* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Art. 222 R.D. n. 1265/1934 – Dichiarazione di inabitabilità e ordine di sgombero – Uso abitativo, anche di fatto – Fabbricato a destinazione produttiva – Ordinanza contingibile e urgente diretta a dichiararne l’inagibilità – Possibilità di fare ricorso ai mezzi previsti in via ordinaria dall’ordinamento – Illegittimità – Art. 54 d.lgs. n. 267/2000 – Ordinanza contingibile e urgente adottata al fine di demolire costruzioni assentite – Rimedi di carattere ordinario – Esercizio dei poteri di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Campania
Città: Salerno
Data di pubblicazione: 19 Settembre 2016
Numero: 2182
Data di udienza: 5 Luglio 2016
Presidente: Urbano
Estensore: Severini
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Art. 222 R.D. n. 1265/1934 – Dichiarazione di inabitabilità e ordine di sgombero – Uso abitativo, anche di fatto – Fabbricato a destinazione produttiva – Ordinanza contingibile e urgente diretta a dichiararne l’inagibilità – Possibilità di fare ricorso ai mezzi previsti in via ordinaria dall’ordinamento – Illegittimità – Art. 54 d.lgs. n. 267/2000 – Ordinanza contingibile e urgente adottata al fine di demolire costruzioni assentite – Rimedi di carattere ordinario – Esercizio dei poteri di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia.
Massima
TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 1^ – 19 settembre 2016, n. 2182
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Art. 222 R.D. n. 1265/1934 – Dichiarazione di inabitabilità e ordine di sgombero – Uso abitativo, anche di fatto.
La norma di cui all’art. 222 R. D. n. 1265/1934, in forza del quale il Sindaco può dichiarare inabitabile una casa o parte di essa per ragioni igieniche e ordinarne lo sgombero, non è da considerarsi confinata ai soli edifici ab origine destinati all’uso abitativo, ma estesa a qualsiasi edificio o manufatto cui sia stata impressa quella destinazione, anche di fatto; la previsione della possibilità di avvalersi di poteri tipicizzati, ancorché d’urgenza, come quelli di cui al citato art. 222 esclude, dunque, la legittimità del ricorso ai poteri atipici e sussidiari disciplinati dall’art. 54 comma 2 T. U. E. L. (T. A. R.PUGLIA, Bari, sez. III, 19/03/2014, n. 360).
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Fabbricato a destinazione produttiva – Ordinanza contingibile e urgente diretta a dichiararne l’inagibilità – Possibilità di fare ricorso ai mezzi previsti in via ordinaria dall’ordinamento – Illegittimità.
E’ illegittima un’ordinanza contingibile e urgente diretta a dichiarare l’inagibilità, a tutela dell’incolumità pubblica, di un fabbricato a destinazione produttiva, qualora esista la possibilità di far fronte alla situazione di pericolo con i mezzi previsti in via ordinaria dall’ordinamento (mediante intervento sull’atto che aveva autorizzato l’esercizio di un’attività insalubre nel centro abitato); in ogni caso, il Comune è comunque tenuto ad individuare con chiarezza le deficienze riscontrate, tali da generare una situazione di pericolo (T.A.R. PIEMONTE, n. 3263/2007).
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Art. 54 d.lgs. n. 267/2000 – Ordinanza contingibile e urgente adottata al fine di demolire costruzioni assentite – Rimedi di carattere ordinario – Esercizio dei poteri di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia.
Ai sensi dell’art. 54 comma 2 d. lg. 18 agosto 2000 n. 267, è illegittima l’ordinanza contingibile e urgente adottata dal sindaco nella veste di ufficiale di governo per demolire balconi da tempo assentiti e costruiti, considerato che il relativo potere è esercitabile solo quando si tratti di affrontare situazioni, di carattere eccezionale ed impreviste, costituenti concreta minaccia per la pubblica incolumità, per le quali sia impossibile utilizzare i normali mezzi apprestati dall’ordinamento giuridico, requisiti che non ricorrono quando il comune può adottare rimedi di carattere ordinario nell’esercizio dei poteri di vigilanza sull’attività urbanistico – edilizia (Consiglio di Stato, Sez. IV, 24/03/2006, n. 1537).
Pres. Urbano, Est. Severini – I. s.a.s. (avv.ti Perongini e Merola) c. Comune di Bagnoli Irpino (avv. Tartaglia) e Ministero dell’Interno (Avv. Stato)
Allegato
Titolo Completo
TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 1^ - 19 settembre 2016, n. 2182SENTENZA
TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 1^ – 19 settembre 2016, n. 2182
Pubblicato il 19/09/2016
N. 02182/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01845/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso, numero di registro generale 1845 del 2015, proposto da:
Società Ing. Marzio Giannoni & C. s. a. s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv. Marino Perongini C. F. PRNMRN66S26G793G e Brunella Merola C. F. MRLBNL75L59H703Y, con domicilio eletto, in Salerno, alla via Domenico Coda, 8;
contro
Comune di Bagnoli Irpino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Rosa Tartaglia C. F. TRTRSO67S61A566G, con domicilio eletto, in Salerno, Largo San Tommaso d’Aquino, 3, presso la Segreteria del T. A. R. Salerno;
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliato per legge in Salerno, al Corso Vittorio Emanuele, 58;
per l’annullamento
a) dell’ordinanza n. 21 del 5.08.2015, notificata 1’11.08.2015, emessa dal Sindaco del Comune di Bagnoli Irpino, avente a oggetto: “R. D. n. 1265 del 27.07.1934, d. P. R. 380/2001. Dichiarazione di inagibilità e ordinanza di sgombero e demolizione del locale sito alla località Laceno nel parcheggio antistante le seggiovie denominato deposito del sale, censito al N. C. E. U. di Avellino con il foglio n. 24 map. 267. Ditta soc. Ing. Marzio Giannoni & C. s. a. s. con sede in Bagnoli Irpino alla via Serroncelli”, con la quale veniva dichiarata l’inagibilità del locale e ordinato lo sgombero ad horas delle cose presenti nel locale medesimo e la demolizione dell’intero immobile, entro dieci giorni dalla ricezione della ordinanza stessa, al fine di evitare pericoli per la pubblica e privata incolumità nonché problemi di carattere igienico – sanitario;
b) d’ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ove lesivo degli interessi della ricorrente, ivi compreso il verbale di sopralluogo in data 14.06.2015, con relative comunicazioni, redatto dal Comandante della Polizia Municipale (mai conosciuto);
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bagnoli Irpino e del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 5 luglio 2016, il dott. Paolo Severini;
Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue;
FATTO
La società ricorrente, titolare e gestore d’un impianto di risalita nel Comune di Bagnoli Irpino, loc. Laceno (oggetto di un’annosa controversia, ancora pendente, con il Comune, che rivendica la titolarità e la gestione della stressa struttura), premesso che, nel parcheggio antistante le seggiovie, era proprietaria di un manufatto (in parte in legno e in parte in muratura), adibito al deposito del sale, la cui realizzazione era stata regolarmente assentita con concessione edilizia n. 113 del 2.05.1989, adibito a una funzione strategica per l’impianto (deposito del sale, necessario per fronteggiare eventuali gelate dell’area del parcheggio e scongiurare il conseguente pericolo per la pubblica e privata incolumità, atteso che la mancanza del sale impedirebbe d’intervenire, in caso di gelate, per ripristinare la funzionalità del parcheggio e, quindi, di poter utilizzare l’impianto di risalita), segnalava che, nel mese di giugno, l’impianto era stato oggetto, in tre punti diversi, di manomissioni dolose volte a pregiudicarne la funzionalità, una delle quali aveva interessato proprio il manufatto adibito a deposito del sale, nel senso che una parete esterna in muratura, che rivestiva per non più di un metro di altezza il manufatto in legno, era stata parzialmente demolita; e che, dopo aver presentato denuncia ai Carabinieri, era intervenuta, prima, mettendo in sicurezza il manufatto, ricostruendo la parte in legno della parete danneggiata, supportandola con pali di legno e, successivamente, recintando l’intera area, come risultava da perizia allegata; segnalava, altresì, che in data 14.06.2015, il Comando di polizia municipale, all’esito di sopralluogo, relazionava al Sindaco, per quanto era dato desumere dal provvedimento impugnato, evidenziando che “il locale situato nel parcheggio antistante la presenza delle seggiovie, utilizzato come deposito del sale, riportato in catasto al foglio 24, partita n. 267, risulta completamente danneggiato, costituendo pericolo per la pubblica e privata incolumità, anche di ordine sanitario, in quanto la presenza del sale attira i bovini presenti nelle vicinanze che per cibarsi stazionano nel parcheggio lasciando escrementi” (cfr. verbale di sopralluogo, mai conosciuto perché mai comunicato); e lamentava che, del tutto inaspettatamente, in data 5.08.2015, dopo circa due mesi dal sopralluogo dei vigili municipali, e dopo che era stato messo in sicurezza il manufatto, il Comune aveva emanato l’ordinanza n. 21, notificata 1’11.08.2015, nella quale era stata dichiarata l’inagibilità del locale, ne veniva disposto in via cautelare lo sgombero e ne veniva ordinata la demolizione entro i successivi dieci giorni, al fine presunto di evitare pericoli per la pubblica e privata incolumità, nonché problemi di carattere igienico sanitario; tanto premesso, avverso tale ordinanza articolava i seguenti motivi di ricorso:
1) Violazione e falsa applicazione di legge, eccesso di potere per contrasto con gli artt. 50 e 54 d. l.vo 267/2000, con l’art. 26 d. P. R. 380/2001, con l’art. 222 R. D. 1265/1934, con gli artt. 2 e 3 1. 241/1990, per difetto di istruttoria, per travisamento dei fatti, per carenza dei presupposti, per violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza, per sviamento di potere dalla sua causa tipica, per atipicità, per irragionevolezza, per difetto di motivazione, carente, contraddittoria, perplessa e dubbiosa:
a) Difetto di istruttoria e travisamento dei fatti sul “completo danneggiamento” del manufatto: l’ordinanza del 5.08.2015 si basava su un sopralluogo effettuato due mesi prima, dalla polizia municipale, e in essa s’assumeva che il manufatto “risulta completamente danneggiato”, circostanza insussistente, posto che lo stesso è dotato di pareti perimetrali ed è coperto da un tetto, tutto in perfetto stato, è circondato su tre lati da muretti perimetrali, uno solo dei quali era stato parzialmente danneggiato, senza pregiudizio per la statica del manufatto in legno (cfr. perizia in atti);
b) Difetto di istruttoria e travisamento dei fatti sullo stato di pericolo e sulla sua perdurante attualità: non v’era alcuna perdurante attualità del presunto stato di pericolo, atteso che le modeste dimensioni del manufatto, unitamente alla considerazione che solo una porzione minima del muretto perimetrale (anch’essa di dimensioni contenute) era stata oggetto di manomissione, escludevano che potesse esserci un pericolo imminente per la collettività pubblica; inoltre il Sindaco s’era basato su un accertamento condotto ben due mesi prima, rappresentativo di uno stato di fatto non più corrispondente alla situazione esistente al momento dell’emanazione dell’ordinanza; inoltre la ricorrente, nelle more, aveva effettuato interventi di messa in sicurezza e di recinzione dell’area;
c) Mancanza dei presupposti del potere d’ordinanza: il provvedimento faceva espresso riferimento all’art. 54 T. U. E. L., di cui mancavano peraltro tutti i presupposti; (ciò valeva anche se si fosse ritenuto che il provvedimento in questione avesse erroneamente fatto riferimento all’art. 54 T. U. E. L., in realtà volendo fondarsi sull’art. 50 dello stesso T. U.; l’amministrazione, nell’emanare l’ordinanza contingibile e urgente, ai sensi dell’art. 54 (o comunque dell’art. 50) T. U. E. L., aveva esercitato un potere atipico e residuale, il cui presupposto era costituito dal pericolo per l’incolumità pubblica, dotato del carattere di eccezionalità, tale da rendere indispensabili interventi immediati e indilazionabili, consistenti nell’imposizione di obblighi di fare o non fare, a carico del privato, a condizione della temporaneità dei loro effetti; le ordinanze in questione sono finalizzate a eliminare “gravi pericoli a livello locale che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”, definita, dal decreto del Ministero dell’Interno 5.08.2008, come bene pubblico da tutelare in ambito locale, attraverso attività poste a difesa del rispetto delle norme che regolano la convivenza civile al fine di migliorare le condizioni di vivibilità dei centri urbani, la convivenza civile, e la coesione sociale; ma nella specie, non ricorrevano i presupposti della tutela dell’incolumità pubblica e della sicurezza urbana, posto che le dimensioni modeste del manufatto e la funzione di deposito del sale, al quale lo stesso era adibito, escludevano che potesse ricorrere una condizione di pericolo per la pubblica incolumità, sia pur in presenza di una condizione di precarietà del manufatto; né erano fenomeni di compromissione della sicurezza urbana;
d) Illegittimità derivanti dalla mancanza di un termine di validità della ordinanza e dalla natura permanente della misura adottata: l’ordinanza violava le norme succitate, essendo priva del termine di validità, configurandosi quindi come un provvedimento definitivo, ad efficacia permanente, e non come una misura straordinaria, eccezionale e temporanea; inoltre, la stessa disponeva la demolizione del manufatto, ovvero adottava una misura di natura definitiva e non una misura provvisoria, come sarebbe stato connaturale all’esercizio di un potere eccezionale, contingibile e urgente;
e) Mancato invio al Prefetto: l’art. 54, quarto comma, T. U. E. L., stabilisce che il Sindaco, quando agisce quale ufficiale di governo, al fine di prevenire o eliminare gravi pericoli che minacciano la incolumità pubblica e la sicurezza urbana, deve comunicare preventivamente al Prefetto gli adottandi provvedimenti; nella specie, il Sindaco aveva omesso d’effettuare le dovute comunicazioni al Prefetto, sia in via preventiva, sia successivamente alla adozione dell’ordinanza;
f) Sproporzione, inadeguatezza, fra i fatti ritenuti in premessa nell’ordinanza e la misura adottata: la misura dello sgombero ad horas e della demolizione non trovava giustificazione nei fatti, assunti a fondamento dell’ordinanza; i problemi evidenziati dall’Amministrazione erano suscettibili d’essere risolti sulla base di un modesto intervento di rifacimento del piccolo muretto perimetrale, dolosamente demolito, e, in ogni caso, erano stati eliminati, nelle more, dalla ricorrente; era violato il principio di proporzionalità, venendo irrogata una sanzione non necessaria ed eccessiva, inadeguata rispetto alla situazione da fronteggiare, tra l’altro neppure causata dalla società ricorrente, la quale era anzi intervenuta, subito dopo il verificarsi dell’evento, con una serie d’interventi volti a eliminare ogni ipotetica situazione di disagio, ricostruendo la struttura in legno del manufatto, puntellandola in maniera adeguata, eliminando ogni situazione di pericolo e, nel contempo, recintando l’area circostante, al fine d’eliminare eventuali problematiche di carattere igienico; né tampoco la ricorrente era responsabile dei presunti inconvenienti igienici derivanti dalla presenza di bovini, comunque da risolversi a cura dei proprietari del bestiame; del resto lo stesso Comune aveva emanato, contestualmente, l’ordinanza n. 19 del 3.08.2015, con la quale aveva ordinato ai guardiani di armenti e greggi di non occupare le strade della loc. Laceno e aveva vietato di lasciar vagare qualsiasi animale lungo le strade e le aree verdi, nella stessa zona;
g) Difetto di motivazione: la misura adottata era giustificata con il riferimento indistinto sia a una condizione di inagibilità del manufatto, sia a ragioni igieniche, sia a ragioni di incolumità pubblica e sicurezza urbana; la molteplicità delle argomentazioni addotte dall’Amministrazione, piuttosto che rafforzare l’impianto motivazionale del provvedimento, denotava l’assenza di una reale, valida e decisiva ragione; in ogni caso, l’ordine di demolizione avrebbe dovuto essere preceduto dalla revoca della concessione edilizia, a suo tempo rilasciata;
2) Violazione e falsa applicazione di legge, eccesso di potere per contrasto con l’art. 26 d. P. R. 380/2001 e con l’art. 222 R. D. 1265/1934 e con gli artt. 2 e 3 l. 241/1990, per difetto di istruttoria, per travisamento dei fatti, per carenza dei presupposti, per violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza, per sviamento di potere dalla sua causa tipica, per atipicità, per irragionevolezza, per difetto di motivazione, carente, contraddittoria, perplessa e dubbiosa: a fondamento del potere esercitato, l’Amministrazione richiamava altresì, confusamente e impropriamente, le altre disposizioni rubricate, la prima delle quali (art. 222) prevede: “Il podestà, sentito l’ufficiale sanitario, o su richiesta del medico provinciale, può dichiarare inabitabile una casa o parte di essa per ragioni igieniche o ordinarne lo sgombero”, mentre la seconda (art. 26) dispone: “Il rilascio del certificato di agibilità non impedisce l’esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità di un edificio e di parte di esso ai sensi dell’art. 222 del r. d. 27.07.1934, n. 1265”; ma nella specie, il manufatto oggetto della dichiarazione d’inagibilità non era un’abitazione, non essendo destinata a ospitare persone, ma era destinato a deposito del sale ed era privo di qualsiasi impianto tecnologico; anzi l’art. 24, secondo comma, lett. c) e l’art. 7 del T. U. 380/2001 escludono che i depositi di merci e materiale debbano conseguire il certificato in parola; inoltre, non s’era in presenza di una situazione di emergenza sanitaria tale, da giustificare il ricorso all’art. 222 cit., che trova applicazione solo in casi di grave emergenze sanitarie; ancora, a tutto concedere, l’Amministrazione aveva omesso d’acquisire il necessario parere dell’ufficiale ufficiale sanitario, e aveva omesso d’agire su richiesta del medico provinciale, come prescritto dalla norma;
3) Violazione e falsa applicazione di legge, eccesso di potere per violazione degli artt. 7 e 8 1. n. 241/1990, per comunicazione d’avvio del procedimento, per violazione dei principi in tema di trasparenza e partecipazione, per violazione delle garanzie procedimentali; il lungo tempo intercorso tra l’accertamento effettuato dalla polizia municipale e la natura della presunta situazione di pericolo e igienica, evidenziati dall’amministrazione, escludevano che si fosse in presenza di una situazione d’urgenza, sicché l’Amministrazione avrebbe dovuto far precedere l’atipica ordinanza in questione dalla comunicazione d’avvio del procedimento; né poteva sostenersi che la mancata comunicazione d’avvio del procedimento fosse dovuta all’adozione dei provvedimenti di urgenza contemplati dagli artt. 50 e 54 T. u. E. L., stante l’evidenziata assenza dei presupposti, previsti per la loro adozione;
4) Violazione e falsa applicazione di legge, eccesso di potere per contrasto con gli artt. 50 e 54 d. l.vo 267/2000, con l’art. 26 d. P. R. 380/2001, con l’art. 222 R. D. 1265/1934, con gli artt. 2 e 3 l. n. 241/1990, per sviamento della funzione, per sviamento di potere dalla sua causa tipica, per atipicità, per irragionevolezza, per difetto di motivazione, carente, contraddittoria, perplessa e dubbiosa: stante la “annosa controversia sulla titolarità e la gestione dell’impianto di risalita”, intercorrente fra il Comune di Bagnoli Irpino e la società ricorrente, quest’ultima opinava che l’Amministrazione, “demolendo il deposito del sale e rendendo, di conseguenza, impraticabile il parcheggio durante tutta la stagione invernale”, avesse mirato “a intralciare l’attività imprenditoriale della ricorrente, al fine sviato di sottrarle la gestione dell’impianto”.
La ricorrente formulava, infine, domande istruttorie e cautelari.
Dopo la pronuncia di decreto cautelare monocratico, e il deposito di una perizia giurata e di documentazione, nell’interesse della ricorrente, si costituiva in giudizio il Ministero dell’Interno, che eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva; era quindi la volta del Comune di Bagnoli Irpino, il quale produceva memoria, in cui, premesso che il cd. deposito del sale, di cui si tratta, sorgeva al centro di un’area di parcheggio, facente parte del patrimonio indisponibile dell’ente, nonché premesso che l’immobile, edificato dalla società ricorrente, versava in grado di abbandono e presentava segni di cedimento strutturale, con conseguente pericolo per le autovetture, parcheggiate intorno ad esso, che andava rimosso soprattutto all’approssimarsi del periodo di ferragosto, contestava che lo stesso fosse stato messo in sicurezza, al momento dell’emanazione dell’ordinanza gravata, e riteneva quindi sussistente, contrariamente a quanto affermato ex adverso, il pericolo per la pubblica incolumità, posto a fondamento della stessa, non fronteggiabile altrimenti che con l’emissione d’ordinanza contingibile e urgente, ex art. 54 T. U. 267/2000; riferiva, inoltre, che la demolizione era l’unica misura adottabile, a fronte delle precarie condizioni del manufatto, e che il mancato invio al Prefetto del provvedimento de quo non ne inficiava, a suo avviso, la legittimità; inoltre, che non era necessaria la revoca della c. e., a suo tempo rilasciata a controparte, trattandosi di manufatto eretto su suolo pubblico; controdeduceva, più in generale, rispetto anche alle altre doglianze sollevate.
Con ordinanza, emessa all’esito dell’udienza in camera di consiglio del 9.09.2015, la Sezione accoglieva la domanda cautelare, con la seguente motivazione: “Rilevato che al grave pregiudizio, prospettato in ricorso, può ovviarsi disponendo la sospensione degli effetti dell’atto gravato, sino alla decisione di merito, che si provvede contestualmente a fissare; Rilevato che del resto l’intimata demolizione avrebbe dovuto presupporre la revoca del titolo abilitativo edilizio, a suo tempo rilasciato; Rilevato che, allo stato, non pare configurabile una situazione di pericolo, in conseguenza delle opere provvisionali, poste in essere dalla società ricorrente, la quale dovrà, peraltro, attivarsi in tempi brevi per assicurare, al deposito in questione, uno stabile e definitivo assetto strutturale”.
Seguiva – nell’imminenza della discussione – il deposito di memoria riepilogativa, nell’interesse dell’Amministrazione, laddove la società ricorrente produceva copia di s. c. i. a. del 10.09.2015, relativo all’esecuzione di lavori di manutenzione ordinaria del fabbricato, interessato dal provvedimento impugnato.
Alla pubblica udienza del 5.07.2016, il ricorso era trattenuto in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente, in accoglimento dell’eccezione spiegata dal Ministero dell’Interno, ne va dichiarato il difetto di legittimazione passiva, e pronunciata, quindi, l’estromissione dal presente giudizio; tanto, in aderenza all’orientamento della giurisprudenza, espresso, tra le tante, nella massima seguente: “In caso di impugnazione di un provvedimento contingibile e urgente, adottato dal Sindaco quale ufficiale di Governo il relativo ricorso, se proposto solo per il suo annullamento, non deve essere notificato anche al Ministero dell’Interno, che è obbligo che invece sussiste nel caso di contemporanea o successiva azione risarcitoria, affinché lo Stato non venga chiamato a rispondere dei danni senza aver potuto tempestivamente difendersi, con la conseguenza che è lo Stato, e non il Comune, l’unico soggetto legittimato passivo dell’azione risarcitoria proposta per il ristoro dei danni derivanti dall’esecuzione delle ordinanze contingibili e urgenti adottate dal Sindaco; segue da ciò che se con il ricorso avverso un’ordinanza contingibile e urgente adottata dal Sindaco viene chiesto solo l’annullamento del provvedimento, il gravame va notificato al Sindaco presso la sede comunale e non anche al Ministero dell’interno presso l’Avvocatura dello Stato, ma se con esso si chiede sia l’annullamento dell’atto sia anche il risarcimento dei danni, la notifica deve essere effettuata, a pena di inammissibilità del gravame, al Sindaco e al Ministero dell’interno” (T. A. R. Campobasso (Molise), sez. I, 9/04/2009, n. 124).
Poiché nella specie non vengono in rilievo richieste di tipo risarcitorio, va pertanto accolta l’eccezione, di cui sopra.
Passando al merito, rileva il Collegio che occorre, anzitutto, una ricognizione dell’esatto tenore del provvedimento gravato.
Il Sindaco di Bagnoli Irpino, sulla base del sopralluogo della Polizia Municipale, constatato che l’immobile – cd. deposito del sale – sito nell’area di parcheggio di pertinenza comunale, era “completamente danneggiato”, costituendo “pericolo per la pubblica e privata incolumità, anche di ordine sanitario”, perché la presenza del sale attirava bovini che rilasciavano escrementi; previa dichiarazione contestuale dell’inagibilità del fabbricato, ordinava alla ricorrente di sgomberarlo ad horas e demolirlo, entro dieci giorni dalla ricezione del provvedimento.
Orbene, il provvedimento, così com’è costruito, con il contestuale richiamo, quale fonte giustificativa del potere esercitato, sia alla disciplina che regola il potere d’ordinanza contingibile e urgente del sindaco, ex art. 54 d. l.vo 267/2000, sia a quella che regola la dichiarazione d’inagibilità, ai sensi dell’art. 26 del T. U. Edilizia, e il tutto al fine di ordinare – quale obiettivo ultimo – la demolizione del fabbricato de quo (pure legittimamente, a suo tempo, edificato), non si sottrae alle censure d’eccesso di potere per contraddittorietà della motivazione, e per sviamento dell’atto dalla sua causa tipica, espresse dalla ricorrente.
Si consideri, per di più, che il contestuale richiamo anche all’art. 222 del R. D. 1265 del 1934 (“Il podestà, sentito l’ufficiale sanitario o su richiesta del medico provinciale, può dichiarare inabitabile una casa o parte di essa per ragioni igieniche e ordinarne lo sgombero”) appare, oltre che fuori contesto, non trattandosi d’immobile ad uso abitativo, anche in stridente contrasto con il ricorso al potere di decretazione extra ordinem, di cui all’art. 54 d. l.vo 267/2000, come si ricava limpidamente dalla massima seguente: “La norma di cui all’art. 222 R. D. n. 1265/1934, in forza del quale il Sindaco può dichiarare inabitabile una casa o parte di essa per ragioni igieniche e ordinarne lo sgombero, non è da considerarsi confinata ai soli edifici ab origine destinati all’uso abitativo, ma estesa a qualsiasi edificio o manufatto cui sia stata impressa quella destinazione, anche di fatto; la previsione della possibilità di avvalersi di poteri tipicizzati, ancorché d’urgenza, come quelli di cui al citato art. 222 esclude, dunque, la legittimità del ricorso ai poteri atipici e sussidiari disciplinati dall’art. 54 comma 2 T. U. E. L.” (T. A. R. Bari (Puglia), sez. III, 19/03/2014, n. 360).
Ma il momento, in cui il provvedimento impugnato rivela pienamente la sua illegittimità, è rappresentato dalla sua parte dispositiva, con l’ordine rivolto alla società, proprietaria del manufatto, di sgomberarlo immediatamente, ma soprattutto con l’intimazione a demolirlo completamente, nel termine di dieci giorni dalla sua comunicazione.
La constatazione del completo danneggiamento di detto fabbricato, contenuto nelle premesse dell’ordinanza gravata, avrebbe potuto, piuttosto, giustificare un ordine, rivolto al proprietario dell’immobile, di ripararlo efficacemente, in un termine congruo, onde eliminare il pericolo costituito – stando al suo stesso tenore letterale – dallo spargimento del sale, foriero della presenza di bovini e del rilascio dei loro escrementi; laddove il binomio rappresentato dagli ordini di sgombero e di demolizione appare come un rimedio senz’altro eccessivo e sproporzionato, che finisce per rivelare il denunziato sviamento dell’atto dalla sua causa tipica.
Si consideri, al riguardo, l’ulteriore massima che segue: “È illegittima un’ordinanza contingibile e urgente diretta a dichiarare l’inagibilità, a tutela dell’incolumità pubblica, di un fabbricato a destinazione produttiva, considerato, da un lato, che nella specie esisteva la possibilità di far fronte alla situazione di pericolo con i mezzi previsti in via ordinaria dall’ordinamento (mediante intervento sull’atto che aveva autorizzato l’esercizio di un’attività insalubre nel centro abitato) e, dall’altro, che – quanto a carenze protezionistiche riscontrate dall’Asl – il comune era comunque tenuto ad individuare con chiarezza le deficienze riscontrate, tali da generare una situazione di pericolo” (T. A. R. Torino (Piemonte), Sez. I, 25/10/2007, n. 3263).
Del resto, come dedotto dalla ricorrente, e non contestato da controparte, dopo la pronunzia dell’ordinanza con cui la Sezione ha regolato la fase cautelare del presente giudizio, la stessa ricorrente ha provveduto ad effettuare lavori di riparazione del proprio fabbricato, dopo di che non sono state riferite ulteriori problematiche concernenti lo stazionamento di bovini nel parcheggio comunale.
Si tenga altresì presente – il rilievo è dirimente – che in ogni caso, trattandosi di fabbricato legittimamente realizzato, occorreva – prima d’ordinarne la demolizione – la revoca, o l’annullamento d’ufficio, del titolo a suo tempo rilasciato, con l’adempimento di tutte le connesse garanzie partecipative; tanto in considerazione, sotto tale aspetto, della natura di provvedimento di secondo grado, incidente su una concessione edilizia vigente, proprio dell’ordinanza gravata (a dispetto della sua diversa qualificazione formale).
Né, del resto, può ritenersi che l’annullamento o la revoca del titolo abilitativo esistente fossero superflui, poiché il fabbricato sorgeva su suolo di proprietà pubblica: è evidente che una cosa è la proprietà pubblica del terreno, altra cosa è la costruzione superficiaria legittimamente – nella specie – realizzata, da un privato, sullo stesso, sicché prima di spogliare, sostanzialmente, la società ricorrente del fabbricato di sua proprietà il Comune avrebbe dovuto necessariamente attivare il procedimento, all’uopo disegnato dall’ordinamento, comunicandone l’avvio, onde consentire alla stessa società di parteciparvi attivamente.
Le considerazioni che precedono trovano, del resto, conferma nell’art. 11, comma 2, del d. P. R. 6 giugno 2001 n. 380 (testo unico in materia e edilizia), che definisce espressamente irrevocabile il permesso di costruire (cfr., per la concessione edilizia, l’art. 4, comma 6, della l. 10/77), laddove la commistione indebitamente esercitata, nella specie, tra poteri di natura diversa, al fine di pervenire alla demolizione del fabbricato, è stigmatizzata anche nella seguente, ulteriore, pronunzia: “Ai sensi dell’art. 54 comma 2 d. lg. 18 agosto 2000 n. 267, è illegittima l’ordinanza contingibile e urgente adottata dal sindaco nella veste di ufficiale di governo per demolire balconi da tempo assentiti e costruiti, considerato che il relativo potere è esercitabile solo quando si tratti di affrontare situazioni, di carattere eccezionale ed impreviste, costituenti concreta minaccia per la pubblica incolumità, per le quali sia impossibile utilizzare i normali mezzi apprestati dall’ordinamento giuridico, requisiti che non ricorrono quando il comune può adottare rimedi di carattere ordinario nell’esercizio dei poteri di vigilanza sull’attività urbanistico – edilizia” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 24/03/2006, n. 1537).
Per le ragioni che precedono, assorbenti degli ulteriori profili denunziati, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dell’ordinanza gravata.
Le spese – e la restituzione del contributo unificato – seguono la soccombenza del Comune, e sono liquidate, come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:
dichiara il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Interno, di cui ordina l’estromissione dal giudizio;
accoglie il ricorso, e per l’effetto annulla il provvedimento, in epigrafe sub a);
condanna il Comune di Bagnoli Irpino al pagamento, in favore della società ricorrente, in persona del l. r. p. t., di spese e compensi di lite, che complessivamente liquida in € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori come per legge, e lo condanna, altresì, alla restituzione, in favore della stessa società, del contributo unificato, versato nella misura di € 650,00 (seicentocinquanta/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso, in Salerno, nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2016, con l’intervento dei magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
Giovanni Sabbato, Consigliere
Paolo Severini, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
Paolo Severini
IL PRESIDENTE
Amedeo Urbano
IL SEGRETARIO