* OGM – Regione Friuli Venezia Giulia – Moratoria di dodici mesi fissata dalla l.r. F.V.G. n. 5/2014 alla coltivazione di mais OGM – Natura di norma tecnica da notificare alla Commissione – Esclusione – Ragioni – Disciplina europea – Limitazioni o divieti alla coltivazione da parte di stati membri – Misure di coesistenza – Potestà legislativa esclusiva in materia di agricoltura.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Friuli Venezia Giulia
Città: Trieste
Data di pubblicazione: 20 Marzo 2015
Numero: 146
Data di udienza:
Presidente: Zuballi
Estensore: Tagliasacchi
Premassima
* OGM – Regione Friuli Venezia Giulia – Moratoria di dodici mesi fissata dalla l.r. F.V.G. n. 5/2014 alla coltivazione di mais OGM – Natura di norma tecnica da notificare alla Commissione – Esclusione – Ragioni – Disciplina europea – Limitazioni o divieti alla coltivazione da parte di stati membri – Misure di coesistenza – Potestà legislativa esclusiva in materia di agricoltura.
Massima
TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ – 20 marzo 2015, n. 146
OGM – Regione Friuli Venezia Giulia – Moratoria di dodici mesi fissata dalla l.r. F.V.G. n. 5/2014 alla coltivazione di mais OGM – Natura di norma tecnica da notificare alla Commissione – Esclusione – Ragioni.
La moratoria di dodici mesi fissata dalla L.R. F.V.G. n. 5/2014 alla coltivazione di mais OMG, anche di quello MON 810 regolarmente autorizzato dalla Commissione, non costituisce norma tecnica, per cui non andava previamente notificata alla Commissione ai sensi degli articoli 8 e 9 della Direttiva CE/98/34. La norma tecnica è infatti quella approvata provvisoriamente dalla Giunta regionale in data 7.03.2014 e poi inviata alla Commissione europea (e da questa ritenuta conforme al diritto dell’Unione), non certo la disposizione dell’articolo 1, comma 1, L.R. F.V.G. n. 5/2014. Non deve, invero, trarre in inganno la circostanza che la norma tecnica (poi definitivamente approvata con la L.R. F.V.G. n. 15/2014) e quella qui contestata abbiano il medesimo contenuto, ovverosia il divieto di coltivazione nel territorio regionale del mais transgenico. Infatti, la prima è stata approvata nell’esercizio del potere di cui all’articolo 26 bis della Direttiva CE/2001/18, ovverosia ai fini della determinazione delle misure di coesistenza dei diversi tipi di colture, salvo riconoscere che la coesistenza non era possibile per le ragioni tutte illustrate alla Commissione europea e dalla stessa ritenute condivisibili. La moratoria non è, invece, norma tecnica, essendo di contro finalizzata a mantenere inalterata la situazione fattuale, sicché non andava di certo comunicata prima della vigenza alla Commissione europea.
Pres. Zuballi ,Est. Tagliasacchi – F.G. (avv. Longo) c. Regione Friuli Venezia Giulia (avv. Iuri)
OGM – Regione Friuli Venezia Giulia – Moratoria di dodici mesi fissata dalla l.r. F.V.G. n. 5/2014 alla coltivazione di mais OGM – Disciplina europea – Limitazioni o divieti alla coltivazione da parte di stati membri – Misure di coesistenza.
La CGUE, pur affermando (causa C-36/11 decisa con sentenza 6.09.2012) che «uno Stato membro non è libero di subordinare a un’autorizzazione nazionale, fondata su considerazioni di tutela della salute o dell’ambiente, la coltivazione di OGM autorizzati in virtù del regolamento n. 1829/2003 ed iscritti nel catalogo comune in applicazione della direttiva 2002/53», ha tuttavia riconosciuto che sono ammesse limitazioni o divieti alla coltivazione, purché nelle ipotesi ammesse dalla disciplina dell’Unione: tra queste rientra quella delle misure di coesistenza di cui all’articolo 26 bis della Direttiva CE/2001/18. Naturalmente, tali deroghe alla libera coltivazione degli OGM autorizzati dall’Unione devono essere applicate in presenza delle condizioni che le legittimano e non devono risolversi in uno strumento per eludere le misure di armonizzazione approvate dall’Unione. Nel caso dell’art. 1, comma 1, L.R. F.V.G. n. 5/2014, il divieto non è a tempo indeterminato (non potendo comunque eccedere i dodici mesi dalla entrata in vigore della legge che lo prevede), ed è collegato a misure di coesistenza non ipotetiche, ma già approvate in via preventiva dalla Regione e per le quali era già stato avviato il procedimento di notifica alla Commissione. Sicché, deve escludersi che sussista contrasto tra la menzionata norma regionale e il diritto dell’Unione.
Pres. Zuballi ,Est. Tagliasacchi – F.G. (avv. Longo) c. Regione Friuli Venezia Giulia (avv. Iuri)
OGM – Regione Friuli Venezia Giulia – Moratoria di dodici mesi fissata dalla l.r. F.V.G. n. 5/2014 alla coltivazione di mais OGM – Misure di coesistenza – Potestà legislativa esclusiva in materia di agricoltura.
Il divieto regionale di coltivazione del mais OGM, posto dall’1, comma 1, L.R. F.V.G. n. 5/2014, non trova causa in ragioni di tutela della salute e dell’ambiente, ma per problemi di coesistenza, non potendosi in altro modo evitare gli incroci tra piante di diversa tipologia (convenzionali, biologiche e transgeniche). La Regione, invero, ha agito ai sensi dell’articolo 26 bis della Direttiva CE/2001/18, e non ai sensi dell’articolo 54 Regolamento CE/2002/178, operando in materia di agricoltura, nella quale ha potestà legislativa esclusiva: la tutela dell’ambiente e della salute umana spetta, invero, allo Stato (che, infatti, ha emanato il D.M. 12.07.2013).
Pres. Zuballi ,Est. Tagliasacchi – F.G. (avv. Longo) c. Regione Friuli Venezia Giulia (avv. Iuri)
Allegato
Titolo Completo
TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ – 20 marzo 2015, n. 146SENTENZA
TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ – 20 marzo 2015, n. 146
N. 00146/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00258/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 258 del 2014, proposto da:
Fidenato Giorgio quale titolare dell’Azienda Agricola “In Trois”, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Longo, con domicilio eletto presso la Segreteria Generale del T.A.R., in Trieste, piazza Unità d’Italia n. 7;
contro
Regione Friuli Venezia Giulia, rappresentata e difesa dall’avv. Daniela Iuri, domiciliata presso gli uffici dell’Avvocatura regionale, in Trieste, piazza Unità d’Italia n. 1;
nei confronti di
Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, non costituito;
Azienda Agricola Dordolo Ennio e Sandro Ss, non costituito;
per l’annullamento, previa sospensione cautelare dell’efficacia
– degli ordini imposti dalla Direttiva del Servizio del Corpo Forestale Regionale, Prot. SCFR/8.11/n. 2353, Prot. SCFR/8.11/n. 2354, Prot. SCFR/8.11/n. 2355 e Prot. SCFR/8.11/n. 2356 tutti dd. 26 giugno 2014;
per la condanna
della Regione Friuli Venezia Giulia al risarcimento del danno subito e subendo
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Friuli Venezia Giulia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 febbraio 2015 la dott.ssa Alessandra Tagliasacchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il signor Fidenato Giorgio, imprenditore agricolo titolare dell’Azienda “In Trois”, nella primavera del 2014 metteva a coltura in quattro appezzamenti di cui aveva la disponibilità, siti nei Comuni di Vivaro (PN), Mereto di Tomba (UD) e Colloredo di Monte Albano (UD), mais di tipo OGM MON 810, iscritto nel catalogo comune europeo.
2.1. Poiché, tuttavia, la Regione Friuli Venezia Giulia con L.R. n. 5/2014 aveva vietato, nelle more del pronunciamento della Commissione europea sulle misure di coesistenza approvate, le coltivazioni OGM nel proprio territorio, all’odierno ricorrente venivano dapprima applicate – da parte del Corpo Forestale regionale – quattro sanzioni pecuniarie ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della precitata legge regionale, e poi, con i provvedimenti in epigrafe compiutamente identificati, sempre emessi dalla medesima struttura regionale, veniva ordinata la rimozione nel termine di giorni cinque dalla notificazione delle colture medesime.
2.2. Al fine di evitare l’impollinazione incrociata con le colture limitrofe non OGM, l’Amministrazione regionale, accertato che l’interessato non aveva interamente adempiuto all’ordine di rimozione delle colture vietate, procedeva d’ufficio, con la sola esclusione di uno degli appezzamenti interessati, stante la resistenza passiva messa in atto dal signor Fidenato Giorgio e da altre persone. La distruzione di quest’ultima coltivazione veniva completata in un secondo momento, su ordine della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Udine, che ne aveva disposto il sequestro preventivo, successivamente esteso anche ad altro appezzamento.
3.1. Avverso gli atti regionali di estirpazione delle piante di mais OGM insorgeva il signor Fidenato Giorgio, sostenendo sostanzialmente la contrarietà del divieto di coltivazione di OGM alla disciplina europea e chiedendo conseguentemente, previa sospensione cautelare dell’efficacia, da disporsi anche inaudita altera parte, la disapplicazione della normativa regionale e l’annullamento dei provvedimenti gravati, oltre al risarcimento del danno.
3.2. Questi i motivi di impugnazione dedotti dal ricorrente:
I^) “violazione di legge per violazione degli artt. 11 e 117, comma 1, Costituzione; degli artt. 8 e 9 della Dir. n. 98/34/UE – art. 23 Cost.-; dell’art. 34 del Regolamento UE n. 1829/2003, nonché degli artt. 53 e 54 del Regolamento UE n. 178/2002 ed eccesso di potere per travisamento di fatto, carenza di istruttoria e violazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990 e s.m.i., nonché dei principi di ragionevolezza e proporzionalità”;
II^) “violazione di legge per violazione degli artt. 11 e 117, comma 1, Costituzione; dell’art. 95, par. 5 del Trattato UE; dell’art. 26 della Direttiva UE n. 18/2001, come inteso dalla sentenza della CGUE nella causa C-36/11 del 6 settembre 2012 ed eccesso di potere per travisamento di fatto, carenza istruttoria e violazione art. 3 della L. n. 241/1990 e s.m.i., nonché dei principi di ragionevolezza e proporzionalità”;
III^) “violazione di legge per violazione degli artt. 11 e 117 Cost.; dell’art. 34 del Regolamento (CE) n. 1829/2003, degli artt. 53 e 54 del Regolamento n. 178/2002. Violazione del principio di precauzione per violazione dell’art. 174, par. 2 del Trattato CE, oggi art. 191, par. 2 del Trattato FUE. Eccesso di potere per travisamento di fatto e carente, insufficiente motivazione”.
3.3. L’impugnativa era completata, sia pure in via subordinata alternativa, dalla domanda di remissione alla Corte di Giustizia dell’Unione europea della questione interpretativa in ordine alla conformità al diritto eurounitario della disciplina regionale sulla scorta della quale sono stati assunti gli atti gravati, ovvero alla Corte costituzionale la questione della conformità di quella medesima disciplina agli articoli 11 e 117, I^ comma, Cost..
4. Respinta con decreto presidenziale n. 80/2014 la domanda di misure cautelari urgenti, e con successivo decreto monocratico n. 101/2014 la domanda di abbreviazione dei termini, il ricorrente alla camera di consiglio del 27 agosto 2014 chiedeva la cancellazione della causa dal ruolo delle sospensive, essendo stata già eseguita l’estirpazione delle piante di mais transgenico nei terreni dallo stesso coltivati.
5. Si costituiva in giudizio la Regione Friuli Venezia Giulia, la quale dopo aver operato una ricostruzione del quadro normativo di riferimento, si opponeva alle tesi avversarie e concludeva instando per la reiezione del ricorso proposto da controparte. Il patrocinio regionale sviluppava ulteriormente le proprie argomentazioni in una successiva memoria difensiva.
6. Non si sono di contro costituiti in giudizio, né il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, né l’Azienda Agricola Dordolo Ennio e Sandro s.s., pure evocati.
7. All’udienza dell’ 11 febbraio 2015 il ricorrente dichiarava residuare il solo interesse risarcitorio e su tale dichiarazione la causa era introitata per la decisione.
DIRITTO
1.1. La questione giuridica sottoposta al vaglio di questo Giudice, così come emerge dalla sintetica ricostruzione in punto di fatto, ovverosia se sia conforme alla disciplina eurounitaria o se di contro non lo sia e dunque vada disapplicata la legislazione interna che vieta, anche solo temporaneamente, la coltivazione di OGM e vadano annullati gli atti amministrativi che danno attuazione a siffatto divieto, richiede una preventiva ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
1.2.1. Ai sensi dell’articolo comma 2, lettera d), TFUE, l’Unione ha competenza concorrente con i singoli Stati membri in materia di agricoltura: questo significa, giusta quanto dispone l’articolo 2, comma 2, del medesimo Trattato, che gli Stati membri disciplinano quella materia nella misura in cui l’Unione, conformemente al principio di sussidiarietà codificato nell’articolo 5, comma 3, TUE, non ha esercitato la propria competenza.
1.2.2. Per quanto qui di interesse, in materia di organismi geneticamente modificati, è stata emanata la Direttiva CE/2001/18, la quale all’articolo 22 stabilisce il principio generale della libera circolazione degli OGM, all’articolo 23 attribuisce agli Stati membri, in ipotesi di grave rischio per la salute umana o per l’ambiente, il potere di disporre la sospensione o l’interruzione della messa in commercio di prodotti OGM già autorizzati (cd. clausola di salvaguardia), e, infine, all’articolo 26 bis consente agli Stati membri di adottare misure (cd. di coesistenza) per evitare la presenza involontaria di OGM in altri prodotti.
1.2.3. In materia di sicurezza alimentare è’ stato altresì approvato il Regolamento CE/2002/178, applicabile anche in ipotesi di prodotti OGM destinati al consumo umano, il quale consente agli Stati membri di adottare misure cautelari urgenti, in attesa che si pronunci la Commissione europea a tanto compulsata (articolo 54).
1.3.1. Nell’esercizio di tale potere, l’Italia ha adottato il D.M. 12.07.2013 che ha vietato la coltivazione del mais OGM MON 810 sino all’adozione delle misure comunitarie e comunque per un periodo non eccedente i diciotto mesi dalla propria adozione.
1.3.2. Anche il suvvisto Decreto ministeriale è stato impugnato dall’odierno ricorrente, con separato ricorso avanti al T.A.R. del Lazio. L’impugnativa è stata, peraltro, definitivamente respinta con la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III^, n. 605/2015, che, nel confermare la decisione di primo grado, ha riconosciuto come «l’applicazione del principio di precauzione postula l’esistenza di un rischio potenziale per la salute e per l’ambiente, ma non richiede l’esistenza di evidenze scientifiche consolidate sulla correlazione tra la causa, oggetto di divieto o limitazione, e gli effetti negativi che ci si prefigge di eliminare o ridurre […];e comporta che quando non sono conosciuti con certezza i rischi connessi ad un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche, anche nei casi in cui i danni siano poco conosciuti o solo potenziali».
Si tratta di considerazioni che, come si vedrà, sia pure tenendo conto della diversità della fattispecie in esame, mantengono la loro validità pure in relazione alla questione che qui ci occupa.
1.4. Per quanto attiene specificatamente le misure di coesistenza di coltivazioni convenzionali, biologiche e transgeniche, al fine di assicurare la liberà di scelta di agricoltori e consumatori, la Corte costituzionale con sentenza n. 116/2006, nel dichiarare l’incostituzionalità del D.L. n. 279/2004 che affidava al Ministro per le politiche agricole e forestali, sia pure d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, la definizione delle norme quadro al riguardo, ha affermato che tale materia è da iscrivere all’agricoltura, settore nel quale la potestà legislativa spetta in via esclusiva, ai sensi del IV^ comma dell’articolo 117 della Costituzione, alle Regioni. Compete dunque alla Regioni «disciplinare le modalità di applicazione del principio di coesistenza nei diversi territori regionali, notoriamente molto differenziati dal punto di vista morfologico e produttivo».
1.5.1. Conseguentemente la Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia in data 7.03.2014 ha approvato in via preliminare un disegno di legge, che, vieta la coltivazione di mais OGM su tutto il territorio regionale in ragione del fatto, stante le specificità dell’organizzazione produttiva e delle caratteristiche del territorio regionale non è possibile evitare il pericolo di commistione tra colture transgeniche e colture non transgeniche. Trattandosi di norma tecnica, il disegno di legge è stato inviato in via preventiva alla Commissione ai sensi della Direttiva CE/98/34.
1.5.2. Nelle more del pronunciamento della Commissione, la Regione Friuli Venezia Giulia ha approvato la L.R. n. 5/2014, che all’articolo 1 ha vietato le coltivazioni di mais geneticamente modificato fino all’approvazione definitiva della suvvista misure di coesistenza e comunque per un periodo non eccedente i dodici mesi dalla propria entrata in vigore.
1.5.3. Ottenuta l’approvazione della Commissione europea, la Regione ha introdotto il divieto di coltivazione del mais transgenico in tutto il territorio regionale con l’articolo 2, comma 26, lettera a), L.R. F.V.G. n. 15/2014, di modifica della L.R. F.V.G. n. 5/2011.
Alla luce del così ricostruito quadro normativo si giunge, come si illustrerà nel prosieguo, alla conclusione della infondatezza del ricorso proposto dal signor Fidenato Giorgio.
2.1. Quanto al primo motivo di impugnazione, non è condivisibile la tesi di parte ricorrente, secondo cui la moratoria di dodici mesi fissata dalla L.R. F.V.G. n. 5/2014 alla coltivazione di mais OMG, anche di quello MON 810 regolarmente autorizzato dalla Commissione, costituisca norma tecnica, e come tale la previsione andasse previamente notificata alla Commissione ai sensi degli articoli 8 e 9 della Direttiva CE/98/34, sicché il mancato adempimento dell’incombente renderebbe la norma stessa contrastante con il diritto dell’Unione e, pertanto, da disapplicare.
2.2. Come ricordato ai punti che precedono, la norma tecnica è quella approvata provvisoriamente dalla Giunta regionale in data 7.03.2014 e poi inviata alla Commissione europea (e da questa ritenuta conforme al diritto dell’Unione), non certo la disposizione dell’articolo 1, comma 1, L.R. F.V.G. n. 5/2014.
Non deve, invero, trarre in inganno la circostanza che la norma tecnica (poi definitivamente approvata con la L.R. F.V.G. n. 15/2014) e quella qui contestata abbiano il medesimo contenuto, ovverosia il divieto di coltivazione nel territorio regionale del mais transgenico. Infatti, la prima è stata approvata nell’esercizio del potere di cui all’articolo 26 bis della Direttiva CE/2001/18, ovverosia ai fini della determinazione delle misure di coesistenza dei diversi tipi di colture, salvo riconoscere che la coesistenza non era possibile per le ragioni tutte illustrate alla Commissione europea e dalla stessa ritenute condivisibili.
La moratoria non è, invece, norma tecnica, essendo di contro finalizzata a mantenere inalterata (e, alla luce delle sopravvenienze, ragionevolmente) la situazione fattuale, sicché non andava di certo comunicata prima della vigenza alla Commissione europea. A ragionar diversamente , d’altro canto, si finirebbe con il frustrare, in un gioco di rimandi non più finito, l’utilità stessa della previsione e, ancor più, la finalità ultima che – come detto- la stessa persegue.
2.3. Nemmeno può ritenersi che il contestato divieto temporaneo di coltivazione di mais geneticamente modificato contrasti con quanto affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione nella causa C-36/11 (Pioneer HI Bred Italia S.r.l. c/ Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali) decisa con sentenza 6.09.2012, pure invocata dal patrocinio di parte ricorrente a sostegno delle proprie tesi.
Nel caso esaminato dal Giudice europeo la controversia originava da diniego opposto dalla Amministrazione statale italiana alla richiesta del privato di essere autorizzato a coltivare mais geneticamente modificato, ancorché iscritto nel Catalogo comune delle varietà di specie di piante agricole, in attesa dell’approvazione da parte delle singole Regioni delle misure di coesistenza tra le diverse tipologie di colture. La CGUE, pur affermando che «uno Stato membro non è libero di subordinare a un’autorizzazione nazionale, fondata su considerazioni di tutela della salute o dell’ambiente, la coltivazione di OGM autorizzati in virtù del regolamento n. 1829/2003 ed iscritti nel catalogo comune in applicazione della direttiva 2002/53», ha tuttavia riconosciuto che sono ammesse limitazioni o divieti alla coltivazione, purché nelle ipotesi ammesse dalla disciplina dell’Unione: tra queste rientra per l’appunto quella delle misure di coesistenza di cui all’articolo 26 bis della Direttiva CE/2001/18. Naturalmente, tali deroghe alla libera coltivazione degli OGM autorizzati dall’Unione devono essere applicate in presenza delle condizioni che le legittimano e non devono risolversi in uno strumento per eludere le misure di armonizzazione approvate dall’Unione.
Sennonché è stata proprio l’assenza dei suvvisti presupposti a far concludere la CGUE per la contrarietà di quella nota del Ministero al diritto dell’Unione.
Viceversa, nel caso qui in esame, diversamente da quello sottoposto al vaglio del Giudice dell’Unione, il divieto non è a tempo indeterminato (non potendo comunque eccedere i dodici mesi dalla entrata in vigore della legge che lo prevede), ed è collegato a misure di coesistenza non ipotetiche, ma già approvate in via preventiva dalla Regione e per le quali era già stato avviato il procedimento di notifica alla Commissione.
Sicché, deve escludersi che sussista il prospettato contrasto tra l’articolo 1, comma 1, L.R. F.V.G. n. 5/2014 e il diritto dell’Unione, e, a scendere, la conseguente illegittimità degli atti impugnati che alla disciplina regionale hanno dato esecuzione.
3.1. Quanto al secondo motivo di ricorso, non è fondata l’argomentazione per cui nel caso di specie non esisterebbero le condizioni alle quali, ai sensi dell’articolo 95, paragrafo 5, del Trattato CE, è consentito a uno Stato membro di derogare a misure comunitarie di armonizzazione (quale è quella che abilita la coltivazione nel territorio dell’Unione di mais OGM MON 810), ovverosia la presenza di prove scientifiche inerenti la protezione dell’ambiente o dell’ambiente di lavoro, la sussistenza di un problema specifico per lo Stato membro che chiede la deroga e l’insorgenza del problema successivamente alla adozione da parte dell’Unione di misure di armonizzazione, di talché la previsione derogatoria regionale di cui si è data applicazione negli atti impugnati sarebbe stata assunta in difetto dei presupposti che la consentono. Ulteriormente, sempre a detta del ricorrente, la norma regionale non sarebbe motivata in punto di inesistenza di altri strumenti per raggiungere l’obiettivo di evitare contaminazioni nelle colture e di proporzionalità.
3.2. Con riguardo al primo profilo, va osservato come nel caso di specie operi una disciplina speciale in tema di deroga alle misure di armonizzazione, vale a dire quella contenuta nell’articolo 26 bis della Direttiva CE/2001/18 ed è solo rispetto a questa disciplina che va valutata la conformità al diritto eurounitario della normativa interna.
La questione è stata esaminata, con esito positivo, ai punti che precedono e a quelle considerazioni si rinvia in aderenza all’obbligo di sinteticità degli atti giudiziari codificato dall’articolo 3, comma 2, Cod. proc. amm..
3.3. Con riguardo al canone della proporzionalità, che il ricorrente sostiene essere stato violato dall’introduzione di un divieto immediato di coltivazione del mais transgenico ancor prima che la Commissione europea si pronunciasse, va ribadito come la previsione di un limite temporale massimo operi un ragionevole equilibrio tra le esigenze degli agricoltori che vogliono coltivare piante OGM e quelli che vogliono coltivare piante non OGM.
4.1. Quanto, infine, al terzo motivo di impugnazione, non può essere accolta la tesi del ricorrente, secondo cui il divieto, sia pure temporaneo, di coltivare mais transgenico eccederebbe il principio di precauzione, perché l’EFSA ha negato che vi siano evidenze scientifiche sulla pericolosità del prodotto (tanto è vero che esso è coltivato in Europa), e violerebbe il principio di libertà di scelta da parte degli agricoltori in ordine al tipo di coltivazione da effettuare, principio affermato anche dalla sentenza di questo Tribunale n. 178/2014.
4.2. In primo luogo, questo Giudice rileva come le osservazioni di parte ricorrente non tengano conto del fatto che il divieto regionale di coltivazione del mais OGM non trova causa in ragioni di tutela della salute e dell’ambiente, finalità per la quale sì ha senso discutere di prove scientifiche della pericolosità del prodotto, ma per problemi di coesistenza, non potendosi in altro modo evitare gli incroci tra piante di diversa tipologia (convenzionali, biologiche e transgeniche).
La Regione, invero, ha agito ai sensi dell’articolo 26 bis della Direttiva CE/2001/18, e non ai sensi dell’articolo 54 Regolamento CE/2002/178, operando in materia di agricoltura, nella quale ha potestà legislativa esclusiva: la tutela dell’ambiente e della salute umana spetta, invero, allo Stato (che, infatti, ha emanato il D.M. 12.07.2013).
4.3 In secondo luogo, il Collegio condivide appieno, facendolo proprio, il ragionamento svolto dal Consiglio di Stato nel giudizio di cui si è dato conto al punto 1.3.2. della parte in diritto.
Il principio di precauzione che informa il diritto dell’Unione è tale se la soglia di tutela degli interessi sensibili è anticipata a un momento anteriore a quello in cui si hanno conoscenze scientifiche consolidate in ordine alla nocività di un prodotto.
Peraltro, non va dimenticato che l’autorizzazione del mais MON 810 fosse piuttosto risalente nel tempo e che il rinnovo dell’autorizzazione sia entrato in una lunga fase di stallo, sicché non è da escludere che il quadro delle conoscenze scientifiche nelle more sia mutato.
4.4. Con riguardo al precedente di questo Tribunale (segnatamente, sentenza n. 178/2014) pure richiamato dal ricorrente a sostegno delle proprie tesi, va ricordato come, fermo restando che in quel caso erano contestate le modalità operative imposte dalla Regione per la raccolta del mais OGM e che la fattispecie concreta era antecedente all’approvazione della disciplina regionale che qui si esamina, già in tale occasione questo Giudice abbia affermato la conformità al diritto dell’Unione di misure volte a garantire la coesistenza tra coltivazioni convenzionali, biologiche e transgeniche.
Dunque anche tale ultima censura non è meritevole di accoglimento.
5. L’infondatezza delle doglianze dedotte avverso gli atti impugnati determina l’infondatezza per assenza di uno degli elementi costitutivi della domanda risarcitoria.
6. In definitiva, il ricorso è respinto: la complessità delle questioni giuridiche sottese e la difficoltà nella ricostruzione del quadro normativo di riferimento giustificano nondimeno l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa integralmente le spese del giudizio tra le parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente
Manuela Sinigoi, Primo Referendario
Alessandra Tagliasacchi, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)