli elaborati di regolamento, mentre per i Comuni dotati di PRG o PdF l’ambito urbano, ai fini del PRGR, è costituito dalle zone A, B e C, di cui al DM 2 aprile 1968, n.1444. L’esclusione viene indicata per tutte le tipologie di impianto ad eccezione dei centri per la raccolta dei rifiuti urbani e degli impianti di trattamento biologico, per i quali il criterio è penalizzante. Per definire l’entità della fascia di non idoneità devono essere condotti studi specifici sulle proposte di progetto che tengano conto di vari fattori tra cui le condizioni climatologiche locali, le dimensioni dell’impianto e la composizione delle emissioni. La scelta localizzativa deve garantire una ricaduta minima di sostanze nocive al suolo, con particolare riferimento alle aree residenziali, nel rispetto dei parametri previsti dal d.m. 60/2002 e dal d.lgs 152/2006; la fascia di rispetto dalle aree residenziali potrà essere di 1.000 m, da valutare caso per caso. La distanza si intende misurata dalla recinzione dell’impianto sino alla casa appartenente al centro abitato, più vicina in linea d’aria».
Ora, come puntualmente evidenziato dalla deducente, non è contestato che l’ubicazione dell’impianto in questione sia prevista al di fuori dell’ambito urbano, ovverosia, attesa la mancata adozione del regolamento urbanistico da parte del Comune di Baragiano, all’esterno delle zone A, B e C, di cui al d.m. 2 aprile 1968, n.1444. Ciò rende di per sé inapplicabile il criterio di cui si discorre.
Fermo quanto innanzi, va rimarcato, anche per tale angolazione, come il criterio “AV1” postuli il previo svolgimento, in ciascuna fattispecie, di adeguate attività volte a “definire l’entità della fascia di non idoneità”, mentre l’indicazione di una distanza di mille metri non ha carattere vincolante, dovendosi comunque “valutare caso per caso” tale valore.
Ebbene, il già citato studio di impatto olfattivo commissionato dalla ricorrente afferma che «presso il centro abitato di Baragiano Scalo, individuato da diverse abitazioni poste nei settori più prossimi alla recinzione d’impianto, l’esposizione olfattiva è inferiore a tutti i criteri di valutazione assunti come riferimento ed in particolare a quanto previsto dalla DGR Lombardia n.3018/2012».
Rispetto a tali conclusioni, risultano insufficientemente motivate sia la relazione del dirigente dell’Ufficio allegata alla deliberazione giuntale impugnato, nella quale si riporta laconicamente che «[…] il punto Av1 è stato affrontato nell’istruttoria, resa dall’Ufficio Compatibilità Ambientale, quale criterio penalizzante e non escludente, e che lo studio di impatto olfattivo prodotto dalla Società, richiesto in sede di Conferenza dei Servizi dalla Provincia di Potenza ai fini del rilascio dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera, è stato valutato dal Comitato, che ha lo ritenuto non sufficiente ad escludere eventuali ripercussioni sulla qualità della vita dell’abitato di Baragiano Scalo», sia il parere dell’8 agosto 2017, in cui si legge che «la Società ha redatto uno studio di impatto olfattivo, così come richiesto dall’Ufficio ambiente della Provincia di Potenza nella seduta della prima conferenza dei servizi istruttoria tenutasi in data 16 marzo 2017. Sebbene tale studio dimostri che il progetto in questione non avrà ripercussioni, per quanto riguarda le emissioni odorigene, presso i recettori sensibili individuati dalla Società nell’abitato di Baragiano Scalo, si sottolinea che lo stesso ha natura puramente previsionale, per tali ragioni non si può con leggerezza considerare trascurabili le emissioni di odori e aerosol prodotti da un impianto di compostaggio, che dovrebbe sorgere a ridosso del centro abitato di Baragiano Scalo “di 2.000 abitanti ed in netta espansione e con numerosi recettori sensibili”, così come riportato nelle considerazioni del Comune di Baragiano allegate al verbale della seconda seduta della conferenza dei servizi». E’ infatti evidente che l’Ufficio regionale, pur riconoscendo testualmente come lo studio abbia “dimostrato” l’assenza di ripercussioni, abbia omesso di svolgere gli accertamenti e le verifiche idonee a dare concretezza oggettiva e documentale alla solo ipoteticamente prospettata, e allo stato indimostrata, incidenza negativa delle “emissioni di odori e aerosol” relativamente al centro abitato di Baragiano Scalo.
Il Comune intimato, negli scritti difensivi, ha richiamato le relazioni tecniche depositate in sede di conferenza dei servizi per sostenere il proprio parere negativo, ma ciò non elide il fatto che alcuno specifico riferimento a essi è stato fatto negli atti regionali in questione, né l’assenza di comparazione dei relativi contenuti con quelli dello studio prodotto dalla ricorrente.
Inconferente è il richiamo, pure contenuto nel parere negativo di cui è questione, alla sentenza di questo Tribunale n. 328 del 2016 (rectius n. 238 del 2017), per le differenti connotazioni in fatto della vicenda ivi delibata.
4.3. Va condiviso pure il terzo motivo di ricorso, col quale si è lamentata l’erronea applicazione dell’ulteriore criterio “0.1 Aspetti tecnico – economici”, relativamente al punto “Infrastrutture esistenti, accessibilità, dotazioni impiantistiche”.
Tale punto recita: «dovranno essere preferite localizzazioni con pregressa accessibilità infrastrutturale su gomma ma soprattutto su ferro, in modo da associare al trasporto dei rifiuti il costo minimo (finanziario ma anche economico, ambientale e sociale); al fine tuttavia di limitare l’impatto odorigeno, con ricaduta sul benessere delle persone, andranno escluse alla localizzazione di impianti di trattamento del rifiuti organico e compostaggio quelle aree, seppur infrastrutturate, caratterizzate da forte presenza antropica».
Sotto tale aspetto, nell’impugnato parere negativo dell’Ufficio compatibilità ambientale si legge che «il Comune di Baragiano nella seduta della seconda Conferenza dei Servizi tenutasi l’08/08/2017 ha evidenziato le proprie preoccupazioni in merito all’ubicazione di tale impianto che verrebbe a trovarsi a ridosso del centro abitato di Baragiano Scalo, “in netta espansione con circa 2.000 abitanti, ove tutti i punti di aggregazione e tutti i punti sensibili ricadono tra una distanza che va dai 250 metri ai 700 metri”, dal lotto industriale in questione. Tra i recettori sensibili, il Comune di Baragiano segnala la presenza di una scuola materna (circa 480 metri dal limite esterno del lotto in esame), una scuola elementare (circa 750 metri dal limite esterno del lotto in esame), un parco giochi per bambini (circa 300 metri dal limite esterno del lotto in esame), la parrocchia B.V. del Carmine (circa 350 metri dal limite esterno del lotto in esame) e la Chiesa nuova con annesso centro di aggregazione (circa 650 metri dal limite esterno del lotto in esame), ed una casa di riposo per anziani (circa 700 metri dal limite esterno del lotto in esame)».
Tuttavia, l’analisi dell’Ufficio regionale si risolve in una riproposizione delle pretese criticità già considerate in relazione ai criteri di localizzazione “AV1” e “AV6”, mentre alcun dato oggettivo o argomentazione è stata dedicata ai due parametri di riferimento, ovverosia quello della densità abitativa e dell’impatto odorigeno.
Inoltre, l’erroneità dell’approccio dell’Amministrazione regionale emerge dai contenuti del parere allegato alla deliberazione di diniego, ove si sostiene che «è di tutta evidenza che la forte presenza antropica non va valutata esclusivamente con riguardo ai lavoratori presenti nell’area industriale, che necessariamente devono essere presenti sul posto di lavoro, ma nell’analisi non può essere trascurata la presenza di una comunità di 2.000 abitanti, comprendente bambini, anziani, donne e uomini che vivono nelle immediate vicinanze del sito di interesse. Per altro affermare che la Provincia di Potenza si sta spopolando non è pertinente in riferimento all’esigua distanza dell’area industriale dall’insediamento abitativo urbano di Baragiano Scalo e 1, 100 o 2.000 abitanti non devono certamente soccombere agli interessi economici di parte. La tutela della salute e della qualità della vita sono diritti fondamentali così come previsto dall’art. 32 della Costituzione Italiana che così recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Per le motivazioni su addotte l’Ufficio Scrivente ritiene che il paragrafo 0.1 Aspetti tecnico economici riportato nell’Allegato Criteri di Localizzazione al PRGR sia fattore escluderne per siffatto impianto». Infatti, pare sfuggire all’Amministrazione regionale che la mera presenza antropica non è di per sé sufficiente a escludere l’installazione di impianti di gestione di rifiuti, dovendosi di contro svolgere i necessari approfondimenti, in relazione alle peculiarità del caso di specie. In tale prospettiva, non è in discussione che l’intervento programmato ricada in area industriale, dotata di accessibilità infrastrutturale, la quale per sua natura non può che essere caratterizzata da presenza antropica. Occorre quindi privilegiare una chiave di lettura che renda coerente, e non contraddittorio, il punto in esame, che per un verso evidenzia l’esigenza di preferire “localizzazioni con pregressa accessibilità infrastrutturale” e, per altro verso, esclude la localizzazione stessa in caso di “forte” presenza antropica nell’area. Peraltro, tale “forte” presenza antropica non può che riferirsi alla sola area interessata, e non anche ai recettori sensibili e ai centro abitati vicini, per i quali sono stati previsti altri e differenti criteri di localizzazione, dinanzi esaminati. Ebbene, risultano carenti dati oggettivi dai quali emerga con certezza il tratto della “forte” presenza antropica, anche in raffronto ad altre aree similari. Inoltre, l’elemento della “forte” presenza antropica non può essere considerato isolatamente, dovendo comunque essere rapportato all’altro elemento dell’impatto odorigeno, pure richiamato in questione, e pure per tale versante i contenuti dello studio della società ricorrente muovo in senso opposto rispetto all’approdo regionale.
4.4. E’ fondato anche il quinto motivo di ricorso, col quale si è lamentata l’erroneità dei presupposti, violazione e falsa applicazione dei principii invocati e degli artt. 181e 182 del d.lgs. n. 152 del 2006, relativamente all’indimostrato “rispetto del principio di prossimità e autosufficienza auspicati dal piano regionale di gestione dei rifiuti”, e al “principio di precauzione ambientale”.
4.4.1. Il provvedimento di diniego impugnato è motivato, tra l’altro, dall’essere «non dimostrato il rispetto del principio di prossimità e autosufficienza auspicati dal piano regionale di gestione dei rifiuti, in quanto non riportata alcuna informazione in merito al bacino di utenza dell’impianto, né vengono menzionati eventuali contratti di acquisizione della materia prima».
Sul punto, il Collegio deve in primo luogo rilevare che è la stessa “relazione di piano” del PRGR a precisare (pag. 45) che «il principio di autosufficienza si applica esclusivamente ai rifiuti urbani non pericolosi destinati allo smaltimento e non a quelli avviati al recupero», e nel caso di specie viene in considerazione un impianto appunto destinato al recupero e non allo smaltimento di rifiuti. E’ poi sempre la “relazione di piano” a evocare (pagg. 60 ss.) i principi affermati dalla legge regionale 2 febbraio 2001, n. 6, disciplinante le attività di gestione dei rifiuti ed approvazione del relativo piano, tra cui, al n. 5, quello dell’autosufficienza, che è riferito al solo smaltimento dei rifiuti. Ancora, al capo 8.1. “impianti di piano e autosufficienza regionale” della cennata relazione, si prevede inoltre che i gestori degli impianti di recupero ricevano prioritariamente i rifiuti urbani autorizzati di provenienza regionale, fermo restando rispetto dell’art. 181, n. 5 del d.lgs. n. 152/2006, ovverosia che «per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero è sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite categorie dell’Albo nazionale gestori ambientali ai sensi dell’articolo 212, comma 5, al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando il principio di prossimità agli impianti di recupero». Ne consegue che il principio di autosufficienza affermato dal PRGR non può, di per sé solo, tradursi, nel caso di specie, in un fattore che escluda l’autorizzazione regionale. 4.4.1.1. Quanto al principio di prossimità, il dato normativo saliente, ovverosia l’art. 181, n. 5 del testo unico dell’ambiente, richiamato nella ripetuta relazione, se da un lato privilegia, nel limite del possibile, la vicinanza degli impianti di recupero, non preclude soluzioni differenti. Né dall’istruttoria regionale emerge oggettivamente che l’impianto in questione non possa svolgere il trattamento di rifiuti provenienti da realtà territoriali limitrofe. L’integrale soddisfacimento del “fabbisogno regionale teorico in termini di trattamento dell’umido”, pure richiamato nel parere allegato alla deliberazione regionale impugnata, attiene infine, al diverso aspetto dell’autosufficienza, e non esaurisce lo spettro dei rifiuti che possono essere recuperati nell’impianto di cui è questione.
4.2. L’Amministrazione regionale ha poi fatto riferimento al principio di precauzione ambientale sostenendo, in caso di incidenti e/o di eventuali perdite di percolato, l’insufficiente distanza dell’impianto in questione dalle sponde del Torrente Platano, pari a circa 35 metri, tale da non garantire la tutela e la salvaguardia dell’ecosistema fluviale.
In proposito va osservato che sono rimaste incontestate, anche nel parere allegato alla deliberazione regionale di diniego, le circostanze rappresentate dalla società ricorrente in sede di memoria partecipativa ai sensi dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, ovverosia che l’impianto non produrrà percolato (C.E.R. 19.07.03 – percolato di discarica), né altra forma di percolamento, e che la raccolta delle acque di processo (CER 16.10.02) avverrà in vasca dotata di sistemi di contenimento e dispositivi di allarme visivo e sonoro, come pure quella della previsione di un piano di derattizzazione e disinfestazione periodico, relativamente all’ulteriore criticità secondo cui la distanza dell’impianto non sarebbe sufficiente a prevenire situazioni di compromissione della sicurezza delle abitazioni o di grave disagio degli abitanti, dovute ad esalazioni moleste ed allo sviluppo di larve, ratti e insetti sia in fase di esercizio regolare che in caso di incidenti, indipendentemente dalla presenza di eventuali opere di mitigazione previste in progetto. A ciò si aggiunga che l’aspetto della distanza dell’impianto dal centro urbano è stato già diffusamente esaminato supra.
Più in generale, nel caso di specie il principio di precauzione non appare correttamente invocato, in quanto, sul versante procedurale, l’adozione di misure fondate sul quest’ultimo è condizionata al preventivo svolgimento di una valutazione quanto più possibile completa dei rischi calata nella concretezza del contesto spazio–temporale di riferimento, valutazione che deve concludersi con un giudizio di stretta necessità; inoltre, il principio in esame non può legittimare una interpretazione delle disposizioni normative, tecniche e amministrative vigenti in un dato settore che ne dilati il senso fino a ricomprendervi vicende non significativamente pregiudizievoli per l’area interessata; la situazione di pericolo deve essere potenziale o latente, ma non meramente ipotizzata, e deve incidere significativamente sull’ambiente e sulla salute dell’uomo (Cons. Stato, sez. V, 17 dicembre 2013, n. 6520).
A ben vedere, peraltro, l’incidenza determinante in senso negativo di tale principio è stata esclusa dallo stesso parere del Dirigente dell’Ufficio compatibilità ambientale, ove si legge che «nel caso specifico il principio di precauzione non ha funzione impeditiva dell’attività in oggetto emarginata dal momento che al progetto di che trattasi si applicano due criteri localizzativi escludenti per gli impianti di trattamento biologico, come quello in esame, riportati nell’allegato criteri di localizzazione al P.R.G.R.».
5. A quanto innanzi osservato consegue, altresì, l’illegittimità, in via derivata, del parere contrario formulato dal Comitato tecnico regionale per l’ambiente nella seduta del 25 settembre 2017, riprendendo quest’ultimo pedissequamente i contenuti del richiamato parere dell’8 agosto 2017 dell’Ufficio prevenzione e controllo ambientale.
6. Dalle considerazioni che precedono l’accoglimento del ricorso, con assorbimento di ogni ulteriore censura.
6. Sussistono giusti motivi, in ragione delle peculiarità della questione, per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, definitivamente pronunciando sul ricorso, per come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto annulla la deliberazione della Giunta regionale n. 1374 del 15 dicembre 2017, il parere dell’Ufficio prevenzione e controllo ambientale dell’8 agosto 2017, n. 28359, il parere reso dal Comitato tecnico regionale per l’ambiente del 25 settembre 2017.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Potenza nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Caruso, Presidente
Pasquale Mastrantuono, Consigliere
Benedetto Nappi, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
Benedetto Nappi
IL PRESIDENTE
Giuseppe Caruso
IL SEGRETARIO