Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 1940 | Data di udienza: 3 Aprile 2014

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Annullamento del titolo edilizio – Art. 38 d.P.R. n. 380/2001 – Disciplina sanzionatoria – Sanzione pecuniaria in sostituzione della restituzione in pristino – Nozione di “impossibilità”.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 4 Aprile 2014
Numero: 1940
Data di udienza: 3 Aprile 2014
Presidente: Nunziata
Estensore: Nunziata


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Annullamento del titolo edilizio – Art. 38 d.P.R. n. 380/2001 – Disciplina sanzionatoria – Sanzione pecuniaria in sostituzione della restituzione in pristino – Nozione di “impossibilità”.



Massima

 

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 2^ – 4 aprile 2014, n. 1940


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Annullamento del titolo edilizio – Art. 38 d.P.R. n. 380/2001 – Disciplina sanzionatoria – Sanzione pecuniaria in sostituzione della restituzione in pristino – Nozione di “impossibilità”.

L’art. 38 del d.P.R. n. 380/2001 ha introdotto, per i casi di annullamento del titolo edilizio, una disciplina sanzionatoria complessivamente più mite rispetto a quella prevista per le ipotesi di opere realizzate in assenza, in totale difformità o con variazioni essenziali rispetto al titolo originario (cfr. artt. 31 e 34 del Testo Unico dell’edilizia); la peculiarità dell’art. 38 è giustificata essenzialmente dalla necessità di tutela dell’affidamento del soggetto che ha edificato in conformità ad un titolo rivelatosi poi illegittimo. Certamente, atteso l’evidente interesse pubblico alla rimozione delle opere abusive, la demolizione può apparire, anche in caso di annullamento giurisdizionale di un titolo edilizio per vizi sostanziali, quale conseguenza per così dire ordinaria; tuttavia lo stesso art. 38 ammette che, seppure con una <<motivata valutazione>>, alla restituzione in pristino si sostituisca la sanzione pecuniaria. Tale sostituzione presuppone, sempre secondo la norma citata, che la demolizione <<non sia possibile>>. La corretta interpretazione della citata nozione legislativa di “impossibilità” non può arrestarsi ai meri aspetti tecnici tecnica, potendo anche trovare considerazione ragioni di equità o al limite di opportunità.( Consiglio di Stato, sez. IV, 17.5.2012, n. 2852, TAR Puglia, Bari, sez. III, 13.1.2012, n. 187)

Pres. f.f. ed Est. Nunziata – A.S. e altro (avv.ti D’Onofrio e Rispoli) c. Comune di Striano (avv. Sagliocco)


Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 2^ – 4 aprile 2014, n. 1940

SENTENZA

 

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 2^ – 4 aprile 2014, n. 1940

N. 01940/2014 REG.PROV.COLL.
N. 05004/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5004 del 2011 proposto dai Sigg. Antonio Santorelli e Ginevra Annunziata, rappresentati e difesi dagli avv.ti Angelo D’Onofrio e Luigi Rispoli e con gli stessi elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Napoli, al Corso Vittorio Emanuele n. 2;

contro

Comune di Striano in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Alfredo Sagliocco presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Napoli, alla Via Cintia n. 41;

nei confronti di

Pasquale Oreste, rappresentato e difeso dagli avvocati Edgardo Silvestro e Giuseppe Velotti presso i quali elettivamente domicilia in Napoli, alla via dei Mille n. 40;
Gabriele Gammella, Aniello Ramino, Anella Robustelli, Ciro Gammella, Franca Gammella e Emilia Gammella, non costituiti:

per l’esecuzione

del giudicato formatosi sulla sentenza di questo Tribunale n.8313/2009, confermata dal Consiglio di Stato, IV Sezione, n.7310/2010, nonché – attraverso motivi aggiunti – per la declaratoria della nullità ovvero per l’annullamento – previa adozione di misure cautelari – del provvedimento prot. n. 10135 del 26 ottobre 2012, adottato in data 26 ottobre 2012, del Responsabile del Servizio Urbanistica del Comune di Striano; del provvedimento prot. n. 11964 del 21 dicembre 2012, adottato in data 3 dicembre 2012, del Responsabile del Servizio Urbanistica del Comune di Striano; di ogni altro atto preordinato, presupposto, connesso, collegato e conseguente, ancorché non noto ai ricorrenti, ivi compresi quelli richiamati nei provvedimenti impugnati.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Strano e del sig. Pasquale Oreste;
Viste le memorie difensive;
Vista l’ordinanza di questo Tribunale n.6078 del 2011 di incombenti istruttori;
Vista l’ordinanza di questo Tribunale n.2089 del 2013 di disposizione di CTU;
Vista l’ordinanza di questo Tribunale n.2996 del 2013 di liquidazione del compenso;
Vista la relazione di CTU depositata il 2/10/2013;
Visti gli atti tutti di causa;

Designato relatore il Consigliere Gabriele Nunziata alla udienza pubblica del 3 aprile 2014, ed ivi uditi l’avv. Luigi Rispoli e l’avv. Giuseppe Velotti;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con il ricorso introduttivo del presente giudizio è stata chiesta l’esecuzione della sentenza di questa Sezione n. 8313/2009 (confermata in appello dal Consiglio di Stato con la sentenza della Sezione Quarta n. 7310/2010), con la quale – sinteticamente – si affermava che il fabbricato di proprietà dei controinteressati poteva essere ricostruito <<ma nei limiti volumetrici della precedente struttura demolita e con il rispetto delle disposizioni sulle distanze dai confini dei fabbricati>>, e quindi erano stati annullati l’autorizzazione edilizia n. 5443 del 3 ottobre 1994 ed il permesso di costruire n. 33 del 18 agosto 2008 (con i quali era stata assentita, in relazione al fabbricato in questione, la realizzazione di nuovi volumi); a parere dei ricorrenti l’esecuzione integrale della suddetta sentenza imporrebbe il <<ripristino dello status quo ante, con la demolizione del fabbricato illegittimo, in quanto definitivamente privo di titolo abilitativo>>. Con motivi aggiunti sono stati impugnati i provvedimenti in epigrafe indicati con i quali è stata accolta, relativamente al fabbricato oggetto di causa, l’istanza del signor Pasquale Oreste di applicazione della sanzione pecuniaria di cui all’art.38 del D.P.R. n. 380/2001 (nella misura indicata dall’Agenzia del Territorio pari ad € 110.250,00); con i suddetti provvedimenti l’amministrazione comunale ha sostanzialmente ritenuto che la demolizione della porzione di fabbricato divenuta illegittima (per effetto dell’annullamento giurisdizionale dei relativi titoli edilizi) potesse pregiudicare la restante parte, mentre a parere dei ricorrenti tali provvedimenti sarebbero in primo luogo nulli per violazione od elusione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 8313/2009 (che non consentirebbe diverse valutazioni rispetto a quella della riduzione in pristino) ed in secondo luogo illegittimi sotto vari profili (sostanzialmente perché non sarebbero stati effettuati accertamenti effettivi sulla individuazione della parte di fabbricato da demolire e sulle affermate conseguenze pregiudizievoli).

Il Comune di Striano ed il signor Pasquale Oreste si sono costituiti in giudizio, contestando l’ammissibilità e la fondatezza del ricorso e dei motivi aggiunti e chiedendone la reiezione; nel merito il Comune ha richiamato i propri atti istruttori (da cui emergerebbero sia le conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla parziale demolizione sulle altre parti del fabbricato, sia l’insussistenza della dedotta violazione delle distanze legali), mentre il controinteressato ha prodotto relazione tecnica a firma dell’architetto Giuseppe Ottello di Poggiomarino (recante analoghe considerazioni e conclusioni).

La Sezione, ritenuto che il presente giudizio dovesse essere trattato con il rito ordinario, stante sia l’espressa configurazione dei motivi aggiunti come autonoma impugnazione (contenuta nell’epigrafe degli stessi), sia la possibilità della conversione riconosciuta dalla giurisprudenza nell’ipotesi in cui – come nella specie – sussistano tutti i presupposti del ricorso ordinario (cfr. C.d.S., Sez. V, 18 febbraio 2011, n. 1054; cfr., altresì, C.d.S., Ad. Plen., 15 gennaio 2013, n. 2), in relazione all’evidenziato contrasto sussistente tra le parti in ordine ai suindicati – rilevanti – aspetti fattuali, ha disposto verificazione al fine di accertare (sia mediante esame dell’intera documentazione agli atti, sia mediante esame diretto dello stato dei luoghi, sia mediante qualsiasi altra indagine che si rendesse necessaria presso i competenti uffici) le seguenti circostanze:

1) quale sia l’esatta porzione del fabbricato in questione realizzata in esecuzione dei titoli edilizi annullati da questo Tribunale con la sentenza n. 8313/2009 (autorizzazione edilizia n. 5443 del 3 ottobre 1994 e permesso di costruire n. 33 del 18 agosto 2008);

2) quale sia l’esatta distanza dal confine di tale parte del fabbricato;

3) se la demolizione della suddetta porzione di fabbricato divenuta illegittima possa arrecare pregiudizio alla statica della residua parte del fabbricato medesimo;

4) ogni altra circostanza eventualmente ritenuta utile, pertinente all’oggetto del presente giudizio.

Successivamente è stata depositata la relazione di consulenza tecnica.

Alla udienza pubblica del 3 aprile 2014 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione come da verbale.

DIRITTO

1. Con il ricorso in esame parte ricorrente deduce la mancata esecuzione della sentenza in epigrafe e la nullità per violazione od elusione del giudicato dei provvedimenti quali impugnati a mezzo di motivi aggiunti.

2. Nella fattispecie il Tribunale ritiene, in ordine all’evidenziato contrasto sussistente tra le parti in ordine a rilevanti aspetti fattuali, di prendere atto di quanto rassegnato nella relazione di CTU, dalle cui conclusioni non sussistono motivi per discostarsi ai fini della reiezione del ricorso e dei relativi motivi aggiunti.

2.1 In particolare la distanza della parete continua posta a nord della nuova costruzione come realizzata a piano terra è di m.5,96 dalla linea esterna del muro di confine; sempre al piano terra ed alla distanza di m.5,00 sono stati realizzati pilastri che contribuiscono al sostegno dell’impalcato superiore come rappresentato da una balconata posta a m.3,53 dal confine.

Resta il dato che l’edificio ha subito sostanziali mutamenti architettonici e strutturali e la sopraelevazione in cemento armato costituisce un organismo unitario con il resto della costruzione, laddove la demolizione del primo piano procurerebbe un turbamento delle condizioni statiche attuali e le variazioni del carico normale sulle sottostanti strutture dovrebbero essere valutate in rapporto all’intero organismo; in ogni caso le strutture continue che collegano la parte realizzata in cemento armato e quelle già esistenti in muratura non possono essere interrotte, mentre le sollecitazioni flettenti nel resto dell’impalcato aumenterebbero sì da non essere verificabili ai vari stati limite.

2.2 In definitiva l’edificio, dopo un’eventuale demolizione, presenterebbe un profilo altimetrico non più uniforme e durante l’oscillazione sismica aumenterebbe il surplus di masse eccentriche rispetto al centro di taglio del sistema, ragion per cui, a causa dei rimaneggiamenti delle altre strutture aventi carattere di complementarietà, verrebbe pregiudicato l’equilibrio statico delle strutture conservate.

3. Con tali premesse deve essere esclusa sia la mancata esecuzione del giudicato in questione, sia la elusione del giudicato quale lamentata a seguito degli atti adottati ed oggetto di impugnativa a mezzo di motivi aggiunti; effettivamente l’operato dell’Amministrazione è risultato rispettoso dei presupposti di legge, proprio perché la demolizione effettivamente avrebbe conseguenze negative su porzioni di immobili di diversa proprietà. Conseguentemente la determinazione di irrogare la sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria è stata adottata conformemente alla norma che detta una specifica disciplina per il caso di costruzioni realizzate sulla base di un permesso di costruire ritualmente rilasciato e successivamente annullato e ricalca, quanto al proprio contenuto, l’abrogato art.11 della Legge n.47/1985, mentre il previgente art. 13, comma 3°, della Legge n.765/1967 (c.d. legge ponte) dettava, per il caso suindicato, una normativa diversa.

3.1 In particolare, ai sensi del citato art. 38, comma 1°, in caso di annullamento del titolo edilizio, occorre in primo luogo procedere alla rimozione dei vizi delle procedure amministrative (se l’annullamento è dovuto a vizi procedimentali nel rilascio), oppure alla riduzione in pristino, in caso di annullamento per vizi sostanziali. In caso di impossibilità di rimozione dei vizi o di riduzione in pristino, è prevista l’applicazione di una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o delle loro parti eseguite abusivamente, valore valutato dall’Agenzia del Territorio.

In tal caso, la corresponsione integrale della sanzione pecuniaria produce gli stessi effetti del permesso in sanatoria dell’art. 36 del DPR 380/2001 (così il comma 2° dell’art. 38).

3.2 Ora nessun dubbio può nutrirsi in ordine alla circostanza che l’art. 38 abbia introdotto, per i casi di annullamento del titolo edilizio, una disciplina sanzionatoria complessivamente più mite rispetto a quella prevista ad esempio per le ipotesi di opere realizzate in assenza, in totale difformità o con variazioni essenziali rispetto al titolo originario (cfr. art. 31 del Testo Unico dell’edilizia), per le quali è prevista la sola sanzione della demolizione, potendosi applicare eccezionalmente la sanzione pecuniaria, in luogo di quella demolitoria, per i soli interventi in difformità parziale – ma non totale – rispetto al permesso di costruire (cfr. art. 34 del Testo Unico dell’edilizia); la peculiarità dell’art. 38 è giustificata essenzialmente dalla necessità di tutela dell’affidamento del soggetto che ha edificato in conformità ad un titolo rivelatosi poi illegittimo. Certamente, atteso l’evidente interesse pubblico alla rimozione delle opere abusive, la demolizione può apparire, anche in caso di annullamento giurisdizionale di un titolo edilizio per vizi sostanziali, quale conseguenza per così dire ordinaria; tuttavia lo stesso art. 38 ammette che, seppure con una <<motivata valutazione>>, alla restituzione in pristino si sostituisca la sanzione pecuniaria.

Tale sostituzione presuppone, sempre secondo la norma citata, che la demolizione <<non sia possibile>>. La corretta interpretazione della citata nozione legislativa di “impossibilità” ha dato luogo a dibattiti in giurisprudenza e dottrina; per parte di quest’ultima, peraltro, l’individuazione dei casi di impossibilità non può arrestarsi alla mera impossibilità (o grave difficoltà), tecnica, potendo anche trovare considerazione ragioni di equità o al limite di opportunità. La più recente giurisprudenza amministrativa non pare in contrasto con tale orientamento; si vedano ad esempio sul punto:

– Consiglio di Stato, sez. IV, 17.5.2012, n. 2852, per il quale: <<Non vi è certamente dubbio che, sulla base del disposto dell’art. 38, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 ed in relazione alla giurisprudenza dominante (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 16 marzo 2010, n. 1535), nel caso di opere realizzate sulla base di titolo annullato, la loro demolizione deve essere considerata quale extrema ratio, privilegiando, ogni volta che ciò sia possibile, la riedizione del permesso di costruire emendato dai vizi riscontrati>>;

– TAR Puglia, Bari, sez. III, 13.1.2012, n. 187: << (…) il citato art. 38 rappresenta “speciale norma di favore” (sul punto questa Sezione, 14 febbraio 2011, n. 932) che differenzia sensibilmente la posizione di colui che abbia realizzato l’opera abusiva sulla base di titolo annullato rispetto a coloro che hanno realizzato opere parimenti abusive senza alcun titolo (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 23 aprile 2008, n. 4), tutelando l’affidamento del privato a poter conservare l’opera realizzata. In tale ambito, a seguito di annullamento giurisdizionale di titolo abilitativo edilizio – secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi – l’Amministrazione non può dirsi vincolata ad adottare misure ripristinatorie, dovendo anzi tale scelta tipicamente discrezionale essere adeguatamente motivata (T.A.R. Abruzzo Pescara sez I 11 marzo 2008 n. 157, Consiglio di Stato sez IV 16 marzo 2010, n. 1535) quale “extrema ratio” (Consiglio di Stato sez IV 16 marzo 2010, n. 1535) privilegiando ogni volta che ciò sia possibile, la riedizione del permesso di costruire emendato dai vizi riscontrati (Consiglio di Stato sez IV 10 aprile 2008 n. 1546) >>.

3.3 Il quadro normativo e giurisprudenziale sopra riportato deve essere tenuto in considerazione ai fini della soluzione della presente controversia, tanto più che costituisce jus receptum, condiviso dal Collegio, il principio per cui, nell’ipotesi in cui il permesso di costruire sia stato annullato in sede giurisdizionale a causa di vizi emendabili e, quindi, fuori dei casi di divieto assoluto di edificazione, l’effetto conformativo, che discende dal decisum di annullamento, non comporta affatto per il Comune l’obbligo sempre e comunque di disporre la demolizione di quanto realizzato sulla base del titolo annullato, ma è circoscritto al divieto, in caso di adozione di un nuovo titolo edilizio, di riprodurre i medesimi vizi (formali o sostanziali che siano) che detto titolo avevano connotato. La scelta del Comune di Striano di non procedere alla demolizione della costruzione, pur a fronte dell’intervenuto annullamento del titolo, non appare né illogica né sfornita di motivazione, ove si consideri – come evidenziato in sede di relazione di CTU – che l’edificio, dopo un’eventuale demolizione, presenterebbe un profilo altimetrico non più uniforme e durante l’oscillazione sismica aumenterebbe il surplus di masse eccentriche rispetto al centro di taglio del sistema, ragion per cui, a causa dei rimaneggiamenti delle altre strutture aventi carattere di complementarietà, verrebbe pregiudicato l’equilibrio statico delle strutture conservate.

4. Per tali motivi il ricorso, come proposto anche attraverso motivi aggiunti, deve essere rigettato.

Sussistono ex artt.26, comma 1, c.p.a. e 92, comma 2, c.p.c. gravi ed eccezionali motivi – legati alla particolarità della vicenda e delle questioni trattate – per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto anche attraverso motivi aggiunti, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

La sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del giorno 3/4/2014 con l’intervento dei magistrati:

Gabriele Nunziata, Presidente FF, Estensore
Francesco Guarracino, Consigliere
Brunella Bruno, Primo Referendario

IL PRESIDENTE, ESTENSORE       
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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