* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Variante minore o leggera – Art. 22, c. 2 d.p.r. n. 380/2001 – Nozione – Possibilità di dare corso alle opere in difformità dal permesso di costruire – Regolarizzazione entro la fine dei lavori.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 4^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 2 Ottobre 2017
Numero: 4605
Data di udienza: 27 Settembre 2017
Presidente: Pappalardo
Estensore: Buonauro
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Variante minore o leggera – Art. 22, c. 2 d.p.r. n. 380/2001 – Nozione – Possibilità di dare corso alle opere in difformità dal permesso di costruire – Regolarizzazione entro la fine dei lavori.
Massima
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 4^ – 2 ottobre 2017, n. 4605
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Variante minore o leggera – Art. 22, c. 2 d.p.r. n. 380/2001 – Nozione – Possibilità di dare corso alle opere in difformità dal permesso di costruire – Regolarizzazione entro la fine dei lavori.
Ai fini dell’individuazione della categoria di variante minore o leggera, l’art. 22, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 prevede che sono subordinate a s.c.i.a. le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell’edificio qualora sottoposto a vincolo ai sensi del d.lgs. n. 42/2004, non violano le prescrizioni eventualmente contenute nel permesso di costruire. In tali ipotesi, la s.c.i.a. costituisce "parte integrante del procedimento relativo al permesso di costruzione dell’intervento principale" e può essere presentata prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori: la formulazione dell’art. 22 consente, pertanto, la possibilità di dare corso alle opere in difformità dal permesso di costruire e poi regolarizzarle entro la fine dei lavori, purché si tratti di varianti leggere minori o leggere.
Pres. Pappalardo, Est. Buonauro – G. s.r.l. (avv. Russo) c. Comune di Napoli (avv.ti Andreottola, Accattatis Chalons D’Oranges, Carpentieri, Crimaldi, Cuomo, Furnari, Pizza, Ricci e Romano)
Allegato
Titolo Completo
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 4^ - 2 ottobre 2017, n. 4605SENTENZA
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 4^ – 2 ottobre 2017, n. 4605
Pubblicato il 02/10/2017
N. 04605/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00128/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 128 del 2017, proposto da:
Gm Gestione Immobiliare S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Russo, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Cesario Console 3;
contro
Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dagli avvocati Antonio Andreottola, Barbara Accattatis Chalons D’Oranges, Eleonora Carpentieri, Bruno Crimaldi, Annalisa Cuomo, Anna Ivana Furnari, Giacomo Pizza, Bruno Ricci, Gabriele Romano, domiciliata in Napoli, piazza Municipio, Palazzo San Giacomo;
per l’annullamento
– della disposizione dirigenziale del Comune di Napoli – provvedimento rif. n. PG/573918/2016–SCIA_767_2016, con il quale il dirigente del SUEP del Comune di Napoli ha dichiarato priva di effetti la SCIA n. 273_2016 del 9.3.2016 e di conseguenza irricevibile la SCIA 767_2016 dell’8.7.2016;
– nonché di ogni altro atto comunque presupposto, connesso o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 settembre 2017 il dott. Michele Buonauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Comune di Napoli, con Disposizione Dirigenziale n. 227 del 5 aprile 2012, ha ordinato alla parte ricorrente, in qualità di proprietaria e responsabile, il ripristino dello stato dei luoghi e, in particolare, delle opere consistenti nella effettuati in sede di restauro di una porzione immobiliare sita in Napoli, alla via Alessandro Manzoni n. 21/41, inserita nel fabbricato condominiale denominato “Villa Patrizi”, realizzato nella seconda metà del ‘700 e soggetto a tutela storica-artistica ai sensi dell’art. 21 del d.Lgs. 42/2004.
In un primo tempo la ricorrente con una prima s.c.i.a. in data 8.5.2015, n. 444 – preceduta dalla autorizzazione della competente Soprintendenza ex art. 21 d. lgs. 42/2004 in data 28.5.2014 n. 13298, ha intrapreso lavori di restauro e risanamento conservativo nella torre per rendere fruibile la struttura: (a) ricostruzione del solaio in legno a quota +16,00, (b) la sopraelevazione del vano ascensore esistente, (c) le opere necessarie a quota +16,00 mt. per realizzare la biblioteca sala lettura, (d) le necessarie opere impiantistiche, (e) il montaggio di un infisso blindato rivestito in legno, (f) la posa in opera di catene per il consolidamento dei muri in tufo, (g) la realizzazione di un tramezzo, (h) il montaggio di un nuovo piano composto in tavolato ligneo nella zona del palco a quota +5,95 mt., (i) la sostituzione di un solaio esistente in latero-ferro della terrazza panoramica.
Al fine di realizzare lavori complementari (1. smontaggio del solaio in latero ferro esistente a quota +13,71 mt. della torre e riproposizione dello stesso a quota +13,05; 2. realizzazione della scala in ferro necessaria a collegare la quota +5,85 alla quota +16,00; 3. installazione di una nuova porta ascensore) ha presentato una s.c.i.a. in variante in data 9.3.2016, n. 273, preceduta dall’autorizzazione della competente Soprintendenza in data 16.2.2016, n. 3503.
In seguito, era presentata una ulteriore s.c.i.a. in variante, in data 8.7.2016, n. 767, avente ad oggetto la (i) ripresa delle por-zioni di intonaco ammalorate dagli agenti atmosferici, (ii) la realizzazione di vani di servizio, e (iii) l’adeguamento a norma degli impianti idrici, di riscaldamento ed elettrici.
In sede di verifica di ques’ultima segnalazione, l’amministrazione comunale, con il provvedimento gravato ha dichiarazione l’irricevibilità della SCIA n. 767/2016 presentata in data 8.7.2016 e, in via derivata, della relativa scia 8.7.2016, n. 767 costituente seconda “variante in corso d’opera” dell’originaria SCIA n. 44/2015.
A seguito di rituale trasposizione da ricorso straordinario al Capo dello Stato, con la presenta impugnazione deduce violazione dei principi che regolano l’esercizio del potere di autotutela, nonché della normativa urbanistica ed edilizia e violazione delle norme sul giusto procedimento; si duole, in ogni caso, dell’erroneità dei presupposti, essendo l’intervento compatibile con la disciplina di regolamentazione del territorio di riferimento.
Si è difesa l’amministrazione comunale che insiste per la reiezione dell’impugnazione.
Accolta l’istanza cautelare con ordinanza n. 310 del 2017, all’udienza pubblica del 27 settembre 2017 il ricorso è trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è meritevole di accoglimento.
1.1. Risulta fondato, in particolare, il vizio di difetto di motivazione dedotto dall’appellante sotto il profilo della violazione delle garanzie e dei presupposti previsti dall’ordinamento per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 21 nonies della l. n. 241/90 e degli articoli 22 e 23 del d.P.R. n. 380/2001.
2. Occorre anzitutto procedere all’inquadramento della tipologia di intervento in contestazione che è stato realizzato sull’immobile mediante la presentazione di una scia.
Ed invero l’errore sui requisiti soggettivi o oggettivi della DIA, poiché è frutto di una dichiarazione unilaterale, non può comportare in favore di chi la rende un affidamento vincolante per la parte pubblica che si limita a riceverla, per il solo fatto che quest’ultima non avrebbe esercitato i conseguenti poteri correttivi o inibitori, potendo tale omissione comportare un’eventuale responsabilità amministrativa, non già la convalida – recte la sanatoria – della DIA mancante di un requisito essenziale.
Anche argomenti di ordine testuale e sistematico consentono di confermare che il privato non può accreditarsi, mediante DIA, un titolo edilizio per opere per le quali è richiesta la più complessa procedura del rilascio del permesso di costruire.
A tale riguardo appaiono evidenti le analogie fra il caso in decisione e l’ipotesi di una DIA priva dei requisiti essenziali e per questo inefficace (Consiglio di Stato, sez. VI, 24.3.2014, n. 1413), o quella prevista dall’art. 23, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001 secondo cui la DIA non produce effetti quando l’intervento edilizio incide su interessi sensibili e l’Autorità, cui ne è affidata la tutela, non l’abbia autorizzato o, ancora, se le dichiarazioni sostitutive di atto notorio ad essa allegate non sono veritiere (Consiglio di Stato, sez. VI, 20.11.2013 n. 5513).
In tale ipotesi, allora, il provvedimento, nel rimuovere incidentalmente la scia, in sostanza verifica che le opere edili non sono legittimabili con tale strumento ed ha valore meramente accertativo di un abuso doverosamente rilevabile e reprimibile senza, peraltro, il limite di dover agire entro un termine ragionevole, chiaramente inapplicabile all’attività di vigilanza edilizia, tanto più che nessun affidamento può vantare la ricorrente, per quanto detto in precedenza (cfr. Tar Bari, II, n. 147 del 2017).
2.1. Su queste premesse è bene precisare, in punto di fatto, che l’unico elemento ostativo alla validazione della scia n. 273 del 2016 (che ha comportato per connessione la declaratoria di inefficacia di quella successiva n. 767 del 2016) è rappresentato dall’abbassamento della porzione di solaio da quota +13,71 ml a quota +13,05, che secondo l’amministrazione comunale realizza un potenziale cambio di destinazione d’uso che conduce ad annoverare l’intervento fra quelli di ristrutturazione, non assentibili con scia.
2.2. Secondo la tesi del ricorrente la ragione dell’intervento risiede nel fatto che il solaio riproposto a quota + 13,05 è funzionale alla struttura della scala ed all’utilizzo dell’ascensore, poiché a quella quota (+ 13,05) vi è il pianerottolo della scala e lo sbarco della porta dell’ascensore, i cui lavori sono stati ritualmente assentiti.
2.3. Va considerato che l’abbassamento di quota del solaio, anche se lascia immutata la superficie utile, può, in presenza di elemento concorrente, costituire l’indice di un cambio di destinazione d’uso.
Tuttavia, nel caso di specie, l’assenza di ulteriori contestazioni o rilievi in merito al contestato cambio di destinazione d’uso rendono il provvedimento impugnato privo di adeguato supporto motivazionale.
2.4. Su queste premesse fattuali, vale osservare che costituisce variante essenziale ogni modifica incompatibile con il disegno globale ispiratore dell’originario progetto edificatorio, sia sotto l’aspetto qualitativo sia sotto l’aspetto quantitativo. Ai fini della configurazione dell’ambito di tale istituto, soccorre la definizione di variazione essenziale enunciata dall’art. 32, d.P.R. n. 380 del 2001, la quale ricomprende il mutamento della destinazione d’uso implicante alterazione degli standards, l’aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio, le modifiche sostanziali di parametri urbanistico — edilizi, il mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito e la violazione delle norme vigenti in materia antisismica, mentre non ricomprende le modifiche incidenti sulle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.
2.5. Ai fini, invece, dell’individuazione della categoria di variante minore o leggera, l’art. 22, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 prevede che sono subordinate a s.c.i.a. (ex d.i.a.) le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell’edificio qualora sottoposto a vincolo ai sensi del d.lgs. n. 42/2004, non violano le prescrizioni eventualmente contenute nel permesso di costruire.
In tali ipotesi, la s.c.i.a. (ex d.i.a.) costituisce "parte integrante del procedimento relativo al permesso di costruzione dell’intervento principale" e può essere presentata prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori: la formulazione dell’art. 22 consente, pertanto, la possibilità di dare corso alle opere in difformità dal permesso di costruire e poi regolarizzarle entro la fine dei lavori, purché si tratti – come si è visto – di varianti leggere minori o leggere.
3. Come già rilevato in sede cautelare, l’Amministrazione, quando interviene a distanza di tempo dalla formazione di un titolo abilitativo astrattamente idoneo alla realizzazione di alcuni lavori, deve illustrare in maniera diffusa le ragioni, anche di interesse pubblico, che giustificano il ritiro dell’abilitazione, ovvero le altre ragioni che impongono il provvedimento sanzionatorio con l’ordine di riduzione in pristino.
Nella specie tale motivazione non può ritenersi sufficiente in quanto non si evincono i profili di asimmetria sostanziale tra quanto assentito con la d.i.a. e quanto realizzato.
3.1. La d.i.a., una volta decorsi i termini per l’esercizio del potere inibitorio-repressivo, costituisce un titolo abilitativo valido ed efficace (sotto tale profilo equiparabile quoad effectum al rilascio del provvedimento espresso), che può essere rimosso, per espressa previsione legislativa, solo attraverso l’esercizio del potere di autotutela decisoria.
Pertanto, deve considerarsi illegittima l’adozione, da parte di un’Amministrazione comunale, di un provvedimento repressivo-inibitorio della d.i.a. (già consolidatasi) oltre il termine perentorio di trenta giorni dalla presentazione della d.i.a. e senza le garanzie e i presupposti previsti dall’ordinamento per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio (cfr. Cons. Stato, n. 2842 del 2016 e n. 4780 del 2014).
4. Ne consegue l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento della ulteriori censure. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie.
Condanna il Comune di Napoli al pagamento delle spese processuali sostenute dalla ricorrente, che si liquidano in complessivi euro 3.000 (tremila), nonché alla refusione del contributo unificato come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 27 settembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Anna Pappalardo, Presidente
Umberto Maiello, Consigliere
Michele Buonauro, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
Michele Buonauro
IL PRESIDENTE
Anna Pappalardo
IL SEGRETARIO