Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto demaniale Numero: 664 | Data di udienza: 25 Ottobre 2012

* DIRITTO DEMANIALE – Art. 49 cod. nav. –  Scadenza della concessione – Opere inamovibili – Acquisizione ope legis al demanio – Formalità di natura ricognitiva – Azioni di annullamento – Carattere accertativo.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Emilia Romagna
Città: Bologna
Data di pubblicazione: 7 Novembre 2012
Numero: 664
Data di udienza: 25 Ottobre 2012
Presidente: Calvo
Estensore: Caso


Premassima

* DIRITTO DEMANIALE – Art. 49 cod. nav. –  Scadenza della concessione – Opere inamovibili – Acquisizione ope legis al demanio – Formalità di natura ricognitiva – Azioni di annullamento – Carattere accertativo.



Massima

 

TAR EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. 1^ – 7 novembre 2012, n. 664


DIRITTO DEMANIALE – Art. 49 cod. nav. –  Scadenza della concessione – Opere inamovibili –Acquisizione ope legis al demanio – Formalità di natura ricognitiva – Azioni di annullamento – Carattere accertativo.

Dal disposto dell’art. 49 del Codice della navigazione  la giurisprudenza ha costantemente desunto l’automaticità della produzione dell’effetto traslativo al tempo dello spirare della concessione, e quindi il carattere meramente ricognitivo (di tale effetto) che rivestono i successivi atti di incameramento delle opere qualificate “inamovibili”, a fronte della loro acquisizione ope legis al demanio in coincidenza del venire in rilievo dei presupposti fattuali previsti dalla legge (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 14 ottobre 2010 n. 7505, 6 giugno 2003 n. 3187 e 8 aprile 2000 n. 2035). Se, dunque, si realizza una peculiare forma di “accessione” consistente nell’acquisto ipso iure della proprietà del manufatto da parte del proprietario del suolo, non è necessario a tali fini un atto di incameramento o una recettizia manifestazione di volontà ad opera della pubblica Amministrazione, per trattarsi di formalità non costitutive ma di natura meramente ricognitiva, la cui assenza non preclude quindi la produzione di un effetto traslativo automatico; con la conseguenza, in particolare, che le azioni di annullamento in simili casi esperite assumono in realtà carattere accertativo e non impugnatorio, perché dirette in sostanza alla verifica dell’attuale assetto proprietario del bene, sì da rientrare nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di concessioni di beni pubblici, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 1034 del 1971 (v. Cons. Stato, Sez. VI, n. 2035/2000 cit.) e, ora, dell’art. 133, comma 1, lett. b), cod.proc.amm.

Pres. Calvo, Est. Caso – M.V. (avv.ti Gardini e Fabbri) c. Ministero dei Trasporti e della Navigazione e altri  (Avv. Stato) e altro (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. 1^ - 7 novembre 2012, n. 664

SENTENZA

 

TAR EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. 1^ – 7 novembre 2012, n. 664


N. 00664/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00457/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso n. 457 del 2000 proposto da Marco Villa, rappresentato e difeso dall’avv. Ivo Gardini e dall’avv. Mariacristina Fabbri, ed elettivamente domiciliato in Bologna, via Castiglione n. 37, presso lo studio dell’avv. Pier Furio Zelaschi;

contro

il Ministero dei Trasporti e della Navigazione e il Ministero dei Lavori pubblici (ora Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), il Ministero delle Finanze (ora Ministero dell’Economia e delle Finanze) e la Capitaneria di Porto di Rimini, tutti in persona dei rispettivi rappresentanti legali p.t., difesi e rappresentati dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria ex lege;
la Regione Emilia-Romagna, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

del verbale in data 22 settembre 1999 della Commissione convocata dalla Capitaneria di Porto di Rimini ai sensi dell’art. 49 cod.nav., recante l’accertamento dell’inamovibilità di un manufatto in muratura, adibito a chiosco-bar, di proprietà del ricorrente.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di “motivi aggiunti” depositato il 28 dicembre 2000;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dei Trasporti e della Navigazione e del Ministero dei Lavori pubblici (ora Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), del Ministero delle Finanze (ora Ministero dell’Economia e delle Finanze) e della Capitaneria di Porto di Rimini;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore il dott. Italo Caso;

Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 25 ottobre 2012 i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Proprietario di un manufatto in muratura adibito a chiosco-bar e ubicato in area demaniale marittima del territorio del Comune di Rimini, nei pressi dello stabilimento balneare n. 114, in virtù di concessione più volte rinnovata dalla locale Capitaneria di Porto (ma scaduta il 31 dicembre 1997 e non ancora rinnovata nonostante la formale richiesta in tal senso effettuata), il ricorrente veniva a conoscenza della circostanza che in data 22 settembre 1999 si sarebbe riunita la Commissione convocata dalla Capitaneria di Porto di Rimini, ai sensi dell’art. 49 cod.nav., per l’accertamento dell’amovibilità o meno del suindicato manufatto. Pur presenziando alla riunione, solo in un secondo tempo l’interessato veniva a conoscenza delle conclusioni della stessa, e cioè dell’avvenuta classificazione del manufatto – nel solo corpo costituente lo stabile centrale adibito a bar – come “opere di difficile rimozione”, con conseguente sussistenza dei presupposti per l’incameramento del bene al demanio marittimo statale (v. nota della Capitaneria di Porto di Rimini in data 19 novembre 1999).

Avverso il verbale della Commissione ha proposto impugnativa il ricorrente, lamentando che si sia omesso di provvedere sulla sua richiesta di rinnovo della concessione (in violazione dell’art. 37, comma 2, cod.nav.), che si sia indebitamente fatta derivare la “non amovibilità” del manufatto (art. 49 cod.nav.) dal diverso e meno grave concetto di “difficoltà di rimozione” della costruzione, che si sia illegittimamente fondata la sussistenza di requisiti tecnici e di opportunità su presupposti di fatto e di diritto errati senza neppure chiarire le ragioni della ritenuta “ottimale tutela erariale” in tal modo conseguita, che si sia realizzata una disparità di trattamento rispetto ad altri titolari di concessioni demaniali marittime, che le conclusioni raggiunte si connotino per difetto di istruttoria e di motivazione, che si sia omessa la comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della legge n. 241 del 1990, che non si siano adeguatamente valutati e contemperati gli interessi pubblici e privati coinvolti. Di qui la richiesta di annullamento dell’atto impugnato.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dei Trasporti e della Navigazione, il Ministero dei Lavori pubblici, il Ministero delle Finanze e la Capitaneria di Porto di Rimini, tutti a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, resistendo al gravame.

L’istanza cautelare del ricorrente veniva respinta dal Tribunale alla Camera di Consiglio del 5 aprile 2000 (ord. n. 306/2000).

A séguito, poi, dell’istruttoria disposta dal Tribunale, l’interessato ha ritenuto di dover proporre “motivi aggiunti” (v. atto depositato il 28 dicembre 2000). Censura, in particolare, la circostanza che, come emerso dalla memoria difensiva dell’Avvocatura dello Stato, la nozione di “inamovibilità” sia stata desunta nella fattispecie dalle istruzioni di una circolare ministeriale del 1962 mai citata nel verbale della Commissione oltre che da un parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici addirittura non più disponibile e comunque di per sé inidoneo a produrre indirizzi generali in materia, con conseguente sussistenza dei vizi di difetto di motivazione, di carenza di istruttoria e di erroneità e illegittimità dei presupposti.

All’udienza del 25 ottobre 2012, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.

Osserva preliminarmente il Collegio che dal disposto dell’art. 49 del Codice della navigazione (“Salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato”) la giurisprudenza ha costantemente desunto l’automaticità della produzione dell’effetto traslativo al tempo dello spirare della concessione, e quindi il carattere meramente ricognitivo (di tale effetto) che rivestono i successivi atti di incameramento delle opere qualificate “inamovibili”, a fronte della loro acquisizione ope legis al demanio in coincidenza del venire in rilievo dei presupposti fattuali previsti dalla legge (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 14 ottobre 2010 n. 7505, 6 giugno 2003 n. 3187 e 8 aprile 2000 n. 2035). Se, dunque, si realizza una peculiare forma di “accessione” consistente nell’acquisto ipso iure della proprietà del manufatto da parte del proprietario del suolo, non è necessario a tali fini un atto di incameramento o una recettizia manifestazione di volontà ad opera della pubblica Amministrazione, per trattarsi di formalità non costitutive ma di natura meramente ricognitiva, la cui assenza non preclude quindi la produzione di un effetto traslativo automatico; con la conseguenza, in particolare, che le azioni di annullamento in simili casi esperite assumono in realtà carattere accertativo e non impugnatorio, perché dirette in sostanza alla verifica dell’attuale assetto proprietario del bene, sì da rientrare nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di concessioni di beni pubblici, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 1034 del 1971 (v. Cons. Stato, Sez. VI, n. 2035/2000 cit.) e, ora, dell’art. 133, comma 1, lett. b), cod.proc.amm.

Ciò posto, e venendo alla presente controversia, la domanda di annullamento dell’atto impugnato – che non ha natura provvedimentale – può essere convertita in domanda di accertamento del diritto di proprietà sul manufatto (che il ricorrente assume “amovibile”), a norma dell’art. 32, comma 2, cod.proc.amm. Ne consegue, a questo punto, l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità riferita dall’Avvocatura dello Stato alla circostanza che non è stato impugnato l’atto conclusivo del procedimento (v. memoria difensiva depositata il 17 marzo 2012), per prodursi l’effetto traslativo – come si è detto – indipendentemente dall’adozione degli atti di incameramento del bene al demanio statale.

Nel merito, va innanzi tutto precisato che, per essere quello impugnato un mero atto paritetico e non un atto di natura autoritativa, si presentano all’evidenza irrilevanti i vizi formali e procedimentali che lo inficierebbero e improponibili le censure di eccesso di potere nella fattispecie formulate. Come è noto, infatti, quando vengono in rilievo atti paritetici, la giurisdizione si esercita sul rapporto e non sull’atto, sì che le relative controversie si sottraggono alle regole del processo di tipo impugnatorio.

Resta da esaminare l’assunto secondo cui il manufatto sarebbe stato erroneamente qualificato “non amovibile” e indebitamente ascritto alla categoria dei beni soggetti all’acquisizione al demanio statale ex art. 49 cod.nav. Sennonché, rispetto all’accertamento tecnico operato dall’apposita Commissione statale e alle relative e argomentate conclusioni (“…lo stesso risulta effettivamente consolidato con opere stabili in muratura di tipo chiaramente inamovibile (per quanto riguarda il solo edificio centrale sede del servizio bar), il tutto realizzato con strutture in muratura di cemento armato e poggiate su base realizzata in piattaforma cementizia saldamente ancorata al suolo. Pertanto la Commissione concorda nel dover riconoscere e dichiarare, sulla base della verifica strutturale condotta, classificabile come “opere di difficile rimozione” il manufatto ispezionato ed insistente su area demaniale marittima …”), il ricorrente – oltre a sollevare le questioni formali e procedimentali che si è visto improponibili in questo giudizio – si è limitato a censurare in maniera generica le verifiche tecniche compiute dall’Amministrazione a proposito del dato fattuale del carattere amovibile o meno del manufatto (il solo aspetto che rileva in simili fattispecie), omettendo di fornire puntuali elementi di prova a sostegno dell’asserita amovibilità della costruzione. In verità, il soggetto pubblico si è attenuto alle istruzioni ministeriali risalenti ad una circolare del 1962, ove si diceva che “…si possono classificare “inamovibili” le opere a strutture stabili, in muratura, in cemento armato, in sistema misto, con elementi di prefabbricazione di notevole peso la cui rimozione comporti necessariamente la distruzione sostanziale del manufatto …” e che “…si possono, di massima, considerare “amovibili” … le opere le cui strutture possono essere effettuate con montaggio di parti elementari come quelle ad esempio costruite con strutture prefabbricate a scheletro leggero di cemento armato, normale o precompresso, di acciaio, di legno o altro materiale leggero, con o senza muri di tompagno, costruite con copertura smontabile, fondazioni isolate o diffuse che possono essere ricostruite altrove, con semplice rimontaggio e senza che la rimozione stessa comporti la distruzione parziale o totale del manufatto …”, sicché a detti parametri avrebbe dovuto attenersi anche il ricorrente nel dimostrare l’eventuale erroneità dell’esito delle indagini tecniche effettuate dall’Amministrazione, onere di prova cui egli si è invece immotivatamente sottratto; peraltro, seppur risalenti nel tempo, quelle istruzioni recano indirizzi sostanzialmente non incoerenti con le regole tecniche della nostra epoca, se è vero che non si discostano in modo significativo dai criteri che la circolare dell’Agenzia del Demanio del 21 febbraio 2007 ha di recente indicato per distinguere le «opere inamovibili o di difficile rimozione» dalle «opere amovibili o di facile rimozione». La circostanza, poi, che nella fattispecie l’atto di concessione avesse a suo tempo espressamente contemplato la sola ipotesi delle “opere abusive di difficile rimozione” quale caso in cui sarebbe intervenuta l’acquisizione al demanio dopo la scadenza della concessione, ad avviso del Collegio, non osta all’applicazione dell’art. 49 cod.nav. perché il silenzio della concessione sulle “opere non abusive” consente la diretta operatività della norma statale.

Infine, non assume rilievo nella presente controversia la proroga della validità della concessione da ultimo disposta dal Comune di Rimini (v. atto depositato dalla parte ricorrente nel corso dell’udienza di discussione della causa), in assenza di circostanziate indicazioni del ricorrente stesso circa l’eventuale sopraggiunta inutilità della pronuncia rispetto a vicenda risalente nel tempo e, in ipotesi, mai risultata realmente produttiva di effetti pregiudizievoli per l’interessato.

In conclusione, il ricorso va respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza del ricorrente, e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, nella misura complessiva di € 3.000,00 (tremila/00), oltre agli accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio del 25 ottobre 2012, con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Calvo, Presidente
Sergio Fina, Consigliere
Italo Caso, Consigliere, Estensore
  
L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
         

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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