* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – APPALTI – Revoca degli atti di gara – Art. 11, c. 9 d.lgs. n. 163/2006 – Finalità – Legittimità della revoca della gara pubblica – Presupposti – Responsabilità precontrattuale – Configurabilità – Art. 1337 c.c. – Facoltà di non procedere all’aggiudicazione prevista nel bando di gara – Mancata lesione dell’affidamento dei partecipanti.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 8^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 11 Aprile 2013
Numero: 1916
Data di udienza: 20 Marzo 2013
Presidente: Amodio
Estensore: Ianigro
Premassima
* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – APPALTI – Revoca degli atti di gara – Art. 11, c. 9 d.lgs. n. 163/2006 – Finalità – Legittimità della revoca della gara pubblica – Presupposti – Responsabilità precontrattuale – Configurabilità – Art. 1337 c.c. – Facoltà di non procedere all’aggiudicazione prevista nel bando di gara – Mancata lesione dell’affidamento dei partecipanti.
Massima
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 8^ – 11 aprile 2013, n. 1916
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – APPALTI – Revoca degli atti di gara – Art. 11, c. 9 d.lgs. n. 163/2006 – Finalità – Legittimità della revoca della gara pubblica – Presupposti.
Il potere di revoca degli atti di gara trova il proprio fondamento nel principio generale dell’autotutela della pubblica amministrazione (espressamente previsto, nel settore degli appalti pubblici, dall’art. 11, nono comma, del D.Lgs. 163/2006), che rappresenta una delle manifestazioni tipiche del potere amministrativo, direttamente connesso ai criteri costituzionali di imparzialità e buon andamento della funzione pubblica (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 aprile 2010 n. 1997; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 3 maggio 2010 n. 2263). Infatti, l’art. 21 quinquies L. 7 agosto 1990 n. 241 consente un ripensamento da parte dell’amministrazione, laddove questa ritenga di operare motivatamente una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario. La possibilità che in materia di appalti pubblici la stazione appaltante possa mutare avviso, in funzione del pubblico interesse, deve essere ricondotta all’ordinarietà dell’esercizio stesso del potere esperibile anche dopo l’avvio della procedura di scelta del contraente per ragioni di pubblico interesse preesistenti o sopravvenute o per vizi di merito e di legittimità. La revoca della gara pubblica può dunque ritenersi legittimamente disposta dalla stazione appaltante in presenza di documentate e obiettive esigenze di interesse pubblico (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 11 maggio 2009 n. 2882), che siano opportunamente e debitamente esplicitate, che rendano evidente l’inopportunità o comunque l’inutilità della prosecuzione della gara stessa, oppure quando, anche in assenza di ragioni sopravvenute, la revoca sia la risultante di una rinnovata e differente successiva valutazione dei medesimi presupposti (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 5 aprile 2012 n. 1646; T.A.R. Trentino Alto Adige, Trento, 30 luglio 2009 n. 228).
Pres. Amodio, Est. Ianigro – C. s.r.l. (avv. Sabatino) c. Comune di San Gregorio Matese (avv. Ronga)
APPALTI – Legittimità dell’atto di revoca dell’aggiudicazione – Responsabilità precontrattuale – Configurabilità – Art. 1337 c.c.
La legittimità dell’atto di revoca dell’aggiudicazione di una gara di appalto non elimina il profilo relativo alla valutazione del comportamento dell’amministrazione, con riguardo al rispetto dei canoni di buona fede e correttezza, nell’ambito del procedimento di evidenza pubblica preordinato alla selezione del contraente. La responsabilità precontrattuale per la revoca della gara può ritenersi configurabile quando il fine pubblico venga attuato attraverso un comportamento obiettivamente lesivo dei doveri di lealtà, sicché anche dalla revoca legittima degli atti di gara può scaturire l’obbligo di risarcire il danno, nel caso di affidamento suscitato da un comportamento contrario ai canoni comportamentali legalmente sanciti (cfr. anche T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 8 febbraio 2006 n. 1794; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 14 settembre 2010 n. 3459 e 12 gennaio 2011 n. 20). Gli atti che compongono la fase procedimentale dell’evidenza pubblica in quanto prodromici alla stipula del contratto sono configurabili anche quali atti di trattativa e formazione negoziale rilevanti ai sensi dell’art. 1337 cod. civ.. Ben può quindi configurarsi una “culpa in contrahendo” a carico della pubblica amministrazione qualora tra le parti siano intercorse trattative per la conclusione di un accordo giunte ad uno stadio tale da giustificare oggettivamente l’affidamento nella conclusione del contratto e che una delle parti abbia interrotto le trattative in violazione delle regole di correttezza e di buona fede di cui all’art. 1337 cod. civ. eludendo così le ragionevoli aspettative dell’altra, la quale, avendo confidato nella conclusione finale del contratto, sia stata indotta a sostenere spese o a rinunciare ad occasioni più favorevoli.
Pres. Amodio, Est. Ianigro – C. s.r.l. (avv. Sabatino) c. Comune di San Gregorio Matese (avv. Ronga)
APPALTI – Facoltà di non procedere all’aggiudicazione prevista nel bando di gara – Configurabilità di responsabilità precontrattuale – Esclusione – Mancata lesione dell’affidamento dei partecipanti.
Non è configurabile la responsabilità precontrattuale della stazione appaltante che si sia motivatamente e tempestivamente avvalsa della facoltà, prevista nel bando di gara, di non procedere all’aggiudicazione definitiva dell’appalto per ragioni di pubblico interesse comportanti variazioni agli obiettivi perseguiti; in tal caso, infatti, all’amministrazione appaltante non è contestabile alcun comportamento lesivo dell’affidamento dei partecipanti (Consiglio di Stato, Sez. V, 7 settembre 2009 n. 5245; 13 novembre 2002 n. 6291; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 3 maggio 2010 n. 2263).
Pres. Amodio, Est. Ianigro – C. s.r.l. (avv. Sabatino) c. Comune di San Gregorio Matese (avv. Ronga)
Allegato
Titolo Completo
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 8^ - 11 aprile 2013, n. 1916SENTENZA
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 8^ – 11 aprile 2013, n. 1916
N. 01916/2013 REG.PROV.COLL.
N. 05407/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5407 del 2012, proposto da:
Co.Mo.Ter. S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Maria Sabatino, con domicilio eletto presso Pasquale Mellone in Napoli, via Serafino Biscardi n.31;
contro
Comune di San Gregorio Matese in Persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Gianluca Ronga, con domicilio eletto presso Gianluca Ronga in Napoli, Calata S. Marco, 13 c/o St. Iorio;
per il risarcimento dei danni derivati dalla Determina del 19.10.2012 con cui il Comune di San Gregorio Matese ha revocato la gara indetta per i lavori di costruzione del parcheggio di via Redentore.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di San Gregorio Matese in Persona del Sindaco p.t.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 marzo 2013 la dott.ssa Renata Emma Ianigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso iscritto al n. 5407/2012, la Co.Mo.Ter. s.r.l. in persona del legale rappresentante p.t., quale mandataria A.t.i. Co.Mo.Ter. s.rl./D’Agostino Antonio, instava per la declaratoria di illegittimità della determinazione n. 123 del 19.10.2012 con cui il Comune di San Gregorio Matese revocava gli atti della gara indetta per l’esecuzione dei lavori di costruzioni del parcheggio di via Redentore, nonché per la condanna del Comune intimato al risarcimento dei danni, ed in subordine, al pagamento di un indennizzo ex art. 21 quinquies della legge n. 241/1990.
Esponeva di aver partecipato, quale mandataria AT.I., alla gara indetta dal Comune di San Gregorio Matese, con bando del 12.07.2010 dell’importo di euro 738.009,39 per la costruzione del Parcheggio di via Redentore, di essere risultata aggiudicataria provvisoria giusta determina n. 62 del 22.11.2010, e di aver subito la revoca dell’aggiudicazione provvisoria unitamente all’intera procedura di gara, con provvedimento n. 123/2012.
A sostegno del ricorso deduceva i seguenti motivi di diritto:
1) Violazione di legge, oppure falsa, distorta o errata interpretazione ed applicazione di legge. Vizi del procedimento.
Il mancato perfezionamento della procedura di gara è da imputare esclusivamente al ritardo dell’amministrazione.
Lo stato di dissesto finanziario posto a base della delibera di revoca è inopponibile alla società ricorrente, poiché intervenuto nell’anno 2011 ossia nell’anno successivo all’aggiudicazione provvisoria, sicchè il mancato conseguimento dell’appalto è imputabile esclusivamente al ritardo dell’amministrazione.
Né la stazione appaltante ha opposto la ponderazione dei contrapposti interessi, o l’impossibilità di rideterminare il quadro economico dell’opera valutando l’alternativa di eliminare gli oneri economici a carico dell’ente.
In ogni caso, l’accertamento dell’eventuale responsabilità precontrattuale dell’amministrazione non è da ritenere esclusa dall’eventuale legittimità del provvedimento di revoca assunto in via di autotutela, posto che, ai fini della responsabilità precontrattuale, si deve tener conto del comportamento complessivamente tenuto dall’amministrazione durante il corso della formazione del contratto, anche alla luce dell’obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede.
Il risarcimento, da determinarsi in via equitativa dovrà includere pertanto il danno emergente costituito dalle spese e dai costi sostenuti per la preparazione dell’offerta, il lucro cessante determinato nel 10% del valore dell’appalto, il danno da perdita di chance, ed il danno all’immagine.
In subordine spetta il riconoscimento dell’indennizzo ex art. 21 quinquies della legge n. 241/1990.
A titolo di spese per la partecipazione alla gara dovranno essere liquidate euro 310,04 come da nota allegata in atti, unitamente alle competenze professionali riconosciute ai progettisti per la redazione degli elaborati progettuali nella misura di euro 21.168,00 oltre rivalutazione monetaria ed interessi sino al soddisfo.
Con memoria del 5.03.2012 si costituiva il Comune di San Gregorio Matese il quale esponeva che, con delibera di Giunta Comunale n. 65 del 5.07.2010, era stato rimodulato il quadro economico del progetto dell’importo complessivo di euro 916.992,60 di cui euro 150.000,00 a carico del bilancio comunale da finanziare mediante contratto di mutuo a stipularsi con la Cassa D.D.P.P, e che la dichiarazione di dissesto finanziario n. 3 del 22.03.2011 aveva impedito all’ente di contrarre il predetto mutuo. Sosteneva di aver proceduto legittimamente alla revoca della determina di approvazione dello schema di bando e di indizione della gara, quale atto dovuto, conformemente al disposto di cui all’art. 21 quinquies l.n. 241/1990, dovendo assegnare priorità all’interesse pubblico sopravvenuto di assicurare l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili Aggiungeva che alcuna inerzia poteva addebitarsi al Comune per il dissesto dichiarato in data 22.03.2011, entro un lasso di tempo di 4 mesi e non di un anno dall’aggiudicazione provvisoria risalente al 22.11.2010, e che la scelta del Comune trovava la sua legittimazione nel potere di autotutela riconosciuto dall’art. 11 comma 9 del Codice dei Contratti. Deduceva altresì l’infondatezza della domanda di riconoscimento del diritto ad un indennizzo ex art. 21 quinquies, dal momento che la revoca del bando non può essere considerata come un provvedimento ad efficacia durevole, ma come un atto ad efficacia istantanea, e pertanto inidoneo a far sorgere in capo alla ricorrente il diritto rivendicato, ed in ogni caso pur a voler riconoscere l’indennizzo esso potrebbe essere parametrato al solo danno emergente e non anche al lucro cessante.
Concludeva pertanto per il rigetto del ricorso con vittoria di spese di lite.
Alla pubblica udienza di discussione del 20.03.2013 il ricorso veniva discusso ed introitato per la decisione.
2. Il ricorso è infondato e va respinto secondo quanto di seguito argomentata.
Preliminarmente deve escludersi la contestata illegittimità del provvedimento di revoca posta a base della domanda di risarcimento per responsabilità precontrattuale.
Il bando indetto con determinazione n. 34 del 12.06.2010, nonché la determinazione n. 62 del 22.11.2010 di aggiudicazione provvisoria della gara in favore della ricorrente davano atto che l’intervento era finanziato in parte con oneri a carico della Regione Campania, ed in parte con un mutuo con la Cassa Depositi e Prestiti a carico del Bilancio comunale, e che il mutuo era in corso di perfezionamento.
Con delibera n. 123 del 19.10.2012 il Comune di San Gregorio Matese revocava gli atti di gara e l’aggiudicazione provvisoria in favore della ricorrente di cui alla determina n. 62 del 22.11.2010, facendo presente che non si era proceduto alla contrazione del predetto mutuo con la Cassa D.D.P.P. per l’importo di euro 150.000,00 poiché nell’anno 2011 e precisamente con delibera Commissario Straordinario n. 3 del 22.03.2011 era stato dichiarato lo stato di dissesto finanziario dell’ente.
Da premettere che la stazione appaltante, nel bando, alla sezione IX, si era espressamente riservata la facoltà di interrompere o annullare in qualsiasi momento la procedura di gara in base a valutazioni di propria esclusiva competenza, ovvero per difetto della disponibilità di tutte le risorse finanziarie necessarie.
Non poteva pertanto ritenersi preclusa alla stazione appaltante la possibilità di procedere alla revoca o all’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria, laddove la gara non rispondeva più all’esigenze dell’ente e sussistendo un interesse pubblico, concreto ed attuale, all’eliminazione degli atti divenuti inopportuni, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse dell’aggiudicatario provvisorio nei confronti dell’amministrazione. In generale, il potere di revoca degli atti di gara ( già previsto dalla disciplina di contabilità generale dello Stato che consente il diniego di approvazione per motivi di interesse pubblico ex art. 113 del R.D. 23 maggio 1924 n. 827) trova il proprio fondamento nel principio generale dell’autotutela della pubblica amministrazione (espressamente previsto, nel settore degli appalti pubblici, dall’art. 11, nono comma, del D.Lgs. 163/2006), che rappresenta una delle manifestazioni tipiche del potere amministrativo, direttamente connesso ai criteri costituzionali di imparzialità e buon andamento della funzione pubblica (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 aprile 2010 n. 1997; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 3 maggio 2010 n. 2263).
Infatti, l’art. 21 quinquies L. 7 agosto 1990 n. 241 consente un ripensamento da parte dell’amministrazione, laddove questa ritenga di operare motivatamente una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario. La possibilità che in materia di appalti pubblici la stazione appaltante possa mutare avviso, in funzione del pubblico interesse, deve essere ricondotta all’ordinarietà dell’esercizio stesso del potere esperibile anche dopo l’avvio della procedura di scelta del contraente per ragioni di pubblico interesse preesistenti o sopravvenute o per vizi di merito e di legittimità.
La revoca della gara pubblica può dunque ritenersi legittimamente disposta dalla stazione appaltante in presenza di documentate e obiettive esigenze di interesse pubblico (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 11 maggio 2009 n. 2882), che siano opportunamente e debitamente esplicitate, che rendano evidente l’inopportunità o comunque l’inutilità della prosecuzione della gara stessa, oppure quando, anche in assenza di ragioni sopravvenute, la revoca sia la risultante di una rinnovata e differente successiva valutazione dei medesimi presupposti (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 5 aprile 2012 n. 1646; T.A.R. Trentino Alto Adige, Trento, 30 luglio 2009 n. 228).
Alla luce di tali considerazioni deve concludersi per la legittimità dell’azione amministrativa, posto che la determinazione contestata risulta adeguatamente motivata dalla stazione appaltante con valutazioni che non si possono censurare per palese ingiustizia o illogicità.
L’atto di revoca emesso dalla stazione appaltante in applicazione dei predetti criteri generali in tema di atti di secondo grado, costituisce inoltre esercizio di un potere che l’amministrazione si era riservata sin dalla predisposizione del bando le cui clausole non sono state né impugnate in parte qua né contestate da parte ricorrente.
In ogni caso nel rispetto dei principi di economicità e buon andamento della pubblica amministrazione, deve ritenersi che la prosecuzione dell’appalto in presenza di condizioni come quelle esplicate, si sarebbe comunque posta in contrasto con l’esigenza di una gestione razionale ed efficiente delle risorse pubbliche.
Peraltro nelle determinazioni di revoca la valutazione dell’interesse pubblico consiste in un apprezzamento discrezionale non sindacabile nel merito dal giudice amministrativo, salvo che non risulti viziato sul piano della legittimità per manifesta ingiustizia ed irragionevolezza (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 5 aprile 2012 n. 1646; T.A.R Campania, Napoli, Sez. I , 12 aprile 2010 n. 1897), circostanze che non è dato ravvisare nella fattispecie per cui è causa.
Dalle considerazioni svolte discende che non sussistono i presupposti per addivenire ad una pronuncia di annullamento.
3. La domanda i risarcimento a titolo di responsabilità precontrattuale da atto legittimo ha ad oggetto il ristoro della lesione della posizione soggettiva inerente l’affidamento ingenerato nel privato circa l’osservanza da parte della pubblica amministrazione del dovere di comportarsi secondo buona fede e correttezza durante le trattative.
La questione rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133 comma 1 lett.e) sub 1) c. p. a., con esplicito riferimento alle controversie “relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie…”. A sua volta l’art. 30 del c.p.a. al comma 2 stabilisce che nei casi di giurisdizione esclusiva può essere altresì chiesto il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi.
Quanto alla tutelabilità della pretesa ai fini risarcitori,la Sezione (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 5 aprile 2012 n. 1646) ha in precedenza rilevato che, in presenza di un legittimo atto di autotutela, costituisce ius receptum, il principio secondo cui la legittimità dell’atto di revoca dell’aggiudicazione di una gara di appalto non elimina il profilo relativo alla valutazione del comportamento dell’amministrazione, con riguardo al rispetto dei canoni di buona fede e correttezza, nell’ambito del procedimento di evidenza pubblica preordinato alla selezione del contraente.
La responsabilità precontrattuale per la revoca della gara può ritenersi configurabile quando il fine pubblico venga attuato attraverso un comportamento obiettivamente lesivo dei doveri di lealtà, sicché anche dalla revoca legittima degli atti di gara può scaturire l’obbligo di risarcire il danno, nel caso di affidamento suscitato da un comportamento contrario ai canoni comportamentali legalmente sanciti (cfr. anche T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 8 febbraio 2006 n. 1794; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 14 settembre 2010 n. 3459 e 12 gennaio 2011 n. 20). Gli atti che compongono la fase procedimentale dell’evidenza pubblica in quanto prodromici alla stipula del contratto sono configurabili anche quali atti di trattativa e formazione negoziale rilevanti ai sensi dell’art. 1337 cod. civ.. Ben può configurarsi una “culpa in contrahendo” a carico della pubblica amministrazione qualora tra le parti siano intercorse trattative per la conclusione di un accordo giunte ad uno stadio tale da giustificare oggettivamente l’affidamento nella conclusione del contratto e che una delle parti abbia interrotto le trattative in violazione delle regole di correttezza e di buona fede di cui all’art. 1337 cod. civ. eludendo così le ragionevoli aspettative dell’altra, la quale, avendo confidato nella conclusione finale del contratto, sia stata indotta a sostenere spese o a rinunciare ad occasioni più favorevoli.
Nella fattispecie, il Collegio ritiene che tali condizioni non sussistano.
Si è visto che la legittimità del provvedimento di revoca è stata ritenuta in funzione della condivisibilità delle ragioni poste dall’amministrazione a fondamento dell’atto di autotutela, adottato proprio a salvaguardia delle sopravvenute esigenze dell’ente e del razionale utilizzo delle risorse pubbliche.
In questa sede deve escludersi un comportamento dell’amministrazione in contrasto con il dovere di lealtà e correttezza nonché lesivo dell’affidamento riposto dalla controparte nella conclusione del contratto.
A tale fine è utile il richiamo a quell’indirizzo giurisprudenziale secondo cui non è configurabile la responsabilità precontrattuale della stazione appaltante che si sia motivatamente e tempestivamente avvalsa della facoltà, prevista nel bando di gara, di non procedere all’aggiudicazione definitiva dell’appalto per ragioni di pubblico interesse comportanti variazioni agli obiettivi perseguiti; in tal caso, infatti, all’amministrazione appaltante non è contestabile alcun comportamento lesivo dell’affidamento dei partecipanti (Consiglio di Stato, Sez. V, 7 settembre 2009 n. 5245; 13 novembre 2002 n. 6291; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 3 maggio 2010 n. 2263).
Ad escludere ogni possibile affidamento della società provvisoriamente aggiudicataria nella stipulazione del contratto contribuisce l’analisi della lex specialis di gara, dal momento che, come si è innanzi anticipato, con disposizione non contestata, la stazione appaltante alla Sez. IX del bando si riservava la facoltà di interrompere o annullare in ogni momento la procedura di gara in base a valutazioni di propria ed esclusiva competenza , ovvero per difetto della disponibilità di tutte le risorse finanziarie necessarie.
Tale previsione, non impugnata in parte qua dalla esponente, deve essere interpretata alla stregua del riconoscimento all’ente pubblico di un potere di revoca degli atti di gara e ciò sulla base della sua stessa formulazione letterale, sicché può ritenersi che sin dal bando il conferimento dell’appalto veniva chiaramente prospettato come “eventuale”, derivandone che alcun affidamento poteva vantare il partecipante nella sicura conclusione del contratto.
Tale essendo la disciplina di gara, del tutto irrilevante si appalesa la circostanza fatta presente nelle note di discussione depositate il 9.03.2013 secondo cui l’imputabilità all’ente della mancata aggiudicazione sarebbe dimostrata dalla non imprevedibilità del dissesto finanziario stante la preesistenza all’espletamento della gara delle situazioni di criticità economico finanziarie in cui versava l’ente. Proprio siffatta preesistenza aveva infatti indotto l’ente nella predisposizione della disciplina di gara a cautelarsi tramite la detta clausola di salvezza.
Ad ulteriore conferma dell’assenza di “culpa in contrahendo” dell’amministrazione vi è anche la considerazione che la dichiarazione di dissesto è intervenuta a pochi mesi di distanza dall’aggiudicazione provvisoria e che non vi è stata alcuna richiesta di anticipata esecuzione delle opere alla concorrente.
Dalle svolte argomentazioni discende che non è configurabile la responsabilità precontrattuale della stazione appaltante che si è motivatamente avvalsa della facoltà, prevista nel bando di gara, di non aggiudicare l’appalto per ragioni di pubblico interesse.
3. Del pari infondata è l’ultima richiesta subordinata di riconoscimento del diritto alla corresponsione di una somma a titolo di indennizzo ai sensi dell’art. 21 quinquies della l. n. 241/90. Al riguardo va infatti osservato che l’art. 21 – quinquies, comma 1, della L. n. 241 del 1990, come modificato ed integrato dalla l. n. 15 del 2005, nel sancire l’obbligo dell’amministrazione di provvedere all’indennizzo dei soggetti direttamente interessati, quale ristoro dei pregiudizi provocati dalla revoca, ha riguardo ai provvedimenti amministrativi “ad efficacia durevole”, tra i quali, pacificamente, non rientra l’aggiudicazione provvisoria .
La revoca di un’aggiudicazione provvisoria, pur dando avvio ad un procedimento complesso che non si risolve uno actu, non può essere qualificato quale atto avente durevole efficacia, con la conseguenza che rispetto ad esso non trova applicazione l’art. 21 quinquies, l. n. 241 del 1990, come modificato ed integrato dalla l. n. 15 del 2005, che sancisce l’obbligo dell’amministrazione di provvedere all’indennizzo dei soggetti direttamente interessati, quale ristoro dei pregiudizi provocati dalla revoca, precisando, peraltro, la stessa disposizione, che l’ambito applicativo ha riguardo ai provvedimenti amministrativi ad efficacia durevole.( T.a.r. Lazio, Roma, sez. I ,11.07.2006, n.5766). Nemmeno possono trovare applicazione nella fattispecie i successivi commi 1-bis e 1-ter del medesimo articolo, i quali – pur considerando anche gli atti amministrativi a efficacia istantanea – circoscrivono il sorgere del diritto all’indennizzo all’incidenza su rapporti negoziali (da intendersi ovviamente come rapporti già costituiti).
In definitiva per le esposte ragioni il ricorso va respinto e quanto alle spese ricorrono giusti motivi per disporne la integrale compensazione delle parti vista la natura delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge;
spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Savo Amodio, Presidente
Renata Emma Ianigro, Consigliere, Estensore
Olindo Di Popolo, Referendario
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/04/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)