* DIRITTO DELL’ENERGIA – Regione Friuli Venezia Giulia – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Inapplicabilità – Impianti di produzione di energia da FER – Compatiblità con la zona E – Riferimento alle norme urbanistiche vigenti – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Tettoie destinate a supporto di un impianto fotovoltaico – Caratteristiche tipologiche/costruttive – Strutture accessorie – Natura di pertinenza – Direttiva n. 2001/77/CE – Art. 36 l.r. Friuli Venezia Giulia n. 16/2008 – Energie rinnovabili – Favor legislativo.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Friuli Venezia Giulia
Città: Trieste
Data di pubblicazione: 20 Maggio 2013
Numero: 299
Data di udienza: 8 Maggio 2012
Presidente: Zuballi
Estensore: Sinigoi
Premassima
* DIRITTO DELL’ENERGIA – Regione Friuli Venezia Giulia – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Inapplicabilità – Impianti di produzione di energia da FER – Compatiblità con la zona E – Riferimento alle norme urbanistiche vigenti – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Tettoie destinate a supporto di un impianto fotovoltaico – Caratteristiche tipologiche/costruttive – Strutture accessorie – Natura di pertinenza – Direttiva n. 2001/77/CE – Art. 36 l.r. Friuli Venezia Giulia n. 16/2008 – Energie rinnovabili – Favor legislativo.
Massima
TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ – 20 maggio 2013, n. 299
DIRITTO DELL’ENERGIA – Regione Friuli Venezia Giulia – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Inapplicabilità – Impianti di produzione di energia da FER – Compatiblità con la zona E – Riferimento alle norme urbanistiche vigenti.
L’art. 12, comma 7, del d.lgs. 387/03 non può trovare applicazione nel territorio della Regione Friuli Venezia Giulia perché la Regione Autonoma ha competenza normativa primaria in materia di urbanistica e perché così dispone espressamente anche l’art. 19 dello stesso d.lgs. 387/03, il quale fa espressamente salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano che provvedono alle finalità del presente decreto legislativo ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione, con la conseguenza che ove manchi una espressa norma di legge (regionale) in ordine all’allocazione degli impianti di produzione di energia da FER, si dovrà valutarne l’ammissibilità, in zona E, con riferimento alle norme urbanistiche vigenti (Tar FVG, I, 13 febbraio 2009, n. 75; in termini n. 504/2009 e 202/2013)
Pres. Zuballi, Est. Sinigoi – A.C. (avv. Toneatto) c. Comune di udine (avv.ti Martinuzzi e Faggiani)
DIRITTO DELL’ENERGIA – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Tettoie destinate a supporto di un impianto fotovoltaico – Caratteristiche tipologiche/costruttive – Strutture accessorie – Natura di pertinenza.
Le tettoie apposte a parti di preesistenti edifici come strutture accessorie di protezione o di riparo di spazi liberi, ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendono evidente e riconoscibile la loro finalità di semplice decoro o arredo o di riparo e protezione (anche da agenti atmosferici) della parte dell’immobile cui accedono, hanno natura di pertinenza (ex multis TAR Campania Napoli, sez. II, n. 8320 del 2 dicembre 2009, n. 3870 del 13 luglio 2009, n. 492 del 29 gennaio 2009; TAR Campania Napoli, Sez. IV, n. 19754 del 18 novembre 2008; T.A.R. Campania Napoli, sez. III, n. 10059 del 9 settembre 2008); il principio non muta laddove, a fronte di medesime caratteristiche tipologico/strutturali, la loro funzione sia quella di supporto di un impianto fotovoltaico, che, consentendo la produzione di energia “pulita” e “rinnovabile”, dovrebbe peraltro essere guardato con particolare favore dalle Amministrazioni locali, deputate, per legge, a curare gli interessi della comunità locale.
Pres. Zuballi, Est. Sinigoi – A.C. (avv. Toneatto) c. Comune di udine (avv.ti Martinuzzi e Faggiani)
DIRITTO DELL’ENERGIA – Direttiva n. 2001/77/CE – Art. 36 l.r. Friuli Venezia Giulia n. 16/2008 – Energie rinnovabili – Favor legislativo.
La Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 settembre 2001, n. 2001/77/CE, attuata col decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 al quale si richiama l’art. 36 della l.r. Friuli Venezia Giulia 16 del 2008, riconosce espressamente la necessità di promuovere in via prioritaria le fonti energetiche rinnovabili, poiché queste contribuiscono alla protezione dell’ambiente e allo sviluppo sostenibile, possono creare occupazione locale, avere un impatto positivo sulla coesione sociale, contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti e permettere di conseguire più rapidamente gli obiettivi di Kyoto e individua la promozione dell’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili come un obiettivo altamente prioritario a livello della Comunità, sottolineando la necessità di individuare obiettivi vincolanti e ambiziosi in materia di fonti energetiche rinnovabili a livello nazionale e di tener conto della struttura specifica del settore delle fonti energetiche rinnovabili, in particolare al momento della revisione delle procedure amministrative di autorizzazione a costruire impianti di produzione di elettricità proveniente da fonti energetiche rinnovabili (vedi considerando n. 1, 2, 3, 4 e 20).
Pres. Zuballi, Est. Sinigoi – A.C. (avv. Toneatto) c. Comune di udine (avv.ti Martinuzzi e Faggiani)
Allegato
Titolo Completo
TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ - 20 maggio 2013, n. 299SENTENZA
TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ – 20 maggio 2013, n. 299
N. 00299/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00012/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12 del 2011, proposto da:
Andrea Cantarutti, rappresentato e difeso dall’avv. Valerio Toneatto, con domicilio eletto presso Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, p.zza Unita’ D’Italia 7;
contro
Comune di Udine, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Giangiacomo Martinuzzi e Riccarda Faggiani dell’Avvocatura comunale, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Sbisa’ in Trieste, via Donota 3;
per l’annullamento
-del provvedimento P.G./E 0092973/2010 Cod. DIA7304.12010 dd. 14.10.2010, con cui il Comune di Udine ordinava al ricorrente di non effettuare le trasformazioni previste dalla DIA presentata per l’esecuzione dei lavori di costruzione di una tettoia e di un pensilina per l’installazione di un impianto fotovoltaico sugli immobili siti in Udine, nonché per il risarcimento del danno
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Udine;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 maggio 2013 la dott.ssa Manuela Sinigoi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente, proprietario degli immobili censiti al N.C.T. del Comune di Udine al Foglio 2 mappale 263 e al NCEU del medesimo Comune Foglio 2 mappale 263 sub 5 e 6 ubicati in zona E6 del P.R.G.C. di Udine (corrispondente alle aree destinate all’attività agricola potenzialmente dotate di una generale suscettività allo sviluppo di essa), espone d’aver presentato in data 23 luglio 2007 una d.i.a. ai sensi dell’art. 17, comma 1, lett. e), della l.r. 19/09 (“pertinenze di edifici esistenti non superiore al 20% del volume utile”) per la costruzione di una tettoia e di una pensilina a sostegno di un nuovo impianto fotovoltaico ad uso dell’edificio adibito ad abitazione.
1.1 Precisa, inoltre, che l’ uso abitativo ha connotato tale edificio sin dalla sua costruzione, avvenuta negli anni ’40 del secolo scorso, che egli non è mai stato imprenditore agricolo, così come non lo sono mai stati i suoi danti causa, e che l’immobile in questione non ha mai avuto destinazione connessa ad attività agricola.
1.2 Espone, inoltre, che il Comune, eseguiti i necessari approfondimenti istruttori, con provvedimento in data 14 ottobre 2010, qui opposto, gli ha inibito l’esecuzione dell’intervento edilizio a causa della “accertata assenza delle condizioni stabilite dall’art. 26, comma 7, della l.r. n. 19/2009, in quanto l’intervento risulta in contrasto con l’art. 42 del vigente P.R.G.C. in quanto non trattasi di opere finalizzate alla salvaguardia, valorizzazione e recupero del patrimonio agricolo, funzionali all’attività agricola e destinate agli usi necessari allo svolgimento di tale attività”.
1.3 A sostegno del gravame, con cui chiede l’annullamento del provvedimento impugnato e la condanna del Comune al risarcimento dei danni patrimoniali asseritamente subiti a causa di tale illegittimo provvedimento, lamenta la “Violazione e/o falsa interpretazione del d.l.gs. 387/03 – dell’art. 36 l.r. 16/08 – dell’art. 42 P.G.R. del Comune di Udine. Eccesso di potere per illogicità – Contraddittorietà – Erroneità nei presupposti – Travisamento nella realtà” e la “Violazione dell’art. 3 l.r. 19/10 – Eccesso di potere per difetto di motivazione – Difetto di istruttoria – Erroneità nei presupposti, travisamento della realtà”.
1.3.1 Il ricorrente invoca, in particolare, l’applicazione dell’art. 12, comma 7, della legge 387 del 2003, che ammette la possibilità di costruire gli impianti di produzione energetica rinnovabili anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nonché dell’art. 36 della l.r. 16 del 2008, che stabilisce che gli impianti di produzione di energia rinnovabile sono compatibili con gli strumenti urbanistici comunali qualora non espressamente vietati dagli stessi e rientrino nei limiti di potenza, per tipologia di fonte, individuati con d.m..
Ritiene, in ogni caso, che la destinazione agricola della zona E non sia preclusiva all’esecuzione di interventi diversi da quelli strettamente collegati all’attività agricola e alla presenza dell’imprenditore agricolo e che siano, conseguentemente, ammissibili installazioni pertinenziali agli insediamenti già esistenti.
Tale assunto troverebbe conforto, a suo avviso, nell’assentita ristrutturazione ed ampliamento dell’edificio residenziale, ad uso non agricolo, effettuata negli anni ’93-’97, nella vigenza del medesimo PRGC, nonché nell’assentita realizzazione in zona, entro 200 mt., di ben 11 edifici tutti residenziali, di cui uno solo annesso ad un’azienda agricola.
Ritiene, dunque, illogico il provvedimento che preclude la ristrutturazione, dal punto di vista energetico, dell’edificio residenziale esistente.
1.3.2 Esclude, inoltre, che la tettoia e la pensilina inibite possano soddisfare le caratteristiche proprie delle strutture che la giurisprudenza considera “edifici”, come, invece, ritenuto dalla Commissione edilizia integrata comunale nel parere negativo reso in relazione alla realizzazione dell’intervento edilizio in questione e richiamato nel provvedimento impugnato.
2. Il Comune, costituito, eccepisce, in via preliminare, la tardività del ricorso. Nel merito ne contesta la fondatezza e conclude per la sua reiezione.
3. Le parti depositano documenti e memorie, cui fa seguito la replica del ricorrente.
4. All’esito dell’udienza pubblica dell’8 maggio 2013 la causa viene trattenuta in decisione.
5. La questione portata all’attenzione del Collegio concerne l’assentibilità o meno della realizzazione di interventi edilizi a sostegno di un nuovo impianto fotovoltaico ad uso dell’edificio di proprietà del ricorrente (da sempre adibito ad abitazione) ubicato in zona agricola.
6. In primo luogo, va disattesa l’eccezione di tardività sollevata dalla difesa del Comune.
6.1 La comunicazione in data 21/9/2010 ha, invero, carattere endo-procedimentale e appare, eventualmente, idonea a preannunciare i motivi della successiva e definitiva inibitoria, ma non sicuramente a definire il relativo procedimento e/o a frustrare definitivamente l’aspirazione dell’istante al soddisfacimento dell’interesse pretensivo manifestato con la presentazione della d.i.a..
Come si ritrae, infatti, dai termini dubitativi utilizzati dall’estensore (“… risulterebbe che l’intervento non corrisponda…”) e dal contenuto del suo ultimo capoverso (“… nel caso di esecuzione di opere in carenza di comunicazione formale… dell’avvenuta positiva conclusione dell’iter procedimentale…”) l’istruttoria era, in quel momento, ancora aperta, conseguendone che nessun onere di immediata impugnazione di tale nota poteva gravare sull’odierno ricorrente.
6.2 Si rammenta, infatti, che, per giurisprudenza pacifica del giudice amministrativo, quello che rileva ai fini del termine per l’impugnazione è la conoscenza, in qualunque modo acquisita, della intervenuta lesione della sfera giuridica soggettiva.
Tale momento determina l’inizio del termine decadenziale per proporre ricorso davanti al Tar a norma dell’art. 41, comma 2, c.p.a..
Nel caso di specie, è palese, tuttavia, che la lesione non è stata provocata dal “preavviso di inibitoria” in data 21 settembre 2010, ma solo dall’inibitoria in data 14 ottobre 2010.
6.3 L’impugnazione è da ritenersi, quindi, tempestivamente proposta.
7. Nel merito il ricorso è fondato.
7.1 Il Collegio, pur condividendo quanto già affermato da questo Tar in precedenti pronunce ovvero che l’art. 12, comma 7, del d.lgs. 387/03 non può trovare applicazione nel territorio della Regione Friuli Venezia Giulia “perché la Regione Autonoma ha competenza normativa primaria in materia di urbanistica e perché così dispone espressamente anche l’art. 19 dello stesso d.lgs. 387/03, il quale fa espressamente salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano che provvedono alle finalità del presente decreto legislativo ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione”, con la conseguenza che “ove manchi una espressa norma di legge (regionale) in ordine all’allocazione di tali strutture, si dovrà valutarne l’ammissibilità, in zona E, con riferimento alle norme urbanistiche vigenti, come confermato anche dall’art. 40 della (peraltro sopravvenuta) l.r. 5/07 che così recita: <gli interventi relativi ad impianti di produzione di energia elettrica, di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 …, da realizzare in area agricola sono individuati dal POC> (piano operativo comunale)” (Tar FVG, I, 13 febbraio 2009, n. 75; in termini n. 504/2009 e 202/2013), ritiene, pur tuttavia, che le disposizioni urbanistiche in quel momento vigenti non potessero intendersi preclusive alla realizzazione dell’intervento per cui è causa.
7.2 L’art. 42, comma 4, dellle N.T.A. del P.R.G.C. ammetteva, infatti, la realizzazione, nella zona omogenea E, di “costruzioni con annessi servizi alla residenza” ovvero di interventi che poco o nulla hanno a che fare con le finalità perseguite dai primi due commi della medesima norma, fatto salvo per la circostanza che essi sono, in genere, deputati a soddisfare le esigenze abitative dell’imprenditore agricolo.
L’art. 53, comma 2, consentiva, inoltre, per gli edifici ad uso abitativo, incrementi una tantum in termini di volume utile fino ai limiti e nel rispetto dei parametri indicati nella norma medesima.
7.3 Appare quindi, per lo meno, dubbio ritenere che, in una zona urbanistica in cui risultava comunque ammessa la realizzazione di nuovi volumi utili a fini residenziali (ovvero di opere, all’evidenza, non finalizzate alla salvaguardia, valorizzazione e recupero del patrimonio agricolo, non funzionali all’attività agricola e non destinate agli usi necessari allo svolgimento di tale attività) o l’incremento di quelli preesistenti, non potessero venir realizzati interventi edilizi di modeste dimensioni, non idonei a creare volume utile e pacificamente accessori e/o pertinenziali all’edificio principale adibito ad uso abitativo, attesa la loro modesta consistenza dimensionale e la loro dichiarata finalità di sostegno di un nuovo impianto fotovoltaico ad uso dell’edificio stesso.
7.4 Ad avviso del Collegio, la tettoia (da realizzasi in sostituzione di una pergola pre-esistente, previa sua demolizione) può ritenersi assorbita nell’edificio principale o, comunque, nella parte di esso cui accede.
7.4.1 Non v’è motivo, infatti, per ammettere l’accessorietà delle tettoie apposte a parti di preesistenti edifici come strutture accessorie di protezione o di riparo di spazi liberi ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendono evidente e riconoscibile la loro finalità di semplice decoro o arredo o di riparo e protezione (anche da agenti atmosferici) della parte dell’immobile cui accedono (ex multis TAR Campania Napoli, sez. II, n. 8320 del 2 dicembre 2009, n. 3870 del 13 luglio 2009, n. 492 del 29 gennaio 2009; TAR Campania Napoli, Sez. IV, n. 19754 del 18 novembre 2008; T.A.R. Campania Napoli, sez. III, n. 10059 del 9 settembre 2008) ed escluderla, invece, laddove, a fronte di medesime caratteristiche tipologico/strutturali, la loro funzione sia quella di supporto di un impianto fotovoltaico, che, consentendo la produzione di energia “pulita” e “rinnovabile”, dovrebbe essere guardato con particolare favore dalle Amministrazioni locali, deputate, per legge, a curare gli interessi della comunità locale.
7.4.2 Si rammenta, al riguardo, che la Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 settembre 2001, n. 2001/77/CE, attuata col decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 al quale si richiama l’art. 36 della l.r. 16 del 2008, riconosce espressamente la necessità di promuovere in via prioritaria le fonti energetiche rinnovabili, poiché queste contribuiscono alla protezione dell’ambiente e allo sviluppo sostenibile, possono creare occupazione locale, avere un impatto positivo sulla coesione sociale, contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti e permettere di conseguire più rapidamente gli obiettivi di Kyoto e individua la promozione dell’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili come un obiettivo altamente prioritario a livello della Comunità, sottolineando la necessità di individuare obiettivi vincolanti e ambiziosi in materia di fonti energetiche rinnovabili a livello nazionale e di tener conto della struttura specifica del settore delle fonti energetiche rinnovabili, in particolare al momento della revisione delle procedure amministrative di autorizzazione a costruire impianti di produzione di elettricità proveniente da fonti energetiche rinnovabili (vedi considerando n. 1, 2, 3, 4 e 20).
7.4.3 Coerentemente con tali obiettivi, il legislatore regionale ha, del resto, riconosciuto la compatibilità degli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 con gli strumenti urbanistici comunali qualora non espressamente vietati dagli stessi.
In tal senso si esprime, infatti, il primo comma dell’art. 36 della l.r. citata sia nella formulazione vigente al momento dell’adozione del provvedimento impugnato, che in quella risultante a seguito delle modifiche apportate dall’art. 71, comma 1, lettera a), della l.r. 21 ottobre 2010, n. 17 nell’immediatezza della definizione del procedimento amministrativo d’interesse del signor Cantarutti.
7.4.4 Sicché, a prescindere da quale delle due formulazioni debba essere assunta – secondo il principio del tempus regit actum – a parametro di legittimità dell’attività amministrativa posta in essere dal Comune, la norma offre, in ogni caso, utili spunti per apprezzare le questioni sottese al ricorso, dato che, appalesando in maniera inequivocabile il favore del legislatore regionale per la realizzazione degli impianti in questione, costituisce canone ermeneutico essenziale delle disposizioni del PRGC, incluse quelle di cui agli artt. 42 e 53 delle NTA di cui s’è dianzi detto e dalle quali in nessun modo pare ritraibile un espresso divieto alla loro realizzazione.
7.5 Considerazioni analoghe a quelle svolte con riferimento all’assentibilità della tettoia nella zone E6 possono, peraltro, riproporsi anche con riguardo alla realizzazione della pensilina, dato che, in mancanza di specifici rilievi da parte dell’amministrazione in ordine alle sue dimensioni, non v’è motivo di dubitare che alla stessa, per la sua consistenza, possa essere riconosciuta mera destinazione pertinenziale, essendo deputata a servizio energetico dell’edificio principale.
8. In definitiva, è da ritenersi fondato nei sensi e limiti dianzi precisati il I motivo di gravame dedotto dal ricorrente, derivandone che, assorbite tutte le ulteriori censure, la domanda impugnatoria va accolta, con conseguente annullamento dell’inibitoria gravata.
9. La domanda risarcitoria va, invece, respinta, in quanto, nella fattispecie portata all’attenzione di questo giudice, non si ravvisano sussistere i presupposti per darvi corso.
9.1 Al riguardo, non appare ultroneo rammentare che, in virtù dell’art. 2043 del codice civile, qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno, conseguendone che sono elementi costitutivi dell’illecito extracontrattuale: il fatto illecito, il nesso di causalità, l’ingiustizia (o antigiuridicità) del danno, la colpevolezza e il danno.
9.2 Dal punto di vista processuale va, peraltro, osservato che anche il processo amministrativo è regolato dal principio dell’onere della prova, contenuto nell’art. 2697 c.c., in base al quale chi vuole far valere in giudizio un diritto deve indicare e provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, come, del resto, ora chiaramente disposto dall’art. 64 c.p.a., che stabilisce, per l’appunto, che “Spetta alle parti l’onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni” (comma 1) e che “Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti nonché i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite” (comma 2).
9.3 Grava, conseguentemente, sul danneggiato il preciso onere di allegare e provare i citati elementi costitutivi della domanda di risarcimento del danno per fatto illecito dato che, in presenza di fattispecie di danno risarcibile, la condanna all’effettivo risarcimento non è conseguenza automatica dell’illegittimità dell’atto.
9.3.1 La domanda risarcitoria, qui proposta, è sprovvista, tuttavia, di alcuni dei suoi elementi essenziali ovvero la prova del danno e la sua riferibilità, sotto il profilo causale, alla condotta dell’Amministrazione.
9.3.2 Invero, pur non potendosi disconoscere, in linea teorica, che, ai sensi dell’art. 2-sexies del d.l. 25 gennaio 2010, n. 3, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 22 marzo 2010, n. 41, il ricorrente, laddove avesse concluso, entro il 31 dicembre 2010, l’installazione dell’impianto fotovoltaico, avesse comunicato all’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione, al gestore di rete e al Gestore dei servizi elettrici-GSE S.p.a., entro la medesima data, la fine lavori ed attivato l’impianto entro il 30 giugno 2011, avrebbe potuto fruire, sin da subito, delle tariffe incentivanti per l’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici previste dalle tabelle allegate al d.m. 19/2/2007, non può, tuttavia, ritenersi che il danno dal medesimo lamentato sia stato idoneamente provato.
In disparte il fatto che il prospetto prodotto dal signor Cantarutti reca unicamente una simulazione degli eventuali benefici di carattere economico che egli avrebbe potuto ritrarre a seguito dell’installazione dell’impianto fotovoltaico, senza peraltro precisare il dies a quo di loro decorrenza (che, in ogni caso, non può essere fatta coincidere con la data di adozione del provvedimento impugnato, come sembrerebbe, invece, sostenere il ricorrente a pag. 4 della memoria depositata in data 4 aprile 2013), non può trascurarsi di rilevare che il medesimo, al di là di quanto si evince dalla d.i.a., ha totalmente tralasciato di allegare e documentare d’aver commissionato a terzi la realizzazione dell’impianto in questione e/o comunque d’aver intrapreso serie trattative per assicurarsi la sua installazione entro il termine stabilito dalla legge e/o d’averle interrotte a causa dell’inibitoria impugnata.
Non vi sono, dunque, elementi sufficienti né per poter affermare con certezza che, laddove il Comune non avesse inibito la d.i.a., l’impianto sarebbe stato effettivamente installato entro il termine utile di legge, né, tanto meno, per poter causalmente ricondurre all’attività provvedimentale, la sua mancata realizzazione.
Il danno di cui il ricorrente invoca il risarcimento, oltre a non essere provato, non può, in definitiva, nemmeno ritenersi conseguenza immediata e diretta della riconosciuta illegittimità provvedimentale.
La domanda risarcitoria dal medesimo avanzata va, quindi, respinta.
10. Le spese di lite possono essere compensate per intero tra le parti in considerazione della particolarità delle questioni affrontate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie l’azione impugnatoria e, per l’effetto, annulla il provvedimento del dirigente del Servizio Edilizia Privata del Dipartimento Territorio e Ambiente del Comune di Udine in data 14 ottobre 2010, prot. n. PG/U 0125187 – PG/E 0092973/2010.
Respinge l’azione risarcitoria.
Compensa tra le parti le spese e le competenze di giudizio.
Parte resistente provvederà, in ogni caso, a rifondere al ricorrente (all’atto del passaggio in giudicato della sentenza), ai sensi dell’art. 13, comma VI bis, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come modificato dall’art. 21 della L. 4 agosto 2006, n. 248, il contributo unificato nella misura versata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2013 con l’intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente
Enzo Di Sciascio, Consigliere
Manuela Sinigoi, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)