* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Opere precarie – Criterio funzionale – Cessazione della necessità – Immediata rimozione – Termine di 90 giorni – Superamento – Idoneo titolo edilizio – Rilascio di concessione edilizia – Rilevanza giuridica del mezzo tecnico con cui è assicurata la stabilità del manufatto – Esclusione – Manufatto infisso o appoggiato al suolo – Stabilità e irremovibilità – Differenza.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 23 Luglio 2018
Numero: 4907
Data di udienza: 19 Giugno 2018
Presidente: Pennetti
Estensore: Lariccia
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Opere precarie – Criterio funzionale – Cessazione della necessità – Immediata rimozione – Termine di 90 giorni – Superamento – Idoneo titolo edilizio – Rilascio di concessione edilizia – Rilevanza giuridica del mezzo tecnico con cui è assicurata la stabilità del manufatto – Esclusione – Manufatto infisso o appoggiato al suolo – Stabilità e irremovibilità – Differenza.
Massima
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 2^ – 23 luglio 2018, n. 4907
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Opere precarie – Criterio funzionale – Cessazione della necessità – Immediata rimozione – Termine di 90 giorni – Superamento – Idoneo titolo edilizio.
Per individuare la natura precaria di un’opera, si deve seguire non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale, per cui un’opera se è realizzata per soddisfare esigenze che non sono temporanee non può beneficiare del regime proprio delle opere precarie anche quando le opere sono state realizzate con materiali facilmente amovibili (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1291 del 1° aprile 2016). Non possono essere quindi considerati manufatti precari, destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee, quelli destinati ad una utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l’alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4116 del 4 settembre 2015). In ogni caso, le opere precarie debbono essere “immediatamente” rimosse al cessare della necessità e “comunque” entro un termine non superiore a novanta giorni. Le opere dirette a soddisfare esigenze “obiettive” e “contingibili e temporanee” sono oggi legislativamente considerate come attività libere, ma debbono essere sempre rimosse entro novanta giorni dalla loro realizzazione, a meno che gli interessati non chiedano, al fine di mantenerle per un tempo maggiore, un idoneo titolo edilizio. Non può ritenersi che il riferimento al termine di novanta giorni sia riconducibile al momento in cui le opere debbono essere rimosse una volta cessata la particolare necessità che ne aveva determinato la realizzazione (cfr. Consiglio di Stato, sez.VI, 23/05/2017 n. 2438).
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Rilascio di concessione edilizia – Rilevanza giuridica del mezzo tecnico con cui è assicurata la stabilità del manufatto – Esclusione – Manufatto infisso o appoggiato al suolo – Stabilità e irremovibilità – Differenza.
Rientrano nella previsione delle norme urbanistiche e richiedono il rilascio di concessione edilizia non solo i manufatti tradizionalmente compresi nelle attività murarie, ma anche le opere di ogni genere con le quali si intervenga sul suolo o nel suolo, senza che abbia rilevanza giuridica il mezzo tecnico con cui sia stata assicurata la stabilità del manufatto, che può essere infisso o anche appoggiato al suolo, in quanto la stabilità non va confusa con l’irremovibilità della struttura o con la perpetuità della funzione ad essa assegnata ma si estrinseca nell’oggettiva destinazione dell’opera a soddisfare bisogni non provvisori, ossia nell’attitudine ad una utilizzazione che non abbia il carattere della precarietà, cioè non sia temporanea e contingente (cfr. Cass. pen. sez. III, 7 giugno 2006).
Pres. Pennetti, Est. Lariccia – A.T. e altro (avv. Cervo) c. Comune di Volla (avv. Leone)
Allegato
Titolo Completo
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 2^ - 23 luglio 2018, n. 4907SENTENZA
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 2^ – 23 luglio 2018, n. 4907
Pubblicato il 23/07/2018
N. 04907/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00987/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 987 del 2013, proposto da
Antonio Turtoro, Maria Scolavino, rappresentati e difesp dall’avvocato Francesco Cervo, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Vincenzo Improta in San Giorgio a Cremano (NA) alla Via Manzoni n. 106;
contro
Comune di Volla, in persona del Sindaco pro tempore, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Leone, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, viale Gramsci 14;
per l’annullamento
dell’ordinanza n. 66 del 17/12/2012 a firma del Responsabile del IV settore del Comune di Volla, di demolizione e rimozione di presunte opere abusive e ripristino dello stato dei luoghi.
Visto il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Volla;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 giugno 2018 la dott.ssa Antonella Lariccia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 15.02.2013, i sig.ri Antonio Turtoro e Maria Scolavino invocano l’annullamento dell’atto in epigrafe indicato lamentando:
– Violazione e falsa applicazione di legge (art. 3,10 22, 27, 31 e 37 D.P.R. n°380101); Difetto di istruttoria – Erronea presupposizione – Eccesso di potere – Illogicità manifesta – Perplessità;
– Eccesso di potere e difetto di istruttoria per erronea presupposizione e valutazione degli interessi pubblici in gioco, nonché per erronea scelta della sanzione comminata – Interesse pubblico all’abbattimento – Illogicità manifesta.
Espongono, in particolare, i ricorrenti di avere richiesto ed ottenuto il permesso di costruire n. 10 del 14.02.2011, ai sensi dell’art. 6 comma 2 e 6 L. R. n. 19 del 30.11.2001 (che in deroga agli strumenti urbanistici consente di realizzare, anche in aree libere, parcheggi a servizi di imprese e cooperative) ed ai sensi della Legge n. 122/89, per la realizzazione di un area da destinare a parcheggio di pertinenza dell’attività di autotrasporti svolta dall’azienda "Turtoro Antonio", della quale il ricorrente Turtoro Antonio è legale rappresentante, su un appezzamento di terreno sito nel Comune di Volla (NA), alla Via Tamburriello n. 24, di proprietà della ricorrente Maria Scolavino.
Senonchè, con nota prot. n. 11412 del 06.07.2012, redatta a seguito di apposito sopralluogo, venivano rinvenute e ritenute abusive dall’Amministrazione comunale resistente le seguenti opere: "- Container in lamiera coibentata di m 12,20 x 2,40, alt. m 2,73 destinato a mensa con annesso wc completo di impianti e collegato alla fogna comunale; – Container in lamiera coibentata di m 5,90 x 2,40, alt. m 3,00 destinato ad uffici completo d’impianto elettrico e di condizionamento; – Baracca in lamiera grecata di m 5,15 x 2,55 alt media m 2,05 destinata a box auto; – Container in lamiera coibentata di m 8,20 x 2,40, alt. m 2,84, destinato a cucina, letto, wc completo di impianti e collegato alla fogna comunale; – Container in ferro di rn 6,05 x 2,43, alt. rn 2,55 destinato a deposito, completo di impianti; – n. 3 pensiline di m 2,80 x 4,68, 3,95 x 7,00, 3,75 x 9,40 con sottostante ‘riassetto in calcestruzzo; – n. 1 cisterna di gasolio coperta da pensilina di m 3,70 x 2,00", di cui con l’impugnata ordinanza n. 66 del 17/12/2012, veniva ingiunta la demolizione.
Si è costituito in giudizio il Comune di Volla e, all’udienza pubblica del 19.06.2018, sulle conclusioni delle parti, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Ciò posto, osserva il Collegio che lo spiegato ricorso è infondato nel merito e va pertanto respinto.
Ed invero, è noto come che l’art. 6 comma 2 lett. e bis) del D.P.R. 380/01 espressamente preveda che possano essere realizzate senza alcun titolo edilizio esclusivamente “le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni, previa comunicazione di avvio lavori all’amministrazione comunale”.
La norma testè richiamata, pertanto, qualifica come attività libere esclusivamente le opere dirette a soddisfare esigenze “obiettive” e “contingenti e temporanee”, purchè le stesse vengano effettivamente rimosse entro novanta giorni dalla loro realizzazione.
Al riguardo, la condivisibile giurisprudenza ha al riguardo osservato che “per principio consolidato, per individuare la natura precaria di un’opera, si deve seguire «non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale», per cui un’opera se è realizzata per soddisfare esigenze che non sono temporanee non può beneficiare del regime proprio delle opere precarie anche quando le opere sono state realizzate (il che nel nostro caso non è) con materiali facilmente amovibili (fra le decisioni più recenti cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1291 del 1° aprile 2016). Non possono essere quindi considerati manufatti precari, destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee, quelli destinati ad una utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l’alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4116 del 4 settembre 2015). Questa Sezione ha poi anche affermato che la “precarietà” dell’opera postula un uso specifico e temporalmente limitato del bene e non la sua stagionalità che non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1291 del 1° aprile 2016 cit.)” ( Cons. di Stato, sez. VI, n. 795/2017).
Inoltre, “tali opere debbono però essere “immediatamente” rimosse al cessare della necessità.
La normativa in questione ha, peraltro, meglio precisato che tali opere debbono “comunque” essere rimosse entro un termine non superiore a novanta giorni. Nel senso, cioè, che ove le esigenze temporanee permangano oltre tale termine, gli interessati debbono munirsi di un idoneo titolo edilizio, che potrà essere, a sua volta, anch’esso temporaneo. In sintesi, le opere dirette a soddisfare esigenze “obiettive” e “contingibili e temporanee” sono oggi legislativamente considerate come attività libere, ma debbono essere sempre rimosse entro novanta giorni dalla loro realizzazione, a meno che gli interessati non chiedano, al fine di mantenerle per un tempo maggiore, un idoneo titolo edilizio.
Né, come si è detto, può ritenersi che il riferimento al termine di novanta giorni sia riconducibile al momento in cui le opere debbono essere rimosse una volta cessata la particolare necessità che ne aveva determinato la realizzazione” (cfr. Consiglio di Stato, sez.VI, 23/05/2017 n. 2438).
Ciò posto, appare evidente come nella fattispecie che occupa l’impugnato provvedimento si palesi legittimo, posto che le opere colpite dall’ingiunta demolizione, pur se destinate a servire l’esecuzione del cantiere ed a tal fine espressamente previste nella richiesta di permesso di costruire a suo tempo presentata dai ricorrenti, non possono assolutamente qualificarsi alla stregua di manufatti precari, considerato che le stesse non sono destinate a soddisfare esigenze meramente temporanee, come del resto comprovato anche dal fatto che nel caso di specie risulta addirittura presentata, in data 05.02.2015, “proroga” della S.C.I.A. per il completamento degli interventi di cui al rilasciato permesso di costruire n. 10 del 14.02.2011, alla cui realizzazione i manufatti in questione sarebbero funzionali; appare, pertanto, evidente come i manufatti di cui all’ingiunta demolizione sicuramente non possono considerarsi alla stregua di opere precarie destinate a soddisfare esigenze meramente temporanee, e pertanto inidonei a determinare una mutazione durevole dell’assetto territoriale comunale.
Per quanto sin qui osservato, pertanto, non può fondatamente sostenersi, come fanno i ricorrenti nel primo motivo di ricorso, che le opere in questione dovrebbero comunque considerarsi come manufatti precari, atteso il loro carattere di strutture facilmente amovibili, ed in quanto tali sottratte al preventivo rilascio del permesso di costruire.
Al riguardo, il Tribunale si limita a richiamare la condivisibile giurisprudenza che ha chiaramente affermato che “rientrano nella previsione delle norme urbanistiche e richiedono il rilascio di concessione edilizia non solo i manufatti tradizionalmente compresi nelle attività murarie, ma anche le opere di ogni genere con le quali si intervenga sul suolo o nel suolo, senza che abbia rilevanza giuridica il mezzo tecnico con cui sia stata assicurata la stabilità del manufatto, che può essere infisso o anche appoggiato al suolo, in quanto la stabilità non va confusa con l’irremovibilità della struttura o con la perpetuità della funzione ad essa assegnata ma si estrinseca nell’oggettiva destinazione dell’opera a soddisfare bisogni non provvisori, ossia nell’attitudine ad una utilizzazione che non abbia il carattere della precarietà, cioè non sia temporanea e contingente” (cfr. Cass. pen. sez. III, 7 giugno 2006).
Del resto, risulta incontestato che le opere di cui all’impugnata ordinanza di demolizione siano state mantenute dai ricorrenti ben oltre il termine di novanta giorni espressamente previsto dal citato art. 6 comma 2 lett. e bis) del D.P.R. 380/01, ciò ad ulteriore riprova del fatto che le stesse non possano assolutamente ritenersi destinate ad un uso limitato nel tempo, per soddisfare fini specifici e temporanei.
Parimenti infondato si palesa, a parere del Collegio anche il secondo motivo di ricorso, con cui i ricorrenti si dolgono che l’ordinanza impugnata non contenga un’adeguata motivazione in relazione al concreto ed attuale interesse urbanistico leso, ed alla sua prevalenza rispetto all’interesse privato alla conservazione dei manufatti in questione per tutto il tempo necessario alla realizzazione dell’intervento edilizio assentito con il permesso di costruire n. 11 del 2011.
A tale ultimo riguardo, il Tribunale si limita a richiamare la prevalente e condivisibile giurisprudenza amministrativa che afferma che «il provvedimento di repressione degli abusi edilizi (ordine di demolizione e ogni altro provvedimento sanzionatorio) costituisce atto dovuto della p.a., riconducibile ad esercizio di potere vincolato, in mera dipendenza dall’accertamento dell’abuso e della riconducibilità del medesimo ad una delle fattispecie di illecito previste dalla legge; ciò comporta che il provvedimento sanzionatorio non richiede una particolare motivazione, essendo sufficiente la mera descrizione e rappresentazione del carattere illecito dell’opera realizzata, né è necessaria una previa comparazione dell’interesse pubblico alla repressione dell’abuso, che è in re ipsa, con l’interesse del privato proprietario del manufatto » (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 20 luglio 2011, n. 4254; Consiglio di Stato, sez. V, sent. 7 settembre 2009, n. 5229; Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 14 maggio 2007, n. 2441; Consiglio di Stato, sez. V, sent. 29 maggio 2006, n. 3270).
Conclusivamente, per le ragioni sopra sinteticamente illustrate, lo spiegato ricorso è infondato nel merito e va pertanto rigettato.
Le spese del presente giudizio, ex art. 91 c.p.c. seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania Napoli (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna i ricorrenti alla refusione delle spese di lite in favore del Comune di Volla, che si liquidano in € 1.500,00 (millecinquecento/00) per compensi, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Pennetti, Presidente
Carlo Dell’Olio, Consigliere
Antonella Lariccia, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
Antonella Lariccia
IL PRESIDENTE
Giancarlo Pennetti
IL SEGRETARIO