* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Accesso civico e accesso “classico” ex L. n. 241/1990 – Cumulatività – Limiti – INFORMAZIONE AMBIENTALE – Oggetto – Artt. 2 e 3 d.lgs. n. 195/2005 – Istanza – Dimostrazione dell’interesse ambientale – Diritto di accesso – Enti esponenziali di interessi diffusi – Presupposti – Effettiva rappresentatività, pertinenza dei fini statutari, effettivo, attuale e concreto interesse alla conoscenza degli atti.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 6^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 14 Gennaio 2016
Numero: 188
Data di udienza: 16 Dicembre 2015
Presidente: Lelli
Estensore: Maiello
Premassima
* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Accesso civico e accesso “classico” ex L. n. 241/1990 – Cumulatività – Limiti – INFORMAZIONE AMBIENTALE – Oggetto – Artt. 2 e 3 d.lgs. n. 195/2005 – Istanza – Dimostrazione dell’interesse ambientale – Diritto di accesso – Enti esponenziali di interessi diffusi – Presupposti – Effettiva rappresentatività, pertinenza dei fini statutari, effettivo, attuale e concreto interesse alla conoscenza degli atti.
Massima
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 6^ – 14 gennaio 2016, n. 188
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Accesso civico e accesso “classico” ex L. n. 241/1990 – Cumulatività – Limiti.
L’accesso civico è uno strumento che si aggiunge a quelli esistenti, senza eliderli, ma sovrapponendosi agli stessi. Per gli atti compresi negli obblighi di pubblicazione di cui al D.lgs. 33/2013, quindi, potranno operare cumulativamente tanto il diritto di accesso ‘classico’ ex L. 241/1990 quanto il diritto di accesso civico ex D.lgs. 33/2013, mentre, per gli atti non rientranti in tali obblighi di pubblicazione, opererà, evidentemente, il solo diritto di accesso procedimentale ‘classico’ di cui alla L. 241/1990 (cfr. TAR Campania, VI Sezione, 05671/2014 del 05/11/2014). Ciò nondimeno, è di tutta evidenza che, una volta esercitata la facoltà di avvalersi esclusivamente di uno degli istituti sopraindicati mediante la presentazione della relativa specifica istanza, non è possibile poi far valere, con la pretesa automaticità, le prerogative di tutela previste per l’altro procedimento, siccome giammai attivato dal soggetto interessato; ciò, anche in un’ottica di leale collaborazione tra le parti, dovendo l’istanza del soggetto interessato orientare, in termini di necessaria coerenza, il comportamento concretamente esigibile dall’Autorità adita.
Pres. Lelli, Est. Maiello – Comitato civico C. (avv. Tozzi) c. Comune di Cellole (avv. Marzano)
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – INFORMAZIONE AMBIENTALE – Oggetto – Artt. 2 e 3 d.lgs. n. 195/2005 – Istanza – Dimostrazione dell’interesse ambientale.
L’art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 195 del 2005, ha previsto un accesso facilitato per le informazioni “ambientali”, al fine di assicurare, per la rilevanza della materia, la maggiore trasparenza possibile dei relativi dati. La norma prevede, quindi, un regime di pubblicità tendenzialmente integrale delle informazioni di carattere ambientale, sia per ciò che concerne la legittimazione attiva, con un ampliamento dei soggetti legittimati all’accesso, e sia per il profilo oggettivo, prevedendosi un’area di accessibilità alle informazioni ambientali svincolata dai più restrittivi presupposti dettati in via generale dagli artt. 22 e segg. L. n. 241 del 1990. Ciò nondimeno, le informazioni cui fa riferimento la citata normativa concernono esclusivamente lo stato dell’ambiente (aria, sottosuolo, siti naturali etc.) ed i fattori che possono incidere sullo stato dell’ambiente (sostanze, energie, rumore, radiazioni, emissioni), sulla salute e sulla sicurezza umana, con l’esclusione di tutti i fatti ed i documenti che non abbiano un diretto rilievo ambientale. Sebbene l’accesso all’informazione ambientale possa essere esercitato da chiunque, senza la necessità di dimostrare uno specifico interesse, ciò non toglie dunque che la richiesta di accesso non possa essere formulata in termini eccessivamente generici (Consiglio di Stato, Sez. VI, 16 febbraio 2011, n. 996) e debba essere specificamente formulata con riferimento alle matrici ambientali ovvero ai fattori o alle misure di cui ai numeri 2 e 3 dell’art.2 del d.lgs. n. 195 del 2005 (Consiglio di Stato, sez. IV, 20 maggio 2014, n. 2557). In conseguenza, l’istanza di accesso, pur se astrattamente riguardante un’informazione ambientale, non esime il richiedente dal dimostrare che l’interesse che intende far valere è un interesse ambientale, come qualificato dal d. lgs. n. 195 del 2005, ed è volto quindi alla tutela dell’integrità della matrice ambientale, non potendo l’ordinamento ammettere che di un diritto nato con specifiche determinate finalità si faccia uso per scopi diversi (Consiglio di Stato, Sez. V, 15 ottobre 2009 n. 6339).
Pres. Lelli, Est. Maiello – Comitato civico C. (avv. Tozzi) c. Comune di Cellole (avv. Marzano)
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Diritto di accesso – Enti esponenziali di interessi diffusi – Presupposti – Effettiva rappresentatività, pertinenza dei fini statutari, effettivo, attuale e concreto interesse alla conoscenza degli atti.
Il diritto di accesso, oltre che alle persone fisiche, spetta anche a enti esponenziali di interessi diffusi, ove corroborati dalla rappresentatività dell’associazione o ente esponenziale e dalla pertinenza dei fini statutari rispetto all’oggetto dell’istanza (TAR Sardegna, 30 agosto 2011, n. 903). L’effettiva rappresentatività è l’elemento di differenziazione che consente agli interessi diffusi (comuni a tutti gli individui di una certa formazione sociale non organizzata, che non si prestano ad essere tutelati in sede giurisdizionale, salve le ipotesi di azione popolare legislativamente previste) di evolvere giuridicamente verso una categoria di interessi giuridicamente rilevanti, suscettivi di tutela siccome riferibili ad un ente esponenziale di un gruppo non occasionale. Deve, poi, soggiungersi che la titolarità di interessi diffusi nei termini sopra evidenziati è condizione necessaria ma non ancora sufficiente, non potendo da essa inferirsi un potere di vigilanza a tutto campo da esercitare a mezzo del diritto all’acquisizione conoscitiva di atti e documenti che consentano le necessarie verifiche al fine di stabilire se l’esercizio del servizio pubblico possa ritenersi svolto secondo le prescritte regole di efficienza. Occorre piuttosto che, perché il principio di trasparenza operi verso l’esterno, anche per tali figure sia sostenuto da un effettivo, attuale e concreto interesse alla conoscenza di atti che incidono in via diretta e immediata (in quanto collegati alla prestazione o alla funzione svolta), e non già in via meramente ipotetica e riflessa, sugli interessi collettivi degli associati (cfr. Cons. Stato, VI, 9 febbraio 2009, n. 737; 25 settembre 2006, n. 5636; 10 febbraio 2006, n. 555).
Pres. Lelli, Est. Maiello – Comitato civico C. (avv. Tozzi) c. Comune di Cellole (avv. Marzano)
Allegato
Titolo Completo
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 6^ - 14 gennaio 2016, n. 188SENTENZA
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 6^ – 14 gennaio 2016, n. 188
N. 00188/2016 REG.PROV.COLL.
N. 03631/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3631 del 2015, proposto da:
Comitato Civico Cellolese, in persona del legale pro – tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Luca Tozzi ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Napoli alla via Toledo n. 323;
contro
Comune di Cellole, in persona del legale rappresentante pro – tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Eleonora Marzano con la quale elettivamente domicilia in Napoli, al viale A. Gramsci n. 16 presso l’Avv. Luigi M. D’Angiolella;
nei confronti di
Egea Service S.P.A, in persona del legale rappresentante pro – tempore, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
a) della nota del Comune di Cellole, prot. n. 5585 del 11.6.2015;
b) ove e per quanto lesiva, della nota del Comune di Cellole prot. n.3848 del 24.4.2015.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cellole;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2015 il dott. Umberto Maiello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, comitato civico costituito “per tutelare i diritti dei cittadini e concorrere all’azione amministrativa comunale con funzione di proposta e consultazione …”, espone che:
– con contratto n.186 del 25 Ottobre 2001 il Comune di Cellole affidava il servizio di igiene urbana alla società Eco 4 S.p.A., di cui era socio il consorzio comunale obbligatorio Ce4 (al quale partecipava l’amministrazione resistente) unitamente a privati;
– in seguito al fallimento della precitata società mista, subentrata la società Egeaservice S.p.A., che chiedeva e otteneva, con lodo arbitrale del 16 Settembre 2014, la condanna del Comune di Cellole al risarcimento dei danni, quantificati in € 6.000.000, 00, per il mancato pagamento del servizio relativamente al quadriennio 2001-2005;
– a seguito del suddetto contenzioso il comitato ricorrente presentava al Comune di Cellole, in data 25.3.2015, un’istanza di accesso alla”documentazione amministrativa presente tra il Comune di Cellole e Società Eco4, dall’anno 2001 a tutt’oggi”.
– con la gravata nota prot. n. 3848 del 24 aprile 2015, l’Ente intimato inoltrava preavviso di rigetto ex art 10 bis l. 7 Agosto 1990, n.241, opponendo l’assenza di un interesse concreto, diretto e attuale corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata ai documenti richiesti e l’inammissibilità dell’istanza perché preordinata a un controllo generalizzato della propria attività amministrativa;
– in data 7 maggio 2015, con note prot. 4289 e 4290, in riscontro alle suddette obiezioni, il comitato perimetrava la pretesa ostensiva circoscrivendola ai seguenti atti: contratto tra la società ECO4 S.p.A. e il Comune di Cellole; delibera di approvazione del contratto tra ECO4 S.p.A. e il Comune di Cellole; disciplinare del suddetto contratto relativo alla riscossione diretta della tariffa rifiuti; bilanci relativi al periodo 2001-2006; trasmissioni dei ruoli per gli anni in cui l’ECO4 S.p.A. ha effettuato la riscossione diretta della tariffa; fatture consegnate dalla società Eco4 presso il Comune di Cellole relative al servizio smaltimento rifiuti; elenco personale coinvolto nel servizio.
Ciò nondimeno, il Comune di Cellole, con nota prot. n. 5585 dell’ 11 giugno 2015, ribadiva le ragioni ostative anticipate nel preavviso di rigetto e, pertanto, confermava l’opposto diniego.
Di qui l’azione spiegata in giudizio volta all’annullamento del mentovato atto di diniego ed all’accertamento del diritto di accesso alla documentazione di cui alla sopraindicata istanza, con conseguente condanna della parte intimata agli adempimenti consequenziali.
Resiste in giudizio il Comune di Cellole.
All’udienza del 16.12.2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.
Ritiene, anzitutto, il Collegio che la fattispecie qui in rilievo non sia sussumibile in nessuna delle ipotesi normative tipiche che contemplano un diritto incondizionato di conoscenza degli atti adottati dalla pubblica amministrazione in funzione di controllo generalizzato da parte dell’opinione pubblica e di piena realizzazione del principio trasparenza.
Segnatamente, nella suddetta prospettiva, occorre muovere dalla infondatezza delle censure formulate ai sensi e per gli effetti di cui al d. lgs. 33 del 2013.
La piana lettura delle suindicate istanze ostensive, del 25.3.2015 e del 7 maggio 2015, riflette, invero, con evidenza, che la pretesa attorea è stata azionata ai sensi e per gli effetti di cui alla legge n. 241/1990 e, come tale, dunque, è stata coerentemente valutata dall’Amministrazione intimata, di talchè è solo all’interno del suddetto perimetro normativo che è possibile valutare la legittimità del diniego nonché la spettanza del diritto reclamato.
Pur essendo il rito ex art. 116 c.p.a. esperibile sia a tutela dell’accesso ai documenti amministrativi ex art. 22 della l. n. 241 cit., sia “per la tutela del diritto di accesso civico connessa all’inadempimento degli obblighi di trasparenza”, i due istituti sono tra loro diversi vista, in particolare, la differenza dei relativi presupposti.
Con il d.lgs. n. 33/2013, infatti, si è inteso procedere al riordino della disciplina volta ad assicurare a tutti i cittadini la più ampia accessibilità alle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle P.A., allo scopo di attuare il principio democratico, nonché i principi costituzionali di uguaglianza, imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche, quale integrazione del diritto ad una buona amministrazione e per la realizzazione di un’Amministrazione aperta, al servizio del cittadino. Il tutto, con la pubblicazione obbligatoria di una serie di documenti (elencati nei capi II, III, IV e V del succitato decreto legislativo ed aventi ad oggetto l’organizzazione, nonché diversi campi di attività delle P.A.) nei siti istituzionali di queste, con diritto di chiunque di accedere a tali siti direttamente ed immediatamente, senza autenticazione, né identificazione; solo in caso di omessa pubblicazione può essere esercitato, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 33 cit., il cd. accesso civico, consistente in una richiesta (che non va motivata) di effettuare tale adempimento, con possibilità, nel caso di conclusiva inadempienza dell’obbligo in questione, di ricorrere al G.A. secondo le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 104/2010.
Diversamente l’accesso ai documenti amministrativi, disciplinato dagli artt. 22 e ss. della l. n. 241/1990, è relativo al diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di “documenti amministrativi”, intendendosi per “interessati” i soggetti che abbiano un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento a cui si rivolge l’accesso, cosicché in funzione di tale interesse l’istanza di accesso deve essere motivata.
Il Collegio è ben consapevole del fatto che l’accesso civico è uno strumento che si aggiunge a quelli esistenti, senza eliderli, ma sovrapponendosi agli stessi. Per gli atti compresi negli obblighi di pubblicazione di cui al D.lgs. 33/2013, quindi, potranno operare cumulativamente tanto il diritto di accesso ‘classico’ ex L. 241/1990 quanto il diritto di accesso civico ex D.lgs. 33/2013, mentre, per gli atti non rientranti in tali obblighi di pubblicazione, opererà, evidentemente, il solo diritto di accesso procedimentale ‘classico’ di cui alla L. 241/1990 (cfr. TAR Campania, VI Sezione, 05671/2014 del 05/11/2014).
Ciò nondimeno, è di tutta evidenza che, una volta esercitata la facoltà di avvalersi esclusivamente di uno degli istituti sopraindicati mediante la presentazione della relativa specifica istanza, non è possibile poi far valere, con la pretesa automaticità, le prerogative di tutela previste per l’altro procedimento, siccome giammai attivato dal soggetto interessato; ciò, anche in un’ottica di leale collaborazione tra le parti, dovendo l’istanza del soggetto interessato orientare, in termini di necessaria coerenza, il comportamento concretamente esigibile dall’Autorità adita.
Ed, invero, nel caso in esame difetta, in apice, una richiesta di accesso civico che, peraltro, sebbene connotata da estrema informalità, riflette, ai sensi della disciplina di settore, un contenuto tipizzato, di certo non fungibile con quello dell’istanza di accesso ordinaria, siccome volta a promuovere – per finalità e muovendo da presupposti di legittimazione diversi – i seguenti adempimenti a carico dell’Amministrazione “…procede alla pubblicazione nel sito del documento, dell’informazione o del dato richiesto e lo trasmette contestualmente al richiedente, ovvero comunica al medesimo l’avvenuta pubblicazione, indicando il collegamento ipertestuale a quanto richiesto. Se il documento, l’informazione o il dato richiesti risultano già pubblicati nel rispetto della normativa vigente, l’amministrazione indica al richiedente il relativo collegamento ipertestuale”.
In definitiva, la mancata attivazione del procedimento in argomento (id est accesso civico) priva il ricorso proposto ai sensi del combinato disposto dell’articolo 116 c.p.a. e dell’articolo 5 del d. lgs. 33 del 2013 della relativa causa petendi essendo, comunque, la forma di tutela prevista dalla disciplina di settore costruita come un’azione di tipo impugnatorio che va spiegata avverso la determinazione reiettiva dell’istanza di accesso civico (giammai presentata) ovvero avverso la formazione del silenzio (non perfezionatosi per assenza di un’istanza di accesso civico).
Occorre, poi, soggiungere, sotto diverso profilo, che, se è vero che, in base all’indirizzo seguito da questa Sezione (cfr. TAR Campania, VI Sezione, n° 05671 del 05/11/2014 contra CdS Cons. Stato Sez. VI, Sent., 20/11/2013, n. 5515), il d.lgs. 33/2013 deve trovare applicazione anche per gli atti anteriori alla sua entrata in vigore, avvenuta il 20.04.2013, ciò nondimeno deve essere rimarcato che siffatta regula iuris resta valida solo limitatamente agli atti che, a quella data, sicuramente dispiegavano ancora i propri effetti (cfr. sentenza TAR Campania n. 3877 del 22.7.2015).
Di contro, nel caso di specie, gli atti che lo stesso ricorrente fa ricadere nell’ambito previsionale di cui al d. lgs. 33 del 2013 – contratto tra la società ECO4 S.p.A. e il Comune di Cellole; delibera di approvazione del contratto tra ECO4 S.p.A. e il Comune di Cellole; disciplinare del suddetto contratto relativo alla riscossione diretta della tariffa rifiuti; bilanci relativi al periodo 2001-2006; trasmissioni dei ruoli per gli anni in cui l’ECO4 S.p.A. ha effettuato la riscossione diretta della tariffa, quali atti allegati ai bilanci – ineriscono ad esercizi riferibili al periodo 2001/2006 e, dunque, ad atti e procedimenti, amministrativi e contabili, oramai esauriti sul piano dell’efficacia alla data dell’entrata in vigore del precitato decreto, non rilevando ai fini in questione la pendenza di un contenzioso in sede giudiziaria.
Parimenti, nemmeno può essere condiviso il costrutto giuridico attoreo nella parte in cui rivendica la sussistenza dei presupposti per la configurabilità di un accesso “diffuso” alla suindicata documentazione in ragione delle possibili implicazioni di tipo ambientale.
Al riguardo, si deve ricordare che l’art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 195 del 2005, ha previsto un accesso facilitato (rispetto a quello disciplinato dall’art. 22 della legge n. 241 del 1990) per le informazioni “ambientali”, al fine di assicurare, per la rilevanza della materia, la maggiore trasparenza possibile dei relativi dati.
L’art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 195 del 2005 prevede, quindi, un regime di pubblicità tendenzialmente integrale delle informazioni di carattere ambientale, sia per ciò che concerne la legittimazione attiva, con un ampliamento dei soggetti legittimati all’accesso, e sia per il profilo oggettivo, prevedendosi un’area di accessibilità alle informazioni ambientali svincolata dai più restrittivi presupposti dettati in via generale dagli artt. 22 e segg. della legge n. 241 del 1990.
Ciò nondimeno, in aderenza ad un autorevole orientamento giurisprudenziale (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 05/10/2015, n. 4636) deve al contempo rilevarsi che le informazioni cui fa riferimento la citata normativa riguardante l’accesso concernono esclusivamente lo stato dell’ambiente (aria, sottosuolo, siti naturali etc.) ed i fattori che possono incidere sullo stato dell’ambiente (sostanze, energie, rumore, radiazioni, emissioni), sulla salute e sulla sicurezza umana, con l’esclusione di tutti i fatti ed i documenti che non abbiano un diretto rilievo ambientale.
In base alla predetta disciplina, sebbene l’accesso all’informazione ambientale possa essere esercitato da chiunque, senza la necessità di dimostrare uno specifico interesse, ciò non toglie che la richiesta di accesso non possa essere formulata in termini eccessivamente generici (Consiglio di Stato, Sez. VI, 16 febbraio 2011, n. 996) e debba essere specificamente formulata con riferimento alle matrici ambientali ovvero ai fattori o alle misure di cui ai numeri 2 e 3 del citato articolo 2 del d.lgs. n. 195 del 2005 (Consiglio di Stato, sez. IV, 20 maggio 2014, n. 2557).
In conseguenza, l’istanza di accesso, pur se astrattamente riguardante un’informazione ambientale, non esime il richiedente dal dimostrare che l’interesse che intende far valere è un interesse ambientale, come qualificato dal d. lgs. n. 195 del 2005, ed è volto quindi alla tutela dell’integrità della matrice ambientale, non potendo l’ordinamento ammettere che di un diritto nato con specifiche determinate finalità si faccia uso per scopi diversi (Consiglio di Stato, Sez. V, 15 ottobre 2009 n. 6339), ad esempio per ragioni patrimoniali, come nel caso qui in rilievo.
Deve, infatti, soggiungersi che le istanze in argomento non evidenziano alcun diretto aggancio allo stato dell’ambiente (di cui si parla, per la prima volta, ed in termini generali ed astratti, solo nel ricorso) per cui, nel caso in esame, manca un diretto collegamento tra interesse ambientale e l’interesse addotto a sostegno delle pretese ostensive respinte, che muovono piuttosto dalle possibili ricadute patrimoniali del contenzioso pendente tra il Comune di Cellole e le società già affidatarie del servizio di raccolta dei rifiuti.
Né giova al comitato ricorrente il fatto che gli atti di cui rivendica l’ostensione siano detenuti da un’Amministrazione comunale.
Ed, invero, quanto a tale ultimo profilo, peraltro nemmeno evocato nell’atto di gravame, deve rilevarsi che la disposizione contenuta nell’art. 10 comma 1, d.lg. 18 agosto 2000 n. 267 sancisce il principio della pubblicità degli atti delle amministrazioni locali, senza tuttavia con ciò possa implicare una diversa configurazione del diritto di accesso, così come delineato dall’art. 25, l. 7 agosto 1990 n. 241, e senza neppure disciplinare modalità differenziate di esercizio di tale diritto; di conseguenza, per quanto riguarda i requisiti di accoglimento della domanda di accesso non sussiste alcuna ragione per discostarsi da quelli contenuti nella disciplina generale di cui agli artt. 22 e seguenti, cit. l. n 241 del 1990. (Consiglio di Stato sez. V 24 marzo 2011 n. 1772; T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, 16-10-2014, n. 1583), requisiti che, per le ragioni di seguito esposte, qui non sono configurabili.
Ritiene, infine, il Collegio che la domanda attorea non trovi copertura nelle coordinate di legittimazione segnate dalla legge n. 241/1990, cui, per tutto quanto fin qui esposto, va ricondotta la res iudicanda.
Ed, invero, il comitato ricorrente non può dirsi titolare di una situazione giuridica differenziata.
Giova a tal riguardo richiamare i postulati giurisprudenziali che governano la predicabilità di un diritto ostensivo in subiecta materia (cfr. ex multis i principi affermati dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la decisione 24 aprile 2012 n. 7) a mente dei quali:
– la disposizione di cui all’art. 22, comma 1, della legge n. 241 del 1990, pur riconoscendo il diritto di accesso a “chiunque vi abbia interesse” non ha tuttavia introdotto alcun tipo di azione popolare diretta a consentire una sorta di controllo generalizzato sulla Amministrazione, tant’è che ha contestualmente definito siffatto interesse come finalizzato alla “tutela” di “situazioni giuridicamente rilevanti;
– l’interesse che legittima la richiesta di accesso, oltre ad essere serio e non emulativo, deve essere “personale e concreto”, ossia ricollegabile alla persona dell’istante da uno specifico nesso: in sostanza occorre che il richiedente intenda difendere una situazione di cui è portatore, qualificata dall’ordinamento come meritevole di tutela, non essendo sufficiente il generico e indistinto interesse di ogni cittadino alla legalità o al buon andamento della attività amministrativa;
– essere titolare di una situazione giuridicamente tutelata non è condizione sufficiente perché l’interesse rivendicato possa considerarsi “diretto, concreto e attuale”, essendo anche necessario che la documentazione cui si chiede di accedere sia collegata a quella posizione sostanziale, impedendone o ostacolandone il soddisfacimento.
In applicazione dei richiamati canoni ermeneutici deve rilevarsi che il diritto di accesso, oltre che alle persone fisiche, spetta anche a enti esponenziali di interessi diffusi, ove corroborati dalla rappresentatività dell’associazione o ente esponenziale e dalla pertinenza dei fini statutari rispetto all’oggetto dell’istanza.
Segnatamente, con riguardo al tema della legittimazione per la tutela giurisdizionale di interessi collettivi espressi da soggetti esponenziali sorti in modo spontaneo, come i comitati, si pone come requisito necessario quello dell’effettiva rappresentatività del soggetto, ovvero la sua obiettiva attitudine a rappresentare una determinata categoria organizzata; ciò in assenza di un’espressa previsione legislativa che, per effetto di previsioni normative speciali, direttamente riconosca ope legis la detta legittimazione in capo a determinati soggetti.
L’effettiva rappresentatività, in altri termini, è l’elemento di differenziazione che consente agli interessi diffusi (comuni a tutti gli individui di una certa formazione sociale non organizzata, che non si prestano ad essere tutelati in sede giurisdizionale, salve le ipotesi di azione popolare legislativamente previste) di evolvere giuridicamente verso una categoria di interessi giuridicamente rilevanti, suscettivi di tutela siccome riferibili ad un ente esponenziale di un gruppo non occasionale.
Al riguardo, è noto che, salvo il caso di una legittimazione conferita ex lege (quale, ad esempio, quella delle associazioni ambientalistiche riconosciute, ex art. 18 l. 8 luglio 1986, n. 349) l’accertamento della legittimazione di altre associazioni, che si assumono portatrici di interessi diffusi, deve avvenire in concreto, attraverso la verifica della sussistenza di una pluralità di indici, riferiti, in particolare, oltre che alle finalità statutarie, al grado di rappresentatività, alla maggiore o minore risalenza temporale dell’associazione, alle iniziative ed azioni intraprese per la tutela degli interessi di cui la stessa si proclama portatrice, nonché al concreto e stabile collegamento con un dato territorio, tale da rendere localizzabile l’interesse esponenziale dell’Associazione (cfr., ex multis, TAR Lecce, 16 dicembre 2010, n. 2869).
Anche la legittimazione all’accesso, nonostante la strumentalità di tale diritto alla tutela non soltanto di posizioni soggettive di tipo classico ma anche delle aspettative e degli interessi diffusi (cfr, al riguardo, TAR Lazio, sez. I, 21 marzo 1997, n. 471), compete pertanto ad enti esponenziali aventi finalità statutarie direttamente ricollegabili all’oggetto dell’istanza nonché dotati di sufficienti indici di rappresentatività (TAR Sardegna, 30 agosto 2011, n. 903).
Deve, poi, soggiungersi che la titolarità di interessi diffusi nei termini sopra evidenziati è condizione necessaria ma non ancora sufficiente, non potendo da essa inferirsi un potere di vigilanza a tutto campo da esercitare a mezzo del diritto all’acquisizione conoscitiva di atti e documenti che consentano le necessarie verifiche al fine di stabilire se l’esercizio del servizio pubblico possa ritenersi svolto secondo le prescritte regole di efficienza.
Occorre piuttosto che perché il principio di trasparenza operi verso l’esterno, anche per tali figure sia sostenuto da un effettivo, attuale e concreto interesse alla conoscenza di atti che incidono in via diretta e immediata (in quanto collegati alla prestazione o alla funzione svolta), e non già in via meramente ipotetica e riflessa, sugli interessi collettivi degli associati (cfr. Cons. Stato, VI, 9 febbraio 2009, n. 737; 25 settembre 2006, n. 5636; 10 febbraio 2006, n. 555).
Tanto premesso, a giudizio del Collegio, non appare compiutamente dimostrata la legittimazione ad agire del Comitato ricorrente.
Giusta quanto già anticipato in premessa la finalità statutaria che governa l’azione del suddetto ente si coglie nell’obiettivo dichiarato di “..tutelare i diritti dei cittadini e concorrere all’azione amministrativa comunale con funzione di proposta e consultazione rispetto all’andamento dei servizi erogati e delle attività espletate dall’Amministrazione, stimolando la partecipazione dei cittadini alla vita civile, politica, sociale, culturale ed amministrativa della comunità locale”.
Appare di tutta evidenza , alla stregua dello stesso valore semantico delle proposizioni sopra riportate, come le finalità statutarie perseguite delineino un campo di azione sostanzialmente privo di limiti siccome posto a presidio dell’intero spettro degli interessi, spettanti uti cives, ai componenti della locale comunità.
Nei termini suddetti la portata operativa della missione affidata al predetto Ente, dichiaratamente volta a “..tutelare i diritti dei cittadini..rispetto all’andamento dei servizi erogati e delle attività espletate dall’Amministrazione..”, e dunque calibrata per relationem sulla stessa ampia latitudine dell’interesse pubblico generale, potrebbe, per la sua ampiezza, completamente sovrapporsi all’intera azione del Comune di Cellole, inglobandone i profili organizzativi e gestionali della sua intera vita istituzionale.
Appare allora di tutta evidenza come, sul piano qualitativo prima ancora che quantitativo, l’interesse elevato a ragione fondante dell’azione collettiva, risolvendosi essenzialmente nella generica pretesa alla legalità dell’azione amministrativa, si riveli di per se stesso, a cagione del suo simultaneo riferimento a tutti i componenti della collettività, inidoneo a differenziare il Comitato civico cellolese rispetto alla posizione che qualsiasi altro soggetto può vantare, riflettendo dunque la chiara natura di interesse di mero fatto.
In altri termini, l’interesse statutario mutua quello pubblico genericamente riferibile, ed in modo indifferenziato, a qualsiasi componente della collettività al buon andamento dei servizi erogati e delle attività svolte dalla Pubblica Amministrazione.
E un mero interesse di fatto non può, di certo, assurgere a situazione giuridicamente rilevante in grado di legittimare l’istanza di accesso di un’associazione solo perché questa lo ha elevato a proprio fine statutario.
Non è infatti la sommatoria di più interessi di fatto che trasforma una posizione di fatto in una posizione di diritto (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 03/12/1998, n. 1649).
E ciò assorbe ogni ulteriore considerazione sulla dubbia consistenza e rappresentatività del Comitato affidate esclusivamente all’atto costitutivo dell’ente ed al relativo statuto, corredati dalle firme dei sei soci fondatori.
La perspicua motivazione posta a base dell’opposto diniego rende, infine, infondate le censure con cui il ricorrente lamenta la violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento.
D’altro canto – ed in disparte ogni considerazione sul fatto che l’azione prevista dall’art. 25 della legge n. 241/90, ancorchè strutturalmente di tipo impugnatorio, introduce in realtà un giudizio di accertamento sul diritto di accesso siccome volta ad appurare la sussistenza o meno del titolo all’accesso nella specifica situazione, alla luce dei parametri normativi di riferimento (Cons. Stato, Sez. IV, 28.2.12, n. 1162; Sez. V, 23.1.04, n. 207; Sez. VI, 31.7.03, n. 4436 e 20.2.02, n. 1036; TAR Calabria, Cz, Sez. I, 18.11.09, n. 1274) e ciò indipendentemente dalla maggiore o minore correttezza delle ragioni addotte dall’Amministrazione per giustificare il diniego stesso (Cons. Stato, Sez. V, 27.5.11, n. 3190) – deve rilevarsi, in ossequio ad un principio generale che governa la dialettica dei rapporti endoprocedimentali tra Autorità e cittadino, che non sussiste la necessità che nell’atto amministrativo la motivazione contenga un’analitica confutazione delle osservazioni e delle controdeduzioni svolte dalla parte, essendo invece sufficiente che dalla motivazione si evinca che l’Amministrazione ha effettivamente tenuto conto, nel loro complesso, di quelle osservazioni e controdeduzioni per la corretta formazione della propria volontà, e si rendano percepibili le ragioni del mancato recepimento delle medesime nell’azione amministrativa (cfr. da ultimo, Cons. St., sez. V, 21 aprile 2015 n. 2011).
Tanto è sufficiente ai fini del ricorso.
Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), sede di Napoli, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte ricorrente al pagamento in favore del Comune di Cellole delle spese processuali, liquidate complessivamente in € 1.000,00 (mille/00), oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Bruno Lelli, Presidente
Umberto Maiello, Consigliere, Estensore
Anna Corrado, Primo Referendario
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/01/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)