* RIFIUTI – Terre da coltivo derivanti da pulizia di materia vegetali eduli – Pomodori e barbabietole – CER attribuibile – Singolo processo di produzione – Pulizia e primo lavaggio del pomodoro – Fase preliminare rispetto alla trasformazione industriale – Art. 184, c. 2 d.lgs. n. 152/2006
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Campania
Città: Salerno
Data di pubblicazione: 20 Luglio 2018
Numero: 1128
Data di udienza: 13 Giugno 2018
Presidente: Abbruzzese
Estensore: Severini
Premassima
* RIFIUTI – Terre da coltivo derivanti da pulizia di materia vegetali eduli – Pomodori e barbabietole – CER attribuibile – Singolo processo di produzione – Pulizia e primo lavaggio del pomodoro – Fase preliminare rispetto alla trasformazione industriale – Art. 184, c. 2 d.lgs. n. 152/2006
Massima
TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 2^ – 20 luglio 2018, n. 1128
RIFIUTI – Terre da coltivo derivanti da pulizia di materia vegetali eduli – Pomodori e barbabietole – CER attribuibile.
In applicazione di quanto espressamente stabilito dal D.M. 5.2.1998, ai rifiuti riconducibili alla tipologia “terre da coltivo derivanti da pulizia di materiali vegetali eduli” (punto 7.31) provenienti dall’industria agroalimentare in genere (punto 7.31.1), sul piano giuridico – amministrativo, devono essere attribuiti unicamente il codice 020401, per i residui derivanti dalla pulizia delle barbabietole, e il codice 020199, per i residui derivanti dalla pulizia di tutti gli altri materiali vegetali eduli.
RIFIUTI – CER – Singolo processo di produzione – Pulizia e primo lavaggio del pomodoro – Fase preliminare rispetto alla trasformazione industriale – Art. 184, c. 2 d.lgs. n. 152/2006
Il CER non si attribuisce in relazione alla categoria “merceologica” di appartenenza dell’impianto produttore, bensì in base al singolo processo di produzione, esattamente individuato all’interno dei processi lavorativi generali. Su tali premesse, il terriccio che deriva dalla pulizia e primo lavaggio del pomodoro non scaturisce dalla produzione di conserve alimentari (processo di trasformazione industriale), bensì da una fase preliminare rispetto alla trasformazione industriale (del pomodoro), propriamente detta agro – industriale, che ai sensi dell’art. 184, co. 2, del D. Lgs. n. 152/2006, è equiparabile a quella agricola.
Pres. Abbruzzese, Est. Severini – L. s.p.a. (avv.ti Lentini e Galotto) c. Regione Campania (avv. Dell’Isola), Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altro (Avv. Stato), A.R.P.A.C. (avv.ti D’Alterio e Uccello) e altri (n.c.)
Allegato
Titolo Completo
TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 2^ - 20 luglio 2018, n. 1128SENTENZA
TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 2^ – 20 luglio 2018, n. 1128
Pubblicato il 20/07/2018
N. 01128/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00696/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso, numero di registro generale 696 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
La Doria s. p. a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Lorenzo Lentini e Giannicola Galotto, con domicilio eletto, in Salerno, al Corso Garibaldi 103, presso lo studio Lentini;
contro
Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Beatrice Dell’Isola, con domicilio eletto, in Salerno, alla via Abella Salernitana, 3;
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e I. S. P. R. A. – Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliati per legge in Salerno, al Corso Vittorio Emanuele, 58;
A.R.P.A.C. – Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Carla D’Alterio e Cristina Uccello, con domicilio eletto, in Salerno, alla via Lanzalone, 54/56, presso il Dipartimento Provinciale A. R. P. A. C. di Salerno;
Regione Campania – Dipartimento della Salute e delle Risorse Naturali e A. R. P. A. C. – Agenzia Regionale Protezione Ambientale Campania – Dipartimento Provinciale di Salerno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
A.N.I.C.A.V. – Associazione Nazionale degli Industriali delle Conserve Alimentari Vegetali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Andrea Di Nunno e Eduardo De Ruggiero, con domicilio eletto presso lo studio legale associato Zucchi – Galera, in Salerno, piazza XXIV Maggio, 26;
per l’annullamento
per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
– A) del provvedimento di cui alla nota prot. n. 0294733 del 21/04/2017, trasmesso a mezzo p.e.c. in pari data, della U.O.D. n. 18 della Regione Campania, recante prescrizione in tema di Autorizzazione Integrata Ambientale relativamente ai tre stabilimenti produttivi della Società La Doria S.p.a., ubicati nei Comuni di Angri, Sarno e Fisciano, con cui viene imposto l’utilizzo del CER 02.03.04 in luogo del CER 02.01.99 per i rifiuti derivanti dalla pulizia e primo lavaggio del pomodoro;
– B) del parere ISPRA prot. 0024355 del 4.06.2015, conosciuto in data 21.04.2017, ad oggetto chiarimenti in ordine all’utilizzo della corretta classificazione dei rifiuti derivanti dalla pulizia e primo lavaggio del pomodoro;
– C) ove e per quanto occorra, della nota, prot. n. 269619 dell’11.04.2017, con la quale l’Arpac – Direzione Tecnica Napoli – ha trasmesso il parere ISPRA, prot. n. 24355 del 4.06.2015;
– D) ove e per quanto occorra, della nota, prot. 0217331 del 24.03.2017, trasmessa a mezzo p.e.c. in pari data, riguardante gli stabilimenti industriali di Angri e Sarno, con la quale sono stati richiesti chiarimenti in merito alla produzione del rifiuto, contrassegnato con codice CER 02.01.99;
– E) ove e per quanto occorra, della nota prot. 0109467 del 15.02.2017, trasmessa a mezzo p.e.c. in data 16.02.2017, riguardante lo stabilimento industriale di Sarno, con cui si chiede di chiarire quali modifiche al ciclo siano state apportate per utilizzare il codice CER 20.01.99;
– F) ove e per quanto occorra, della nota prot. 0109479 del 15.02.2017, trasmessa a mezzo p.e.c. in data 16.02.2017, riguardante lo stabilimento industriale di Fisciano;
– G) ove e per quanto occorra, della nota prot. 0109488 del 15.02.2017, trasmessa a mezzo p.e.c. in data 16.02.2017, riguardante lo stabilimento industriale di Angri;
– H) ove e per quanto occorra, della nota n. prot. 30109 del 16.01.2017, trasmessa a mezzo p.e.c. in pari data, della U.O.D. n. 18 della Regione Campania, recante chiarimenti in merito ad utilizzo di codici di smaltimento rifiuti, stabilimento industriale di Sarno;
– I) ove e per quanto occorra, della nota n. prot. 0830183 del 21.12.2016, trasmessa a mezzo p.e.c. in data 22.12.2016, della U.O.D. n. 18 della Regione Campania, recante chiarimenti in merito all’utilizzo di codici di smaltimento rifiuti, stabilimento industriale di Fisciano;
– L) della nota n. prot. 0819565 del 16.12.2016, trasmessa a mezzo p.e.c. in pari data, della U.O.D. n. 18 della Regione Campania, recante chiarimenti in merito ad utilizzo di codici di smaltimento rifiuti, stabilimento industriale di Angri;
– M) d’ogni altro atto, anche istruttorio, non conosciuto;
– N) di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e conseguenziali.
per quanto riguarda i motivi aggiunti:
O) del provvedimento ISPRA, prot. n. 0035035 del 12.07.2017, reso all’Avvocatura dello Stato di Salerno, che ha ritenuto non pertinente la classificazione dei rifiuti derivanti dalla pulizia e primo lavaggio del pomodoro con il CER 02.01.99;
P) del provvedimento ISPRA, prot. 0034447 dell’11.07.2017, reso al Nucleo Operativo Ecologico C. C. di Salerno, d’identico contenuto;
Q) del provvedimento ISPRA, prot. n. 0032193 del 30.06.2017, reso al Nucleo Operativo Ecologico CC di Salerno, d’identico contenuto;
R) d’ogni altro atto, anche istruttorio, non conosciuto;
S) di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e conseguenziali;
nonché per la esatta ed integrale esecuzione
dell’ordinanza del T. A. R. Campania – Sezione Seconda, n. 307 del 15.06.2017;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, dell’Ispra – Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale, della Regione Campania e dell’A.R.P.A.C.;
Visto l’atto d’intervento ad adiuvandum;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 13 giugno 2018, il dott. Paolo Severini;
Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue;
FATTO
La società ricorrente, Doria s. p. a., società quotata in Borsa, nel segmento star, leader mondiale da anni nella produzione e commercializzazione dei derivati del pomodoro, titolare, nella sola Provincia di Salerno, di tre stabilimenti industriali (Angri, Sarno e Fisciano), tecnologicamente avanzati, gestiti da quasi un decennio in regime autorizzativo – ambientale – AIA, premesso che, per quanto riguarda il processo produttivo, al pari di altre industrie conserviere, nel corso del tempo aveva proceduto a classificare e smaltire i rifiuti provenienti dal proprio processo produttivo nel modo che segue: – Codice CER 02.01.99 "Rifiuti non specificati altrimenti prodotti da agricoltura", con il quale ha avviato al recupero i rifiuti (c.d. terriccio) derivanti dalla pulizia e dal primo lavaggio dei pomodori, la cui raccolta meccanizzata restituisce alle aziende conserviere materia prima frammista a terriccio, pietra e residui vegetali; – Codice CER 02.03.04 "scarti inutilizzati per il consumo o la trasformazione", con il quale si sono avviati a compostaggio gli ulteriori rifiuti derivanti dalla successiva fase di lavaggio del pomodoro; – Codice CER 02.03.05 "fanghi prodotti dal trattamento sul posto degli effluenti", con il quale vengono avviati a spandimento (ex D. Lgs. n. 99/1992) i fanghi provenienti dal lavaggio, pelatura, cernita e inscatolamento del pomodoro, previo trattamento degli stessi in impianto di depurazione aziendale; che la suddetta tripartizione dei rifiuti, nell’ambito del proprio processo produttivo unitario, le aveva consentito d’estrapolare agevolmente la materia prima frammista a terriccio, pietra e residui vegetali, che riguarda una fase preliminare rispetto a quella agro – industriale (la cd. zolla di terriccio intorno alla radice del pomodoro), equiparabile a quella agricola, dai rifiuti afferenti il processo di trasformazione industriale vero e proprio (scarti derivanti dalla successiva fase di realizzazione delle conserve ovvero pelatura – cernita ed inscatolamento), sottoposte, secondo legge, a due distinte procedure:
– i rifiuti classificati con Codice CER 02.01.99 (prodotto agro – industriale), alla procedura semplificata di recupero di cui al D.M. 5.02.1998; – le altre tipologie di rifiuti derivati dal processo industriale (Codice CER 02.03.04 e CER 02.03.05), invece, nella procedura di compostaggio e/o spandimento presso siti autorizzati ubicati prevalentemente fuori regione; tanto premesso, segnalava che, tuttavia, gli enti preposti alla Tutela Ambientale, in specie l’A.R.P.A.C. – Dipartimento di Salerno, nel corso del 2009 avevano dato impulso ad un’articolata contestazione, con riflessi di natura penale, in danno della ricorrente e di altre industrie di produzione e commercializzazione dei derivati del pomodoro, diretta ad attribuire anche alla materia primaria (terriccio e residui vegetali), derivante dal primo lavaggio del pomodoro, il Codice CER 02.03.01 (fanghi prodotti da operazioni di lavaggio, pulizia, sbucciatura, centrifugazione e separazione di componenti) il cui destino finale è lo smaltimento in discarica; che il GIP presso il Tribunale di Napoli, muovendo da tale (a suo avviso, erronea) classificazione dell’A.R.P.A.C., a sua volta, aveva emesso plurime ordinanze di custodia cautelare (in carcere), tra cui figurano anche i titolari della ricorrente, per presunto traffico e gestione illecita dei rifiuti (terriccio derivante dalla pulizia e primo lavaggio dei pomodori), con significative ricadute su un settore primario di produzione industriale nel nostro paese; che, pertanto, la materia della classificazione dei rifiuti, derivanti dalla produzione e commercializzazione del pomodoro, aveva formato oggetto “di una vasta ed articolata indagine del giudice penale che, dopo aver verificato, in modo capillare, il processo produttivo della società ricorrente ha radicalmente smentito la erronea classificazione del rifiuto operata dalle Procure procedenti (Nocera Inferiore e Napoli)”; che, in particolare, “la consulenza tecnica ambientale, acquisita agli atti del processo penale, dopo aver esaminato il processo produttivo della Società Doria (dalla raccolta delle bacche alla trasformazione industriale), ha rassegnato inequivoche conclusioni di conformità a legge del processo produttivo e di smaltimento dei rifiuti della Società ricorrente del seguente tenore: – che la raccolta del pomodoro avviene in modo meccanico mediante estrazione della bacca in uno alla radice e alla terra di coltivazione; – che il pomodoro raccolto giunge in bins (cesti in plastica) che vengono svuotati in una vasca colma di acqua, in cui subiscono una prima pulizia (il depietratore collocato sul fondo della vasca separa pietrame, terriccio ed eventuali residui vegetali; un raschiatore meccanico raccoglie il terriccio e le piccole pietre inviandoli al vibrovaglio che, a sua volta, separa il terriccio con granulometria più fine; il terriccio che non viene raccolto dallo sterratore e dal vibrovaglio è inviato ad un compattatore per la riduzione volumetrica; le pietre ed il terriccio raccolti dallo sterratore, dal vibrovaglio e dal compattatore che si presentano sotto forma di fango sono raccolti in cassoni ed avviati a recupero con codice CER 02.01.99; dal lato opposto di uscita del predetto fango, l’acqua convoglia il pomodoro insieme ad altri residui vegetali verso il processo di lavaggio, dove il pomodoro viene separato dagli altri residui vegetali, poi inviati al compostaggio come scarti inutilizzati per il consumo o la trasformazione (CER 02.03.04); – che il fango in questione non deriva dalla produzione di conserve alimentari (processo trasformazione industriale), ma viceversa da una fase preliminare rispetto a quella di trasformazione industriale del pomodoro propriamente detta agro-industriale, equiparabile, ai sensi dell’art. 184 co 2 del D. Lgs. n. 152/2006, a quella agricola; – che, pertanto, al fango misto a vegetali non può che attribuirsi il Codice CER 02.01.99 – rifiuti non specificati altrimenti prodotti da agricoltura”; che, per di più, nel corso di tale vasto procedimento penale era “stato accertato, in modo inconfutabile, che il rifiuto proveniente dagli stabilimenti della Doria Spa prelevato dalla Polizia Giudiziaria, campionato presso il laboratorio di analisi Arpac di Pozzuoli, è risultato essere rifiuto speciale non pericoloso, che non può essere avviato ad impianti di compostaggio, come erroneamente avevano teorizzato gli inquirenti, perché la percentuale di materiale organico, ivi rinvenuta, è di gran lunga inferiore ai valori limite di legge”; che il GIP di Napoli,” in esito a tali complessi accertamenti tecnici sul processo industriale della Doria, sulla natura del rifiuto e sulla corretta attribuzione del Codice CER, con decisione n. 1135 del 10.06.2015, passata in giudicato, ha assolto gli imputati con formula piena “perché il fatto non sussiste”, stabilendo che il Codice CER 02.01.99 per il terriccio in questione è idoneo e corrispondente al Catalogo Europeo dei Rifiuti”; che tale “decisione di assoluzione, con formula piena, ha accertato in modo definitivo che: “Le difese, ed in specie quelle degli esponenti della spa, hanno contestato in radice che gli scarti delle lavorazioni in esame dovessero qualificarsi col suddetto codice (02.03.01) e, sul punto, hanno prodotto relazione tecnica di parte riguardante in via generale la normativa europea sui rifiuti, la procedura di attribuzione dei codici, l’origine degli scarti per cui è processo, con descrizione delle diverse fasi della loro produzione ed, infine, l’attribuzione dei codici CER. Tale relazione, scritta in maniera chiara, con indicazione di pertinenti riferimenti normativi ed adeguata descrizione dei complessi processi produttivi dei rifiuti, risulta, altresì, ricostruibile agevolmente nel percorso logico argomentativo ed è, pertanto, condivisibile ed utile alla soluzione della questione in fatto sottesa alla dedotta falsificazione dei codici CER.
Da essa emerge che, per quanto riguarda l’attribuzione dei codici, la normativa europea indica che è necessario identificare la fonte che genera il rifiuto, in riferimento al singolo e specifico processo di provenienza e non in relazione alla categoria merceologica, tant’è che talvolta rifiuti identici sono individuati con codici diversi a seconda dell’origine; il singolo e specifico processo produttivo che dà origine al rifiuto è individuato dalla seconda coppia di cifre del codice. Nel caso specifico la ben chiara descrizione del processo produttivo della Spa “La Doria” dà conto che i fanghi oggetto della contestazione derivano dal primo lavaggio del pomodoro, trattandosi in sostanza di pietre di piccole dimensioni, terriccio e residui vegetali, mentre il pomodoro ed ulteriori residui di vegetali sono convogliati verso una seconda fase di lavaggio. Conseguenza ne è che, ferma restando l’individuazione della prima coppia di cifre del codice in 02, che individua rifiuti prodotti da agricoltura, ortocoltura, acquacoltura, selvicoltura, trattamento e preparazione di alimenti, la seconda coppia di cifre, quella che individua la fase specifica di produzione del rifiuto, non è quella proposta in imputazione – 03 – che, invece, si riferisce alla produzione di conserve alimentari, fase del processo produttivo successiva a quella da cui derivano i fanghi in contestazione. Sul punto vale la pena aggiungere che per il codice 03, ritenuto adeguato dalla formulazione accusatoria, la normativa europea di riferimento non contempla la presenza di residui vegetali, al contrario esistenti nei fanghi per cui è processo e, quindi, anche per tale motivo non ne appare corretta l’attribuzione. Il codice 03, dunque, che secondo la proposta d’Accusa sarebbe stato quello corretto, deve, al contrario ritenersi inappropriato alle caratteristiche dei rifiuti prodotti dalla La Doria spa, per cui è processo. Per completezza va osservato che nell’elenco europeo dei rifiuti non sono previsti fanghi frammisti a vegetali e, preso atto di questa assenza, la normativa nazionale – DM 5.2.88 – , dopo aver equiparato i rifiuti derivanti dalla attività agricola e da attività agroindustriale, li definisce per tipologia, provenienza, caratteristiche del rifiuto, e della CT di parte risulta che i fanghi frammisti a vegetali sono individuati in base ai suddetti parametri col codice 02.01.99”; che, “su queste premesse, non solo è caduta la originaria ipotesi accusatoria in danno della Doria e dei suoi amministratori, ma, cosa più importante, il giudice penale, con la decisione passata in giudicato, ha accertato la correttezza del processo produttivo della Società ricorrente, la esatta attribuzione del Codice CER 02.01.99 e la piena legittimità della procedura semplificata di recupero del rifiuto”; faceva presente altresì che “la Regione Campania, in sede di riordino della materia dei rifiuti, coerentemente con la menzionata decisione del giudice penale, è intervenuta sullo specifico argomento degli scarti di lavorazione del pomodoro, stabilendo che: “Il Rifiuto Speciale costituito da terriccio proveniente dal procedimento industriale di pulizia e primo lavaggio di prodotti ortofrutticoli può essere avviato a recupero ed utilizzato nelle operazioni di ricomposizione ambientale delle cave secondo la normativa vigente” (art. 13 co 3 L.R.C. n. 14/2016)”; che, su tali premesse, lo stesso legislatore Regionale della Campania “ha riconosciuto, in modo pacifico, che lo scarto derivato dal primo lavaggio dei pomodori può essere avviato al recupero ed utilizzato per la ricomposizione ambientale delle cave”; che “la normativa regionale, pertanto, per quanto di ragione, ha confermato la classificazione del rifiuto in esame come prodotto agro – alimentare (Codice CER 02.01.99), disponendo l’avvio al recupero e non a smaltimento. Tale disposizione normativa regionale ha riconosciuto, in modo indiretto, pertanto, per tale rifiuto, la classificazione CER 02.01.99, posto che gli unici rifiuti che possono essere avviati al recupero, per la ricomposizione delle cave, sono i rifiuti classificati appunto con Codice CER 02.01.99 (punto 7.31.3 D.M. 5.02.98), non già quelli classificasti con CER 02.03.01 e CER 02.03.04”; sicché rappresentava che, “in stretta esecuzione della decisione (di assoluzione) del giudice penale e della legislazione regionale”, per la stagione 2016, aveva avviato pacificamente al recupero lo scarto derivato dal primo lavaggio del pomodoro, con il Codice CER 02.01.99, avvalendosi della procedura semplificata del D.M. 5.02.98; che peraltro, “nell’imminenza della campagna del pomodoro del 2017, mentre era in procinto di stipulare contratti con i trasportatori ed i siti di destino autorizzati, per seguire l’analogo sistema di recupero, ha dovuto congelare il processo organizzativo, di straordinaria rilevanza e dimensione, su tutti e tre gli stabilimenti industriali, sulla base di un elemento di novità a sorpresa”; in particolare, la Regione Campania, “richiamando un parere dell’ISPRA, risalente a ben due anni addietro (prot. 24355 del 4.06.2015), reso cioè in data antecedente alla decisione di assoluzione e agli articolati accertamenti del giudice penale (la decisione è del successivo 10.06.2015)”, aveva assunto “un eccentrico provvedimento negativo che è così concepito: – ha erroneamente attribuito al rifiuto, derivante dal primo lavaggio del pomodoro, senza alcuna istruttoria, il nuovo e diverso Codice CER 02.03.04; – ha vincolato la ricorrente per la campagna del pomodoro 2017, pertanto, a smaltire tale rifiuto in discarica; – ha imposto, per finire, tale vincolo di smaltimento, anche a valere quale prescrizione, per il successivo adeguamento dei provvedimenti autorizzativi AIA degli stabilimenti industriali della ricorrente” medesima; tanto premesso e considerato, avverso il provvedimento, di cui in epigrafe, “che aggrava il processo produttivo ed i costi”, articolava le seguenti censure:
I) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE (ART. 29 E SS. D. LGS. N. 152/2006 – D.M. 5.02.1998 – ART. 13 L.R.C. N. 14/2016) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO – DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE – CONTRASTO CON IL GIUDICATO PENALE – ILLOGICITÀ – ARBITRARIETÀ – INIQUITÀ – SVIAMENTO) – VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO:
la Regione Campania, U.O.D. 18, ha imposto alla Società ricorrente di avviare a smaltimento il rifiuto derivante dalla pulizia e primo lavaggio del pomodoro, richiamando il parere ISPRA del
4.06.2015, che ha attribuito al rifiuto in questione il Codice CER 02.03.04 "Scarti inutilizzati per il consumo o la trasformazione", in luogo del Codice CER 02.01.99 "Rifiuti non specificati altrimenti prodotti da agricoltura".
1.1) Ma la corretta classificazione del rifiuto, derivante dalla pulizia e primo lavaggio del pomodoro, per la Doria s. p. a. ed i suoi amministratori, era stata definita dal giudice penale a seguito di capillari e qualificati accertamenti, con sentenza passata in giudicato. La decisione del Tribunale di Napoli, Sez. Penale GIP n. 1135 del 10.06.2015, infatti, dopo aver esaminato in modo dettagliato lo specifico processo produttivo e le caratteristiche analitiche del rifiuto prodotto dalla Doria s. p. a. (all’esito della acquisizione di consulenza tecnica e relativo pareri, da parte di qualificati esperti in diritto ambientale), ha attribuito al materiale in questione il Codice CER 02.01.99 con conseguente correttezza dell’avvio al recupero. Laddove “la Regione Campania, invece, utilizzando un datato e disinformato parere ISPRA del 4.06.2015, di epoca antecedente alla decisione del giudice penale (10.06.2015), assunto a tavolino e senza istruttoria concreta sullo specifico processo produttivo della Doria”, era pervenuta “ad inammissibili conclusioni classificatorie, di segno contrario, che vincolerebbero la Doria a smaltire il rifiuto in discarica, in contrasto con il giudicato penale”; ne conseguiva “la radicale illegittimità di tale prescrizione conformativa del processo di smaltimento della DORIA S.p.A., che ha violato e comunque disatteso immotivatamente il “decisum” e gli accertamenti, di segno contrario, del procedimento penale”; la Regione, infatti, a fronte delle successive statuizioni vincolanti del giudice penale, non poteva limitarsi ad ignorarle, ma era tenuta ad adeguarsi al vincolo di conformazione, discendente dal giudicato penale, ovvero era tenuta, quanto meno, a richiedere ad ISPRA un supplemento istruttorio e un doveroso riesame delle originarie determinazioni del 4.06.2015 (di ben due anni prima), alla luce della sopravvenuta decisione sulla materia controversa del giudice penale (10.06.2015); invero, “anche ad ignorarsi il vincolo del giudicato o teorizzarsi una piena autonomia dei procedimenti amministrativi, rispetto alle decisioni del giudice penale, la Regione non poteva assolutamente pretermettere le statuizioni del giudice penale, senza una congrua istruttoria ed una puntuale motivazione, che dimostrassero il fondamento giuridico di una diversa conclusione classificatoria e smaltimento del rifiuto in esame”; al contrario, “la disinvolta disattenzione del giudicato e delle verifiche tecniche, in esso cristallizzate, integra una radicale violazione della giurisdizione e comunque dei principi di logicità e coerenza della funzione amministrativa, oltre ad integrare un evidente sintomo di eccesso di potere per illogicità manifesta, pretestuosità e sviamento.
1.2) La Regione Campania, a fronte di una diversa classificazione del rifiuto in questione, definita con decisione penale irrevocabile, “non poteva limitarsi a richiamare acriticamente un precedente parere ambientale di ISPRA, attribuendo immotivatamente un diverso Codice CER (02.03.04) e esigendo di fatto un indifferenziato smaltimento di rifiuti in discariche autorizzate, anziché un avvio a recupero”; s’era quindi trattato “di un diktat automatico, di un’astratta imposizione, elusivo del giudicato e dell’obbligo a provvedere, che soprattutto non ha considerato lo specifico processo produttivo della Doria e le specifiche tecniche di attribuzione del Codice CER”;
– II) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE (ART. 29 E SS. D.LGS. N. 152/2006 – D.M. 5.02.1998 – ART. 13 L.R.C. N. 14/2016) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO – DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE – CONTRASTO CON IL GIUDICATO PENALE – ILLOGICITÀ – ARBITRARIETÀ – INIQUITÀ – SVIAMENTO) – VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO:
il parere ISPRA, a fondamento della illegittima prescrizione regionale, era “sicuramente viziato per erroneità”.
2.1) Si trattava, per la ricorrente, “di un parere astratto, reso a tavolino, che non ha acquisito analisi di laboratorio del rifiuto, derivante dalla pulizia e primo lavaggio del pomodoro, ignorando il processo virtuoso produttivo industriale della società ricorrente, che separa in maniera specifica i rifiuti prodotti nel ciclo industriale di lavorazione. L’ISPRA ha attribuito a torto al terriccio in questione il Codice CER 02.03.04 "scarti inutilizzati per il consumo o la trasformazione", ritenendo che tale terriccio derivi da operazioni di lavaggio che integrano una prima fase di processo di trasformazione del vegetale, a valle della consegna dello stesso all’industria conserviera”.
2.2) Invece, era noto “che ogni rifiuto sia contraddistinto ed individuato da un apposito CER (Codice Europeo dei Rifiuti), costituito da tre coppie di numeri, dove solo l’ultima coppia (sempre diversa dal doppio zero), individua il rifiuto. La Commissione Europea, per una esatta individuazione dei rifiuti, ha ritenuto necessario indicare la fonte che genera il rifiuto. Il CER non si attribuisce pertanto in relazione alla categoria “merceologica” di appartenenza dell’impianto produttore, bensì in base al singolo processo di produzione, esattamente individuato all’interno dei processi lavorativi (generali). Su tali premesse, come si è documentato in sede penale, mediante apposita relazione tecnica, il terriccio che deriva dalla pulizia e primo lavaggio del pomodoro non scaturisce dalla produzione di conserve alimentari (processo di trasformazione industriale), bensì da una fase preliminare rispetto alla trasformazione industriale (del pomodoro), propriamente detta agro – industriale, che, ai sensi dell’art. 184 co 2 del D. Lgs. n. 152/2006, è equiparabile a quella agricola. I pomodori vengono acquistati, infatti, dalla Società ricorrente prevalentemente in Provincia di Foggia e, in esito alla meccanizzazione della raccolta, giungono ai tre stabilimenti de La Doria frammisti a terriccio e residui vegetali. Il pomodoro perviene negli stabilimenti produttivi in “bins” (grossi cesti in plastica), che vengono ribaltati e svuotati in vasche colme di acqua (depietratore o sterratore). In queste vasche, il pomodoro subisce un primo ciclo di pulizia e primo lavaggio, mediante il quale vengono fatte cadere le zolle di terreno (agricolo), che sono state raccolte dai mezzi meccanici, in uno alla bacca. I pomodori, quindi, separati dalle pietre e dal terriccio, passano ad una seconda fase di lavaggio e pre – cernita, dove la bacca viene separata da altri residui vegetali, i quali vengono avviati a compostaggio come scarti inutilizzati per il consumo o la trasformazione con il CER 02.03.04. Solo dopo tale fase preselettiva ha inizio la vera e propria attività di trasformazione del pomodoro (produzione di conserve alimentari). Di tutta evidenza pertanto le operazioni di primo lavaggio sono pertinenti ad una fase agro – industriale (della Doria), che resta estranea ad un vero e proprio processo di trasformazione in conserve delle bacche. L’equiparazione dei rifiuti agricoli a quelli agro – industriali (art. 184 co 3 lett. a) D. Lgs. n. 152/2006) comporta l’attribuzione al terriccio, derivante dal primo lavaggio, del Codice CER 02.01.99 – rifiuti non specificati altrimenti prodotti da agricoltura”.
2.3) A conferma, si richiamava il D. M. 5.02.1998, “nella parte in cui ha attribuito il Codice CER 02.01.99 alle terre da coltivo, derivanti da pulizia di materiali vegetali eduli (punto 7.31), provenienti da industria agro-alimentare in genere. Tale D. M. ’98, infatti, utilizzando la dizione “industria agro-alimentare in genere", non ha inteso operare alcuna distinzione tra agricoltura e agro-industria. Di guisa che è corretto, come peraltro ha accertato il giudice penale, che al terriccio in questione venga attribuito il Codice CER 02.01.99 "rifiuti non specificati altrimenti prodotti da agricoltura".
2.4) Andava evidenziato, ancora, che la stessa l. r. C. n. 14/2016 aveva espressamente prescritto che: “Il Rifiuto speciale costituito da terriccio proveniente dal procedimento industriale di pulizia e primo lavaggio di prodotti ortofrutticoli può essere avviato a recupero ed utilizzato nelle operazioni di ricomposizione ambientale delle cave secondo la normativa vigente” (art. 13 co 3 L.R.C. n. 14/2016). Il tenore letterale di tale disciplina regionale, anche in assenza di analitica indicazione del Codice CER, dà conto della chiara volontà del legislatore regionale di attribuire al rifiuto, derivante dalla pulizia e primo lavaggio del pomodoro, proprio il Codice CER 02.01.99. Le operazioni di ricomposizione delle cave, in modalità R10, infatti, in virtù del D. M. 5.2.1998, sono consentite unicamente con i rifiuti classificati con il Codice CER 02.01.99 (art. 7.31.3 lett. b) del D. M. 5.2.1998) e non già con quelli classificati con il Codice CER 02.03.01 – CER 02.03.04.
Ne risultava confermato “il grave errore in cui è incorsa ISPRA che ha attribuito al rifiuto proveniente dalla pulizia e primo lavaggio del pomodoro il Codice CER 02.03.04 per mere ragioni merceologiche di provenienza del rifiuto dal comparto agroalimentare e non in virtù delle caratteristiche intrinseche dello stesso”; e che “il parere ISPRA, assunto sia in assenza di analisi del rifiuto sia in assenza di alcuna indagine sullo specifico processo produttivo della Società Doria, pertanto, è sicuramente illegittimo in uno al provvedimento regionale, che ha dettato le consequenziali prescrizioni in tema di smaltimento e non di recupero”.
2.5) Ferma la natura dirimente di quanto precede, la ricorrente rilevava, altresì, che “lo stesso estensore del parere ISPRA, si è espresso con formula dubitativa, all’atto della classificazione del rifiuto con Codice CER 02.03.04”; si legge testualmente in tale parere: “… non può non rilevarsi che il DM 5.2.98 riguardo alla voce 7.31 prevede come tipologia di rifiuti ammessi al regime semplificato ‘terre da coltivo, derivanti da pulizia di materiale vegetali eduli e della battitura della lana sucida identificate dai codici 02.01.99 e 020401 mentre al punto 7.31.1 relativo alla provenienza indica ‘industria agroalimentare in genere e industria laniera”. L’attuale formulazione della norma, secondo l’ISPRA, pertanto, alla voce 7.31, rivelava “una certa incongruenza, tra tipologia e provenienza del rifiuto”. Il parere, tuttavia, nonostante abbia riconosciuto espressamente tale incongruenza, aveva escluso che il terriccio possa essere sottoposto a procedure semplificate e, quindi, essere classificato con Codice CER 02.01.99. Ne risultavano “gravi profili di illegittimità: – per evidente perplessità; – per illogicità e contraddittorietà; – per deficit di istruttoria, in quanto emersa la incongruenza, la ISPRA avrebbe dovuto indagare, più a fondo, pervenendo ad una conclusione ragionevole e non meramente emotiva”
2.6) Infine andava evidenziato “che la classificazione del rifiuto, così come operata da ISPRA (indistintamente terriccio agricolo e parti vegetali della piantina del pomodoro) con Codice CER 02.03.04, con conseguente necessità di smaltimento in discarica”, si poneva “in insanabile contrasto con il principio di gerarchia di trattamento dei rifiuti. L’Unione Europea ha prescritto, ormai da anni, che la gestione dei rifiuti deve rispettare una precisa gerarchia di azioni, che segue un ordine dettato dal livello di priorità e sostenibilità ambientale. Tale principio pedissequamente è stato trasposto nell’ordinamento giuridico interno. L’art. 179 co 1 del D.lgs. 152/2006, infatti, ha sancito che la gestione dei rifiuti deve seguire un preciso ordine gerarchico: a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo; e) smaltimento. Si può agevolmente osservare, pertanto, che in fondo alla scala gerarchica è collocato lo smaltimento in discarica dei rifiuti, concepito come ultima opzione (recte: residuale). Lo smaltimento dei predetti rifiuti, con Codice CER 02.03.04, pertanto, si traduce in evidente violazione del principio di recupero. Ma cosa ben più grave la prescrizione limitativa viene ad azzerare il virtuoso processo di selezione dei rifiuti (corretta separazione del terriccio dalle parti vegetali della piantina del pomodoro), posto in essere dalla Doria Spa, aprendo la strada ad un indifferenziato e, pertanto, illegittimo smaltimento in discarica. Di guisa che non solo gli scarti vegetali (classificati correttamente con Codice CER 02.03.04), ma anche una enorme mole di terriccio agricolo, derivante da attività meramente agroindustriale, dovrebbero essere avviati a smaltimento con danno enorme per l’ambiente, privato di pregiato materiale, da avviare a recupero (si cfr. la ricomposizione delle cave, i sottofondi stradali, le massicciate ferroviarie etc.);
– III) VIOLAZIONE DEL CONTRADDITTORIO PROCEDIMENTALE (ARTT. 7 E 10 BIS L. 241/90):
Il provvedimento impugnato, “nonostante le straordinarie conseguenze lesive, soprattutto, all’esito del giudizio penale che si è concluso in termini favorevoli alla Società Doria, non è stato preceduto dalla indefettibile comunicazione di avvio del procedimento o da alcun simulacro di contraddittorio procedimentale”.
Si costituivano in giudizio il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e l’I. S. P. R. A. – Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale, con il patrocinio dell’Avvocatura Erariale, e la Regione Campania, con memorie di stile.
Seguiva il deposito d’ampia documentazione, nonché di perizie – tecnica e contabile – asseverate di parte, nell’interesse della società ricorrente.
Indi la Regione Campania produceva articolata memoria di controdeduzioni, rispetto all’atto introduttivo del giudizio.
Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e l’I. S. P. R. A. – Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale, con successivo scritto difensivo, eccepivano il primo il proprio difetto di legittimazione passiva, non essendo gravato alcun atto emesso dal Ministero, e il secondo la natura non vincolante del parere, reso nel corso del procedimento, culminato con l’adozione del provvedimento impugnato.
Interveniva in giudizio, ad adiuvandum, l’A. N. I. C. A. V., aderendo, in pieno, alle censure attoree.
Dopo il deposito di note d’udienza, per la ricorrente, alla camera di consiglio del 14.06.2017 la Sezione accoglieva la domanda cautelare, articolata da quest’ultima, con la seguente motivazione:
“Rilevato che, a fronte dell’irreparabile pregiudizio, segnalato dalla società ricorrente, consistente nella sostanziale paralisi della propria attività industriale, nei suoi stabilimenti, a meno di un mese dall’inizio della campagna del pomodoro, e in presenza, altresì e soprattutto, di un giudicato penale irrevocabile, concernente lo specifico processo produttivo e le caratteristiche precipue del rifiuto, prodotto dalla stessa ricorrente, a seguito d’approfondita istruttoria dibattimentale, giudizio penale concluso con l’attribuzione, al rifiuto derivante dalla pulizia e dal primo lavaggio del pomodoro, del codice CER 02.01.99, con conseguente correttezza della procedura semplificata d’avvio al recupero dello stesso, occorre prima facie sospendere gli effetti della determinazione regionale gravata, adottata su conforme ma risalente parere dell’I. S. P. R. A. (antecedente alla decisione d’assoluzione penale di cui sopra), che attribuendo al rifiuto de quo il diverso codice CER 02.03.04 imporrebbe lo smaltimento dello stesso in discarica, imponendo alla stessa Regione e all’I. S. P. R. A., quale organo consultivo dell’Amministrazione Regionale, di riesaminare le predette determinazioni e pareri, conformemente ai motivi di ricorso e ai dettami della presente ordinanza;
Riservato, alla fase del merito, ogni doveroso approfondimento delle complesse questioni emergenti dal presente ricorso;
Ritenuto, per la complessità e la specificità della materia, di dover compensare tra le parti le spese di fase;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), accoglie la domanda cautelare, e per l’effetto:
– a) sospende gli effetti della determinazione gravata e ne ordina il riesame da parte della Regione Campania, previa nuova richiesta di parere all’I. S. P. R. A., conformemente ai motivi di ricorso e ai dettami della presente ordinanza;
– b) fissa, per la trattazione di merito del ricorso, l’udienza pubblica del 13 giugno 2018.
– c) compensa le spese della presente fase cautelare”.
Seguiva il deposito, nell’interesse della società ricorrente, di un atto di motivi aggiunti, rivolto avverso gli atti specificati in epigrafe, nonché di una contestuale istanza di ulteriori provvedimenti, circa l’ordinanza cautelare di cui sopra; la stessa faceva presente “che l’I.S.P.R.A., in presunta esecuzione del “decisum”, ha assunto tre determinazioni tecniche (prot. n. 32193 del 30.06.2017, prot. n. 34447 dell’11.07.2017 e prot. n. 35035 del 12.07.2017) che, in contrasto con lo specifico vincolo di conformazione, hanno ribadito in modo acritico: – che il Codice da attribuire alla terra di primo lavaggio del pomodoro prodotto da industrie conserviere, a seconda dello stato fisico, sarebbe il Codice CER 02.03.04 "scarti inutilizzati per il consumo o la trasformazione" ovvero il Codice CER 02.03.01 nel caso di rifiuti fangosi; – che la classificazione con il Codice CER 02.01.99, invece, che individua "rifiuti non specificati altrimenti derivanti da agricoltura", che costituiscono un settore economico di attività diverso da quello di provenienza del rifiuto oggetto di analisi non sarebbe pertinente.
Tanto premesso, avverso i suddetti provvedimenti articolava le seguenti ulteriori censure (oltre quella d’illegittimità derivata dai vizi, inficianti gli atti, gravati in sede di ricorso introduttivo):
I) VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 21 SPTIES L. N. 241/1990) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO DEL PRESUPPOSTO – DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE – ELUSIONE DEL GIUDICATO):
Emergeva “chiaramente la violazione del provvedimento cautelare del T.A.R., nonostante sia divenuto inoppugnabile. Il Tar, infatti, con ordinanza n. 307 del 15.06.2017 (di cui si chiede l’esecuzione coattiva) ha disposto: – la sospensione dei provvedimenti regionali che, sulla base di un risalente parere ISPRA (del 2015), hanno classificato i rifiuti derivanti dal primo lavaggio del pomodoro con Codice CER 02.03.04, anziché con Codice CER 02.01.99; – il riesame motivato alla luce dei motivi di ricorso e delle motivazioni dell’ordinanza cautelare. Lo specifico vincolo di conformazione della successiva azione amministrativa, dunque, è chiaramente nel senso del riesame della questione controversa con specifica considerazione: – del giudicato penale (decisione del Tribunale di Napoli, Sez. Penale GIP, n. 1135 del 10.06.2015) che, all’esito di indagini sullo specifico processo produttivo e delle caratteristiche del rifiuto prodotto da La Doria S.p.a., ha accertato la classificazione come Codice CER 02.01.99 con il conseguente avvio al recupero;
– della consulenza tecnica e dei pareri di qualificati esperti, in diritto ambientale, acquisiti nel corso del procedimento penale; – dello specifico processo produttivo de La Doria, che ha formato oggetto di articolata indagine nel corso del procedimento penale; – della sopravvenuta L.R.C. n. 14/2016 che ha prescritto che "Il rifiuto speciale costituito da terriccio proveniente dal procedimento industriale di pulizia e primo lavaggio di prodotti ortofrutticoli può essere avviato a recupero ed utilizzato nelle operazioni di ricomposizione delle cave" (art. 13 co 3), consentite solo con i rifiuti classificati con il Codice CER 02.01.99 (art. 7.31.3 lett. b) del D.M. 5.02.1998)”. A fronte di ciò, “l’ISPRA, per ben tre volte, infatti, si è limitata ad una acritica ed apodittica conferma della pregressa classificazione del rifiuto controverso come Codice CER 02.03.04, ovvero Codice CER 02.03.01, senza esaminare, prima, superare, poi, le contrastanti ragioni di diritto, condivise dal Tar. Il carattere elusivo emerge dalla ostinata riedizione della classificazione sospesa, senza doverosa comparazione con le opposte conclusioni classificatorie del giudice penale del Tar. Su queste premesse, si conferma il carattere simulato del “riesame” e la elusione della decisione cautelare, con conseguente declaratoria di nullità degli atti confermativi, ai sensi dell’art. 21 septies L. 241/90 ed ordine di esecuzione coattiva, in un termine perentorio, con nomina sin da ora di un commissario ad acta (in sostituzione)”.
– II) VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 3 L. N. 241/1990) – VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO DEL PRESUPPOSTO – DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE – ELUSIONE DEL GIUDICATO)
Inoltre “le determinazioni di ISPRA contrastano con due recenti provvedimenti del Ministero dell’Ambiente. Tale Dicastero, infatti, con una prima nota ministeriale (prot. n. 9664 del 4.07.2017), ha evidenziato: “Al fine di fornire i chiarimenti richiesti, si osserva quanto segue. Avuto riguardo al rifiuto de quo, risulta agevole l’individuazione della prima coppia di cifre del CER nel capitolo 02 che individua i rifiuti prodotti da agricoltura, ortocoltura, acquacoltura, silvicoltura, trattamento e preparazione di alimenti. Rispetto alla seconda coppia di cifre, che individuano la fase specifica di produzione del rifiuto, occorre chiarire se trova applicazione il Codice 01 o 03 di cui all’allegato D, parte IV del D. Lgs. n. 152/2006. Al fine di indagare circa la corretta attribuzione del suddetto Codice, si rileva che il rifiuto prodotto dall’attività di primo lavaggio dei pomodori non sembra ascrivibile al Codice 03, recante rifiuti della preparazione e del trattamento di frutta, verdura, cereali, oli alimentari, caco, caffè, tè, tabacco… Difatti il Codice 03 si riferisce alla produzione di conserve alimentari e, dunque, ad una fase del processo di produzione successiva a quella da cui deriverebbe il terreno risultante dalle operazioni di primo lavaggio dei pomodori.
Pertanto, per tale tipologia di rifiuti si ritiene corretto il Codice 01 che indica i rifiuti prodotti da agricoltura, ortocoltura, acquacoltura, silvicoltura, caccia e pesca. All’interno del capitolo 02, Codice 01, vista anche la componente organica costituita da parti vegetali che può essere presente nel residuo terrigeno, la voce più rappresentativa risulta essere quella relativa al CER 02.01.99. Tale conclusione, del resto, è avallata anche da pronunce giurisprudenziali rese su casi analoghi. Segnatamente, con la sentenza n. 1135 del 10.06.2015, passata in giudicato, il Tribunale di Napoli ha statuito che il Codice 03 deve ritenersi inappropriato alle caratteristiche del rifiuto de quo. Analogamente, il Tar Campania, con ordinanza n. 307/2017, ha sospeso la efficacia del provvedimento recante prescrizione in tema di autorizzazione integrata ambientale con cui era stato imposto l’utilizzo del CER 02.03.04 in luogo del CER 02.01.99 per rifiuti derivanti dalla pulizia e primo lavaggio del pomodoro ordinando, altresì, alla resistente ISPRA di procedere ad un riesame del parere del 4.06.2015… Dunque, avuto riguardo anche alla giurisprudenza intervenuta, appare corretto l’utilizzo del CER 02.01.99”. Il Ministero dell’Ambiente, con successivo provvedimento (prot. n. 11702 del 10.08.2017), quindi, ha fornito una vera e propria interpretazione autentica del D. M. 5.2.1998 (Allegato 1 Sub allegato 1 punto 7.31 e 7.31.1), riconoscendo la correttezza del Codice CER 02.01.99 per la classificazione dei Rifiuti derivanti dalla pulizia e primo lavaggio del pomodoro. Sicché, a fronte di una contrastante posizione dello stesso superiore Ministero dell’Ambiente, i provvedimenti di ISPRA erano “pretestuosi, viziati per difetto di motivazione, di istruttoria e travisamento delle norme tecniche che regolano la classificazione dei rifiuti”.
Il Ministero e l’Ispra reiteravano l’eccezione di difetto di legittimazione passiva del Ministero e sollevavano eccezione d’inammissibilità dei motivi aggiunti, in quanto rivolti all’impugnativa non di un vero e proprio provvedimento, bensì di corrispondenza interna tra l’ISPRA e l’Avvocatura Erariale.
Si costituiva in giudizio l’A. R. P. A. C., la quale chiedeva d’essere estromessa dal giudizio, essendosi limitata a svolgere compiti eminentemente tecnici a supporto delle Autorità competenti.
Dopo il deposito di documenti e di una memoria difensiva, nell’interesse della ricorrente, il ricorso, alla pubblica udienza del 13 giugno 2018, era trattenuto in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente, vanno esaminate le domande d’estromissione dal giudizio, avanzate dalla difese dell’A. R. P. A. C. e del Ministero dell’Ambiente.
Le stesse vanno respinte.
Tanto l’A. R. P. A. C., quanto il Ministero, infatti, non possono dirsi estranee alla controversia in argomento, avendo partecipato al relativo procedimento, sia pure in funzione rispettivamente tecnica e consultiva, rispetto alla determinazione della Regione Campania, impugnata in sede di ricorso introduttivo.
Per ciò che concerne, in particolare, l’eccepito difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Ambiente, lo stesso non può delibarsi positivamente, se solo si tiene conto di quanto riferito dall’Avvocatura Erariale, nella propria memoria in atti (“Con riferimento al dibattuto parere tecnico prot. n. 0024355 del 4/6/2015, si rappresenta come lo stesso sia stato predisposto dall’Istituto su richiesta del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare”).
Piuttosto, va valutata l’eccezione d’inammissibilità dei motivi aggiunti, sollevata dal resistente Ministero, sul rilievo del carattere non provvedimentale delle note ISPRA, prot. n. 0035035 del 12.07.2017, prot. 0034447 dell’11.07.2017 e prot. n. 0032193 del 30.06.2017, rese la prima all’Avvocatura dello Stato di Salerno e le altre due al Nucleo Operativo Ecologico C. C. di Salerno, che hanno ritenuto non pertinente la classificazione dei rifiuti, derivanti dalla pulizia e primo lavaggio del pomodoro, con il CER 02.01.99.
L’eccezione è fondata.
Le note gravate, tutte sostanzialmente d’identico contenuto, costituiscono l’espressione di un parere, reso dall’ISPRA all’Avvocatura dello Stato di Salerno – relativamente all’ordinanza cautelare pronunziata dal Tribunale – e al N. O. E. – C. C. di Salerno, relativamente ad indagini di polizia giudiziaria in corso.
Come tali, esse non integrano la manifestazione di una volizione amministrativa, e sono inidonee, ex se, a cagionare la (ulteriore) lesione degli interessi della società ricorrente, già concretizzatasi con l’atto, gravato in sede di atto introduttivo del giudizio; non va, del resto, dimenticato che i motivi aggiunti de quibus erano volti, altresì, a sollecitare la pronunzia d’ulteriori provvedimenti, stante la mancata esecuzione della prefata ordinanza cautelare (da parte della stessa ISPRA) e della Regione Campania (istanza d’ulteriori provvedimenti, poi oggetto di rinunzia – con abbinamento al merito – all’udienza in camera di consiglio del 25.10.2017); sicché le note dell’ISPRA, sostanzialmente, s’inseriscono in tale contesto, nell’ambito di una corrispondenza interna – per quanto qui rileva – con l’Avvocatura Erariale di Salerno, volta essenzialmente a spiegare le ragioni che s’opponevano all’adempimento all’ordinanza de qua.
Ciò posto, e passando al merito della controversia, scaturita dall’atto introduttivo del giudizio, richiamata l’ampia esposizione del fatto, riportata in narrativa, e le argomentazioni a sostegno dell’accoglimento della spiegata istanza cautelare, rileva il Tribunale come, in data 10.08.2017, il Ministero dell’Ambiente abbia trasmesso, all’interveniente ad adiuvandum A. N. I. C. A. V., con nota a firma del Direttore Generale per i rifiuti e l’inquinamento, il proprio definitivo avviso sulla centrale questione, della classificazione dei rifiuti in argomento, che di seguito, per la sua chiarezza, si riporta testualmente:
“Oggetto: Procedure di classificazione dei rifiuti derivanti dalla pulizia e primo lavaggio dei pomodori prodotti dalle aziende agricole che si occupano del comparto produttivo delle conserve alimentari.
A seguito dell’avvenuta acquisizione dei pareri resi dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale con le note prot. 32193 del 30 giugno 2017, prot. 34447 del 11 luglio 2017 e prot. 35035 del 12 luglio 2017, afferenti alla tematica in oggetto, si rendono necessari i seguenti elementi integrativi alle prospettazioni già fornite da questa Direzione Generale nella nota prot. 9664 del 4 luglio 2017.
ISPRA, in estrema sintesi, ha inteso ribadire il proprio orientamento tecnico, ritenendo “non pertinente l’identificazione dei rifiuti di che trattasi con il codice dell’elenco europeo dei rifiuti 020199, che individua rifiuti non specificati altrimenti derivanti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, silvicoltura, caccia e pesca”, sostenendo, per converso, che la classificazione asseritamente “corretta” dei rifiuti in questione richiederebbe l’attribuzione del codice 020304 (“scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione”), ovvero del codice 020301 (“fanghi prodotti da operazioni di lavaggio, pulizia, sbucciatura, centrifugazione e separazione di componenti”), in ragione dell’assorbente circostanza che l’operazione di lavaggio dei pomodori “costituisce la prima fase del processo di trasformazione del vegetale a valle della consegna dello stesso all’industria conserviera”. In tale prospettiva, ISPRA evidenzia una sostanziale incongruenza tra l’attribuzione del codice 020199 ai rifiuti di cui trattasi e la loro provenienza dall’industria agroalimentare, sostenendo che l’operazione di lavaggio dei pomodori attiene per l’appunto alla fase della trasformazione del prodotto svolta dall’industria agroalimentare e che l’attività di quest’ultima, non essendo riconducibile alle tipologie contemplate nel codice 0201 (“agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura, caccia e pesca”) debba necessariamente ed esclusivamente essere ricondotta al codice 0203 (“preparazione e trattamento di frutta, verdura, cereali, oli alimentari, …”).
Impregiudicate le prospettazioni tecniche svolte dall’Istituto, come sopra sintetizzate, rispetto alle quali questa Direzione generale ha già reso le proprie deduzioni con la nota del 4 luglio u. s., ciò che in questa sede preme evidenziare è la necessità di distinguere con il dovuto rigore, ai fini del corretto inquadramento dell’attività e dei compiti delle amministrazioni pubbliche competenti in materia, il piano degli apprezzamenti di carattere tecnico – scientifico dal piano degli apprezzamenti di ordine giuridico – normativo.
A tale ultimo riguardo, si rappresenta che il vigente dettato normativo appare di tenore inequivoco, considerato che il decreto ministeriale 5 febbraio 1998 – all’Allegato 1, sub-allegato 1, punto 7.31 – prevede testualmente come tipologia di rifiuto ammissibile alle procedure di recupero in regime di autorizzazione semplificata le “terre da coltivo derivanti da pulizia di materiali vegetali eduli e dalla battitura della lana sucida”, aventi provenienza da “industria agroalimentare in genere e da industria laniera” (punto 7.31.1), con precipua ed espressa individuazione, per detti rifiuti, dei codici 020199, 020401 e 170501.
L’inequivoca attribuzione del codice 020199 ai rifiuti derivanti dalla pulizia e primo lavaggio di tutti i materiali vegetali eduli (diversi dalla barbabietola, per la quale vale lo specifico codice 020401) prodotti dall’industria agroalimentare non sembra lasciare alcuno spazio, proprio sul piano della perfetta adesione al dettato normativo sopra riportato, all’assegnazione di codici identificativi alternativi per il materiale rilevante nel caso di specie, ossia per il terriccio derivante dal primo lavaggio dei pomodori. Diversamente argomentando, e a voler solo considerare l’ipotesi di assegnare – come sostenuto da ISPRA – un diverso codice al rifiuto sopra descritto, verrebbe a palesarsi un’evidente operazione di ingiustificata e inammissibile disapplicazione della norma di riferimento, in assenza, oltretutto, di qualsivoglia profilo di ipotetico contrasto con discipline di rango legislativo ovvero con il diritto europeo, con il quale, anzi, è specificamente in linea ai sensi della Decisione 2014/955/UE.
Ulteriormente, sempre sul piano strettamente giuridico – normativo, la impossibilità di disapplicare l’esplicita previsione che attribuisce il codice 020199 alle terre da coltivo derivanti dalle attività di primo lavaggio dei pomodori effettuate nell’industria agroalimentare in genere, discende anche dal canone dell’interpretazione “costituzionalmente orientata”, che, come noto, deve comunemente guidare qualunque operazione di interpretazione giuridica. Infatti, considerato che il richiamato punto 7.31 del DM 5.2.1998 contempla espressamente il codice 020401 con il quale viene identificato il “terriccio residuo delle operazioni di pulizia e lavaggio delle barbabietole”, avente caratteristiche del tutto identiche al c.d. “terriccio da pomodori”, la “sostituzione” del codice 020199 (testualmente previsto) con altro e diverso codice (come sostenuto da ISPRA) determinerebbe l’impossibilità di applicare ai residui del lavaggio dei pomodori (e di tutti gli altri “materiali vegetali eduli”) il medesimo trattamento normativo riservato ai residui del lavaggio delle barbabietole, con ogni evidente conseguenza in termini di ingiustificata e arbitraria disparità di trattamento di situazioni eguali, in violazione dell’art. 3, primo comma, Cost.
Nei termini sopra esposti è di tutta evidenza che, al netto delle argomentazioni tecniche svolte dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, in applicazione di quanto espressamente stabilito dal D.M. 5.2.1998, ai rifiuti riconducibili alla tipologia “terre da coltivo derivanti da pulizia di materiali vegetali eduli” (punto 7.31) provenienti dall’industria agroalimentare in genere (punto 7.31.1), sul piano giuridico – amministrativo, debbano essere attribuiti unicamente il codice 020401, per i residui derivanti dalla pulizia delle barbabietole, e il codice 020199, per i residui derivanti dalla pulizia di tutti gli altri materiali vegetali eduli”.
Conformemente a tali considerazioni, che oltre a promanare dal Ministero, cui è commessa la vigilanza sull’I. S. P. R. A., si presentano intrinsecamente logiche e coerenti, il ricorso introduttivo va accolto.
S’osserva, per incidens, che l’emanazione della suddetta nota non determina alcuna cessazione della materia del contendere, posto che l’atto impugnato con il ricorso introduttivo è stata emanato dalla Regione Campania, la quale è rimasta inerte, rispetto all’ordine di riesame, pronunziato dalla Sezione.
Detto atto, a firma del Dirigente dell’U. O. D. Autorizzazioni Ambientali e Rifiuti – Salerno della Direzione Generale per l’Ambiente della Giunta Regionale della Campania, era, in effetti, così testualmente concepito: “In riferimento alla nota del 24/03/2017, prot. 217331, si comunica che con nota del 11/04/2017, prot. 269619, l’ARPAC – Direzione Tecnica Napoli ha inoltrato il parere dell’ISPRA, prot. 24355 del 04/06/2015, in merito alla corretta identificazione del rifiuto costituito dalla terra di primo lavaggio del pomodoro prodotto dall’industria conserviera (che si allega alla presente), che è il codice 02.03.04 che, in tale ambito, identifica gli “scarti inutilizzabili per il consumo e la trasformazione”. Tanto premesso si comunica che per le prossime campagne pomodori, codesta Ditta dovrà attenersi al suddetto parere, che sarà anche nota di prescrizione negli emanandi provvedimenti autorizzativi per il riesame e modifica relativamente alle installazioni di Angri e Sarno”.
Orbene, rispetto ad esso, pienamente fondate si presentano le prime due censure dell’atto introduttivo del giudizio (con assorbimento della terza), e in particolare dirimente – anche per la perfetta consonanza con l’avviso, successivamente espresso al riguardo dal Ministero dell’Ambiente, e sopra riportato – si presenta la deduzione di parte ricorrente, secondo la quale “il CER non si attribuisce pertanto in relazione alla categoria “merceologica” di appartenenza dell’impianto produttore, bensì in base al singolo processo di produzione, esattamente individuato all’interno dei processi lavorativi (generali). Su tali premesse, come si è documentato in sede penale, mediante apposita relazione tecnica, il terriccio che deriva dalla pulizia e primo lavaggio del pomodoro non scaturisce dalla produzione di conserve alimentari (processo di trasformazione industriale), bensì da una fase preliminare rispetto alla trasformazione industriale (del pomodoro), propriamente detta agro – industriale, che ai sensi dell’art. 184, co. 2, del D. Lgs. n. 152/2006, è equiparabile a quella agricola”.
Se a ciò s’aggiunge l’intervenuta assoluzione della ricorrente in sede penale, con decisione posteriore, sia pur di poco, al risalente parere I.S.P.R.A. del 4.06.2015, e l’inequivoco disposto del comma 3 dell’art. 13 della l. r. c. n. 14/2016, anch’esso sopravvenuto, rispetto al parere ISPRA (“3. Il rifiuto speciale costituito da terriccio proveniente dal procedimento industriale di pulizia e primo lavaggio di prodotti ortofrutticoli può essere avviato a recupero ed utilizzato nelle operazioni di ricomposizione ambientale delle cave secondo la normativa vigente”), ben si comprende come l’atto introduttivo del giudizio si presenti pienamente fondato, con conseguente annullamento della nota regionale gravata (fermo restando il perdurante obbligo conformativo a carico della Regione, non assolto a partire dalla prefata ordinanza cautelare, ma, ora, ancora più ineludibile, in virtù della presente sentenza, e conformemente ai suoi dettami).
L’accoglimento del ricorso introduttivo comporta la condanna della Regione Campania al pagamento, in favore della ricorrente e dell’interveniente ad adiuvandum, di spese e compensi, relativi al presente giudizio, e alla restituzione del contributo unificato versato.
Ogni altra spesa di lite, rispetto alle altre parti resistenti ed intimate, può eccezionalmente compensarsi, stante la natura consultiva e tecnica degli apporti procedimentali, resi dalle stesse.
Quanto ai motivi aggiunti, la decisione, processuale, d’inammissibilità dei medesimi, implica che le spese di lite vanno compensate tra tutte le parti, e che il relativo contributo unificato è destinato a restare a carico della società ricorrente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sui successivi motivi aggiunti, così provvede:
accoglie l’atto introduttivo del giudizio e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato, in epigrafe sub a);
dichiara inammissibili, nei sensi di cui in motivazione, i motivi aggiunti.
Condanna la Regione Campania al pagamento, in favore della società ricorrente e dell’interveniente ad adiuvandum, di spese e compensi, relativi al ricorso introduttivo, che liquida in € 2.500,00 (duemilacinquecento/00), in favore di ciascuna di esse, e così – complessivamente – in € 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori come per legge, e la condanna altresì al rimborso, in favore della società ricorrente, del contributo unificato, versato in relazione all’atto introduttivo del giudizio.
Compensa ogni altra spesa di giudizio, concernente sia il ricorso introduttivo, sia i motivi aggiunti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso, in Salerno, nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2018, con l’intervento dei magistrati:
Maria Abbruzzese, Presidente
Paolo Severini, Consigliere, Estensore
Olindo Di Popolo, Consigliere
L’ESTENSORE
Paolo Severini
IL PRESIDENTE
Maria Abbruzzese
IL SEGRETARIO