* APPALTI – Offerte anomale – Costo del lavoro – “Minimi salariali retributivi” – Vigenti tabelle ministeriali – Artt. 23, 97 e 216 d.lgs. n. 50/2016 – Art. 95 d.lgs. n. 50/2016 – Affidamento mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa – Servizi ad alta intensità di manodopera – Deroga – Presupposti – Commi 4 e 5.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Emilia Romagna
Città: Parma
Data di pubblicazione: 30 Dicembre 2016
Numero: 387
Data di udienza: 14 Dicembre 2016
Presidente: Conti
Estensore: Poppi
Premassima
* APPALTI – Offerte anomale – Costo del lavoro – “Minimi salariali retributivi” – Vigenti tabelle ministeriali – Artt. 23, 97 e 216 d.lgs. n. 50/2016 – Art. 95 d.lgs. n. 50/2016 – Affidamento mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa – Servizi ad alta intensità di manodopera – Deroga – Presupposti – Commi 4 e 5.
Massima
TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. 1^ – 30 dicembre 2016, n. 387
APPALTI – Offerte anomale – Costo del lavoro – “Minimi salariali retributivi” – Vigenti tabelle ministeriali – Artt. 23, 97 e 216 d.lgs. n. 50/2016.
L’art. 216, c. 4 del d.lgs. n. 50/2016, che l’art. 23 richiama sino al momento dell’ adozione (non ancora intervenuta) delle tabelle ministeriali di cui al comma 16, rinvia ai decreti ministeriali già emanati in materia di determinazione del costo del lavoro. Tale rinvio deve intendersi riferito ai soli livelli degli importi ivi indicati senza che rilevi, a seguito dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti, la natura di mero riferimento (motivatamente derogabile) che caratterizzava tali dati nel vigore della precedente disciplina. Ne deriva che i “minimi salariali retributivi” da assumere quale parametro di riferimento ai fini della qualificazione dell’offerta come anormalmente bassa e dell’adozione dei conseguenti provvedimenti di cui al già richiamato art. 97, comma 5, lett. d) del Codice, sono allo stato quelli specificati dalle vigenti tabelle ministeriali.
APPALTI – Art. 95 d.lgs. n. 50/2016 – Affidamento mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa – Servizi ad alta intensità di manodopera – Deroga – Presupposti – Commi 4 e 5.
La possibilità di derogare al regime dell’affidamento mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 95 del d.lgs. n. 50/2016, in presenza di servizi “ad alta intensità di manodopera” è consentita unicamente nelle fattispecie previste dal comma 4 ( per i lavori di importo pari o inferiore a 1.000.000 di euro, tenuto conto che la rispondenza ai requisiti di qualità è garantita dall’obbligo che la procedura di gara avvenga sulla base del progetto esecutivo; per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato; per i servizi e le forniture di importo inferiore alla soglia di cui all’articolo 35, caratterizzati da elevata ripetitività, fatta eccezione per quelli di notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo) e, ai sensi del successivo comma 5, con “adeguata motivazione”.
Pres. Conti, Est. Poppi – I. s.p.a. (avv.ti Caliandro, Robaldo e Ferraris) c. Procura Generale della Repubblica presso Corte di Appello di Bologna (Avv. Stato)
Allegato
Titolo Completo
TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. 1^ - 30 dicembre 2016, n. 387SENTENZA
TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. 1^ – 30 dicembre 2016, n. 387
Pubblicato il 30/12/2016
N. 00387/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00254/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 254 del 2016, proposto da:
I.V.R.I. Istituti di Vigilanza Riuniti S.p.A. unipersonale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati Francesco Caliandro, Enzo Robaldo e Pietro Ferraris, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar, in Parma, piazzale Santafiora n. 7;
contro
Procura Generale della Repubblica presso Corte di Appello di Bologna rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato presso la quale è ex lege domiciliata in Bologna, via Guido Reni n. 4;
nei confronti di
St Vigilanza S.r.l. già Siciltransport S.r.l. – Istituto di Vigilanza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Glenda Giardina e Gianluca Rossitto con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar, in Parma, piazzale Santafiora n. 7;
per l’annullamento
del decreto n.125/2016 del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bologna del 31 agosto 2016 (trasmesso a IVRI in pari data) recante la proposta di aggiudicazione della procedura avente ad oggetto “la fornitura del servizio di vigilanza con guardia giurata armata” da espletarsi presso le sedi giudiziarie di Parma (CIG 6748189DB7) all’impresa Siciltransport S.r.l., Istituto di Vigilanza;
del provvedimento di aggiudicazione definitiva del servizio, comunque denominato, non noto quanto a estremi e numero di protocollo, espresso o tacito, medio tempore intervenuto;
ove occorrer possa dei verbali di gara, degli atti e dei verbali anche non conosciuti concernenti la verifica di congruità, nella parte in cui è stata giudicata congrua l’offerta presentata da Siciltransport S.r.l.;
in via subordinata, della determina a contrarre (comunque denominata) e della lex specialis di gara, con particolare riferimento alla lettera d’invito e al capitolato, nella parte in cui i resistenti hanno deciso di aggiudicare l’appalto secondo il criterio del prezzo più basso;
nonché di ogni altro atto, presupposto, connesso, conseguente od attuativo, ancorché non conosciuto quanto a data e contenuto, ivi compreso il contratto eventualmente stipulato con altro operatore economico;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Procura Generale della Repubblica Presso Corte di Appello di Bologna e di St Vigilanza S.r.l. già Siciltransport S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2016 il dott. Marco Poppi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con provvedimento del Direttore Generale delle Risorse materiali e delle Tecnologie del 30 giugno 2016, il Ministero della Giustizia disponeva di “procedere all’affidamento diretto del servizio di vigilanza per gli Uffici Giudiziari di Parma, in regime di proroga tecnica” affidandolo alla ricorrente (gestore uscente già in regime di proroga dal 1 gennaio 2014) e di “procedere all’indizione di procedura negoziata senza bando per l’affidamento del medesimo servizio di vigilanza dal 1 agosto 2016 al 31 dicembre 2016, mediante invito rivolto ad almeno 5 operatori di settore perché questi offrano il minor prezzo in relazione all’importo a base d’asta pari a € 85.346,40 Iva escl.” delegando a tal fine il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Bologna.
Acquisito dalla Prefettura di Parma l’elenco degli Istituti di vigilanza operanti in provincia (titolari di licenza rilasciate dalla medesima Prefettura o ivi operanti in regime di estensione territoriale), con Lettera di invito dell’8 luglio 2016 indirizzata a 6 operatori di mercato la Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Bologna (di seguito Procura) avviava una “indagine di mercato” per acquisire la disponibilità a partecipare alla procedura di selezione in questione.
Nella stessa data la Ditta Siciltransport, odierna controinteressata, avuta notizia di detta indizione, chiedeva di essere invitata a partecipare. La richiesta veniva accolta inviando anche a quest’ultima la Lettera di invito.
Nella seduta del 21 luglio 2016 la Commissione, previa apertura delle buste contenenti le offerte presentate dalla 4 Ditte partecipanti alla gara, procedeva all’aggiudicazione provvisoria del servizio a Siciltrasport che offriva l’importo di € 64.163,42.
Alla gara veniva in seguito ammessa anche la Ditta G4 Vigilanza, destinataria della Lettera di invito alla quale aderiva, ma la cui offerta non veniva valutata nella citata seduta della Commissione poiché, pur essendo tempestivamente pervenuta presso l’ufficio competente, non era stata valutata dalla Commissione a causa un disguido interno (dimenticanza del Custode del Palazzo di giustizia che aveva ricevuto materialmente il plico).
Tale ulteriore offerta veniva scrutinata nella seduta del 28 luglio 2016 appositamente fissata.
Nelle more con nota datata 25 luglio 2016 recapitata alla Stazione appaltante, l’odierna ricorrente, la cui offerta si posizionava al secondo posto della graduatoria, evidenziava l’anomalia del prezzo offerto dall’aggiudicataria chiedendo il ritiro in autotutela del provvedimento di aggiudicazione.
Con nota del 26 luglio successivo la Procura Generale, rilevando che la disciplina di gara non prevedeva un criterio predeterminato da applicarsi ai fini della valutazione di anomalia e nutrendo dubbi circa la possibilità di effettuare detta valutazione applicando i criteri di cui all’art. 97, comma 2, del Codice dei contratti, chiedeva al Ministero della Giustizia di esprimersi sul punto rappresentando nel contempo l’estrema urgenza del provvedere stante la scadenza ormai prossima della proroga accordata al gestore uscente (31 luglio 2016).
In esito a detta richiesta il Ministero disponeva la proroga tecnica del servizio sino al 31 agosto 2016 e con nota pervenuta presso la Corte d’Appello il 28 luglio disponeva, altresì, di procedere in seduta pubblica “al sorteggio del criterio per la verifica della soglia di anomalia fra quelli indicati nell’art. 97 del D.Lgs. 50/2016 e di darne atto nel verbale di gara”.
Nella seduta del medesimo giorno la Commissione annullava l’aggiudicazione di cui al verbale del 21 luglio precedente e redigeva una nuova graduatoria che vedeva nuovamente al primo posto la controinteressata seguita dalla ricorrente.
Nella medesima sede si procedeva, altresì, al sorteggio del criterio di individuazione della soglia di anomalia ai sensi dell’art. 97 comma 2 del Codice, individuando quello di cui alla lett. b) (“media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con esclusione del dieci per cento, tenuto conto che se la prima cifra dopo la virgola, della somma dei ribassi offerti dai concorrenti ammessi è pari ovvero uguale a zero la media resta invariata; qualora invece la prima cifra dopo la virgola, della somma dei ribassi offerti dai concorrenti ammessi è dispari, la media viene decrementata percentualmente di un valore pari a tale cifra”).
In tale sede il rappresentante della aggiudicataria dichiarava di “riservarsi di verificare la legittimità della gara tramite il proprio Legale” facendo presente “di aver già avviato le attività necessarie a poter garantire il servizio richiesto a partire dal prossimo 1° agosto sostenendo le relative spese”.
Con nota del 29 luglio 2016 l’aggiudicataria rappresentava all’Amministrazione che a proprio avviso, in ragione del valore della gara, l’art. 97 fosse inapplicabile al caso di specie in quanto procedura sotto soglia per la quale sarebbe esclusa l’operatività del meccanismo dell’esclusione automatica delle offerte anomale quando “il numero delle offerte ammesse è inferiore a 10”.
Con nota del 10 agosto 2016 la Procura comunicava alla aggiudicataria che in applicazione del criterio estratto la soglia di anomalia era da individuarsi nel 7,04% e, avendo quest’ultima formulato un ribasso di gran lunga superiore (24,8%), richiedeva:
– “l’autocertificazione sul rispetto degli obblighi pervisti dall’art. 30 comma 3” del Codice (obblighi “in materia ambientale, sociale o del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali elencate nell’allegato X”);
– “l’autocertificazione sul rispetto degli obblighi previsti dall’art. 105” del Codice (che al comma 9 prevede che “l’affidatario è tenuto ad osservare integralmente il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni”);
– l’autocertificazione relativa ai “costi aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia id sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla congruità degli oneri aziendali della sicurezza di cui all’art. 95 coma 10 del Codice”;
– la dimostrazione che il costo del personale non fosse inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle ministeriali (art. 23 comma 16 del Codice);
l’Aggiudicataria forniva i propri chiarimenti il 25 agosto.
In data 31 agosto 2016 la Procura, una volta effettuata la verifica di anomalia:
con nota n. 5788 inviava al Ministero per l’approvazione (e per conoscenza alla ricorrente) il decreto n. 125 di pari data contenente la proposta di aggiudicazione in favore della controinteressata dando atto che per ragioni di urgenza in assenza di diverse indicazioni avrebbe provveduto in quella stessa data all’aggiudicazione del servizio “previo avvio della verifica dei requisiti di cui all’art. 80 del D. l.vo 50/2016”;
con nota n. 5789 indirizzata alla ricorrente comunicava che con decreto n. 126 di pari data era stata disposta l’aggiudicazione alla controinteressata;
con nota n. 5790 veniva trasmesso (anche alla ricorrente) il citato decreto n. 126.
Preso atto dell’intrapresa gestione del servizio, ancorché in assenza di specifiche comunicazioni nel senso da parte della Stazione appaltante, la ricorrente, classificatasi al secondo posto offrendo un importo pari € 80.147,55, impugnava gli esiti di gara deducendo con il primo motivo l’incongruità dell’offerta presentata dall’aggiudicataria in ragione della sottostima dei costi relativi alla manodopera e dell’omessa considerazione di significative voci di costo e, in subordine con il secondo motivo, l’illegittimità della disciplina di gara in ragione dell’omesso ricorso al criterio del prezzo più basso senza motivare, come prescritto, circa le ragioni di tale scelta.
La Procura si costituiva in giudizio con memoria formale depositata il 16 ottobre 2016 confutando le avverse doglianze e chiedendo la reiezione del ricorso e con memoria depositata il 21 successivo confutava nel merito le avverse doglianze rilevando, in particolare (e per quanto qui di interesse), che i livelli retributivi da considerarsi inderogabili da parte della concorrente non potrebbero essere quelli specificati dalle “vecchie tabelle” ministeriali (pag. 3 della memoria) ma quelli da determinarsi annualmente a cura del Ministero del lavoro cui si riferisce l’art. 23, comma 16 ad oggi non ancora fissati.
Con memoria depositata il 24 ottobre 2016 si costituiva in giudizio la controinteressata eccependo l’inammissibilità del ricorso, sotto un primo profilo, ex art. 120 comma 2 bis c.p.a. per avere la ricorrente impugnato una aggiudicazione provvisoria avente carattere di atto endoprocedimentale; sotto altro profilo (riferito alle doglianze oggetto del secondo motivo di ricorso) ex art. 120 comma 5 c.p.a. stante la tardiva impugnazione della lex specialis.
Nel merito affermava la legittimità dell’affidamento conseguito.
Nella camera di consiglio del 26 ottobre 2016, con ordinanza n. 162/2016, veniva respinta l’istanza di sospensione per assenza di periculum in ragione della già intrapresa gestione del servizio e della esigua durata dello stesso (5 mesi).
Con memoria depositata il 23 novembre 2016 la ricorrente precisava le proprie conclusioni in vista dell’udienza di discussione.
All’esito della pubblica udienza del 14 dicembre 2016, la causa veniva decisa.
Preliminarmente il Collegio rigetta l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla controinteressata in ragione della natura endoprocedimentale dell’aggiudicazione provvisoria impugnata che, si afferma, non avrebbe portata lesiva in quanto atto non conclusivo del procedimento.
A tal proposito il Collegio rileva che con il provvedimento impugnato, datato 31 agosto 2016, la Procura trasmetteva al Ministero della Giustizia la “proposta di aggiudicazione” all’odierna controinteressata precisando che “in mancanza di contrarie indicazioni ministeriali, si provvederà in data odierna, stante l’estrema urgenza, all’aggiudicazione del servizio …” (il servizio aveva effettivo inizio a cura della controinteressata il giorno 1 settembre 2016 senza adozione di alcun ulteriore atto).
Ne deriva che a tale determinazione non può che essere imputata la lesione dell’interesse della ricorrente all’aggiudicazione del servizio appaltato.
Infondata è, altresì, l’eccezione di tardività ex art. 120, comma 5, c.p.a. dell’impugnazione del bando sollevata dalla controinteressata.
La norma in questione dispone che “salvo quanto previsto al comma 6-bis, per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso, principale o incidentale e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’articolo 66, comma 8”.
La previsione contestata dalla ricorrente (ricorso al criterio del prezzo più basso) non è suscettibile di pregiudicare la posizione delle Ditte concorrenti al momento della pubblicazione poiché può manifestarsi come lesiva unicamente al momento della sua concreta applicazione, avvenuta nel caso di specie in sede di valutazione delle offerte in applicazione del criterio censurato.
Quanto al merito del ricorso, con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce una pluralità di violazioni di legge (violazione degli artt. 30 comma 3, 94 comma 2, 95, 97, 216 comma 4, del Codice; artt. 2, 20, 27, 86, 87, 88, 89 e 131 del D.Lgs. n. 163/2006; artt. 1, 3, 6, 10 e 11 della L. n. 241/1990; del D.M. 21 marzo 2016; artt. 36 e 97 della Costituzione; artt. 133-141 del R.D. n. 773/1931; artt. 249-260 quater del R.D. n. 635/1940; della lex specialis di gara e dei principi generali in materia di evidenza pubblica, del C.C.N.L. Vigilanza), nonché, eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità, antiremuneratività, perplessità, travisamento dei fatti, omessa e insufficiente motivazione e istruttoria, disparità di trattamento e, infine, violazione della comunicazione interpretativa della Commissione Europea del 1 agosto 2006.
Sotto un primo profilo la ricorrente afferma l’insufficienza della motivazione dell’impugnato provvedimento in relazione all’eccessività del ribasso offerto (24,82% della base d’asta) che non sarebbe giustificato anche in relazione alla ridotta durata del servizio che non consentirebbe di beneficiare di economie di scala.
Il prezzo inoltre non potrebbe in ogni caso ritenersi congruo sulla base dei giustificativi prodotti in sede di gara, poiché, a parere della ricorrente, sarebbero erronei e incompleti e quindi inidonei a supportare il giudizio di sostenibilità espresso dalla Procura, sostanzialmente basato per relationem su detti elementi (a sostengo della censura richiama Cons. Stato, Sez. VI, 27 marzo 2012, n. 1800).
Sotto un secondo profilo la ricorrente allega che il costo medio orario della manodopera indicato dall’aggiudicataria nella misura di € 12,31 si discosterebbe “in misura considerevole” dai costi indicati nel D.M. 21 marzo 2016 che, relativamente ai livelli retributivi considerati dall’aggiudicataria, prevedrebbe un corrispettivo pari a € 15,05: scostamento che dovrebbe comportare di per sé l’esclusione della controinteressata ex art. 97, comma 5, del Codice.
Applicando il costo orario tabellare pari a € 15,05, si evidenzia, l’offerta formulata dalla controinteressata sarebbe sottostimata di circa € 14.000,00 e tale scostamento non potrebbe essere assorbito dall’utile dichiarato nella misura di € 8.781,81.
Il motivo è fondato.
Il quinto comma dell’art. 97 del Codice dei contratti dispone che in sede di verifica delle offerte anormalmente basse “la stazione appaltante richiede per iscritto, assegnando al concorrente un termine non inferiore a quindici giorni, la presentazione, per iscritto, delle spiegazioni. Essa esclude l’offerta solo se la prova fornita non giustifica sufficientemente il basso livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 4 o se ha accertato, con le modalità di cui al primo periodo, che l’offerta è anormalmente bassa in quanto: … d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 23, comma 16”.
Il citato art. 23 dispone che “per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione. Fino all’adozione delle tabelle di cui al presente comma, si applica l’articolo 216, comma 4”.
La norma da ultimo richiamata, da applicarsi al caso di specie non essendo ancora intervenute le tabelle ministeriali, prevede che “fino all’adozione delle tabelle di cui all’articolo 23, comma 16, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti ministeriali già emanati in materia”.
Tale rinvio, contrariamente a quanto sostenuto dalle resistenti, deve intendersi riferito ai soli livelli degli importi ivi indicati senza che rilevi, a seguito dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti, la natura di mero riferimento (motivatamente derogabile) che caratterizzava tali dati nel vigore della precedente disciplina.
Ne deriva che i “minimi salariali retributivi” da assumere quale parametro di riferimento ai fini della qualificazione dell’offerta come anormalmente bassa e dell’adozione dei conseguenti provvedimenti di cui al già richiamato art. 97, comma 5, lett. d) del Codice, sono allo stato quelli specificati dalle vigenti tabelle ministeriali.
Il già richiamato art. 97 comma 5 del Codice, infatti, prevede che la concorrente possa giustificare un prezzo particolarmente basso allegando elementi in grado di giustificare l’offerta limitando l’adozione della misura dell’esclusione ai soli casi in cui gli elementi forniti a richiesta non siano in grado di giustificare il prezzo formulato ma prevede (come reso palese dall’utilizzo della disgiuntiva “o”) ipotesi ulteriori in cui l’offerta è da considerare di per sé “anormalmente bassa” in corrispondenza di una serie tipizzata di fattispecie, una delle quali, specificata alla lettera d), è individuata nello scostamento dei livelli retributivi dai minimi salariali previsti dalle tabelle di riferimento di cui all’art. 23, comma 16, della medesima fonte normativa.
Ciò comporta che a fronte di un costo orario fissato dalle tabelle ministeriali nella misura di € 15,05, il prezzo offerto dall’aggiudicataria pari a € 12,31, non possa che determinare l’anomalia dell’offerta e la conseguente esclusione dell’aggiudicataria.
La fondatezza delle censure oggetto del primo motivo e il conseguente travolgimento degli esiti concorsuali impugnati determina il venir meno dell’interesse sotteso al secondo motivo di ricorso proposto in via subordinata.
In ogni caso anche tali censure sarebbero fondate.
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente evidenzia che con il vigente Codice il legislatore, in materia di affidamento di pubblici appalti, si sarebbe espresso in favore di un generalizzato ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa prevedendo le possibilità di aggiudicazione al miglior prezzo nelle sole ipotesi residuali di cui al comma 4 dell’art. 95.
Il terzo comma, lett. a) dello stesso art. 95, inoltre, imporrebbe espressamente l’adozione del criterio generale (offerta economicamente più vantaggiosa) in via esclusiva relativamente “ai servizi ad alta intensità di manodopera, come definiti dall’art. 50, comma 1”, ovvero, “quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto”.
Nel caso di specie, evidenzia la ricorrente che il costo del personale esposto dalla ricorrente è pari a € 54.299,41, corrispondente all’84,62% dell’importo offerto (€ 64.163,42).
A tal proposito la ricorrente deduce ulteriormente (in subordine) che anche quando dovesse riconoscersi la possibilità da parte della Procura di affidare il servizio in questione ricorrendo al criterio del prezzo più basso, la gara dovrebbe in ogni caso essere annullata per violazione di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 95 del Codice a norma del quale tale possibilità deve essere supportata da “adeguata motivazione”.
In ulteriore subordine la ricorrente deduce l’illegittimità dell’avvenuta aggiudicazione precedentemente alla verifica dei requisiti di cui agli artt. 80 e 94, comma 1, del Codice, come attesterebbe il tenore dell’impugnato decreto laddove, come anticipato, si comunica al Ministero della Giustizia che si sarebbe provveduto “all’aggiudicazione del servizio previo avvio della verifica dei requisiti …”.
Il motivo è fondato.
Sotto un primo profilo deve rilevarsi che il costo del lavoro esposto dall’aggiudicataria, come correttamente evidenziato dalla ricorrente è significativamente superiore al 50% dell’importo totale del contratto e tale circostanza, ai sensi del richiamato art. 95, imponeva alla stazione appaltante di provvedere all’affidamento del servizio mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
La possibilità di derogare a tale regime in presenza di servizi “ad alta intensità di manodopera” è, infatti, consentita unicamente nelle fattispecie previste dal comma 4 e, ai sensi del successivo comma 5, con “adeguata motivazione”.
Nel caso di specie, a tacere della dubbia riconducibilità del servizio appaltato alle 3 tipologie di cui al citato comma 4 (“Puo’ essere utilizzato il criterio del minor prezzo: a) per i lavori di importo pari o inferiore a 1.000.000 di euro, tenuto conto che la rispondenza ai requisiti di qualità è garantita dall’obbligo che la procedura di gara avvenga sulla base del progetto esecutivo; b) per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato; c) per i servizi e le forniture di importo inferiore alla soglia di cui all’articolo 35, caratterizzati da elevata ripetitività, fatta eccezione per quelli di notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo”), la lettera di invito non conteneva alcuna motivazione circa le ragioni della scelta in favore del criterio eccezionale (miglior prezzo) in luogo di quello generale limitandosi a precisare circa lo specifico profilo che “il criterio della eventuale aggiudicazione provvisoria sarà quello del minor prezzo con riferimento alla specifica fornitura richiesta ed in relazione all’importo base d’asta”.
Per quanto precede il ricorso deve essere accolto con riferimento alla domanda di annullamento degli atti impugnati.
Relativamente alla domanda risarcitoria la ricorrente chiedeva di essere ristorata mediante reintegrazione in forma specifica con subentro nel contratto di appalto e, in subordine, per equivalente, riservandosi la determinazione dell’ammontare del danno in corso di giudizio.
Con memoria depositata il 23 novembre 2016, in considerazione dell’approssimarsi della scadenza del servizio (31 dicembre 2016) già affidato, circoscriveva la propria domanda al solo risarcimento per equivalente.
Circa la quantificazione del danno la ricorrente avanza richiesta di liquidazione del lucro cessante ex art. 345 della L. n. 2248/1865 All. F nella misura del 10% dell’importo a base d’asta (€ 85.346,64 x 10% = € 8.534,64) e del c.d. danno curriculare in una misura compresa fra il 2% e il 3% della medesima base con applicazione sugli importi così determinati (con funzione remunerativa e compensativa della mancata disponibilità della somma) della rivalutazione monetaria sulla base dell’indice ISTAT da computarsi dalla data di aggiudicazione (31 agosto 2016) alla data di deposito della sentenza e, sulle somme rivalutate, gli interessi nella misura legale secondo il tasso vigente nel 2016 (0,2%) sino alla data di deposito della sentenza con ulteriore applicazione su tutte le somme dovute degli interessi legali dalla data del deposito della sentenza sino all’effettivo soddisfo.
La domanda risarcitoria deve essere accolta sussistendo nel caso in esame l’elemento oggettivo dell’illecito foriero di danno (il fatto illegittimo della P.A., il danno conseguente, nonché la sussistenza di un nesso eziologico fra il danno e il fatto dell’Amministrazione).
Quanto all’elemento psicologico, come la Sezione ha già avuto modo di rilevare, “è consolidato il principio, cui il Collegio non può che aderire, a mente del quale in sede di giudizio per il risarcimento del danno derivante da provvedimento e/o comportamento illegittimo, il privato danneggiato può limitarsi ad invocare la illiceità della condotta tenuta dall’Amministrazione, quale indice presuntivo della colpa, restando a carico della Pubblica amministrazione l’onere di dimostrare che si è trattato di errore scusabile (cfr. ad es. CdS n. 1347\2016); nella specie non si rinvengono gli estremi dell’esimente da responsabilità” (TAR Emilia Romagna, Parma, 11 maggio 2016, n. 156): prova non fornita dall’Amministrazione.
Tuttavia il Collegio non condivide i termini della quantificazione del danno operata dalla ricorrente.
Come puntualizzato dalla più recente giurisprudenza, con posizione alla quale la Sezione aderisce, “il danno da mancata aggiudicazione, in assenza di allegazione probatoria debba essere liquidato nella misura del 5 per cento dell’offerta (nel caso di specie, pari ad euro 342.130,00), in quanto è ragionevole ritenere che essa abbia riutilizzato mezzi e manodopera impiegati per la gara da cui è stata esclusa illegittimamente per lo svolgimento di altri lavori analoghi o di servizi e forniture, vedendo così ridotta la propria perdita di utilità (in tal senso -ex multis -: Cons. Stato, IV, 9 febbraio 2015, n. 656). La richiamata percentuale dell’offerta, in mancanza di ulteriori puntuali allegazioni e anche in applicazione dell’articolo 1226 del codice civile, deve ritenersi idonea a ristorare anche il c.d. danno curriculare patito dalla società appellante in conseguenza della illegittima mancata aggiudicazione” (Cons. Stato, Sez. V, 13 settembre 2016, n. 3858)
Ne deriva che avendo la ricorrente formulato un’offerta di importo pari a € 80.147,55, il danno complessivo (comprensivo di lucro cessante e danno curriculare) deve essere quantificato in € 4.007,37.
Tale somma, in quanto debito di valore, dovrà essere rivalutata sulla base dell’indice ISTAT dalla data della stipula del contratto con l’illegittima aggiudicataria sino alla data di deposito della sentenza e sull’importo risultante decorreranno gli interessi legali sino alla data dell’effettivo soddisfo (TAR Campani, Napoli, 13 settembre 2016, n. 4256).
Per quanto precede il ricorso deve essere accolto, nei suesposti termini, anche relativamente alla domanda risarcitoria condannando la resistente Amministrazione al pagamento degli importi sopra liquidati
L’assoluta novità delle questioni oggetto del presente giudizio determina l’integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati e condanna l’Amministrazione al pagamento della somma liquidata in motivazione a titolo risarcitorio.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Anna Maria Verlengia, Consigliere
Marco Poppi, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
Marco Poppi
IL PRESIDENTE
Sergio Conti
IL SEGRETARIO