* APPALTI – Aggiudicazione – Revoca – Presupposti e motivazione – Art. 21 quinquies l. n. 241/1990.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 4^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 30 Ottobre 2017
Numero: 5084
Data di udienza: 25 Ottobre 2017
Presidente: Pappalardo
Estensore: Maiello
Premassima
* APPALTI – Aggiudicazione – Revoca – Presupposti e motivazione – Art. 21 quinquies l. n. 241/1990.
Massima
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 4^ – 30 ottobre 2017, n. 5084
APPALTI – Aggiudicazione – Revoca – Presupposti e motivazione – Art. 21 quinquies l. n. 241/1990.
Il ritiro di un’aggiudicazione legittima postula la sopravvenienza di ragioni di interesse pubblico (o una rinnovata valutazione di quelle originarie) particolarmente consistenti e preminenti sulle esigenze di tutela del legittimo affidamento ingenerato nell’impresa che ha diligentemente partecipato alla gara, rispettandone le regole e organizzandosi in modo da vincerla, ed esige, quindi, una motivazione particolarmente convincente circa i contenuti e l’esito della necessaria valutazione comparativa dei predetti interessi. I canoni di condotta appena precisati restano validi anche per le procedure di aggiudicazione soggette alla disciplina del d.lgs. n. 50 del 2016, nella misura in cui il paradigma legale di riferimento resta, anche per queste ultime, l’art. 21-quinquies l. n. 241 del 1990, e non anche la disciplina speciale dei contratti, che si occupa, infatti, di regolare il recesso e la risoluzione del contratto, e non anche la revoca dell’aggiudicazione degli appalti (cfr. Consiglio di Stato, cit e Cons. St., sez. V, 19 maggio 2016, n. 2095).
Pres. Pappalardo, Est. Maiello – D. s.r.l. (avv.ti Merani e Orefice) c. Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e altro (Avv. stato)
Allegato
Titolo Completo
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 4^ - 30 ottobre 2017, n. 5084SENTENZA
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 4^ – 30 ottobre 2017, n. 5084
Pubblicato il 30/10/2017
N. 05084/2017 REG.PROV.COLL.
N. 03024/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3024 del 2017, proposto dalla società Dispositivi Tecniche Metodologie S.r.l. – DTM, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, sia congiuntamente che disgiuntamente, dagli avv.ti Carlo Merani e dall’avv. Fabio Orefice ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo difensore in Napoli, via Toledo n. 156;
contro
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli), in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso i cui uffici – alla via A. Diaz n°11 – è ope legis domiciliato;
per l’annullamento
– della “determina di revoca in autotutela dell’aggiudicazione definitiva per l’affidamento del Servizio di Assistenza Tecnica e Supporto al monitoraggio e alla rendicontazione della spesa degli interventi finalizzati dal PON FESR Cultura e Sviluppo 2014/2020 in attuazione al Disciplinare regolante i rapporti tra il Soggetto Attuatore e l’Autorità di Gestione (AdG). CUP F24B16000060005 – CIG 6836693988”, prot. 9553 del 20 giugno 2017, con la quale la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli ha proceduto alla revoca, in via di autotutela, “dell’aggiudicazione definitiva del Servizio in oggetto, avvenuta con Disposizione del RUP in data 3 marzo 2017 a favore della società Dispositivi Tecniche Metodologie S.r.l., con sede in Torino alla via Giolitti n. 41 – partita Iva 08178810019 – per un importo pari a € 105.300,00”;
– di ogni altro atto preparatorio, presupposto, consequenziale o, comunque, connesso al provvedimento impugnato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte intimata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2017 il dott. Umberto Maiello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il gravame in epigrafe la ricorrente rappresenta che:
– ha partecipato alla procedura di selezione di un operatore economico cui affidare il servizio di assistenza e supporto al monitoraggio e alla rendicontazione di determinati interventi finanziati dal PON FESR Cultura e Sviluppo 2014-2020, indetta dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli (“Soprintendenza”) ed avente quale soggetto beneficiario del servizio il Parco Archeologico dei Campi Flegrei (“Parco Archeologico”);
– Al termine del regolare svolgimento della procedura negoziata, la DTM si è aggiudicata il servizio, così come da comunicazione di aggiudicazione definitiva, trasmessa tramite nota con prot. 3712 del 7 marzo 2017 dalla Soprintendenza alla DTM;
– nelle more della stipula del contratto, in modo del tutto inaspettato, la Soprintendenza ha emanato la determina prot. 9553 del 20 giugno 2017 (qui impugnata) con la quale è stata revocata l’aggiudicazione a favore di DTM;
– tale provvedimento indica quale unica ragione della revoca il fatto che il Parco Archeologico non avesse avviato “alcun procedimento di richiesta di trasferimento di beni e servizi” alla Soprintendenza, in ragione della intervenuta revoca dell’incarico alla propria direttrice ad interim Adele Campanelli (Dirigente anche presso la stessa Soprintendenza).
Avverso tale atto, con il gravame in epigrafe, la ricorrente ha articolato le seguenti censure:
1) violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento ex artt. 7 e ss della legge n. 241/1990;
2) Il provvedimento impugnato risulterebbe evidentemente carente di motivazione che, viceversa, avrebbe dovuto essere “profonda e convincente”. Non verrebbe neppure spiegata e motivata la ragione che ha consentito di ritenere il mancato avvio da parte del Parco Archeologico del “procedimento di richiesta di trasferimento di beni e servizi a questa Soprintendenza” quale fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento;
3) i fatti addotti non giustificherebbero la revoca del servizio. La DTM, infatti, è risultata regolare aggiudicataria di una gara indetta dalla Soprintendenza nella quale è stato indicato quale mero destinatario del servizio il Parco Archeologico. Alcun particolare vincolo o condizione sarebbe stata posta nell’avviso pubblico tale da poter far ritenere sussistente una possibile dipendenza tra il contratto che avrebbe dovuto sorgere a conclusione della procedura negoziata ed i rapporti in essere (anche a livello di governance) tra la Soprintendenza ed il Parco Archeologico. Dalla ricostruzione dei fatti proposta nel provvedimento impugnato emergerebbe come la ragione del presunto mutamento della situazione di fatto, non sarebbe, in concreto, nemmeno il cambio degli accordi esistenti tra la Soprintendenza ed il Parco Archeologico, ma la revoca alla dott.ssa Campanelli “dell’incarico di funzione dirigenziale di livello non generale ad interim di Direttore del Parco Archeologico dei Campi Flegrei”. Tanto più che la dott.ssa Campanelli, originariamente sospesa del proprio incarico dirigenziale ricoperto anche presso la stessa Soprintendenza, risulterebbe riammessa in servizio già lo scorso 2 maggio 2017 mentre presso gli uffici del Parco Archeologico sarebbe operativa, quale nuova Dirigente ad interim, la dott.ssa Anna Imponente;
Da qui, dunque, la pretesa azionata in giudizio volta a conseguire l’annullamento degli atti impugnati.
Resiste in giudizio il Ministero intimato, ancorchè con memoria di stile.
All’udienza del 25.10.2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è fondato e va accolto.
Va, anzitutto, disattesa l’eccezione sollevata, nel corso dell’udienza di trattazione, dall’Avvocatura erariale che ha affermato di non aver ricevuto l’avviso dell’odierna udienza di trattazione.
Sul punto, il Collegio rileva che la fissazione dell’udienza di discussione è avvenuta, in data 1.8.2017, nel rispetto della tempistica prescritta dall’articolo 120 del c.p.a., ed il relativo avviso è stato trasmesso, coerentemente a quanto previsto dall’articolo 71 del c.p.a., alle parti costituite.
L’Amministrazione si è costituita in data 8.8.2017, di talchè era suo onere acquisire contezza dello stato della procedura e, dunque, della (già intervenuta) fissazione dell’udienza di discussione, di cui, peraltro, con la stessa presenza, ha mostrato di essere a conoscenza.
Tanto premesso, e venendo al merito della res iudicanda, va rammentato che la revoca dei provvedimenti amministrativi, disciplinata dall’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, ricade nell’alveo delle cd. prerogative di autotutela decisoria spettanti all’Amministrazione in ragione del permanente dovere di cura dell’interesse pubblico ed è preordinato alla rimozione, con efficacia ex nunc (e, quindi, non retroattiva), di un atto ad efficacia durevole, in esito a una nuova (e diversa) valutazione dell’interesse pubblico alla conservazione .
I presupposti che reggono e giustificano l’atto di ritiro sono codificati dall’art. 21-quinquies e consistono nella sopravvenienza di motivi di interesse pubblico, nel mutamento della situazione di fatto (imprevedibile al momento dell’adozione del provvedimento) e in una rinnovata (e diversa) valutazione dell’interesse pubblico originario (tranne che per i provvedimenti autorizzatori o attributivi di vantaggi economici).
Siffatti presupposti giustificano l’innesco del procedimento di riesame che si conclude con un atto che resta connotato da ampia discrezionalità e che si dispiega nella verifica dell’opportunità del mantenimento dell’assetto di interessi confluito in una precedente statuizione amministrativa.
Ciò nondimeno, i dati ermeneutici evincibili dal valore semantico delle proposizioni letterali compendiate nella disposizione in commento necessitano di essere coordinati, a seguito di una lettura sistemica, con i principi fondanti dell’ordinamento, declinati in coerenza con la sua natura di ordinamento cd. multilivello.
E’ stato efficacemente evidenziato in giurisprudenza che la configurazione normativa del potere di autotutela si presta ad essere criticata, nella misura in cui omette un’adeguata considerazione e un’appropriata protezione delle esigenze, sempre più avvertite come ineludibili, connesse alla tutela del legittimo affidamento (qualificato come "principio fondamentale" dell’Unione Europea dalla stessa Corte di Giustizia UE) ingenerato nel privato danneggiato dalla revoca e all’interesse pubblico alla certezza dei rapporti giuridici costituiti dall’atto originario, nonché, più in generale, alla stabilità dei provvedimenti amministrativi.
E non vale, di per sé, la previsione della debenza di un indennizzo ai privati danneggiati dalla revoca a compensare gli squilibri regolativi sopra segnalati.
Un’esegesi e un’applicazione della disposizione in esame che siano coerenti con i principi generali dell’ordinamento della tutela della buona fede, della lealtà nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione e del buon andamento dell’azione amministrativa (che ne implica, a sua volta, l’imparzialità e la proporzionalità) impongono, allora, la lettura e l’attuazione della norma secondo i canoni stringenti di seguito enunciati: a) la revisione dell’assetto di interessi recato dall’atto originario dev’essere preceduta da un confronto procedimentale con il destinatario dell’atto che si intende revocare; b) non è sufficiente, per legittimare la revoca, un ripensamento tardivo e generico circa la convenienza dell’emanazione dell’atto originario; c) le ragioni addotte a sostegno della revoca devono rivelare la consistenza e l’intensità dell’interesse pubblico che si intende perseguire con il ritiro dell’atto originario; d) la motivazione della revoca dev’essere profonda e convincente, nell’esplicitare, non solo i contenuti della nuova valutazione dell’interesse pubblico, ma anche la sua prevalenza su quello del privato che aveva ricevuto vantaggi dal provvedimento originario a lui favorevole (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 29/11/2016, n. 5026).
Peraltro lo specifico ambito di riferimento qui in rilievo (id est procedure di aggiudicazione di appalti pubblici) ha indotto la giurisprudenza a definire le condizioni del valido esercizio della potestà di autotutela in questione secondo parametri ancora più stringenti.
A fronte, infatti, della nota strutturazione procedimentale della scelta del contraente, la definizione regolare della procedura mediante la selezione di un’offerta (giudicata migliore) conforme alle esigenze della stazione appaltante (per come cristallizzate nella lex specialis) consolida in capo all’impresa aggiudicataria una posizione particolarmente qualificata ed impone, quindi, all’Amministrazione, nell’esercizio del potere di revoca, l’onere di una ponderazione particolarmente rigorosa di tutti gli interessi coinvolti.
Il ritiro di un’aggiudicazione legittima postula, in particolare, la sopravvenienza di ragioni di interesse pubblico (o una rinnovata valutazione di quelle originarie) particolarmente consistenti e preminenti sulle esigenze di tutela del legittimo affidamento ingenerato nell’impresa che ha diligentemente partecipato alla gara, rispettandone le regole e organizzandosi in modo da vincerla, ed esige, quindi, una motivazione particolarmente convincente circa i contenuti e l’esito della necessaria valutazione comparativa dei predetti interessi Resta da chiarire che i canoni di condotta appena precisati restano validi anche per le procedure di aggiudicazione soggette alla disciplina del d.lgs. n. 50 del 2016, nella misura in cui il paradigma legale di riferimento resta, anche per queste ultime, l’art. 21-quinquies l. n. 241 del 1990, e non anche la disciplina speciale dei contratti, che si occupa, infatti, di regolare il recesso e la risoluzione del contratto, e non anche la revoca dell’aggiudicazione degli appalti (ma solo delle concessioni) (cfr. Consiglio di Stato, cit e Cons. St., sez. V, 19 maggio 2016, n. 2095).
Orbene, in applicazione dei suindicati postulati ermeneutici, ritiene il Collegio che la determinazione qui avversata non possa ritenersi coerente con la disciplina di settore.
L’atto di ritiro poggia, invero, su presunto mutamento della situazione di fatto che, nell’economia del provvedimento impugnato, viene qualificata come non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento.
Le novità valorizzate nel corpo del suddetto provvedimento risiederebbero nella sopravvenuta nota del MiBACT DG-MU prot. n. 0002984 del 16.03.2017 con la quale “..il Direttore Generale provvedeva a notificare alla dr.ssa Adele CAMPANELLI, il provvedimento di revoca dell’incarico di funzione dirigenziale di livello non generale ad interim di Direttore del Parco Archeologico dei Campi Flegrei”.
Da tale assunto, secondo quanto esposto nel provvedimento impugnato, ne discendeva che “il Parco Archeologico dei Campi Flegrei non avviava alcun procedimento di richiesta di trasferimento di beni e servizi a questa Soprintendenza, facendo decadere i presupposti che erano alla base del processo di migrazione che era avviato, anche in considerazione della coincidenza delle due Direzione in capo alla Dr.ssa Campanelli, dalla Soprintendenza ABAP — NA —MET a favore del Parco Archeologico dei Campi Flegrei”.
Orbene, rileva il Collegio che resta, anzitutto, del tutto oscuro come possano i mutamenti di contenuto dell’incarico di un singolo dirigente, per giunta reintegrato in servizio con nota della direzione generale prot. 13026 del 2.5.2017, condizionare irrimediabilmente gli assetti organizzativi di uffici pubblici sì da decretarne la paralisi con conseguente impossibilità di assicurare il continuativo esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite.
In disparte la portata assorbente di tale rilievo, vale soggiungere che, nel provvedimento impugnato non vi è traccia di presupposti condizionanti l’efficacia e, dunque, l’affidamento nella piena ed immediata operatività della procedura di gara qui in rilievo sì da far ritenere che la sua potenziale attitudine vincolante resti subordinata al perfezionarsi di prodromici atti o procedure con valenza (in via di mera tesi) pregiudiziale (nella specie richieste di trasferimento di beni e servizi da parte del Parco Archeologico).
Né per converso risulta in qualche modo chiarita l’affermata non prevedibilità della presunta (sopravvenuta) valenza impeditiva della situazione sopra descritta.
L’Amministrazione avrebbe, in definitiva, dovuto rendere esplicite le ragioni organizzative che – indipendentemente dalle vicende personali della dr. Campanelli – siccome connesse a circostanze obiettive non prevedibili né ragionevolmente superabili impedivano di attuare il proprio programma negoziale.
Deve poi evidenziarsi che la parte intimata nemmeno in giudizio si è peritata di fornire i suddetti chiarimenti affidando le proprie difese ad una mera memoria di stile.
Orbene, a fronte di quanto fin qui evidenziato, deve concludersi nel senso che le ragioni su cui riposa il provvedimento impugnato, da un lato, non possono dirsi espressione della sicura verifica dell’inidoneità della prestazione descritta nella lex specialis a soddisfare le esigenze contrattuali che hanno determinato l’avvio della procedura e, dall’altro, non riflettono una sopravvenienza inaspettata contraddistinta da obiettiva valenza impeditiva sì da giustificare il sacrificio degli interessi medio tempore consolidatisi in capo alla aggiudicataria.
D’altro canto, sotto tale ultimo profilo, deve soggiungersi, ad ulteriore riprova della illegittimità dell’atto impugnato, che è del tutto mancata la fase, ineludibile, del confronto procedimentale con l’aggiudicataria definitiva.
Secondo giurisprudenza pacifica, l’Amministrazione, quando intenda procedere al riesame in autotutela del provvedimento di aggiudicazione definitiva, con il quale sia stato concluso il procedimento di affidamento di un contratto pubblico o di una concessione, deve adempiere alla prescrizione imposta dall’art. 7 della legge n. 241/1990 (cfr., ex multis, T.A.R. Milano, (Lombardia), sez. I, 08/06/2016, n. 1142; C.d.S., Sez. V, n. 5925/2007; T.A.R. Sardegna, Sez. I, n. 1721/2008), provvedendo alla comunicazione dell’avvio del procedimento nei confronti dell’aggiudicatario la cui sfera giuridica potrebbe essere incisa dagli effetti sfavorevoli derivanti dall’adozione dell’atto di revoca e ciò in quanto, in ipotesi di ritiro in autotutela dell’aggiudicazione definitiva, l’obbligatorietà della preventiva comunicazione nei confronti dell’impresa aggiudicataria consegue alla titolarità, in capo a quest’ultima, di una posizione giuridica qualificata, la quale consente ad essa di poter interloquire con l’Amministrazione, rappresentando fatti e prospettando osservazioni e valutazioni finalizzate alla migliore individuazione dell’interesse pubblico, concreto ed attuale, alla cui unica cura deve essere indirizzata l’azione amministrativa, e a un’adeguata ponderazione dello stesso con quello privato.
In definitiva la domanda è fondata e va accolta, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Condanna l’Amministrazione intimata al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in favore della parte ricorrente in € 3.000, oltre accessori di legge, se dovuti, nonché al rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Anna Pappalardo, Presidente
Umberto Maiello, Consigliere, Estensore
Luca Cestaro, Consigliere
L’ESTENSORE
Umberto Maiello
IL PRESIDENTE
Anna Pappalardo
IL SEGRETARIO