Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia, Pubblica amministrazione Numero: 1490 | Data di udienza:

* DIRITTO URBANISTICO – Concetto di pertinenza – Diritto civile – Diritto Urbanistico e dell’Edilizia – Differenze – Abuso edilizio – Tettoia – Attività edilizia libera – Non può qualificarsi – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Domanda di accertamento di conformità – Silenzio della P.A. – Valore di diniego tacito – Mancata impugnazione entro il termine decadenziale – Inoppugnabilità del provvedimento – Riespansione dell’efficacia dell’originario ordine demolitorio – Configurabilità – Art. 107 comma 3, lett. g) TUEL – Potere sanzionatorio in materia edilizia – Dirigente – Titolarità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 27 Aprile 2012
Numero: 1490
Data di udienza:
Presidente: Romano
Estensore: Carpentieri


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – Concetto di pertinenza – Diritto civile – Diritto Urbanistico e dell’Edilizia – Differenze – Abuso edilizio – Tettoia – Attività edilizia libera – Non può qualificarsi – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Domanda di accertamento di conformità – Silenzio della P.A. – Valore di diniego tacito – Mancata impugnazione entro il termine decadenziale – Inoppugnabilità del provvedimento – Riespansione dell’efficacia dell’originario ordine demolitorio – Configurabilità – Art. 107 comma 3, lett. g) TUEL – Potere sanzionatorio in materia edilizia – Dirigente – Titolarità.



Massima

 

 

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. III – 27 marzo 2012, n. 1490

DIRITTO URBANISTICO – Concetto di pertinenza – Diritto civile – Diritto Urbanistico e dell’Edilizia – Differenze. 
 
Il concetto di pertinenza, previsto dal diritto civile, va distinto dal più ristretto concetto di pertinenza inteso in senso edilizio e urbanistico, che non trova applicazione in relazione a quelle costruzioni che, pur potendo essere qualificate come beni pertinenziali secondo la normativa privatistica, assumono tuttavia una funzione autonoma rispetto ad altra costruzione, con conseguente loro assoggettamento al regime concessorio, come nel caso di un intervento edilizio che non sia coessenziale al bene principale e che possa essere utilizzato in modo autonomo e separato (TAR Napoli, Sez. IV, 6/4/2011, n. 1928). 
 
Pres. Romano – Est. Carpentieri – V.A. (avv. Raia) c. Comune di Somma Vesuviana (avv.ti Abbamonte, Raia e Di Palma)
 

DIRITTO URBANISTICO – Abuso edilizio – Tettoia – Attività edilizia libera – Non può qualificarsi. 
 
La realizzazione di una tettoia (nella specie di 234 mq.) sovrastante un preesistente fabbricato non può in alcun modo qualificarsi come attività edilizia libera, atteso che la recente “liberalizzazione” (art. 5 del d.l. 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazione, dalla l. 22 maggio 2010, n. 73, che ha sostituito l’art. 6 del d.P.R. n. 380/2001) ha riguardato gli interventi di manutenzione ordinaria, gli interventi volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio (e via dicendo). 

Pres. Romano – Est. Carpentieri – V.A. (avv. Raia) c. Comune di Somma Vesuviana (avv.ti Abbamonte, Raia e Di Palma)
 
 
DIRITTO URBANISTICO – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Domanda di accertamento di conformità – Silenzio della P.A. – Valore di diniego tacito – Mancata impugnazione entro il termine decadenziale – Inoppugnabilità del provvedimento – Riespansione dell’efficacia dell’originario ordine demolitorio – Configurabilità. 
 
Il silenzio dell’amministrazione comunale serbato sulla domanda di accertamento di conformità ha natura di silenzio tipizzato per legge come diniego tacito; pertanto, a fronte di tale diniego, la parte ha l’onere di agire in giudizio in sede impugnatoria nel termine di decadenza, decorso inutilmente il quale e in caso di perdurante inerzia dell’amministrazione, il provvedimento tacito di diniego di sanatoria si consolida, diviene inoppugnabile e determina la riespansione dell’efficacia dell’originaria ingiunzione di demolizione.
 
Pres. Romano – Est. Carpentieri – V.A. (avv. Raia) c. Comune di Somma Vesuviana (avv.ti Abbamonte, Raia e Di Palma) 
 
 
DIRITTO URBANISTICO – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Art. 107 comma 3, lett. g) TUEL – Potere sanzionatorio in materia edilizia – Dirigente – Titolarità.
 
Secondo quanto previsto dall’art. 107 comma 3, lett. g), d.lg. n. 267 del 2000 (TUEL), spetta ai dirigenti l’adozione di “tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell’abusivismo edilizio e paesaggistico – ambientale”; pertanto, il dirigente è per legge, il titolare del potere sanzionatorio in materia edilizia a lui direttamente attribuito dalla suindicata disposizione (tra le tante, TAR Lazio, Sez. I, 7 marzo 2011, n. 2029). 
 
Pres. Romano – Est. Carpentieri – V.A. (avv. Raia) c. Comune di Somma Vesuviana (avv.ti Abbamonte, Raia e Di Palma)

 


Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. III - 27 marzo 2012, n. 1490

SENTENZA

 

 

 
N.  01490/2012  REG.PROV.COLL.
N. 00306/2007 REG.RIC.
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
 
ha pronunciato la presente
 
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 306 del 2007, proposto da: 
Auriemma Vincenzo, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Raia, con domicilio eletto in Napoli, piazza Bovio, 14; 
contro
il Comune di Somma Vesuviana, in persona del Sindaco legale rapp.te p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Orazio Abbamonte, Luigi Raia e Giuseppe Di Palma, con domicilio eletto presso Orazio Abbamonte in Napoli, viale Gramsci 16; 
per l’annullamento
<<1) dell’ordinanza n. 146 adottata dal Dirigente Area V – Gestione del territorio ed attività imprenditoriali – in data 07/11/2006 e successivamente comunicata, con la quale si ingiunge al ricorrente: a) di sospendere “ad horas” ogni lavoro in corso; b) di provvedere entro il termine di 90 gg., a decorrere dalla data di notifica dell’atto, alla eliminazione o rimozione delle opere abusive realizzate in sopraelevazione ad un manufatto sito alla via Rosanea n. 1 ed al ripristino dello stato dei luoghi; 2) del verbale di sequestro del locale Comando Polizia municipale prot. A-34-2006 del 31/03/2006; 3) di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente, se ed in quanto lesivo degli interessi del ricorrente>>.
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Somma Vesuviana;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2012 il dott. Paolo Carpentieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
 
Con il ricorso in esame – notificato il 2 gennaio 2007 e depositato in segreteria il 17 gennaio 2007 – il sig. Auriemma Vincenzo ha impugnato, deducendo diversi motivi di incompetenza, di violazione di legge e di eccesso di potere – il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale il Comune di Somma Vesuviana gli ha ordinato la demolizione delle opere abusive realizzate nella sua proprietà, alla via Rosanea n. 1, in sopraelevazione ad un manufatto preesistente, come risultante dal verbale di sequestro della polizia municipale n. prot. A-34-2006 del 31 marzo 2006.
 
Si è costituito a resistere in giudizio il Comune intimato.
 
Alla pubblica udienza del 23 febbraio 2012 la causa è stata chiamata e assegnata in decisione.
 
Il ricorso è infondato e non può, pertanto, ricevere accoglimento.
 
Sull’assunto di essersi limitato a sostituire una preesistente tettoia vetusta, parte ricorrente, con un primo motivo di gravame, ha sostenuto la carenza di motivazione e di presupposti riguardo all’interesse pubblico all’adozione della misura demolitoria. L’assunto è infondato, atteso che si tratta di un intervento di notevole entità, consistente nella realizzazione di una tettoia della superficie di ben 234 mq., su un immobile ricadente in zona agricola sottoposta anche a vincolo paesaggistico, di significativa incidenza, dunque, sui beni-interessi protetti di corretto assetto urbanistico-edilizio del territorio e di tutela paesaggistica.
 
In relazione a tale ultimo profilo, parte ricorrente ha altresì lamentato, nel primo motivo di ricorso, la mancata partecipazione procedimentale delle altre amministrazioni preposte alla gestione del vincolo. La censura, oltre che infondata, è del tutto priva di idoneo interesse processuale, atteso che non si comprende quale utilità possa mai ricavare il ricorrente dall’intervento sanzionatorio di altre autorità eventualmente competenti ad altro titolo alla repressione dell’abuso commesso.
 
Con il secondo motivo di azione parte ricorrente assume la natura pertinenziale dell’opera abusiva, che la sottrarrebbe, a suo dire, alla misura sanzionatoria, potendo al più consentire diverse e più lievi sanzioni pecuniarie. Anche tale assunto non è condivisibile, e ciò sulla scorta della nota e pacifica giurisprudenza, anche di questa Sezione, che distingue la nozione civilistica di pertinenza, cui fa evidentemente riferimento la parte ricorrente, da quella propriamente rilevante sul piano, che qui interessa, urbanistico-edilizio (“Il concetto di pertinenza, previsto dal diritto civile, va distinto dal più ristretto concetto di pertinenza inteso in senso edilizio e urbanistico, che non trova applicazione in relazione a quelle costruzioni che, pur potendo essere qualificate come beni pertinenziali secondo la normativa privatistica, assumono tuttavia una funzione autonoma rispetto ad altra costruzione, con conseguente loro assoggettamento al regime concessorio, come nel caso di un intervento edilizio che non sia coessenziale al bene principale e che possa essere utilizzato in modo autonomo e separato”: tra le tante, cfr. T.A.R. Napoli, sez. IV, 6 aprile 2011, n. 1928).
 
A fortiori infondata si appalesa, conseguentemente, l’ulteriore doglianza con la quale parte ricorrente asserisce che l’intervento realizzato costituirebbe attività edilizia libera, del tutto affrancata da qualsiasi previo controllo autorizzatorio. Diversamente dall’assunto infondato di parte ricorrente, il Collegio rileva che neppure dopo le recenti liberalizzazioni (art. 5 del d.l. 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazione, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73., che ha sostituito l’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001) un intervento del tipo di quello qui sanzionato (tettoia di 234 mq. sovrastante un preesistente fabbricato) potrebbe in alcun modo qualificarsi come attività edilizia libera (la “liberalizzazione” ha infatti riguardato gli interventi di manutenzione ordinaria, gli interventi volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio, le opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico, ad esclusione di attività di ricerca di idrocarburi, e che siano eseguite in aree esterne al centro edificato, i movimenti di terra strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricola e le pratiche agro-silvo-pastorali, compresi gli interventi su impianti idraulici agrari, le serre mobili stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allo svolgimento dell’attività agricola, nonché, previa comunicazione, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione comunale, gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), ivi compresa l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici, le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni, le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l’indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati, i pannelli solari, fotovoltaici, a servizio degli edifici, da realizzare al di fuori della zona A) di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici).
 
Un ulteriore motivo di ricorso invoca il disposto dell’art. 36 del testo unico in materia edilizia n. 380 del 2001. Il ricorrente ha affermato di aver presentato domanda di accertamento di conformità e che tale domanda non risulta ancora esitata dall’amministrazione. Anche questa tesi è infondata. Come più volte chiarito dalla Sezione e in accordo con la giurisprudenza prevalente, il silenzio dell’amministrazione comunale serbato sulla domanda di accertamento di conformità ha natura di silenzio tipizzato per legge come diniego tacito. Conseguentemente, a fronte di tale atto fittizio di diniego ex lege, la parte ha l’onere di agire in giudizio in sede impugnatoria nei termini di decadenza. Decorso inutilmente il termine di impugnazione e in caso di perdurante inerzia dell’amministrazione, il provvedimento tacito di diniego di sanatoria si consolida, diviene inoppugnabile e determina la riespansione dell’efficacia dell’originaria ingiunzione di demolizione. L’ordine di demolizione, dunque, lungi dall’essere superato per effetto della mera proposizione della domanda di sanatoria, è in conseguenza di tale atto del privato esclusivamente quiescente nella sua efficacia, e ciò solo per il tempo di legge necessario per il formarsi del silenzio diniego dell’amministrazione. Decorso tale termine l’ordine demolitorio riprende naturalmente efficacia, in presenza di un atto tacito di diniego di sanatoria del Comune. Alla stregua delle ora ricordate coordinate giuridiche, l’invocazione della avvenuta presentazione di una domanda di accertamento di conformità, ormai tacitamente respinta ex lege e mai impugnata da parte ricorrente, non può in alcun modo incidere negativamente sulla validità e l’efficacia dell’ingiunzione di demolizione oggetto del presente giudizio.
 
Parte ricorrente ha quindi dedotto la violazione dell’art. 34 del testo unico del 2001 sotto il profilo della impossibilità di eseguire la demolizione senza pregiudizio per l’immobile sottostante preesistente. La tesi non è suffragata da idoneo materiale probatorio, apparendo viceversa del tutto ragionevole ipotizzare la possibilità della rimozione di una superfetazione, quale una tettoia realizzata in sopraelevazione, senza particolare pregiudizio delle parti preesistenti dell’edificio.
 
Infine, sotto un ulteriore profilo parte ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990. La doglianza è infondata. Come da costante giurisprudenza, condivisa dalla Sezione, tali garanzie partecipative non sono necessarie a fronte di atti dovuti e vincolati, quali le sanzioni demolitorie edilizie, e, in ogni caso, la mancata applicazione di tali garanzie partecipative risulta comunque interamente assorbita ai sensi e per gli effetti dell’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990.
 
Con l’ultimo motivo di ricorso il ricorrente sostiene l’incompetenza del dirigente, per appartenere, a suo dire, al Sindaco la competenza ad irrogare la sanzione edilizia impugnata. La tesi è contraddetta da una ormai decennale e costante giurisprudenza, condivisa dal Collegio, secondo la quale “Secondo quanto previsto dall’art. 107 comma 3, lett. g), d.lg. n. 267 del 2000, spetta ai dirigenti l’adozione di «tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell’abusivismo edilizio e paesaggistico – ambientale». Il dirigente è, dunque, per legge, il titolare del potere sanzionatorio in materia edilizia a lui direttamente attribuito dall’art. 107, d.lg. n. 267 del 2000” (tra le tante, T.A.R. Lazio, sez. I, 7 marzo 2011, n. 2029).
 
Per tutte le esposte ragioni il ricorso deve essere rigettato.
 
Le spese seguono la soccombenza, nell’importo liquidato in dispositivo.
 
P.Q.M.
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento/00).
 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
 
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2012 con l’intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Paolo Carpentieri, Consigliere, Estensore
Ida Raiola, Consigliere
 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/03/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

 

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di Ambientediritto.it e QuotidianoLegale.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!