Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 1488 | Data di udienza:

* DIRITTO URBANISTICO – Abusi edilizi – Provvedimenti repressivi – Motivazione – Non è necessaria – Deroga – Presupposti – Posizione di affidamento del privato – Deve essere tutelata – Rimedio sanzionatorio – Principio del tempus regit actum – Applicabilità. 


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 27 Marzo 2012
Numero: 1488
Data di udienza:
Presidente: Romano
Estensore: Carpentieri


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – Abusi edilizi – Provvedimenti repressivi – Motivazione – Non è necessaria – Deroga – Presupposti – Posizione di affidamento del privato – Deve essere tutelata – Rimedio sanzionatorio – Principio del tempus regit actum – Applicabilità. 



Massima

 

 

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. III – 27 marzo 2012, n. 1488

DIRITTO URBANISTICO – Abusi edilizi – Provvedimenti repressivi – Motivazione – Non è necessaria – Deroga – Presupposti – Posizione di affidamento del privato – Deve essere tutelata.
 
Ancorché il provvedimento demolitorio di un’opera abusiva non necessiti di una particolare motivazione, è prevista una deroga quando, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’opera predetta ed il protrarsi dell’inerzia dell’amministrazione preposta alla vigilanza, avuto riguardo all’entità e alla tipologia dell’abuso, si sia ingenerata una posizione d’affidamento nel privato, ravvisandosi, in siffatta ipotesi, un onere di congrua motivazione sul pubblico interesse, evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (Cons. Stato, Sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2705; TAR Campania, Sez. IV, 9 aprile 2010, n. 1890; TAR Piemonte, Sez. I, 26 marzo 2010, n. 1603). 
 
Pres. Romano – Est. Carpentieri – E.P. (avv. Ammendola) c. Comune di San Giorgio a Cremano (avv.ti Cicatiello e Carlino) 
 

DIRITTO URBANISTICO – Abusi edilizi – Provvedimenti repressivi – Motivazione – Non è necessaria – Mere variazioni edilizie – Deroga – E’ prevista. 
 
Ancorché il provvedimento demolitorio di un’opera abusiva non necessiti di una particolare motivazione, è prevista una deroga solamente nel caso di abusi di lieve entità consistenti in mere variazioni, quando, a causa del lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso e a causa del protrarsi dell’inerzia dell’amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione d’affidamento nel privato; pertanto, nel caso di nuove costruzioni o di abusi di maggiore dimensione è irrilevante il lungo periodo di tempo intercorso tra la realizzazione dell’opera abusiva e il provvedimento sanzionatorio, rimanendo esclusa sia la tutelabilità di un preteso affidamento del responsabile dell’abuso, sia la sussistenza di un ulteriore obbligo per l’amministrazione di motivare specificamente il provvedimento in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico attuale a far demolire il manufatto, interesse pubblico che è in re ipsa (TAR Campania, Sez. VIII, 6 aprile 2011, n. 1945). 
 
Pres. Romano – Est. Carpentieri – E.P. (avv. Ammendola) c. Comune di San Giorgio a Cremano (avv.ti Cicatiello e Carlino)
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Rimedio sanzionatorio – Principio del tempus regit actum – Applicabilità. 
 
Il rimedio sanzionatorio applicabile, alternativo a quello demolitorio, si deve ricavare in base al principio generale del tempus regit actum, per il quale la procedura e la sanzione – ferma restando l’illiceità del fatto già qualificata dalla norma vigente all’epoca della sua commissione – devono essere ricercate nella norma vigente al tempo dell’accertamento e dell’irrogazione del rimedio. 
 
Pres. Romano – Est. Carpentieri – E.P. (avv. Ammendola) c. Comune di San Giorgio a Cremano (avv.ti Cicatiello e Carlino) 
 

 


Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. III - 27 marzo 2012, n. 1488

SENTENZA

 

 

N. 01488/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00961/2011 REG.RIC.
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
 
ha pronunciato la presente
 
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 961 del 2011, proposto da: 
Pellegrino Enrico, rappresentato e difeso dall’avv. Francesca Ammendola, con domicilio eletto in Napoli, via Duomo n. 296; 
contro
Comune di San Giorgio a Cremano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Lucia Cicatiello e Adele Carlino, con domicilio eletto presso in S. Giorgio a Cremano, piazza Vittorio Emanuele II, n. 10, presso la Casa comunale (e pertanto ex lege in Napoli, presso la segreteria del T.A.R.); 
per l’annullamento
dell’ordinanza n. 13 del 26/10/2010, notificata il 29/11/2010, emessa dal Dirigente del Settore Infrastrutture e Pianificazione Territoriale del Comune di San Giorgio a Cremano, con la quale si ordina di provvedere alla demolizione delle opere edili realizzate nell’unità immobiliare sita alla via G. Matteotti civ. 68 p. 1° int. 3, nel Comune di San Giorgio a Cremano; di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale, comunque lesivo dei diritti del ricorrente.
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di San Giorgio a Cremano;
Viste le memorie difensive;
Vista l’ordinanza n. 552/2011 del 24 marzo 2011, con la quale la Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione dell’atto impugnato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2011 il dott. Paolo Carpentieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
 
Con il ricorso in trattazione, notificato il 28 gennaio 2011 e depositato in segreteria il 18 febbraio 2011, il sig. Pellegrino Enrico ha impugnato, deducendo una pluralità di motivi di violazione di legge e di eccesso di potere, l’ordinanza dirigenziale n. 13 del 26 ottobre 2010, notificata il 29 novembre 2010, con la quale il Comune di San Giorgio a Cremano, sulla base della relazione di accertamento tecnico del 13 gennaio 2010, prot. n. 28/S.I.P.T., ha ordinato la demolizione/ripristino delle opere abusivamente realizzate nell’unità immobiliare di sua proprietà sita al primo piano, interno n. 3, del fabbricato sito in via G. Matteotti, n. 68, posto in area sottoposta a vincolo paesaggistico, consistite in : 1: incremento della superficie utile pari a mq. 47,36 circa ottenuto con l’accorpamento di parte del vano scala nell’attuale consistenza abitativa e con la riduzione in fase di costruzione di muri portanti e di spina; 2: realizzazione di un wc su parte del balcone a servizio del vano scala (prospetto su via Matteotti), in ampliamento dell’appartamento esistente (per mq. 7,13 circa); 3. trasformazione da superficie non residenziale del terrazzo coperto a superficie residenziale per effetto della chiusura esterna lato via Bachelet; 4. diversa ridistribuzione degli spazi interni a seguito di diversa ubicazione delle murature portanti rispetto alla licenza edilizia n. 148/53 eseguite durante la fase della costruzione dell’intero fabbricato; 5. apertura di un vano finestra a servizio del locale wc sul prospetto di via Cavalli di Bronzo; 6. realizzazione di un soppalco in legno posto nel vano cucina di mq. 8,96 circa ed avente altezza dal solaio di calpestio di m. 2,00 circa; 7. trasformazione del vano finestra in vano balcone e creazione di uno sbalzo pari a mq. 2,25 sul prospetto di via Cavalli di Bronzo; 8. trasformazioni di due vani finestra in due vani balconi con la creazione di uno sbalzo di mq. 5,40 circa (prospetto interno dell’immobile), 9. realizzazione di una superficie non residenziale adibita a terrazzo esterno di mq. 22,63 circa a seguito dell’accorpamento del calpestio relativo al solaio di copertura delle sottostanti volumetrie eseguite in assenza di titolo abilitativo; 10. realizzazione di una canna fumaria in acciaio, di altezza pari a m. 11,00 circa, a servizio del fermo a legna ubicato nella cucina dell’appartamento.
 
Si è costituito a resistere in giudizio il Comune di San Giorgio a Cremano.
 
Con ordinanza n. 552/2011 del 24 marzo 2011, la Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione dell’atto impugnato, sul favorevole apprezzamento soprattutto del profilo del periculm in mora, osservando che trattavasi di una serie di opere interne, che non arrecano un pregiudizio rilevante all’interesse al corretto assetto urbanistico-edilizio.
 
Alla pubblica udienza del 1° dicembre 2011 la causa è stata chiamata e assegnata in decisione.
 
Il ricorso è fondato e merita accoglimento, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato, per quanto di interesse della parte ricorrente.
 
Giova premettere che l’appartamento di proprietà di parte ricorrente, acquistato nel 1988 e (parte) nel 1997, costituisce una sopraelevazione, regolarmente assentita con licenza edilizia n. 148 del 16 ottobre 1953, di un villino d’epoca realizzato nel 1915 e originariamente costituito dal solo piano terra e dal piano rialzato.
 
Il provvedimento oggetto di contestazione ha natura di atto cumulativo (scindibile) comprendente la posizione di diversi soggetti proprietari dei diversi appartamenti di cui consta l’edificio sito in via G. Matteotti, n. 68 (unità immobiliare ubicata al piano rialzato, di proprietà Raucci – Landolfi; unità immobiliare del primo piano, dell’odierno ricorrente, cui si riferisce la causa in trattazione, unità immobiliare ubicata al primo piano, interno 2, di proprietà Zangarini) e dà conto dei diversi titoli edilizi riferiti all’immobile nel suo complesso (licenza edilizia del 22 aprile 1915; successiva licenza n. 148 del 16 ottobre 1953, relativa alla sopraelevazione del primo piano; ulteriore licenza edilizia n. 2 del 18 dicembre 1975 sembrerebbe relativa a un’ulteriore sopraelevazione di un secondo piano). Tuttavia dalla relazione di accertamento prot. n. 28 del 13 gennaio 2010, richiamata nel provvedimento impugnato, si evince esclusivamente che il controllo è nato da una non meglio precisata “denuncia inerente eventuali abusi edilizi realizzati nell’appartamento del signor Pellegrino Enrico”, acquisita dal Comune in data 7 aprile 2008 al prot. generale n. 13687, ma non si ricava nessuna indicazione sui tempi di realizzazione degli abusi contestati.
 
Ciò posto, ad avviso del Collegio, coglie nel segno e merita accoglimento la contestazione di parte ricorrente imperniata sulla risalenza di tutti gli interventi contestati all’epoca della costruzione della sopraelevazione del primo piano, in base alla licenza edilizia del 1953, o, almeno, ad epoca anteriore al 1975, anno del rilascio di un nuovo titolo edilizio (licenza edilizia n. 2 del 5 febbraio 1975, anch’essa richiamata nel verbale di accertamento tecnico), come si evincerebbe dai grafici ad esso allegati. A fronte della puntale contestazione in tali termini sollevata dalla parte ricorrente, contestazione supportata da materiale fotografico e altro documentale, nonché da una perizia tecnica di parte, l’amministrazione, che già non aveva fornito alcun elemento motivazionale su tale punto determinante negli atti impugnati, non ha potuto fornire, nemmeno nelle sue difese in giudizio, alcun elemento probatorio idoneo di segno contrario.
 
Sotto tale profilo il lungo lasso di tempo trascorso (oltre cinquanta anni o, almeno oltre trenta anni, se si fa riferimento al 1975), unitamente alla tipologia degli abusi rilevati, prevalentemente interni e, comunque, anche quelli di rilevanza esterna, di minimo rilievo (allargamento di vani finestre, utilizzo come calpestabile di un solaio esterno, una canna fumaria), avrebbero imposto uno stringente obbligo motivazionale sulla sussistenza di un interesse pubblico attuale e concreto tale da imporre la adottata misura demolitoria (ad es., pericoli statici, di cui, invece, non vi è parola alcuna negli atti impugnati), obbligo motivazionale che non risulta in alcun modo assolto nel provvedimento per cui è causa.
 
In mancanza di tale, sia pur minima motivazione, il provvedimento demolitorio impugnato si palesa illegittimo, alla stregua della condivisibile giurisprudenza che, rispetto al principio generale della non necessità di una particolare motivazione dell’ordine di demolizione, ammette una deroga proprio per il caso, quale quello in esame, in cui, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso ed il protrarsi dell’inerzia dell’amministrazione preposta alla vigilanza, avuto riguardo all’entità e alla tipologia dell’abuso, si sia ingenerata una posizione d’affidamento nel privato, ipotesi in relazione alla quale si ravvisa un onere di congrua motivazione sul pubblico interesse, evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (Cons. Stato, sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2705; 14 maggio 2007, n. 2441; sez. V, 29 maggio 2006, n. 3270; 4 marzo 2008, n. 883; T.A.R. Campania, sez. IV, 9 aprile 2010, n. 1890; T.A.R. Piemonte, sez. I, 26 marzo 2010, n. 1603; Tar Umbria, 7 dicembre 2010, n. 522). In proposito giova sottolineare che il Collegio condivide il riferito orientamento interpretativo, ma solo e con specifico riguardo al caso in cui, come è avvenuto nella fattispecie all’attuale esame, si tratti di abusi di lieve entità consistenti in mere variazioni, lì dove, invece, in tutti i casi in cui si tratti di nuove costruzioni o, comunque, di abusi di maggiore dimensione, deve rimanere ferma la consolidata massima che afferma l’irrilevanza del lungo periodo di tempo intercorso tra la realizzazione dell’opera abusiva e il provvedimento sanzionatorio ed esclude sia la tutelabilità di un preteso affidamento del responsabile dell’abuso, sia la sussistenza di un ulteriore obbligo per l’amministrazione di motivare specificamente il provvedimento in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico attuale a far demolire il manufatto, interesse pubblico che è in re ipsa (tra le tante, cfr. T.A.R. Campania, sez. VIII, 6 aprile 2011, n. 1945).
 
Esaminando più nel dettaglio i singoli abusi contestati, il Collegio osserva che risulta credibile e non contrastata da alcun elemento documentale contrario la tesi di parte ricorrente secondo cui l’abuso di cui al n. 1 (incremento della superficie utile pari a mq. 47,36 circa ottenuto con l’accorpamento di parte del vano scala nell’attuale consistenza abitativa e con la riduzione in fase di costruzione di muri portanti e di spina, il cui spessore sarebbe stato ridotto da 0,60 m. a 0,40 m.) risalirebbe al 1953, anno di realizzazione della sopraelevazione. Ed infatti, pare del tutto logico che una siffatta variazione consustanziale alla costruzione del manufatto, risalga per l’appunto al tempo della sua originaria realizzazione(ciò che si evince anche dalla stessa descrizione che ne è fornita dall’amministrazione nel provvedimento impugnato, ove si parla di “riduzione in fase di costruzione di muri portanti e di spina”. In ogni caso l’amministrazione non ha neppure affermato un’ipotesi diversa e una più recente epoca di realizzazione di tale difformità. E’ dunque fondata sul punto la contestazione di parte ricorrente, in base alla quale non sussisterebbe alcun interesse pubblico concreto e attuale tale da imporre, a distanza di oltre cinquanta anni, di ingiungere la demolizione di tale tipologia (minore) di abuso.
 
La stessa censura è mossa dal ricorrente con riguardo all’abuso di cui al n. 2 (realizzazione di un wc su parte del balcone a servizio del vano scala – prospetto su via Matteotti, in ampliamento dell’appartamento esistente, per mq. 7,13 circa); la risalenza nel tempo di tale intervento sarebbe documentata da fotografie del 18 marzo 1960 e del 20 novembre 1963, nonché dalla presenza di tale volume nei grafici del progetto assentito con la licenza edilizia n. 2 del 1975. Anche per questo caso, nulla è detto o comprovato in senso contrario dal Comune procedente. Analogamente, per l’abuso contestato al n. 3 (trasformazione da superficie non residenziale del terrazzo coperto a superficie residenziale per effetto della chiusura esterna lato via Bachelet), al di là del profilo, pure dedotto, di difetto di legittimazione passiva del ricorrente, trattandosi di una porzione non di sua proprietà, collocata al secondo piano, comunque anch’essa risalirebbe a tempo anteriore al 1975. Risalenti nel tempo – almeno al 1953 – sarebbero anche gli abusi contestati al n. 4 (diversa ridistribuzione degli spazi interni a seguito di diversa ubicazione delle murature portanti rispetto alla licenza edilizia n. 148/53 eseguite durante la fase della costruzione dell’intero fabbricato) e al n. n. 5 (apertura di un vano finestra a servizio del locale wc sul prospetto di via Cavalli di Bronzo), abusi di minimo rilievo sul piano urbanistico-edilizio e comunque anch’essi risalenti nel tempo. La stessa conclusione può valere per l’abuso di cui al n. 6 ( realizzazione di un soppalco in legno posto nel vano cucina di mq. 8,96 circa ed avente altezza dal solaio di calpestio di m. 2,00 circa) e per quelli di cui ai nn. 7 e 8 (trasformazione del vano finestra in vano balcone e creazione di uno sbalzo pari a mq. 2,25 sul prospetto di via Cavalli di Bronzo e analoghe trasformazioni di due vani finestra in due vani balconi con la creazione di uno sbalzo di mq. 5,40 circa), risalenti comunque a prima del 1960 o quanto meno a prima del 1975, come si evincerebbe dalle fotografie e dai grafici già richiamati. Lo stesso dicasi per gli abusi di cui al n. 9 (realizzazione di una superficie non residenziale adibita a terrazzo esterno di mq. 22,63 circa a seguito dell’accorpamento del calpestio relativo al solaio di copertura delle sottostanti volumetrie eseguite in assenza di titolo abilitativo) e n. 10 (realizzazione di una canna fumaria in acciaio, di altezza pari a m. 11,00 circa, a servizio del fermo a legna ubicato nella cucina dell’appartamento).
 
Rispetto al dedotto profilo dell’epoca risalente della realizzazione delle riscontrate difformità nulla è riferito in senso contrario negli atti dell’amministrazione comunale, che si è limitata a svolgere un mero raffronto tra la consistenza dell’immobile accertata nel sopralluogo del 13 gennaio 2010 e i grafici allegati ai diversi titoli abilitativi, del 1915, del 1953 e del 1975, acquisiti agli atti.
 
Nulla, peraltro, mette conto di sottolineare, viene neppure ipotizzato, negli atti comunali, circa la negativa incidenza delle riduzioni degli spessori dei muri di spina e portanti sulla statica dell’edificio; nulla viene rappresentato in ordine ad altri profili di preminente interesse pubblico che possano giustificare, a distanza di cinquanta o di trenta anni, una misura demoltioria di abusi consistiti in mere variazioni realizzative dell’immobile rispetto alle licenze edilizie di volta in volta rilasciate.
 
Sdi pone, a questo punto, la questione, sollevata correttamente anche da parte ricorrente, sia pur in un motivo di ricorso subordinato, di quale debba essere il rimedio sanzionatorio applicabile, alternativo a quello demolitorio, e, in particolare, se, come sostiene parte ricorrente, debba trovare applicazione in via analogica un principio di favor rei, secondo cui andrebbe applicata la norma più favorevole vigente all’epoca della commissione dei fatti, oppure se debba trovare applicazione la norma odierna, vigente al tempo del loro accertamento.
 
In proposito il Collegio ritiene che debba ritenersi applicabile il principio generale tempus regit actum, in base al quale la procedura e la sanzione – ferma restando la illiceità del fatto già qualificata dalla norma vigente all’epoca della sua commissione – debbano essere ricercate nella norma vigente al tempo dell’accertamento e della irrogazione del rimedio. Occorrerà, dunque, dare applicazione al testo unico dell’edilizia di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, con riferimento alle norme che comminano sanzioni pecuniari per le difformità e le variazioni costruttive rispetto al titolo.
 
Per le esposte ragioni il ricorso deve giudicarsi meritevole di accoglimento con conseguente annullamento del provvedimento impugnato, salvo l’eventuale riesercizio adeguatamente motivato della funzione da parte dell’amministrazione comunale intimata.
 
Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico del Comune intimato, nell’importo liquidato in dispositivo.
 
P.Q.M.
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato, per quanto di interesse della parte ricorrente, salvo l’eventuale riesercizio adeguatamente motivato della funzione da parte dell’amministrazione comunale intimata.
 
Condanna il Comune di San Giorgio a Cremano al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00).
 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
 
Così deciso in Napoli nelle camere di consiglio del 1 dicembre 2011 e del 9 febbraio 2012 con l’intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Paolo Carpentieri, Consigliere, Estensore
Ida Raiola, Consigliere
 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/03/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

 

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