Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 619 | Data di udienza: 21 Febbraio 2017

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Previsione a zona P.i.p. – Vincolo di previo piano attuativo imposto dal prg – Decadenza, per decorso del termine di cinque anni – Effetti.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Campania
Città: Salerno
Data di pubblicazione: 28 Marzo 2017
Numero: 619
Data di udienza: 21 Febbraio 2017
Presidente: Riccio
Estensore: Sabbato


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Previsione a zona P.i.p. – Vincolo di previo piano attuativo imposto dal prg – Decadenza, per decorso del termine di cinque anni – Effetti.



Massima

 

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 1^ – 28 marzo 2017, n. 619


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Previsione a zona P.i.p. – Vincolo di previo piano attuativo imposto dal prg – Decadenza, per decorso del termine di cinque anni – Effetti.

La decadenza, per decorso del termine di cinque anni prevista dall’art. 2 l. n. 1187 del 1968, se riferita al vincolo di previo piano attuativo imposto dal p.r.g. con la previsione di zona p.i.p., trattandosi di vincolo meramente procedimentale (consistente nella previsione di una procedura pubblica ablatoria al fine della realizzazione della pianificazione) non si traduce, allo scadere del quinquennio, in una preclusione all’adozione del piano attuativo da parte dell’Ente Locale, con l’esercizio dei connessi poteri espropriativi, poiché non comporta la decadenza della destinazione conformativa a zona industriale, ma determina al più la sola riespansione della facoltà privata di proporre, in alternativa al procedimento ablatorio pubblico, la realizzazione di un piano particolareggiato ad iniziativa privata. Il decorso del quinquennio dall’entrata in vigore del p.r.g., dunque, non determina alcuna consumazione del potere comunale di adottare ed approvare il p.i.p., la cui introduzione successiva al suddetto periodo non è viziata sul piano della validità.

Pres. Riccio, Est. Sabbato – L. s.r.l. (avv. Barco) c. Comune di Scafati (avv. Iannoto)


Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 1^ - 28 marzo 2017, n. 619

SENTENZA

 

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 1^ – 28 marzo 2017, n. 619

Pubblicato il 28/03/2017

N. 00619/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01669/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1669 del 2016, proposto da:
L.G.L. srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Enzo Barco (C.F.: BRC NZE 84B26 L949D), e con quest’ultimo elettivamente domiciliata presso la Segreteria del Tar adito, giusta procura speciale in calce al ricorso;

contro

Comune di Scafati, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine della memoria di costituzione, dall’avv. Andrea Iannoto, domiciliato d’ufficio, ai fini del presente giudizio, presso la segreteria del Tribunale adito;

per l’annullamento

del provvedimento prot.n°26275 del 24/06/2016, notificato in data 27/06/2016, relativo all’annullamento del permesso di costruire n°66 del 04/12/2015, e di ogni atto, anche endoprocedimentale, comunque non conosciuto, consequenziale, connesso, preordinato e presupposto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Scafati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2017 il dott. Giovanni Sabbato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso notificato in data 23 settembre 2016 e ritualmente depositato il successivo 13 ottobre, la società LGL S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, impugna gli atti di cui in epigrafe, invocandone l’annullamento.

Premette quanto segue:

– svolge attività industriale di produzione di prodotti conservieri alimentari vegetali nel proprio stabilimento di Scafati, manifestando la necessità di ampliare la propria struttura onde poter competere con i gruppi nazionali ed europei, tanto da conseguire gli incentivi regionali di cui alle misure POR FESR 2007/13 per una somma complessiva di € 2.559.963,84;

– provvedeva quindi a richiedere siffatto ampliamento in data 12/05/2006 prot.n°12425, istanza che però veniva rigettata, nel 05/05/09, con la seguente motivazione: “…l’ampliamento in oggetto, ricadente nella sottozona D4….con vincolo quinquennale decaduto, contrasta con l’art. 9 del DPR 380/01…”;

– quindi, dopo aver indetto conferenza di servizi al fine di variare la zona da D4 a D3, che si concludeva favorevolmente, e dopo l’approvazione dell’osservazione al PUC resa dalla stessa ricorrente, a seguito della quale l’area in questione veniva qualificata come “Ambiti di attività industriali e artigianali esterne al tessuto consolidato”, il Comune rilasciava PdC n°66 alla LGL per la realizzazione del prefato ampliamento industriale;

– successivamente la P.A. comunicava l’avvio del procedimento teso alla revoca del PdC n°66/15 sulla scorta delle seguenti considerazioni: “considerato che il rilascio del citato permesso di costruire aveva ampio risalto sugli organi di stampa locali e sui social-networks, per paventati problemi di illegittimità, per cui l’amministrazione comunale, al momento del conferimento di incarico al nuovo dirigente pro tempore dell’area urbanistica, richiedeva allo stesso una verifica della correttezza procedurale seguita…in data 01/03/2016 con nota prot.n°122, richiedeva al Settore Avvocatura dell’Ente apposito parere legale, formalizzato con delibera di G.C. n°63/2016”;

– il suindicato parere legale, tra l’altro richiesto ben prima delle istanze di chiarimenti avanzate dalla III Commissione Permanente “Urbanistica ed ambiente” (10/03 e 17/03), ritiene l’illegittimità del PdC rilasciato sulla scorta di quanto segue: a) la zona D4 è caratterizzata da un vincolo preordinato all’esproprio ed è da considerarsi priva di destinazione urbanistica; b) il rilascio del PdC senza delibera di Consiglio comunale di approvazione della variante da sottozona D4 a sottozona D3; c) l’accoglimento dell’osservazione al PUC non può considerarsi recepimento dei risultati della conferenza di servizi;

– in data 27 giugno 2016 la A.C. provvedeva alla notifica dell’annullamento in parola, nonostante i numerosi scritti difensivi all’uopo prodotti e la relazione del dirigente in servizio al momento del rilascio del titolo – con la quale evidenziava, inter alia, l’insussistenza della zona bianca stante il vincolo conformativo della zona D4 – richiamando pedissequamente il parere legale sopra mentovato.

Parte ricorrente solleva pertanto le seguenti censure:

Con riferimento al punto sub a) della motivazione del parere legale:

1) Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria. Illogicità manifesta. Travisamento del fatto e del diritto. Violazione della Legge Urbanistica nonché del DM 1444/1968, in quanto il decorso dell’efficacia del PIP (realizzato nel corso di 10 anni) avrebbe inciso esclusivamente sui vincoli sostanziali espropriativi, ma non sulla zona D4, ove ricade il fondo in questione, tanto più che l’Amministrazione avrebbe adottato una determinazione in contrasto con i precedenti provvedimenti abilitativi relativi al capannone in questione;

Con riferimento al punto sub b) della motivazione del parere legale:

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del DPR 447/98. Violazione del giusto procedimento, in quanto la conferenza di servizi per l’approvazione della variante non sarebbe stata necessaria permanendo la medesima zona omogenea;

Con riferimento al punto sub c) della motivazione del parere legale:

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria;

4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 nonies della legge 241/90. Violazione e falsa applicazione del principio di proporzionalità. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 241/90, per difetto di motivazione sull’interesse pubblico specifico, concreto ed attuale alla rimozione dell’atto;

5) Ancora sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 21 nonies della legge 241/90. Violazione dell’art. 97 della Costituzione. Violazione del principio del legittimo affidamento. Violazione e falsa applicazione del principio di proporzionalità, in quanto sarebbero stati lesi gli interessi dei destinatari del provvedimento, in tale sede, senza una puntuale motivazione e senza una reale necessità in tal senso;

6) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3 e 10 della legge 241/90. Violazione dell’art. 97 della Costituzione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, per difetto di motivazione sulle osservazioni rese dalla ricorrente in sede endoprocedimentale.

Il Comune di Scafati si costituisce in giudizio, al fine di resistere, evidenziando la presenza sull’area di un vincolo (con il quale si richiede la previa adozione del PIP) sottoposto a termine decadenziale nonché la mancata approvazione del PUC perché in contrasto con il PTCP.

Alla camera di consiglio del 6 dicembre 2016, la domanda di sospensiva è accolta, con la seguente motivazione: “Considerato che le esigenze cautelari prospettate dalla parte istante, riconnesse alla possibile perdita delle agevolazioni economiche ed alla ricaduta occupazionale, sono “tutelabili adeguatamente con la sollecita definizione del giudizio nel merito” (cfr. art. 55, comma 10 c.p.a.) e che pertanto, in accoglimento della domanda cautelare, va fissata l’udienza di trattazione del ricorso alla prossima udienza pubblica del 21 febbraio 2017, con compensazione delle spese di fase;”.

Alla pubblica udienza del 21 febbraio 2017, sulle conclusioni delle parti costituite, il ricorso è trattenuto in decisione

DIRITTO

Il ricorso è fondato.

Occorre rammentare, in via del tutto preliminare, che il perno della motivazione che è posta a corredo dell’atto odiernamente impugnato si fonda sulla presa d’atto dell’intervenuta decadenza della previsione urbanistica che impone la previa adozione del piano insediamenti produttivi e la conseguente soggezione dell’area, avente tale destinazione, alla disciplina ben più restrittiva prevista per le cosiddette zone bianche. L’assioma tuttavia non può essere condiviso, in quanto, secondo preciso ed argomentato orientamento giurisprudenziale (T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 17 dicembre 2004, n. 19385), la decadenza, per decorso del termine di cinque anni prevista dall’art. 2 l. n. 1187 del 1968, se riferita al vincolo di previo piano attuativo imposto dal p.r.g. con la previsione di zona p.i.p., trattandosi di vincolo meramente procedimentale (consistente nella previsione di una procedura pubblica ablatoria al fine della realizzazione della pianificazione) non si traduce, allo scadere del quinquennio, in una preclusione all’adozione del piano attuativo da parte dell’Ente Locale, con l’esercizio dei connessi poteri espropriativi, poiché non comporta la decadenza della destinazione conformativa a zona industriale, ma determina al più la sola riespansione della facoltà privata di proporre, in alternativa al procedimento ablatorio pubblico, la realizzazione di un piano particolareggiato ad iniziativa privata. Il decorso del quinquennio dall’entrata in vigore del p.r.g., dunque, non determina alcuna consumazione del potere comunale di adottare ed approvare il p.i.p., la cui introduzione successiva al suddetto periodo non è viziata sul piano della validità.

L’orientamento pretorio è stato ribadito più di recente (T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 02 luglio 2007 n. 6423), affermandosi che il vincolo di previo piano attuativo imposto dal p.r.g. con la previsione di zona p.i.p. costituisce un vincolo meramente formale o procedimentale e non un vincolo sostanziale espropriativo; ciò in quanto la previsione di uno strumento urbanistico che subordina l’attività edificatoria alla preventiva formazione di un piano attuativo costituisce solo una condizione procedurale alla edificabilità dell’area, con la conseguenza che il decorso del termine quinquennale non comporta la decadenza del potere amministrativo di porre in essere il piano attuativo, né l’obbligo di indennizzo a favore dei privati proprietari, ma solo il riespandersi della concorrente facoltà dei privati di proporre strumenti attuativi di propria iniziativa. Pertanto, il decorso del quinquennio non importa la decadenza della destinazione conformativa a zona industriale e non determina consumazione del potere comunale di adottare ed approvare il relativo piano di attuazione, la cui introduzione successiva al suddetto periodo non è viziata sul piano della validità. La tesi è stata recepita anche da questa Sezione staccata, essendosi ritenuto che il “piano particolareggiato, al quale deve assimilarsi il P.I.P., condivide l’orientamento consolidato in forza del quale, quest’ultimo, una volta decaduto per scadenza dei termini, “diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione e residua, a tempo indeterminato, il solo obbligo di osservare nelle nuove costruzioni gli allineamenti e le prescrizioni di zona dello stesso, sicché alla cessata efficacia delle norme del piano attuativo consegue la decadenza dei vincoli espropriativi di zona, con riespansione dello ius aedificandi secondo le previsioni dettate dal vigente strumento urbanistico, rimanendo fermi a tempo indeterminato soltanto gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso” (Così Tar Salerno, II, n. 19/02/2014, n. 410, nonché I, 356/2013, 3323/2009 e sez. II, 8 luglio 2008, n. 2085). Il versante motivazionale posto a sostegno del contestato provvedimento, laddove si assume il venir meno della destinazione industriale D4, risulta quindi inficiato dalla censura in esame, che pertanto è fondata a va accolta.

Nemmeno è in grado di sorreggere la determinazione impugnata quanto evidenziato dall’Amministrazione a proposito della mancata definizione del procedimento di variante della disciplina urbanistica. In realtà, la permanente destinazione industriale D4, non incisa – come detto – dalla scadenza del termine per l’esecuzione del piano attuativo, esclude l’esigenza di apportare la variazione della disciplina urbanistica da sottozona D4 a sottozona D3, in sintonia con quanto precedentemente opinato dal dirigente pro tempore dell’area urbanistica circa la non necessità della conferenza di servizi finalizzata ad una variante da D4 a D3 del vigente PRG. Al riguardo, va rammentata la formulazione dell’art. 5 del DPR 447/98, che riconduce il suo ambito applicativo al fatto che “il progetto presentato sia in contrasto con lo strumento urbanistico, o comunque richieda una sua variazione….”. Nel caso di specie non si rinviene il necessario profilo di contrasto con la disciplina urbanistica localmente vigente, proprio in considerazione della persistente destinazione industriale dell’area come sottozona D4.

Tanto premesso, ritenuta assorbita ogni altra censura, il ricorso va accolto e dell’atto impugnato occorre disporre l’annullamento.

Sussistono nondimeno eccezionali ragioni, connesse alla particolarità della vicenda, per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1669/2016, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Spese compensate, fatto salvo il rimborso, a carico del Comune, del contributo unificato se versato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Riccio, Presidente
Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore
Ezio Fedullo, Consigliere

L’ESTENSORE
Giovanni Sabbato
        
IL PRESIDENTE
Francesco Riccio
        
        
IL SEGRETARIO

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