* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Condizioni di emergenza – Art. 240, c. 1, lett. m) e t) – Situazione di risalente contaminazione – Imposizione di misure di messa in sicurezza di emergenza – Procedimento di bonifica in corso.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 15 Luglio 2013
Numero: 3660
Data di udienza: 13 Giugno 2013
Presidente: Cernese
Estensore: Storto
Premassima
* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Condizioni di emergenza – Art. 240, c. 1, lett. m) e t) – Situazione di risalente contaminazione – Imposizione di misure di messa in sicurezza di emergenza – Procedimento di bonifica in corso.
Massima
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 5^ – 15 luglio 2013, n. 3660
INQUINAMENTO DEL SUOLO – Condizioni di emergenza – Art. 240, c. 1, lett. m) e t) – Situazione di risalente contaminazione – Imposizione di misure di messa in sicurezza di emergenza – Procedimento di bonifica in corso.
Le condizioni di emergenza previste dall’art. 240, comma 1, lettera m), del d.lgs. n. 152/2006 consistono in un «intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente»; le condizioni di emergenza di cui alla successiva lettera t) («1) concentrazioni attuali o potenziali dei vapori in spazi confinati prossime ai livelli di esplosività o idonee a causare effetti nocivi acuti alla salute; 2) presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda; 3) contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli; 4) pericolo di incendi ed esplosioni») sono richiamate solo esemplificativamente «e non escludono la individuazione di altre situazioni che, nell’apprezzamento latamente discrezionale dell’amministrazione, non sindacabile nel merito, assumono analoga consistenza e gravità», per cui «non è illogico che un inquinamento della falda profonda sia trattato alla stregua di una condizione di emergenza al fine, se possibile, dell’adozione di interventi immediati o a breve termine mirati a rimuovere le fonti dell’inquinamento e ad evitare la diffusione della contaminazione» (Tar Campania, Napoli, 27 luglio 2009, n. 4364). Tuttavia, ove appaia una situazione di risalente contaminazione che necessita di interventi di bonifica per i quali già da tempo il responsabile ha avviato presso il Ministero il relativo procedimento, volto a conseguire risultati di ripristino ambientale strutturali e il più possibile durevoli, il ricorso a misure di messa in sicurezza di emergenza, anche per il carattere immediato e a breve termine dell’intervento, deve essere collegato alla necessità di evitare, nell’immediato e al di fuori del percorso procedimentale descritto dal codice ambientale, fenomeni di estensione o propagazione del fenomeno inquinante che generino rischi concreti e imminenti per l’ambiente e la salute.
Pres. f.f. Cernese, Est. Storto – P. s.p.a. (avv.ti Branca e Alvino) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato), Provincia di Napoli (Avv. Scetta) e altri (n.c.)
Allegato
Titolo Completo
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 5^ - 15 luglio 2013, n. 3660SENTENZA
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 5^ – 15 luglio 2013, n. 3660
N. 03660/2013 REG.PROV.COLL.
N. 02850/2011 REG.RIC.
N. 04325/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2850 del 2011, proposto da:P.P.G. Industries Italia S.p.A., in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giovanna Branca e Fiorella Federica Alvino, con domicilio eletto in Napoli, al viale Gramsci n.16, presso l’Avv.to Ezio Maria Zuppardi
contro
– MATTM – Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ope legis in Napoli, alla via Diaz, 11;
– Provincia di Napoli, in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dall’Avv.to Luciano Scetta, con domicilio eletto in Napoli, alla piazza Matteotti, 1;
– Regione Campania, in persona del legale rapp.te p.t., n.c.;
– A.R.P.A.C. – Agenzia Regionale Protezione Ambiente Campania, in persona del legale rapp.te p.t., n.c.;
– Comune di Caivano, in persona del legale rapp.te p.t., n.c.;
sul ricorso numero di registro generale 4325 del 2012, proposto da:
P.P.G. Industries Italia S.p.A., in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giovanna Branca e Fiorella Federica Alvino, con domicilio eletto in Napoli, al viale Gramsci n.16, presso l’Avv.to Ezio Maria Zuppardi
contro
– MATTM – Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero della Salute e Ministero dello Sviluppo Economico, in persona dei rispettivi Ministri p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ope legis in Napoli, alla via Diaz, 11;
– Provincia di Napoli, in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dall’Avv.to Luciano Scetta, con domicilio eletto in Napoli, alla piazza Matteotti, 1;
– Regione Campania, in persona del legale rapp.te p.t., n.c.;
– A.R.P.A.C. – Agenzia Regionale Protezione Ambiente Campania, in persona del legale rapp.te p.t., n.c.;
– Comune di Caivano, in persona del legale rapp.te p.t., n.c.;
per l’annullamento
quanto al ricorso n. 2850 del 2011:
1) del provvedimento prot. n. 7660/TRI/DI dell’8 marzo 2011, con cui si chiede alla ricorrente, fra l’altro, «l’attivazione entro e non oltre 10 giorni dalla data di ricevimento della presente nota di idonee misure di messa in sicurezza attraverso l’emungimento delle acque di falda e il successivo trattamento/smaltimento, al fine di impedire la diffusione della contaminazione a valle idrogeologico dell’area in oggetto» e la «trasmissione del Progetto Operativo di Bonifica delle matrici ambientali suolo ed acque sotterranee»;
2) del provvedimento prot. n. 13499/TRI/DI del 22 aprile 2011, con cui è stato ribadito alla ricorrente l’ordine di procedere alla «attivazione immediata di idonee misure di messa in sicurezza d’emergenza» e alla «trasmissione, entro 60 giorni dalla data di ricevimento della presente nota, del Progetto Operativo di Bonifica delle matrici ambientali suolo ed acque di falda»;
quanto al ricorso n. 4325 del 2012:
1) del decreto direttoriale prot. n. 3476/TRI/DI/13 del 22 giugno 2012 concernente il provvedimento finale di adozione delle determinazioni conclusive della conferenza di servizi decisoria relativa al sito di interesse nazionale “Litorale domizio flegreo ed Agro aversano” del 31 maggio 2012, limitatamente alle prescrizioni della Conferenza dei servizi lesive degli interessi della Società ricorrente (comunicato con lettera del 22 giugno 2012, ricevuta il 5 luglio 2012).
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, del Ministero della Salute, del Ministero dello Sviluppo Economico e della Provincia di Napoli,
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 13 giugno 2013 il dott. Alfredo Storto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
Col primo di ricorsi in epigrafe la P.P.G. Industries Italia S.p.A., titolare fin dal 1971 di uno stabilimento sito in Caivano ed attualmente dedicato alla produzione di resine e di vernici, premesso:
– che, a seguito dell’inserimento dell’area nel perimetro del sito di interesse nazionale del “Litorale domizio flegreo ed Agro aversano” individuato ai sensi della legge n. 427 del 1998, il 18 ottobre 2005 aveva presentato al MATTM il proprio piano di caratterizzazione esaminato nella conferenza di servizi del 23 febbraio 2006;
– che, a seguito dell’entrata in vigore del codice dell’Ambiente (d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152), la P.P.G. aveva chiesto la rimodulazione degli obiettivi di bonifica per cui, il 5 luglio 2006, il MATTM e il Ministero della Salute avevano approvato il piano di caratterizzazione, imponendo alcune prescrizioni ritenute dall’odierna ricorrente, almeno in parte, illegittime;
– che, a seguito di impugnativa giudiziale, questo Tribunale (sent. n. 4364/2009) aveva parzialmente annullato gli atti gravati;
– che i dati di caratterizzazione (attività frattanto proseguita), benché trasmessi il 6 agosto 2009, erano stati validati dall’ARPAC solo il 1° febbraio 2011 e che, dopo un anno e mezzo dall’invio dei risultati di caratterizzazione, il MATTM aveva trasmesso il provvedimento prot. n. 7660/TRI/DI dell’8 marzo 2001, con cui chiedeva alla ricorrente, fra l’altro, «l’attivazione entro e non oltre 10 giorni dalla data di ricevimento della presente nota di idonee misure di messa in sicurezza attraverso l’emungimento delle acque di falda e il successivo trattamento/smaltimento, al fine di impedire la diffusione della contaminazione a valle idrogeologico dell’area in oggetto» e la «trasmissione del Progetto Operativo di Bonifica delle matrici ambientali suolo ed acque sotterranee»;
– che, in risposta, la P.P.G. aveva trasmesso il 21 marzo 2011 al MATTM una comunicazione corredata da una relazione tecnico-ambientale dalla quale emergevano le ragioni per cui non avrebbero potuto essere adottati interventi di messa in sicurezza d’emergenza, proponendo invece ulteriori indagini per il documento di analisi di rischio, propedeutico alla presentazione del Piano Operativo di Bonifica;
– che, con provvedimento del 22 aprile 2011, il MATTM aveva risposto ribadendo l’ordine di procedere alla «attivazione immediata di idonee misure di messa in sicurezza d’emergenza»; alla «realizzazione, entro e non oltre 20 giorni dalla data di ricevimento della presente nota, dei piezometri proposti»; alla «esecuzione di un monitoraggio delle acque di falda»; alla «trasmissione, entro 60 giorni dalla data di ricevimento della presente nota, del Progetto Operativo di Bonifica delle matrici ambientali suolo ed acque di falda»,
impugna i predetti provvedimenti dell’8 marzo 2011 e del 22 aprile 2011 sia nella parte in cui viene chiesta l’attivazione immediata di idonee misure di messa in sicurezza d’emergenza, sia nella parte in cui viene richiesta la trasmissione, in 60 giorni, del Progetto Operativo di Bonifica delle matrici ambientali suolo ed acque di falda, deducendo i seguenti motivi di censura:
1) violazione dell’art. 242, comma 11, e dell’art. 240, comma 1, lettere m) e t), del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152; carenza dei presupposti; contraddittorietà ed illogicità dell’azione amministrativa, in quanto nel caso di specie, essendo il sito de quo caratterizzato da contaminazioni storiche e per come emerge sia dalla relazione di caratterizzazione del 6 agosto 2009 e sia da quella del 21 marzo 2001, non sussisterebbero i presupposti per ordinare la messa in sicurezza d’emergenza, rilevandosi piuttosto, sia per i terreni che per le acque di falda, anche profonda, una mera potenziale contaminazione da metalli e da altri composti; ciò che richiederebbe ulteriori indagini anche allo scopo di evitare che l’indiscriminato emungimento delle acque sotterranee (in particolare del pozzo 3) possa addirittura provocare un aggravamento del rischio di inquinamento ambientale;
2) illogicità e irragionevolezza dell’azione amministrativa e difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto l’ordine di messa in sicurezza di emergenza (MISE) non dà conto in alcun modo delle informazioni già acquisite dall’amministrazione con le relazioni di caratterizzazione e del pericolo di aggravare la situazione ambientale;
3) Violazione dell’art. 242, commi 4 e 7, e dell’art. 252 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152; carenza dei presupposti; illogicità e irragionevolezza dell’azione amministrativa, in quanto l’ordine di trasmettere entro 60 giorni il Progetto Operativo di Bonifica delle matrici ambientali suolo ed acque di falda confligge con la previsione del Codice dell’ambiente che indica come prodromica la predisposizione, e quindi l’approvazione, del documento di analisi di rischio;
4) violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, violazione delle norme sul giusto procedimento per essere gli ordini gravati del tutto immotivati.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Ambiente, con comparsa di forma, e la Provincia di Napoli che ha chiesto l’estromissione dal giudizio per essere sfornita della legittimazione passiva sulla domanda articolata dalla P.P.G.
Con ordinanza cautelare del 30 giugno 2011 la Sezione ha ordinato al MATTM il riesame dei provvedimenti impugnati «anche attraverso una ridefinizione in contraddittorio dei presupposti e delle modalità operative posti a fondamento dei contestati adempimenti di messa in sicurezza e presentazione del progetto di bonifica».
Col secondo dei ricorsi in epigrafe la P.P.G., premesso che:
– a seguito di una conferenza istruttoria del 20 luglio 2011 (il cui documento preparatorio, nella sostanza, ribadiva gli ordini già gravati giudizialmente) e della trasmissione ad opera dell’odierna ricorrente di una nuova nota tecnica di aggiornamento sulle indagini in corso, nella conferenza di servizi decisoria del 31 maggio 2012 il MATTM, il Ministero dello sviluppo economico e la Regione Campania hanno approvato i risultati delle indagini di caratterizzazione e la nota tecnica di risposa al documento preparatorio, richiedendo alla P.P.G. alcune integrazioni documentali e chiedendo, tra le altre cose, «di attivare immediati interventi di messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda contaminate»,
ha impugnato il decreto direttoriale del MATTM prot. n. 3476/TRI/DI/13 del 22 giugno 2012 concernente il provvedimento finale di adozione delle determinazioni conclusive della predetta conferenza di servizi decisoria, limitatamente alla richiesta di attivare immediati interventi di messa in sicurezza di emergenza, articolando le seguenti censure:
1) violazione dell’art. 242, comma 11, e dell’art. 240, comma 1, lettere m) e t), del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152; carenza dei presupposti; contraddittorietà ed illogicità dell’azione amministrativa e difetto di motivazione, non ricorrendo né essendo stata in alcun modo accertata e quindi rappresentata nei provvedimenti gravati un’ipotesi di rischio immediato per l’ambiente e la salute pubblica;
2) violazione delle norme sul giusto procedimento, degli artt. 7, 14 ss. l. n. 241 del 1990 in materia di partecipazione al procedimento amministrativo, carenza di istruttoria, violazione delle norme sul giusto procedimento, violazione dei principi di economicità, trasparenza ed efficienza dell’azione amministrativa, in quanto non sarebbe stato assicurato il contraddittorio con la ricorrente nonostante il chiaro ordine giudiziale espresso in sede cautelare dalla Sezione, né sarebbe stato adeguatamente esposto il percorso motivazionale sotteso all’ordine così gravato.
Si sono costituiti i Ministeri evocati chiedendo il rigetto del ricorso, soprattutto tenuto conto della compatibilità tra le MISE e la procedura di bonifica e ricorrendo i presupposti di legge per agire in emergenza.
La Provincia di Napoli ha eccepito la propria carenza di legittimazione passiva.
Con ordinanza cautelare del 20 novembre 2012, la Sezione ha accolto la domanda cautelare articolata dalla ricorrente «con riferimento ai contestati vizi di eccesso di potere per contraddittorietà e difetto di istruttoria, con particolare riguardo alla tempistica imposta dall’amministrazione per procedere agli accertamenti ed alle attività di bonifica».
Con nota depositata l’11 maggio 2013 la ricorrente ha informato che il 7 marzo 2013 l’ARPAC ha convalidato i risultati delle analisi di rischio (che sono, dunque, in via di approvazione) dai quali risulterebbe la non necessità di attivare MISE. Ha altresì dedotto che, con d.m. dell’11 gennaio 2013 n. 7, il Ministro dell’Ambiente ha incluso il “Litorale domizio flegreo ed Agro aversano” tra i siti che non presentano più le caratteristiche dei siti di interesse nazionale, per cui la titolarità del procedimento di bonifica è trasferito alla Regione Campania.
All’esito della odierna udienza entrambe la cause sono state poste in decisione.
DIRITTO
1. Sussistendo evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva dei ricorsi in esame, va in primo luogo disposta la riunione degli stessi.
2. Nel merito, i ricorsi appaiono fondati e vanno pertanto accolti per i motivi che seguono.
2.1. Quanto al primo di essi e, segnatamente, all’impugnazione dell’ordine di «attivazione entro e non oltre 10 giorni dalla data di ricevimento della presente nota di idonee misure di messa in sicurezza attraverso l’emungimento delle acque di falda e il successivo trattamento/smaltimento, al fine di impedire la diffusione della contaminazione a valle idrogeologico dell’area in oggetto» formulato l’8 marzo 2011 e ribadito il 22 aprile successivo, occorre rilevare che la P.P.G. aveva già presentato un piano di caratterizzazione, esaminato dall’amministrazione competente il 23 febbraio 2006 e approvato con prescrizioni dal MATTM e dal Ministero della Salute nella conferenza di servizi del 5 luglio 2006. V’è anche da notare come questa Sezione, decidendo in ordine all’impugnativa di talune di quelle prescrizioni, con la sentenza n. 4364 del 27 luglio 2009, aveva rilevato come il monitoraggio, eseguito nel corso del giudizio su alcuni specifici punti, avesse in concreto escluso la sussistenza dei presupposti per un intervento di messa in sicurezza d’emergenza.
In conseguenza dell’entrata in vigore del codice dell’ambiente, la P.P.G. aveva poi chiesto, il 23 ottobre 2006, la rimodulazione ex art. 254, comma 4, d.lgs. n. 152/2006 degli obiettivi di bonifica.
Infine, l’ARPAC aveva validato, l’1 febbraio 2011, i risultati della caratterizzazione eseguita nell’area di competenza della P.P.G. che, a sua volta, aveva trasmesso il 6 agosto 2011 al MATTM la relazione finale delle attività di caratterizzazione.
Evincendosi da tale relazione delle non conformità ai limiti di legge sia per i suoli (Stagno, Zinco, Etilbenzene, Xilene, Idrocarburi ed altri) che per le acque di falda (Fero, Manganese, Cloruro di Vinile, 1, 2 Dicloropropano, Tetracloroetilene, Somma dei Composti Organoalogenati, 1, 2, 3, – Tricloropropano), il MATTM aveva chiesto alla P.P.G., con nota dell’8 marzo 2011, innanzitutto l’attivazione nei successivi dieci giorni di idonee misure di messa in sicurezza attraverso l’emungimento delle acque di falda e il successivo trattamento/smaltimento, al fine di impedire la diffusione della contaminazione a valle idrogeologico dell’area in oggetto, nonché l’esecuzione entro 30 giorni dei piezometri proposti nella relazione finale e l’esecuzione di un monitoraggio delle acque di falda con la trasmissione del Progetto Operativo di Bonifica delle matrici ambientali suolo ed acque sotterranee.
La ricorrente, a fronte di tali prescrizioni, ha trasmesso al MATTM una nota tecnica di risposta redatta il 21 marzo 2011 dal consulente ambientale Environ Italy S.r.l. che, partendo dall’assetto idrogeologico dell’area e dalle informazioni tecnico-costruttive dei pozzi industriali, da una parte, e dai risultati della caratterizzazione ambientale delle acque di falda dall’altra, ha esaminato gli interventi già proposti nella relazione di caratterizzazione ambientale del 2009 prendendo in esame le prescrizioni del MATTM.
In particolare, emerge da tale analitico lavoro tecnico che, per quanto in particolare riguarda le acque di falda (pagg. 7 ss.), l’acquifero superficiale sarebbe interessato da una potenziale contaminazione da metalli (ferro e manganese) riconducibile soprattutto a fenomeni naturali, mentre la potenziale contaminazione della falda superficiale da Tetracloroetilene, presente superficialmente in corrispondenza del PZ6, sarebbe ricollegabile a modesti sversamenti avvenuti in passato, visto che tale sostanza non è più utilizzata, fin dal 1992, nello stabilimento. Quanto ai pozzi industriali, la potenziale contaminazione da metalli risponderebbe alle stesse cause indicate per l’acquifero superficiale, mentre la presenza di composti alifatici Clorurati non cancerogeni e cancerogeni, difficilmente accertabili nelle quantità, deriverebbe, almeno per i non cancerogeni, da attività industriali degli anni ’80 e all’uso di solventi per vernici.
Inoltre, la nota tecnica in parola evidenziava (pagg. 12 s.) che l’attività di emungimento indiscriminato, in particolare delle acque sotterranee del pozzo 3 (quello cioè interessato dal maggior numero di composti che eccedono le rispettive CSC) e di un qualsiasi punto a valle senza opportune indagini preliminari conoscitive della successione stratigrafica locale, potrebbe indurre il richiamo di plume di potenziale contaminazione dalle aree interne dello Stabilimento verso le zone di valle idrogeologico.
In risposta a tale studio, con la nota del 22 aprile 2011, il MATTM ha ribadito le precedenti prescrizioni sulla scorta del fatto che è emersa una contaminazione nelle acque di falda ad opera di ferro e manganese, in corrispondenza dei piezometri intestati nella falda superficiale e un superamento di oltre 10 volte i limiti di legge nel piezometro PZ6 per il parametro Tetracloroetilene, nonché ad opera di ferro, manganese, composti alifatici clorurati cancerogeni e non cancerogeni in corrispondenza dei pozzi n. 1 e n. 3.
Nell’impugnare i provvedimenti dell’8 marzo e del 22 aprile 2011, la ricorrente lamenta innanzitutto che, trattandosi nella specie di contaminazioni storiche e, comunque, di fenomeni privi di rischi immediati per la salute e per l’ambiente, non sarebbe possibile disporre l’attivazione di misure di messa in sicurezza di emergenza; piuttosto, risulterebbe applicabile l’art. 242, comma 11, del codice dell’ambiente alla stregua del quale «nel caso di eventi avvenuti anteriormente all’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto che si manifestino successivamente a tale data in assenza di rischio immediato per l’ambiente e per la salute pubblica, il soggetto interessato comunica alla regione, alla provincia e al comune competenti l’esistenza di una potenziale contaminazione unitamente al piano di caratterizzazione del sito, al fine di determinarne l’entità e l’estensione con riferimento ai parametri indicati nelle CSC ed applica le procedure di cui ai commi 4 e seguenti»; vale a dire è applicata la procedura di analisi del rischio sito specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR) (comma 4) ed eventualmente, «qualora gli esiti della procedura dell’analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il soggetto responsabile sottopone alla regione, nei successivi sei mesi dall’approvazione del documento di analisi di rischio, il progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito» (comma 7).
Ora, è senz’altro vero che le condizioni di emergenza previste dall’art. 240, comma 1, lettera m), consistono in un «intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente» e che le condizioni di emergenza di cui alla richiamata lettera t) («1) concentrazioni attuali o potenziali dei vapori in spazi confinati prossime ai livelli di esplosività o idonee a causare effetti nocivi acuti alla salute; 2) presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda; 3) contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli; 4) pericolo di incendi ed esplosioni») sono richiamate solo esemplificativamente «e non escludono la individuazione di altre situazioni che, nell’apprezzamento latamente discrezionale dell’amministrazione, non sindacabile nel merito, assumono analoga consistenza e gravità», per cui «non è illogico che un inquinamento della falda profonda sia trattato alla stregua di una condizione di emergenza al fine, se possibile, dell’adozione di interventi immediati o a breve termine mirati a rimuovere le fonti dell’inquinamento e ad evitare la diffusione della contaminazione» (Tar Campania, Napoli, 27 luglio 2009, n. 4364).
E’ però del pari vero che, ove come nella specie appaia una situazione di risalente contaminazione che necessita di interventi di bonifica per i quali già da tempo il responsabile ha avviato presso il Ministero il relativo procedimento, volto a conseguire risultati di ripristino ambientale strutturali e il più possibile durevoli, il ricorso a misure di messa in sicurezza di emergenza, anche per il carattere immediato e a breve termine dell’intervento, deve essere collegato alla necessità di evitare, nell’immediato e al di fuori del percorso procedimentale descritto dal codice ambientale, fenomeni di estensione o propagazione del fenomeno inquinante che generino rischi concreti e imminenti per l’ambiente e la salute.
Nella specie, a fronte di conclusioni (contenute sia nella Relazione tecnica di caratterizzazione del luglio 2009 e sia nella nota tecnica di risposta al provvedimento MATTM dell’8 marzo 2011) che escludono nell’immediato la necessità di attivare interventi di MISE (v. pag. 43 della Relazione tecnica: «in quanto le concentrazioni di vapori in corrispondenza del foro di indagine e delle aree di lavoro sono risultate sempre inferiori alla sensibilità strumentale né è stata riscontrata la presenza di prodotto in fase di separata sul suolo o nella falda, né è stata riscontrata la contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli, né pericolo alcuno di incendi ed esplosioni»), per eventualmente rinviarli a valle di attività di indagine integrativa, il MATTM – sia nel primo che nel secondo dei provvedimenti gravati – non ha articolato una motivazione idonea a fondare, in modo perspicuo ed esaustivo, l’ordine di adozione degli interventi di messa in sicurezza d’emergenza attraverso l’emungimento delle acque di falda e il successivo trattamento, sia sotto il profilo della storicità della contaminazione che dell’imminenza del rischio ambientale.
La conclusione contenuta nei provvedimenti impugnati appare infatti del tutto sfornita del supporto istruttorio e motivatorio idoneo a consentirne un positivo scrutinio in relazione alle proposizioni normative appena richiamate, nonché al rischio di una possibile maggiore contaminazione ambientale, pure evidenziato dalla ricorrente, in caso di indiscriminato emungimento delle acque sotterranee (in particolare del pozzo 3).
Per tale ragione entrambi i provvedimenti debbono essere annullati laddove dispongono l’attivazione di interventi di messa in sicurezza d’emergenza.
2.2. Analogamente, va dichiarata l’illegittimità degli stessi provvedimenti nella parte in cui dispongono la «trasmissione, entro 60 giorni dalla data di ricevimento della presente nota, del Progetto Operativo di Bonifica delle matrici ambientali suolo ed acque di falda», posto che, ai sensi dell’art. 242, comma 7, d.lgs. n. 152 del 2006, più sopra richiamato, tale attività risulta proceduralmente subordinata «all’approvazione del documento di analisi di rischio».
3. Le medesime assorbenti ragioni conducono poi ad annullare il provvedimento gravato col secondo dei ricorsi indicati in epigrafe nella parte in cui ordina alla P.P.G. «di attivare immediati interventi di messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda contaminate».
Anche detto provvedimento, infatti, è stato emanato senza adeguato corredo motivazionale ed istruttorio, soprattutto alla luce dei “Risultati relativi alla caratterizzazione integrativa” dell’area de qua, redatta dalla consulente ambientale della ricorrente nel luglio del 2012 anche a seguito di un piano di monitoraggio delle acque sotterranee condotto dalla P.P.G. in contraddittorio con l’ARPAC e che conclude per il carattere storico delle contaminazioni senza evidenziare elementi specifici che integrino i presupposti per l’adozione di MISE (v. pagg. 33 ss. del documento menzionato).
4. Le spese seguono la soccombenza a sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, annulla in parte qua gli atti con essi gravati.
Condanna il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare a rifondere alla P.P.G. Industries Italia S.p.A. le spese di lite che liquida in complessivi € 2.000,00 (duemila), oltre maggiorazioni, I.V.A. e c.a.p., se dovuti, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del 13 giugno 2013 con l’intervento dei magistrati:
Vincenzo Cernese, Presidente FF
Gabriele Nunziata, Consigliere
Alfredo Storto, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)