* RIFIUTI – AIA – Regione Friuli Venezia Giulia – Discariche – Piano di adeguamento – Approvazione – Prerequisito per il rilascio dell’AIA – D-.Lgs. n. 36/2003 – D.Lgs. n. 59/2005, art. 4, c. 4 – L.r. Friuli Venezia Giulia n. 25/05, art. 20 (oggi abrogato) – Disciplina transitoria – Contrasto con norme di principio della legislazione statale – Inconfigurabilità – Mancata approvazione del piano di adeguamento – Provvedimento di chiusura della discarica – Art. 17, c. 5 d.lgs. n. 36/2003.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Friuli Venezia Giulia
Città: Trieste
Data di pubblicazione: 27 Ottobre 2011
Numero: 488
Data di udienza: 12 Ottobre 2011
Presidente: Corasaniti
Estensore: Settesoldi
Premassima
* RIFIUTI – AIA – Regione Friuli Venezia Giulia – Discariche – Piano di adeguamento – Approvazione – Prerequisito per il rilascio dell’AIA – D-.Lgs. n. 36/2003 – D.Lgs. n. 59/2005, art. 4, c. 4 – L.r. Friuli Venezia Giulia n. 25/05, art. 20 (oggi abrogato) – Disciplina transitoria – Contrasto con norme di principio della legislazione statale – Inconfigurabilità – Mancata approvazione del piano di adeguamento – Provvedimento di chiusura della discarica – Art. 17, c. 5 d.lgs. n. 36/2003.
Massima
TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ – 27 ottobre 2011, n. 488
RIFIUTI – AIA – Regione Friuli Venezia Giulia – Discariche – Piano di adeguamento – Approvazione – Prerequisito per il rilascio dell’AIA – D-.Lgs. n. 36/2003 – D.Lgs. n. 59/2005, art. 4, c. 4 – L.r. Friuli Venezia Giulia n. 25/05, art. 20.
Per le discariche di cui al D. Lgs. 36/2003 che ricadono nell’All. I del D. Lgs. 59/2005. l’’AIA può essere rilasciata solo dopo l’approvazione del piano di adeguamento da parte della Conferenza tecnica. Infatti, giusta il disposto dell’art. 4, comma 4 del D. Lgs. 59/2005, “si considerano soddisfatti i requisiti tecnici di cui al presente decreto se sono soddisfatti i requisiti tecnici di cui al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36”. In altre parole, l’adeguamento della discarica ai sensi del D.Lgs. 36/03 costituisce il presupposto logico, tecnico e giuridico affinché si possa applicare l’(oggi abrogato) art. 20 della LR Friuli Venezia Giulia 25/05: se infatti la discarica non è adeguata l’impianto non può nemmeno continuare la propria attività. L’adeguamento delle discariche al D.Lgs. 36/03 costituisce quindi un pre-requisito imprescindibile per il rilascio dell’AIA perché, ai sensi dell’art. 4 comma 4 del D.Lgs. 59/05, le BAT (Best Available Techniques) coincidono coi parametri e coi requisiti che il D.Lgs. 36/03 ha previsto per la realizzazione (e per l’adeguamento) delle discariche.
Pres. Corasaniti, Est. Settesoldi – S. s.r.l. (avv. Zgagliardich) c. Provincia di Udine (avv.ti Asquini e Marche), Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Di Danieli) e altro (n.c.)
RIFIUTI – Discariche – Art. 20 l.r. Friuli Venezia Giulia n .25/05 (oggi abrogato) – Disciplina transitoria – Contrasto con norme di principio della legislazione statale – Inconfigurabilità.
La previsione della normativa transitoria di cui all’art. 20 della L.r. Friuli Venezia Giulia n. 25/2005, proprio in ragione della sua transitorietà, non si rivelava in contrasto con alcuna norma di principio della legislazione statale, anche a prescindere dall’autonomia regionale richiamata ex art. 35 c. 2 bis del d.lgs 152/2006; sul punto, infatti, il principio è quello espresso dall’art. 4, c. 5 del d.lgs 128/2010 che, quindi, riconosce a livello di norma di principio la applicabilità della normativa vigente al momento dell’avvio del procedimento.
Pres. Corasaniti, Est. Settesoldi – S. s.r.l. (avv. Zgagliardich) c. Provincia di Udine (avv.ti Asquini e Marche), Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Di Danieli) e altro (n.c.)
RIFIUTI – Discariche – Mancata approvazione del piano di adeguamento – Provvedimento di chiusura della discarica – Art. 17, c. 5 d.lgs. n. 36/2003.
Il provvedimento di chiusura della discarica discende ex lege dalla mancata approvazione del Piano di adeguamento, posto che l’art. 17, comma 5 del D.Lgs. 36/2003 dispone che “in caso di mancata approvazione del piano di cui al comma 3, l’autorità competente prescrive modalità e tempi di chiusura della discarica, conformemente all’art. 12, comma 1, lett. c)”.
Pres. Corasaniti, Est. Settesoldi – S. s.r.l. (avv. Zgagliardich) c. Provincia di Udine (avv.ti Asquini e Marche), Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Di Danieli) e altro (n.c.)
Allegato
Titolo Completo
TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ - 27 ottobre 2011, n. 488SENTENZA
TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ – 27 ottobre 2011, n. 488
N. 00488/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00588/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 588 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Sager S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Gianni Zgagliardich, con domicilio eletto presso Gianni Zgagliardich Avv. in Trieste, via Filzi 8;
contro
Provincia di Udine, rappresentata e difesa dagli avv. Federica Asquini, Stefano Marche, con domicilio eletto presso Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, p.zza Unita’ D’Italia 7;
Regione Friuli-Venezia Giulia, rappresentato e difeso dall’avv. Gianna Di Danieli, domiciliata in Trieste, piazza Unita’ D’Italia 1;
Arpa – Agenzia Regionale Protezione Ambiente del Fvg;
per l’annullamento
Quanto al ricorso introduttivo:
-della delibera n. 261 dd. 8 settembre 2010 della Provincia di Udine relativa alla non approvazione del piano di adeguamento e variante di adeguamento della discarica di 1^ categoria, in Comune di Pavia di Udine e prescrizione modalità e tempi di chiusura in applicazione dell’art. 17, comma 5 del DLgs 36/2003;
-della lettera/parere ARPA di cui al prot. 5429-ST dd. 15 giugno 2010;
-del Verbale della Conferenza Tecnica dd. 2 luglio 2010 relativo a procedimento per valutazione progetto di adeguamento relativo alla discarica di 1^ cat. in Comune di Pavia di Udine;
-del Verbale della Conferenza Tecnica dd. 30 giugno 2008 relativo a procedimento per valutazione progetto di adeguamento relativo alla discarica di 1^ cat. in Comune di Pavia di Udine;
-della Determina n. 2010/6584 dd. 26 agosto 2010, relativa a provvedimento di diffida;
-della Delibera n. 150 dd. 21 luglio 2008 relativa a disposizioni per la chiusura delle discariche presenti sul territorio provinciale;
-della Delibera n. 187 dd. 1 settembre 2008 della Provincia di Udine di integrazione della precedente Delibera n. 150 dd. 21 luglio 2008;
-di ogni altro atto presupposto, conseguente e, comunque connesso a quelli impugnati, anche non conosciuto
Quanto ai motivi aggiunti depositati in data 1 aprile 2011:
-del verbale della Conferenza Tecnica dd. 2.7.2010 già impugnato con il ricorso introduttivo;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Udine e della Regione Friuli-Venezia Giulia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2011 il dott. Oria Settesoldi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente SAGER s.r.l., titolare di una discarica in Comune di Pavia di Udine, località Risano, definita dalla previgente normativa come “discarica di prima categoria” per rifiuti solidi urbani ed assimilati con gestione autorizzata dal 31 maggio 1996, dettagliatamente ricorda tutte le vicende successive alla intervenuta presentazione del piano di adeguamento della discarica alle previsioni del D.Lgs. 36/2003 (25 settembre 2003), seguito, in data 10 ottobre 2003, dalla presentazione di “variante di adeguamento”.
Detta procedura si è conclusa una prima volta con la delibera della Giunta Provinciale n. 157 del 28 luglio 2008 che, sulla base delle risultanze della Conferenza Tecnica bocciava il Piano di Adeguamento proposto e disponeva la chiusura della discarica a partire dal 2 ottobre 2008
Tale atto è poi stato annullato dal T.A.R. F.V.G., con la sentenza 8 maggio 2009, n. 301, per violazione dell’art. 10bis, L. 241/1990.
La Provincia ha ripreso il procedimento con la comunicazione dei motivi ostativi, con prot. 2009/73630 del 3 giugno 2009, e successivamente la Conferenza Tecnica prima, e la Provincia dopo, concludevano per la reiezione del Piano di Adeguamento e la chiusura della discarica, confermando quasi integralmente quanto già previsto nella Conferenza dell’anno precedente (2008). Veniva di conseguenza assunta la Delibera n. 212 del 31 luglio 2009, anch’essa annullata dal T.A.R. F.V.G., con sentenza 30 aprile 2010, n. 274 che, in parziale accoglimento dei motivi di ricorso, disponeva che “per l’effetto annulla la deliberazione della giunta provinciale n. 212 del 31.7.2009 ed il presupposto verbale della conferenza tecnica del 1.7.2009 e lo dichiara per il resto inammissibile”.
Con lettera prot. 73968 del 1° giugno 2010 la Provincia procedeva alla nuova convocazione della Conferenza Tecnica, avente il medesimo oggetto delle precedenti, per il giorno 16 giugno 2010, data successivamente rinviata al 2 luglio 2010 con prot. 76852 del 9 giugno 2010. La ricorrente, tenuto conto che ormai la propria discarica si trovava in sede di prima applicazione di AIA e che era intervenuta, ad opera del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, la modifica della L. 241/1990, con lettere del 16 giugno 2010, chiedeva la convocazione di apposita Conferenza dei Servizi per il perfezionamento del procedimento AIA, specificatamente prevista dal D.Lgs. 59/2005 e s.m.i..
Non avendo ricevuto risposta alcuna, la ricorrente decideva di presenziare comunque alla parte introduttiva della Conferenza con il proprio Presidente ed il Responsabile della Qualità ing. Bazzocchi al fine di ribadire la sopra citata richiesta e lasciare una propria nota da far allegare al verbale.
All’inizio della Conferenza la ricorrente apprendeva che la Provincia, discostandosi dalla prassi precedente, aveva deciso di far presenziare i suoi rappresentanti a tutta la Conferenza Tecnica, ma non spostava la riunione per consentire alla ricorrente di farsi assistere dai propri tecnici.
Anche questo procedimento si è poi concluso negativamente ed è oggetto del presente ricorso che deduce i seguenti motivi:
I.1. Violazione della L. 241/1990 e violazione anche dell’art. 21-septies della medesima L. 241/1999 e s.m.i. – Erroneità materiale – Carenza di presupposti e di motivazione – Violazione dei principi di effettività della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) e di legalità sostanziale – Violazione del giudicato – Sviamento
Si sostiene che la Provincia di Udine avrebbe erroneamente assunto che la sentenza del TAR F.V.G. n. 274/2010 avesse annullato solo la Delibera della Giunta Provinciale n. 212 del 31.7.2009 e che fosse rimasta valida la Conferenza Tecnica del 1.7.2009 ed il relativo verbale che, invece, è stato annullato.
Anche il parere di ARPA-FVG (prot. prov. 80600/10 del 21.6.2010), portato a supporto della decisione ora presa (pag. 12 e richiamato indirettamente al punto 1 del dispositivo (pag. 15), sarebbe stato redatto in esito alle decisioni conseguenti alla Conferenza Tecnica del 1.7.2009, come risulta dal testo dello stesso, che così inizia (: “In relazione ai contenuti della Deliberazione della Giunta Provinciale n. 212 del 31 luglio 2009, in data 20 gennaio 2010…”.
Il richiamo al “quarto piezometro richiesto” (pag. 13 )deriverebbe dai contenuti prescrittivi delle delibere in precedenza assunte dalla Provincia e cassate in sede giurisdizionale, in particolare dalla cassata Delibera n. 212 del 31.7.2009.
Il supposto parere reso da ARPA-FVG sarebbe quindi stato un adempimento non più dovuto.
Ciò si rifletterebbe sia sul punto 1 (quarto piezometro ed ARPA) che sul punto 2 (Conferenza Tecnica 1.7.2009) del dispositivo della contestata delibera.
Si sostiene quindi che, prima ancora che annullabile, l’atto sarebbe nullo per l’effetto dell’art. 21-septies, L. 241/1990, perché assunto in violazione, o elusione, del giudicato.
I.2. Violazione di legge: violazione art. 117 Cost.; violazione degli artt. 14 e 14-quater, L. 241/1990 e s.m.i.; art. 5, D.Lgs. 59/2005 e s.m.i. – Eccesso di potere per violazione dei principi di imparzialità e del buon andamento dell’amministrazione. Sviamento di potere
I precedenti due annullamenti giurisdizionali avrebbero dovuto indurre l’Amministrazione ad effettuare con particolare attenzione un’analisi approfondita dell’intera vicenda.
Inoltre si adombra la possibilità di dubbi in ordine alla imparzialità e “serenità” di giudizio dell’organo chiamato a riesaminare, per la terza volta, la medesima questione.
L’aver consentito la partecipazione della ricorrente all’intera Conferenza Tecnica per discutere sui motivi ostativi già comunicati, senza peraltro consentire al richiesto rinvio della riunione per darle modo di presenziare anche con i propri tecnici avrebbe realizzato una mera “parvenza” di contraddittorio , non paragonabile alla Conferenza di Servizi sotto il profilo delle garanzie offerte all’interessato, tanto più che ARPA non era presente mentre l’atto, anche in palese violazione delle regole sul giudicato, si sorregge su una lettera/parere di ARPA emessa in base alla cassata Delibera n. 212/2009 e quindi nulla.
Inoltre, nel procedimento regionale, peraltro previsto per altri scopi, è prevista la partecipazione di esperti nominati dalla Provincia e di funzionari che, come tali, sarebbero influenzati dalle direttive dell’organo politico, che, nel caso di specie si era già espresso con le Delibere della Giunta Provinciale n. 150/2008 e 187/2008.
Anche dal contenuto della prima convocazione della Conferenza Tecnica (prot. prov. 73968 del 1.6.2010) si evincerebbe la conferma dell’intendimento della Provincia, intenzionata solo a “motivare adeguatamente”, come già preannunciato dall’assessore, sulla reiezione delle osservazioni della ricorrente e quindi se ne deduce la assoluta mancanza di imparzialità della stessa.
L’indirizzo generale dato dalla Provincia con le citate Delibere n. 150/2008 e 187/2008 – anch’esse impugnate -, sarebbe illegittimo in quanto la Provincia sarebbe sprovvista dei poteri di legge (incompetenza) per dettare norme di questo tipo rivolte alla generalità degli impianti esistenti sul proprio territorio e potrebbe esprimersi in via generale solo nell’ambito della pianificazione di sua spettanza (predisposizione dei Piani Attuativi Provinciali del Piano Regionale) in base alla L.R. 30/1987 .
Inoltre le delibere sarebbero errate nei contenuti in quanto non tengono conto che la generalità delle discariche è divisa di due grandi gruppi: quelle che rientrano nella normativa IPPC (D.Lgs. 59/2005, poi rientrato – agosto 2010 – nella Parte II, D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.), come quella che qui interessa, e quelle che rientrano nella normativa dei rifiuti di cui alla Parte IV del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i..
Questa suddivisione e le relative peculiarità, anche procedimentali, derivano direttamente dalla normativa europea, anche da quella che è all’origine del D.Lgs. 36/2003, norma tecnica e non autorizzativa, la sola che le predette delibere citano e cioè la direttiva 1999/31/CE (18° Considerando).
Viene eccepita inoltre, occorrendo, l’illegittimità costituzionale dell’art. 20, L.R. 25/2005 in relazione all’art. 117, c. 1 e c. 2, lett. s) Cost. per violazione del D.Lgs. 59/2005 e s.m.i. e L. 241/1990 e s.m.i., nella parte in cui prevede, per gli impianti rientranti nella normativa AIA, un modulo organizzativo di autorizzazione in contrasto con la normativa nazionale (D.Lgs. 59/2005 e s.m.i. e L. 241/1990 e s.m.i.).
II. Sull’illegittimità della non approvazione del Piano di Adeguamento:
II.3. Violazione di legge – Art. 1, D.Lgs. 59/2005, artt. 10, 10-bis e 14-quater, L. 241/1990, s.m.i. – art. 208, D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. – D.L. 180/2007 – Eccesso di potere per mancanza di presupposti, errata prospettazione, illogicità manifesta, contraddittorietà di comportamento – Errore di fatto e di petitum.
Si contesta la fondatezza del presupposto di cui all’affermazione della Provincia “… per le valutazioni emerse dalla discussione della Conferenza Tecnica, alla quale la ditta ha partecipato con la facoltà di esporre le proprie ragioni su ogni aspetto trattato..”, in quanto, a tale discussione, non erano presenti i tecnici della ricorrente e la loro partecipazione non era comunque prevista né dal modulo organizzativo adottato nè dall’avviso di convocazione.
Si rileva la contraddittorietà esistente fra l’introduzione del punto del dispositivo – “… non approvare il Piano di Adeguamento …” – e l’oggetto della convocazione della Conferenza Tecnica su cui si basa il punto stesso, che così recita: “… valutazione progetto di adeguamento …” che dimostrerebbe che la Conferenza Tecnica avrebbe discusso del progetto di adeguamento e la Provincia avrebbe rigettato il Piano di Adeguamento senza averlo esaminato, mentre il petitum originario della ricorrente era proprio l’approvazione del Piano e non già di un progetto di adeguamento. Tant’è vero che la difformità del fondo della discarica rispetto al D.Lgs. 36/2003, che la Provincia ritiene sostanziale, non sarebbe frutto di alcun progetto della ricorrente del quale sia stata richiesta l’approvazione!
La ratio di un tale comportamento starebbe nelle Delibere di indirizzo della Giunta provinciale n. 180/2008 e 187/2008 perché, dalla Delibera n. 180/2010, risulta che la Giunta ha inteso dettare criteri del procedimento amministrativo finalizzato alla chiusura delle discariche presenti sul territorio provinciale, tenuto conto che le stesse: “non risultano conformi alle norme tecniche di cui al D.Lgs. 36/2003, in particolare per quanto concerne il sistema d’impermeabilizzazione del fondo e dei fianchi, né vi risultano adeguabili” sicchè il giudizio sarebbe basato su tale indirizzo e non già sulla normativa vigente.
Viene contestata anche, in quanto ritenuta apodittica e senza fondamento , la convinzione che il prerequisito per l’assoggettamento ad Autorizzazione Integrata Ambientale consista nell’avere un Piano di Adeguamento approvato ai sensi del Decreto Legislativo 36/2003.
Sarebbe infatti del tutto naturale che le discariche preesistenti, benchè regolarmente autorizzate, possano avere difformità costruttive rispetto alle sopravvenute norme europee, e, proprio per tale motivo, al Piano di Adeguamento sarebbe affidata l’adozione delle “misure necessarie per il loro adattamento alla presente direttiva in base ad un piano di adeguamento dell’area”, come recita il 26° Considerando della Direttiva 1999/31/CE, recepita dal D.Lgs. 36/2006.
L’adattamento richiesto consisterebbe nell’insieme delle misure previste dal Piano di Adeguamento, incluse quelle per evitare l’infiltrazione delle acque piovane, nonchè i monitoraggi da eseguirsi sulle matrici acqua, aria e suolo, aspetti che sarebbero stati pretermessi nell’esame svolto dalla Provincia, che non avrebbe mai esaminato il Piano in quanto tale, limitandosi ad un singolo aspetto di difformità, che era pacifico attendersi.
Il preteso prerequisito per l’assoggettamento alla procedura AIA sarebbe altresì smentito dalla Direttiva 2008/1/CE del 15 gennaio 2008 (in precedenza Direttiva 96/61/CE) sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (AIA), la quale al comma 5, art. 19, così prevede: “Fatti salvi i requisiti stabiliti dalla presente direttiva, le prescrizioni tecniche applicabili alle discariche di cui ai punti 5.1 e 5.4 dell’allegato I sono state fissate nella direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti”.
Se ne deduce quindi che la direttiva 1999/31/CE e quindi il D.Lgs 36/2003, che ne costituisce la trasposizione nazionale, costituirebbero solo la norma tecnica di riferimento per l’applicazione della Direttiva 2008/1/CE (AIA).
Invece, dall’oggetto della delibera “D.Lgs. 152/06 – D.P.G.R. 01/PRES./98 – D.Lgs. 36/03 – Non approvazione …”, si evincerebbe che il procedimento è stato condotto con riferimento al D.Lgs. 152/2006, dal cui ambito di applicazione è escluso l’impianto della ricorrente che ha presentato già nel 2007 domanda di autorizzazione integrata ambientale per il proprio impianto,
Sarebbe infondata anche l’affermazione di cui al quarto alinea del Punto 1 che “non è stato effettuato il monitoraggio della falda”.
Si contesta il riferimento alla L.R. 32/2005, mai invocata dalla ricorrente, e ritenuta inapplicabile in quanto il progetto prevede “un aumento volumetrico superiore al 10%”, dato che, sia nelle risposte ai motivi ostativi che nel Piano di Adeguamento, la ricorrente aveva ripetutamente ribadito che l’aumento di volume non costituiva richiesta di ampliamento, ma conseguenza di corretta applicazione delle migliori tecniche disponibili previste dal D.Lgs. 36/2003 per evitare l’infiltrazione delle acque piovane nel medio e lungo termine, come richiesto dai punti 2.3 e 2.4.3 di Allegato 1, D.Lgs. 36/2003.
La mancata risposta a tali contenuti delle controdeduzioni ai motivi ostativi violerebbe quindi il giudicato della Sentenza n. 274/2010 ed altresì il disposto del comma 1, art. 14-quater, laddove è previsto che in sede di Conferenza di Servizi il dissenso non può essere apodittico, ma “congruamente motivato … e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso”.
La Provincia avrebbe potuto invece prescrivere minori pendenze di colmo e prendere atto dei risultati del monitoraggio delle acque di falda, già in corso, cosa che non ha voluto fare perchè aveva l’obiettivo precostituito di arrivare comunque alla chiusura della discarica.
II.4. Violazione di legge: D.L. 59/2008; art. 11, D.Lgs. 59/2005 e s.m.i. – Eccesso di potere per erroneità dei presupposti, contraddittorietà ed illogicità manifesta – Incompetenza e nullità – Sviamento.
Partendo dall’affermazione che “non è stato possibile verificare l’integrità della geomembrana in quanto il pozzo spia non è accessibile” la ricorrente afferma di non comprendere come il pozzo spia, che raccoglie i drenaggi dello strato di sabbia interposto fra geomembrana ed argilla ( strato ritenuto ostativo all’approvazione della domanda) possa essere fonte di pregiudizio per la sua mancata accessibilità ed assume in primis la contraddittorietà di un tale assunto.
Per altro verso ritiene che tale situazione non possa esserle addebitata perché dipenderebbe dal fatto che la Provincia, con la Delibera n. 157 del 28 luglio 2008, poi cassata, aveva disposto che i conferimenti dovessero cessare a far data dal 1° ottobre 2008, non consentendo alla ricorrente il completo colmamento del residuo volume di discarica.
L’inaccessibilità attuale del pozzo spia sarebbe quindi dovuta all’errata interpretazione a suo tempo data dalla Provincia al D.L. 8 aprile 2008, n. 59 ed al conseguente mancato colmamento della discarica per causa della Provincia, così come la produzione di percolato ed ogni altra censura di cui all’impugnata diffida. Tant’è vero che l’ARPA, nel sopralluogo del 20 gennaio 2010, si sarebbe limitata a rilevare che: “… si è presa visione dello stato di fatto relativo al secondo lotto dell’impianto, nel quale il conferimento di rifiuti è stato interrotto e che quindi non risulta ancora esaurito; i rifiuti appaiono esposti nonostante la copertura a suo tempo attuata”.
Per quanto riguarda la diffida, si sostiene che, oltre che essere affetta da erroneità dei presupposti, sarebbe da considerarsi atto nullo per incompetenza ed anche per elusione del giudicato.
Quanto all’incompetenza, si precisa che, dopo il 31 marzo 2008, l’impianto si sarebbe trovato in fase di prima applicazione di AIA (D.L. 180/2007 – comma 1-bis, art. 2) e pertanto la competenza sulla “inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie”, in virtù dell’art. 11, D.Lgs. 59/2005 e s.m.i., sarebbe stata della Regione che era l’autorità competente per gli impianti soggetti ad AIA.
Quanto al profilo di elusione del giudicato, si rileva che, nella ricognizione iniziale degli atti (pag. 2), si fa riferimento alle Deliberazioni n. 157/2008 e 212/2009, entrambe cassate dal TAR, dimostrando che l’attività posta in essere dalla Provincia ed il metro di giudizio applicato sarebbe il medesimo già posto a base dei due provvedimenti annullati. Di conseguenza l’atto emesso dovrebbe considerarsi nullo per tale profilo.
Le censure sin qui espresse riguardano tanto il Punto 1 della delibera contestata, quanto le analoghe premesse esposte in narrativa a pag. 13,
Viene segnalata anche l’apoditticità totale degli ultimi due “Valutato …” che precedono il dispositivo (pagg. 13 e 14 della delibera) che si sostiene non emergano dalla Conferenza Tecnica del 2.7.2010, ma costituiscano autonome ed apodittiche valutazioni degli uffici della Provincia con la premessa che “è quindi la stessa ditta ad attestare …”. Tale affermazione risulterebbe infondata in quanto la ricorrente non avrebbe mai fornito i calcoli ivi esposti, o singoli elementi dello stesso, che non condivide e ritiene sbagliati, sostenendo che la Provincia sovrastimi il peso specifico dei rifiuti e sottostimi quello della terra, al solo scopo di dimostrare che è possibile il riempimento del volume residuo con terra, mentre, adottando i valori del decreto 15347 della regione Lombardia si perverrebbe a conclusioni opposte.
Sul punto sarebbe mancato il contraddittorio, con palese sviamento del procedimento a mezzo di introduzione di dati non credibili dal punto di vista tecnico.
III. Sull’illegittimità dell’intero procedimento della Provincia.
Si sostiene che la Provincia di Udine avrebbe illegittimamente “trascinato” il procedimento dall’anno 2003 ad oggi, con una moltiplicazione di richieste alla ricorrente ed agli altri enti interessati.
III.5. Violazione di legge: art. 1, comma 1, L. 241/1990, s.m.i.; art. 15, D.Lgs. 59/2010 – Eccesso di potere per aggravamento del procedimento, violazione dei principi di buon andamento, non discriminazione, di proporzionalità, di continuità dell’azione amministrativa, di imparzialità e legalità sostanziale
La inusitata lunghezza del procedimento in esame (iniziato nel 2003) nel corso del quale sono cambiate le normative e presso la Provincia sono cambiati almeno quattro dirigenti e svariate giunte provinciali, modificando anche la “natura della discrezionalità” dell’Ente rispetto alle pratiche in corso di istruttoria, avrebbe condizionato l’esame della pratica della ricorrente, rendendo anche anche in parte obsoleti, rispetto ai nuovi riferimenti, elaborati e/o scritti presentati anni prima e rendendo problematico e difficile articolare le stesse risposte ai motivi di diniego ex art. 10-bis.
Dal confronto fra i motivi comunicati dalla Provincia ed i contenuti dell’ultima delibera assunta a sfavore della ricorrente vi sarebbero evidenti discrasie che portano a giudicare come non completi i motivi ostativi comunicati, tuttora riferiti ad una Conferenza Tecnica dell’anno 2008 e mai modificati.
Il procedimento articolato, su un arco temporale di ben sette anni, avrebbe violato quindi il principio di continuità che deve caratterizzare l’attività della Pubblica Amministrazione al fine di assicurare il soddisfacimento di tutti gli interessi coinvolti.
Non sarebbe stato tenuto conto degli interessi della ricorrente al fine di una bilanciata ponderazione degli stessi con l’interesse pubblico, in totale dispregio del principio di non discriminazione.
Viene chiesto anche il risarcimento dei danni, evidenziando come, a seguito dei provvedimenti assunti dalla Provincia di Udine, la discarica ha dovuto ridurre, a partire dal 21 agosto 2008, la tipologia dei rifiuti accolti, ricezione che si è dovuta sospendere a partire dal 2 ottobre 2008.
Sulla base delle risultanze contabili per il periodo dal 21 agosto 2008 al 31 ottobre 2010 si è calcolato il maggior onere conseguente che, in base ai giorni lavorativi, risulta pari a 1.013,54 € al giorno. Tenuto conto che, a tutto il 31 ottobre 2010, i giorni lavorativi sui quali il danno si è ripercosso sono in numero di 649, il totale del danno subito a tale data ammonta a 657.784,22 €, oltre a 33.837,22 € per maggior produzione di percolato.
La ricorrente ha poi notificato i seguenti motivi aggiunti, con specifico riferimento al verbale della conferenza tecnica del 2.7.2010:
A) Violazione di legge – violazione dell’art. 1 l. 241/90 . Eccesso di potere per contraddittorietà. Violazione dei principi di trasparenza e buona fede. Violazione del giudicato sotto il profilo della già censurata brevità della conferenza; nell’assunto che la ricorrente non sarebbe stata previamente informata della possibilità di presenziare all’intera seduta e quindi non poteva farsi assistere dai suoi tecnici, che la estrema brevità della seduta ( dalle ore 11.30 alle ore 12.10) non avrebbe permesso un’effettiva discussione, tanto più che parte del tempo è stato impiegato per dibattere se accondiscendere o meno alla richiesta della ricorrente di un rinvio per permetterle di farsi assistere dai suoi tecnici – cosa nemmeno verbalizzata.
A2) Violazione di legge – violazione dell’art. 10 l. 241/90. Eccesso di potere per erroneità, carenza di istruttoria e violazione del giudicato; non sarebbero state esaminate e discusse le osservazioni formulate dalla ricorrente dopo la comunicazione ex art. 10 bis che si è soffermata solo sui motivi ostativi già segnalati , in violazione di quanto prescritto nella sentenza del TAR, ritenendo erroneamente che solo questi, e non le controdeduzioni, andassero discussi in contraddittorio.
A3) Violazione di legge – Violazione D.L. 180/2007 e D.LGS 59/2005. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e carenza di motivazione; nell’assunto che non sarebbe stato verificato l’effettivo stato del monitoraggio delle acque di falda, di cui pure la ricorrente aveva dichiarato l’effettuazione. Sarebbe stato erroneamente dato per scontato un già avvenuto pronunciamento del TAR sul fatto che l’intervenuta approvazione del piano di adeguamento costituirebbe prerequisito per l’assoggettamento ad Autorizzazione Integrata Ambientale, mentre la ricorrente ribadisce di ritenere che la sua discarica sia soggetta alla normativa AIA. Sarebbe stato poi dato per scontato che il “progetto” di adeguamento non fosse approvabile con conseguente non approvabilità del Piano di adeguamento e quest’ultimo non sarebbe stato quindi esaminato.
A4) Violazione di legge – Violazione d.lgs 59/2005 e D.lgs 36/2003. Violazione art. 12 quater l. 241/90. Eccesso di potere per erroneità e disparità di trattamento. Violazione della par condicio; nell’assunto che non sarebbe stato effettuato l’esame del piano di adeguamento, attestandosi sulla richiesta della totale e meccanica applicazione delle nuove disposizioni agli impianti preesistenti e non sarebbero state indicate le modifiche progettuali necessarie per ottenere l’assenso, come invece prescritto dall’art. 14 quater l. 241/90, diversamente da quanto effettuato dalla Provincia di Gorizia per le discariche esistenti nel suo territorio.
La ratio ispiratrice di tale comportamento risiederebbe nella precostituita decisione di chiusura delle discariche non conformi alle norme tecniche di cui al d.lgs 36/2003 per quanto concerne il sistema di impermeabilizzazione di fondo e fianchi, già presa con la impugnata delibera giuntale n. 150/2008 ma, avendo la discarica della ricorrente fondo e pareti conformi alla normativa, la Provincia si appiglierebbe alla presenza di un modesto strato di sabbia fra l’impermeabilizzazione principale e l’argilla del fondo ad onta dei tranquillizzanti risultati dei monitoraggi.
Si sono costituite in giudizio la Provincia di Udine e la Regione Friuli Venezia Giulia controdeducendo per il rigetto del ricorso.
DIRITTO
Il Collegio osserva anzitutto che le due più volte citate sentenze di questo TAR hanno sostanzialmente censurato lo svolgimento del contraddittorio procedimentale, che deve essere sostanziale e non meramente formale. E’ chiaro pertanto che anche l’annullamento del precedente verbale della conferenza tecnica del 31.7.2009 risponde a quella motivazione e non cancella il predetto verbale in quanto “fatto” istruttorio, ma lo elimina in quanto atto giuridico.
Deve anche essere preliminarmente sgombrato il campo dalle erronee asserzioni della parte ricorrente in ordine all’applicabilità della normativa A.I.A., che non può assorbire il procedimento per l’approvazione del Piano di adeguamento ex d.lgs 36/03 all’interno del procedimento per l’A.I.A. previsto dal d.lgs 59/2005; infatti, dal punto di vista procedimentale, l’art. 20 della L.R. 18/08/2005 n. 25 ricomprendeva quest’ultimo nel primo, a condizione che alla Conferenza Tecnica di cui all’articolo 6 del d.lgs 36/2003 partecipasse la struttura regionale competente in materia di autorizzazione integrata ambientale e, di fatto risulta che la Provincia ha invitato alle Conferenze tecniche, convocate ai sensi del DPGR 01/1998/Pres., anche il Servizio tutela da Inquinamento Atmosferico, acustico e ambientale (struttura regionale competente in materia di AIA), ai fini dell’eventuale rilascio di Autorizzazione Integrata Ambientale ai sensi dell’art. 20 della LR 25/05; il Collegio pertanto ritiene che la procedura seguita rispetti la normativa vigente. Dal punto di vista sostanziale, invece, l’AIA avrebbe potuto essere rilasciata solo dopo l’approvazione del piano di adeguamento da parte della Conferenza tecnica. Infatti per le discariche di cui al D. Lgs. 36/2003 che ricadono nell’All. I del D. Lgs. 59/2005, giusta il disposto dell’art. 4, comma 4 del D. Lgs. 59/2005, “si considerano soddisfatti i requisiti tecnici di cui al presente decreto se sono soddisfatti i requisiti tecnici di cui al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36”.
In altre parole, l’adeguamento della discarica ai sensi del D.Lgs. 36/03 costituisce il presupposto logico, tecnico e giuridico affinché si possa applicare l’art. 20 della LR 25/05: se infatti la discarica non è adeguata l’impianto non può nemmeno continuare la propria attività. L’adeguamento delle discariche al D.Lgs. 36/03 costituisce quindi un pre-requisito imprescindibile per il rilascio dell’AIA perché, ai sensi dell’art. 4 comma 4 del D.Lgs. 59/05, le BAT (Best Available Techniques) coincidono coi parametri e coi requisiti che il D.Lgs. 36/03 ha previsto per la realizzazione (e per l’adeguamento) delle discariche.
Trattandosi di procedimento preesistente rispetto all’entrata in vigore del Decreto legislativo AIA la competenza è quindi in ogni caso rimasta della Provincia, ai sensi dell’art. 17 comma 2 del D. Lgs. 59/2005 ed il modulo procedimentale rimane quello della conferenza tecnica
L’eccezione di illegittimità costituzione del succitato art. 20 della l.r. 25/2005 si rivela manifestamente infondata, dal momento che la previsione di tale normativa transitoria, proprio in ragione della sua transitorietà, non si rivelava in contrasto con alcuna norma di principio della legislazione statale, anche a prescindere dall’autonomia regionale richiamata ex art. 35 c. 2 bis del d.lgs 152/2006; sul punto, infatti, il principio è proprio quello espresso dall’art. 4, c. 5 del d.lgs 128/2010 che, quindi, riconosce a livello di norma di principio la applicabilità della normativa vigente al momento dell’avvio del procedimento, a nulla rilevando la circostanza che tale norma sia entrata in vigore dopo lo svolgimento della conferenza tecnica de quo; infatti la previsione su cui si fonda la competenza provinciale ed il relativo modulo procedimentale si trova nella previgente normativa regionale e l’art. 4, c. 5 sopracitato non è che la conferma del fatto che la persistenza, a livello di disciplina transitoria, di una diversa competenza e di un diverso modulo procedimentale non collide con alcun principio normativo a livello statale.
Va ulteriormente sgombrato il campo anche da un ulteriore presupposto errato che si ravvisa in tutto il ragionamento della ricorrente e cioè che la Provincia si sarebbe mossa nell’intento di addivenire alla chiusura perché già con la precedente delibera di indirizzo della Giunta provinciale n. 180/2008 aveva dettato criteri del procedimento amministrativo finalizzato alla chiusura delle discariche presenti sul territorio provinciale, tenuto conto che le stesse: “non risultano conformi alle norme tecniche di cui al D.Lgs. 36/2003, in particolare per quanto concerne il sistema d’impermeabilizzazione del fondo e dei fianchi, né vi risultano adeguabili” perché è invece evidente, e si desume proprio dal verbale dell’ultima conferenza tecnica, che il giudizio negativo sul piano è stato originato dalla ritenuta concreta non adeguabilità della discarica alle previsioni tecniche di cui al D.Lgs 36/2003; quindi è stata effettuata la concreta valutazione della situazione esistente in fatto che era proprio quella rimessa alla conferenza tecnica del 02.07.2010, nella qual sede sono state ampiamente esaminate le motivazioni per cui detto organo ha ritenuto che la situazione della discarica non fosse adeguabile a quanto disposto dal D.Lgs. 36/2003, pur tenendo conto delle osservazioni in proposito formulate dall’odierna ricorrente.
Nessun rilievo viziante riveste poi la circostanza che l’atto provinciale, che si dilunga in una puntigliosa ricapitolazione di tutti gli atti adottati e financo delle note scritte in relazione al procedimento fin dal suo inizio nel 2003, richiami anche gli atti che questo TAR ha già annullato, posto che viene correttamente dato atto del loro intervenuto annullamento e che, come già chiarito, il loro annullamento giurisdizionale comporta la cessazione della loro efficacia come atti giuridici ma non la loro eliminazione come “fatti” e quindi la scomparsa dal procedimento istruttorio dei dati tecnici che negli stessi venivano ricapitolati o accertati.
Allo stesso modo nessun rilievo riveste la circostanza che la provincia parli prima di piano e poi di progetto, essendo evidente – come tra l’altro reso palese da quanto affermato nell’ultimo periodo di pag 7 della delibera 261/2010 – , che le due espressioni vengono usate indifferentemente ed intese come sinonimi.
Va chiarito anche che spettava alla discarica attraverso il famoso piano di adeguamento porre rimedio alle difformità tecniche indubbiamente esistenti rispetto ai requisiti del d.lgs 36/2003, sopravvenuto rispetto al progetto che aveva portato alla sua autorizzazione al funzionamento. Vale a dire che non ha senso disquisire, come fa la ricorrente a pag 22 del ricorso introduttivo, che la difformità del fondo della discarica “che la Provincia si ostina a ritenere sostanziale rispetto al D.lgs 36/2003, non è frutto di alcun progetto della ricorrente del quale sia stata richiesta l’approvazione.” Quello è il dato di partenza della situazione della discarica e il progetto doveva quindi dimostrare che a prescindere da tale difformità la situazione era comunque “tranquillizzante”, restando in ogni caso all’interno dei limiti di legge, il che, ai sensi dell’art. 4, c. 11 ter della l.r. 15/2005 come inserito dall’art. 1 della l.r 32/2005 comportava la possibilità di un aumento massimo della volumetria del 10%. Ne deriva che una situazione di riscontrata e non modificabile difformità di fondo e fianchi della discarica abbinata ad un aumento della volumetria superiore al 10% , qualsiasi sia la ragione che motivi detto aumento, rende di per sé il progetto contra legem e non autorizzabile.
Ciò premesso, quello che si deve realmente verificare è se, questa volta, l’esame del piano di adeguamento presentato dalla ricorrente sia stato effettivamente svolto nel rispetto di un contraddittorio sostanziale e non meramente formale: vale a dire se la conferenza tecnica ha effettivamente preso in esame le controdeduzioni svolte dalla ricorrente ai ritenuti motivi ostativi a suo tempo segnalati e vertenti, in estrema sintesi, sulla carente impermeabilizzazione di fondo della discarica e sul mancato coinvolgimento ARPA in relazione al posizionamento dei piezometri ed avvio piano di monitoraggio della falda.
La ditta è stata invitata e ha potuto partecipare addirittura all’intera seduta: nessun rilievo riveste la circostanza che abbia chiesto invano un posponimento della stessa per farvi presenziare anche i progettisti, dal momento che, in ogni caso, aveva potuto presentare già le proprie controdeduzioni e ciò che rilevava era verificare che le stesse venissero esaminate e discusse.
Questo è indubbiamente avvenuto perché, come ricapitolato nel quarto intervento del dott. Casasola “ ..la ditta sostiene che la conformazione attuale del fondo della discarica sia migliore rispetto a quella prevista dal D.lgs 36/03. Si ritiene invece che lo strato drenante fra HDPE e argilla non sia una situazione migliorativa in quanto anche una rottura localizzata dell’HDPE provocherebbe la completa saturazione dello strato drenante, rendendo quindi inefficace la protezione dell’HDPE” .
La posizione della ditta riguardo a tale motivo ostativo è stata quindi indubbiamente conosciuta e valutata, fermo restando che le ragioni tecniche addotte a motivo della ritenuta non condivisione attengono alla discrezionalità tecnica e non sono in quanto tali sindacabili, non ravvisandosi al riguardo alcuna evidente illogicità o contraddittorietà.
Lo stesso è a dirsi per quanto concerne il secondo motivo ostativo ritenuto non superato, dato che il monitoraggio non è ancora stato effettuato e infatti il dott. Casasola ricorda che “ .. La ditta sostiene che i monitoraggi potranno aver luogo anche a seguito dell’approvazione del piano di adeguamento come infatti è stato previsto per alcune discariche di inerti….. “ poi proseguendo a ricapitolare i motivi tecnici per cui tale opzione non veniva ritenuta percorribile, motivi tecnici che, come già chiarito, non sono sindacabili dal Giudice se non per manifesta illogicità o contraddittorietà, non presenti nel caso di specie.
E’ appena il caso di aggiungere che la circostanza che la discarica fosse ab origine munita di tre piezometri non muta la situazione perché l’ art. 1 comma 3 della l.r. 32/05 imponeva ai gestori degli impianti, ancora entro tre mesi dall’approvazione di tale legge, non solo di predisporre minimo tre piezometri per impianto, ma anche di farlo in coordinamento con l’ARPA per la localizzazione, il dimensionamento e altri aspetti tecnici di modo che, a rete completata, l’ARPA procedesse all’avvio del prescritto piano di monitoraggio delle falde. Nel caso di specie ARPA si era espressa fin dal 28.9.2006 con nota prot. 10617, affermando l’inadempienza della discarica SAGER srl di Pavia di Udine rispetto alle disposizioni della l.r. 32/2005 e quindi al coordinato posizionamento dei piezometri tale da far partire il monitoraggio ARPA.
Ne è quindi derivata l’obbligatoria chiusura della discarica, trattandosi di provvedimento che discende ex lege dalla mancata approvazione del Piano di adeguamento posto che l’art. 17, comma 5 del D.Lgs. 36/2003 dispone che “in caso di mancata approvazione del piano di cui al comma 3, l’autorità competente prescrive modalità e tempi di chiusura della discarica, conformemente all’art. 12, comma 1, lett. c)”.
Le considerazioni che precedono dimostrano l’infondatezza di tutti i motivi di ricorso per cui il ricorso deve essere respinto in quanto infondato .
Le spese possono essere compensate tra le parti in considerazione della particolare complessità della vicenda che ha reso necessari ben tre pronunciamenti giurisdizionali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 12 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:
Saverio Corasaniti, Presidente
Oria Settesoldi, Consigliere, Estensore
Rita De Piero, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/10/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)