* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Individuazione del soggetto responsabile – Contributo causale – Ragionevole probabilità – Artt. 242 e ss. d.lgs. n. 152/2006 – Pluralità di soggetti responsabili – Individuazione dell’apporto causale di ciascuno – Obbligazione solidale.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lazio
Città: Latina
Data di pubblicazione: 23 Maggio 2014
Numero: 375
Data di udienza: 3 Aprile 2014
Presidente: Corsaro
Estensore: Soricelli
Premassima
* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Individuazione del soggetto responsabile – Contributo causale – Ragionevole probabilità – Artt. 242 e ss. d.lgs. n. 152/2006 – Pluralità di soggetti responsabili – Individuazione dell’apporto causale di ciascuno – Obbligazione solidale.
Massima
TAR LAZIO, Latina, Sez. 1^ – 23 maggio 2014, n. 375
INQUINAMENTO DEL SUOLO – Individuazione del soggetto responsabile – Contributo causale – Ragionevole probabilità.
Per affermare la responsabilità di un soggetto in un fenomeno di inquinamento e quindi il suo obbligo di procedere alla bonifica occorre disporre di elementi che positivamente permettano di ricondurre causalmente alla sua attività la contaminazione. Benché si possa senz’altro ammettere che il contributo causale possa essere dedotto anche sulla base di una semplice probabilità, un conto è disporre di elementi che permettano con certezza o con ragionevole probabilità di ascrivere a un soggetto il fenomeno di contaminazione un conto è “non poter escludere” che tale soggetto possa essere corresponsabile.
Pres. Corsaro, Est. Soricelli – I. s.r.l. (avv.ti Montanaro, Romanelli e Torselli) c. Comune di Latina (avv. Cavalcanti), Provincia di Latina (avv.ti Vani e Tatarelli), Regione Lazio (Avv. Stato), ARPA Lazio (avv. Dell’Anno) e altri (n.c.)
INQUINAMENTO DEL SUOLO – Individuazione del soggetto responsabile – Artt. 242 e ss. d.lgs. n. 152/2006 – Pluralità di soggetti responsabili – Individuazione dell’apporto causale di ciascuno – Obbligazione solidale.
Lo scopo delle disposizioni dell’articolo 242 e segg del d.lg. 3 aprile 2006, n. 152 non è in via prioritaria quello di individuare esattamente il grado di responsabilità di ciascun soggetto nella causazione dell’inquinamento al fine di garantire che gli obblighi di ciascuno siano esattamente proporzionali al rispettivo grado di responsabilità; scopo delle norme è invece quello di garantire che la bonifica – a tutela della pubblica incolumità – sia posta in essere celermente e non vada a gravare sulla finanza pubblica ma, se possibile, sul soggetto (o sui soggetti) che l’inquinamento hanno provocato. In questa prospettiva se risulta che la situazione di inquinamento può non essere stata determinata da un unico soggetto, il compito dell’amministrazione è in via prioritaria quello di individuare con ragionevole certezza scientifica quali siano i soggetti responsabili ponendo a loro carico gli oneri di bonifica; una esatta individuazione del rispettivo grado di responsabilità – beninteso allorchè sia scientificamente possibile – appare indispensabile solo quando ciò sia strumentale al fine di individuare i necessari strumenti di intervento; in altri termini l’esatta individuazione dell’apporto causale di ciascuno è necessario solo quando questa indagine condizioni l’individuazione delle misure di ripristino ambientale. Del resto l’aggravamento degli obblighi istruttori a carico dell’amministrazione in funzione di una maggior tutela degli interessi economici dei soggetti responsabili dell’inquinamento (cioè del loro interesse ad essere coinvolti nella bonifica in misura proporzionale al proprio livello di responsabilità) si tradurrebbe in un appesantimento del procedimento che si porrebbe in contrasto con l’esigenza di giungere nel più breve tempo possibile al ripristino ambientale. In questa prospettiva – e in applicazione dei principi generali in materia di obbligazioni soggettivamente complesse – deve ritenersi che, se i soggetti responsabili dell’inquinamento sono più, la loro responsabilità in ordine alla bonifica è una responsabilità solidale; qualora l’amministrazione non provveda (o perché impossibile o perchè non necessario ai fini dell’ulteriore corso del procedimento nel senso chiarito) alla individuazione dei rispettivi apporti causali, l’obbligazione deve essere intesa come ordinaria obbligazione solidale con tutte le relative conseguenze in punto di riparto interno delle quote e di eventuale regresso tra condebitori.
Pres. Corsaro, Est. Soricelli – I. s.r.l. (avv.ti Montanaro, Romanelli e Torselli) c. Comune di Latina (avv. Cavalcanti), Provincia di Latina (avv.ti Vani e Tatarelli), Regione Lazio (Avv. Stato), ARPA Lazio (avv. Dell’Anno) e altri (n.c.)
Allegato
Titolo Completo
TAR LAZIO, Latina, Sez. 1^ – 23 maggio 2014, n. 375SENTENZA
TAR LAZIO, Latina, Sez. 1^ – 23 maggio 2014, n. 375
N. 00375/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00733/2008 REG.RIC.
N. 00937/2008 REG.RIC.
N. 00768/2009 REG.RIC.
N. 00738/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 733 del 2008, proposto da IND.ECO s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Riccardo Montanaro, Guido Francesco Romanelli e Giampaolo Torselli, presso il cui studio in Latina, via Nino Bixio n. 4, è elettivamente domiciliata;
contro
il comune di Latina, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Paolo Cavalcanti, elettivamente domiciliato in Latina, via Farini n. 2, presso gli uffici dell’avvocatura municipale;
la provincia di Latina, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Carla Vani e Giulio Tatarelli, elettivamente domiciliata in Latina, via Costa n. 1;
regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello Stato presso la cui sede in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata ex lege;
Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente – ARPA Lazio, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Paolo Dell’Anno, da intendersi domiciliata agli effetti del presente giudizio presso la segreteria della sezione;
azienda unità sanitaria locale di Latina, in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio;
commissario delegato per l’emergenza dei rifiuti nel territorio della regione Lazio, non costituito in giudizio;
ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio;
ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del ministro pro tempore, non costituito in giudizio;
nei confronti di
Ecoambiente s.r.l., in persona del legale rappresentante, non costituta in giudizio;
Latina Ambiente s.p.a., in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio;
nonché sul ricorso n. 937 del 2008 R.G., proposto da IND.ECO s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Riccardo Montanaro, Guido Francesco Romanelli e Giampaolo Torselli, presso il cui studio in Latina, via Nino Bixio n. 4, è elettivamente domiciliata;
contro
il comune di Latina, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Paolo Cavalcanti, elettivamente domiciliato in Latina, viale IV Novembre n. 25, presso gli uffici dell’avvocatura municipale;
la provincia di Latina, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Carla Vani e Giulio Tatarelli, elettivamente domiciliata in Latina, via Costa n. 1;
regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello Stato presso la cui sede in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata ex lege;
Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente – ARPA Lazio, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Paolo Dell’Anno, da intendersi domiciliata agli effetti del presente giudizio presso la segreteria della sezione;
azienda unità sanitaria locale di Latina, in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio;
commissario delegato per l’emergenza dei rifiuti nel territorio della regione Lazio, non costituito in giudizio;
Presidenza del Consiglio dei Ministri, ministero dell’interno, ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona dei rispettivi legali rappresentanti, rappresentati e difesi dall’avvocatura generale dello Stato, preesso la cui sede in Roma, via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati ex lege;
nei confronti di
Ecoambiente s.r.l., in persona del legale rappresentante, non costituta in giudizio;
Capitolina s.r.l., in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio;
Latina Ambiente s.p.a., in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio;
nonché sul ricorso n. 768 del 2009 R.G., proposto da IND.ECO s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Riccardo Montanaro, Guido e Giampaolo Torselli, presso il cui studio in Latina, via Nino Bixio n. 4, è elettivamente domiciliata;
contro
il comune di Latina, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Paolo Cavalcanti, elettivamente domiciliato in Latina, viale IV Novembre n. 25, presso gli uffici dell’avvocatura municipale;
la provincia di Latina, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Carla Vani e Giulio Tatarelli, elettivamente domiciliata in Latina, via Costa n. 1;
regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente – ARPA Lazio, in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio;
azienda unità sanitaria locale di Latina, in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio;
commissario delegato per l’emergenza dei rifiuti nel territorio della regione Lazio, non costituito in giudizio;
ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio;
ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del ministro pro tempore, non costituito in giudizio;
nei confronti di
Ecoambiente s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Luigi Marino, presso il cui studio in Latina, viale dello Statuto n. 24, è elettivamente domiciliata;
Capitolina s.r.l., in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio;
Latina Ambiente s.p.a., in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio;
nonché sul ricorso n. 738 del 2013 R.G., proposto da IND.ECO s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Riccardo Montanaro e Giampaolo Torselli, presso il cui studio in Latina, via Nino Bixio n. 4, è elettivamente domiciliata;
contro
il comune di Latina, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Paolo Cavalcanti, elettivamente domiciliato in Latina, viale IV Novembre n. 25, presso gli uffici dell’avvocatura municipale;
la provincia di Latina, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Carla Vani e Giulio Tatarelli, elettivamente domiciliata in Latina, via Costa n. 1;
regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, da intendersi domiciliata agli effetti del presente giudizio presso la segreteria della sezione;
Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente – ARPA Lazio, in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio;
azienda unità sanitaria locale di Latina, in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio;
commissario delegato per l’emergenza dei rifiuti nel territorio della regione Lazio, non costituito in giudizio;
ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio;
ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del ministro pro tempore, non costituito in giudizio;
nei confronti di
Ecoambiente s.r.l., in persona del legale rappresentante, non costituta in giudizio;
Capitolina s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocvati Andrea Abbamonte e Luigi Marino, presso il cui studio in Latina, viale dello Statuto n. 24, è elettivamente domiciliata;
Latina Ambiente s.p.a., in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio;
per ottenere
quanto al ricorso n. 733 del 2008 R.G., l’annullamento, previa concessione della tutela cautelare, del verbale 4 febbraio 2008 della conferenza di servizi decisoria, del documento “Osservazioni sui documenti di analisi di rischio sitospecifica applicata al sito delle discariche di Borgo Montello – Latina” redatto dall’ARPA Lazio e di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, connesso e /o consequenziale;
quanto al ricorso n. 937 del 2008 R.G., l’annullamento, previa concessione della tutela cautelare, della determinazione del Dirigente del servizio Ambiente n. 64 del 8 aprile 2008, del verbale della conferenza di servizi 4 febbraio 2008, del documento “Osservazioni sui documenti di analisi di rischio sitospecifica applicata al sito delle discariche di Borgo Montello – Latina” redatto dall’ARPA Lazio e di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, connesso e /o consequenziale;
quanto al ricorso n. 768 del 2009 R.G., l’annullamento della determinazione del Dirigente del servizio ambiente n. 76 del 19 maggio 2009, recante approvazione dei verbali della conferenza di servizi 3 novembre 2008 e 4 e 12 dicembre 2008 e del “progetto integrato per la bonifica dell’area di Borgo Montello” e del “progetto operativo per la fase 1” e di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, connesso e /o consequenziale;
quanto al ricorso n. 738 del 2013 R.G., della nota del Dirigente del sevizio ambiente prot. n. 98573 del 24 luglio 2013, del verbale della riunione del 19 luglio 2013 e degli atti da quest’ultimo richiamati tra cui il verbale della conferenza di servizi 11 febbraio 2013 e la nota della regione Lazio prot. n. 149746 del 17 aprile 2004.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Latina, della Regione Lazio, della Provincia di Latina, dell’Arpa Lazio, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Interno, del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e di Ecoambiente Srl.
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 aprile 2014 il dott. Davide Soricelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Espone la società ricorrente di essere da molti anni il gestore in località “Borgo Montello” di una discarica di I categoria; essa precisa che il suo impianto si trova in una più ampia area in cui operano anche altri gestori che pure hanno realizzato bacini destinati all’abbancamento di rifiuti solidi urbani.
2. La controversia all’esame nasce dalla circostanza che l’area in questione è interessata da un fenomeno di inquinamento che ha indotto le amministrazioni interessate a promuovere i procedimenti occorrenti alla necessaria bonifica.
In particolare nel corso del 2005 l’ARPA Lazio eseguiva analisi da cui risultava il superamento dei limiti di accettabilità della contaminazione delle acque sotterranee in pozzi situati in “area a margine della proprietà IND.ECO”; il comune di Latina – attivatosi ex articolo 17 del d.lg. 9 maggio 1997, n. 22 – ordinava quindi i necessari interventi di messa in sicurezza e monitoraggio.
In particolare si svolgevano alcune riunioni tra i rappresentanti degli enti coinvolti i cui risultati erano recepiti dall’ordinanza n. 11/AMB del 20 maggio 2005 (integrata dalla successiva ordinanza n. 18/AMB del 22 giugno 2005) con cui il Sindaco di Latina – nel presupposto che in sede di conferenza “in relazione all’individuazione dei responsabili dell’inquinamento si è stabilito che trattandosi di un sito su cui viene esercita l’attività di smaltimento da più soggetti contemporaneamente essa coincide con le società che insistono sul sito ovvero con la IND.ECO s.r.l., la Ecoambiente s.r.l. e la Ecotecna” – ingiungeva a tali società di porre in essere “le iniziative e gli interventi diretti alla messa in sicurezza di emergenza, di bonifica e di ripristino ambientale …”; nel verbale delle riunioni svoltesi il 26 aprile, il 29 aprile e il 11 maggio 2005 si legge che “stante l’impossibilità di individuare i responsabili della contaminazione riscontrata nella falda sotterranea si ritiene di coinvolgere nelle azioni di messa in sicurezza d’emergenza, caratterizzazione e monitoraggio tutti i soggetti aventi titolo che attualmente eserciscono la propria attività nel sito delle discarichi di Borgo Montello”.
La IND.ECO impugnava le misure in questione innanzi al T.A.R. Lazio, sede di Roma (ricorso R.G.R. 7820 del 2005), ritenendo che illegittimamente il comune avesse imposto l’onere degli interventi a carico dei gestori degli impianti esistenti sul sito senza procedere preliminarmente all’accertamento delle “aree, posizioni e responsabilità di ciascuno” e pertanto violando il principio normativo che obbliga alla bonifica ambientale l’autore dell’inquinamento.
Nonostante il ricorso proposto, definito dalla sentenza n. 6953 del 11 luglio 2013 che ne ha dichiarato l’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse (e contro la quale pende l’appello proposto dalla IND.ECO), tuttavia, quest’ultima – che pure sostiene e ribadisce la sua assoluta estraneità all’inquinamento – eseguiva gli interventi ordinati procedendo alla presentazione di un “piano di monitoraggio”, di un “piano di caratterizzazione” e infine del “documento di analisi del rischio” prescritto dalle nuove disposizioni in materia recate dal d.lg. 3 aprile 2006 n. 152.
Si giungeva quindi alla conferenza di servizi decisoria sul procedimento di bonifica e, in tale sede, la conferenza, approvando le risultanze di un documento di analisi presentato dall’ARPA Lazio, decideva di chiedere “ai soggetti obbligati, individuati nei legali rappresentanti delle società che operano o hanno operato all’attività di smaltimento di rifiuti sul sito … la presentazione di un progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente e, ove necessario, (del)le ulteriori misure di riparazione o ripristino ambientale al fine di minimizzare o condurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito”.
3. La IND.ECO impugnava quindi innanzi al T.A.R. Lazio, sede di Roma, il verbale della conferenza di servizi tenutasi il 4 febbraio 2008 e il documento dell’ARPA Lazio in tal sede approvato.
Al verbale faceva quindi seguito il provvedimento n. 64 del 8 aprile 2008 con cui il Dirigente del servizio ambiente del comune di Latina – preso atto degli esiti della conferenza – ordinava ai “soggetti obbligati” la presentazione entro la data del 4 agosto 2008 di un “progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza univoco per l’intero sito del complesso dei bacini di discarica e, ove necessario, (del)le ulteriori misure di riparazione o ripristino ambientale al fine di minimizzare o ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente sul sito”.
Seguiva un ulteriore ricorso al T.A.R. Lazio, sede di Roma, avverso il provvedimento dirigenziale in questione.
4. Entrambi i ricorsi sono stati quindi trasmessi alla sezione in applicazione dell’articolo 32 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, prendendo rispettivamente il numero 733 e il numero 937 del R.G.R. 2008.
Si sono costituiti in giudizio il comune di Latina, la provincia di Latina, la regione Lazio e l’ARPA Lazio che hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso n. 733 del 2008 e chiesto comunque la reiezione di entrambi i ricorsi in quanto infondati. Si sono altresì costituiti la Presidenza del consiglio, il ministero dell’interno e il ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
5. La IND.ECO depositava inoltre in data 30 dicembre 2008 motivi aggiunti coi quali impugnava il verbale della conferenza di servizi tenutasi il 3 novembre 2008.
6. Con successivo ricorso n. 768 del 2009 R.G. la IND.ECO impugnava la determinazione n. 76 del 19 maggio 2009 con cui il Dirigente del settore ambiente ha approvato i verbali della conferenza di servizi del 4 novembre, 4 dicembre e 12 dicembre 2008 e il progetto integrato per la bonifica dell’area di Borgo Montello presentato dalla Ecoambiente.
Si costituivano in giudizio il comune di Latina, la provincia di Latina e Ecoambiente s.r.l..
7. Con decreto n. 467 del 3 luglio 2012, il ricorso n. 937 del 2008 era dichiarato perento; successivamente il decreto di perenzione era annullato dall’ordinanza collegiale n. 31 del 10 gennaio 2013 che disponeva la sua reinscrizione a ruolo.
8. Infine è stato proposto un ultimo ricorso, sempre riferentesi alla vicenda in esame; si tratta del ricorso n. 738 del 2013 R.G. con cui la IND.ECO impugna una nota del Dirigente del servizio ambiente che l’informava degli esiti di una riunione tecnica tenutasi il 10 luglio 2013 per esaminare lo stato di avanzamento dell’interventi di bonifica comunicandole il relativo verbale con cui essa è stata invitata a: a) procedere alla rimozione della vasca attrezzata realizzata nell’ambito degli allestimenti di cantiere per il deposito temporaneo di rifiuti a fini dell’indagine finalizzata all’individuazione delle anomalie magnetiche della discarica SO; b) presentare, unitamente a Ecoambiente, entro il 16 settembre 2013, gli aggiornamenti degli elaborati progettuali dell’intervento di bonifica rappresentativi della rimodulazione delle attività e del nuovo crono programma.
Resistono a quest’ultimo ricorso il comune di Latina, la provincia di Latina, la regione Lazio e Ecoambiente s.r.l.
DIRITTO
1. Ai fini della migliore comprensione dei fatti di causa è necessario fare una sintetica premessa.
1.1. Nell’area di Borgo Montello esistono vari impianti di smaltimento; in particolare la società IND.ECO opera in un’area in cui vi sono 4 bacini (denominati S4, S5, S6 e B2); alla società Ecoambiente fanno invece capo i bacini denominati S1, S2 e S3; nell’area di pertinenza della Ecoambiente esiste inoltre un bacino denominato S0 la cui coltivazione è terminata da vari anni (dalla perizia compiuta dal consulente nominato dal giudice penale intervenuto nella vicenda risulta che questo bacino, a suo tempo realizzato senza sistemi di impermeabilizzazione, è stato prima gestito da privati e quindi sino al 1986 dal comune di Latina).
1.2. Come già accennato nel corso dell’aprile 2005 l’ARPA Lazio, all’interno dell’area di pertinenza di IND.ECO, ha scoperto, eseguendo analisi su campioni d’acqua, il superamento delle concentrazioni limite di manganese e ferro (pozzo 6) e dello ione nitrito, ione ferro e ione arsenico (pozzo 7).
Alla IND.ECO era pertanto ordinato di procedere alle necessarie misure di messa in sicurezza del sito (come accennato la società ha impugnato innanzi al T.A.R., Lazio, sede di Roma, i provvedimenti a suo tempo adottati con ricorso dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse dalla sentenza n. 6953 del 2013 della sezione II-ter del T.A.R. Lazio sede di Roma avverso la quale pende appello).
La società – che pure contestava ogni responsabilità nell’inquinamento (si veda la nota 13 aprile 2005 in cui essa sostiene che i propri impianti sono stati realizzati a regola d’arte e che i piezometri 6 e 7 sono collocati a monte dell’impianto rispetto all’andamento della falda mentre i pozzi a valle non registravano alcuna anomalia) – presentava però i richiesti programmi di monitoraggio, piano di caratterizzazione (quest’ultimo era approvato il 30 gennaio 2006) e analisi di rischio.
1.3. Nel frattempo però la situazione di inquinamento peggiorava; e infatti nel giugno 2006 l’ARPA Lazio eseguiva nuove analisi da cui risultava – oltre a un ”nucleo” fortemente inquinato con elevate concentrazioni di metalli – “fenomeni di contaminazione anche significativi” “all’interno dell’area dell’intero sito”.
A loro volta gli operatori del sito non corrispondevano alla richiesta avanzata dalle amministrazioni di presentazione di documenti di rischio unitari per l’intera area del sito (in particolare IND.ECO sin dall’inizio della vicenda ha contestato l’approccio delle amministrazioni tendenti a considerare il sito di Borgo Montello in chiave “unitaria”).
1.4. Si giungeva così alla seduta della conferenza di servizi del 4 febbraio 2008 nel corso della quale era approvato un documento di analisi redatto dall’ARPA Lazio; tale documento muove dal presupposto che “il deflusso sotterraneo delle acque di falda in entrata nell’area delle discariche provenga da nord-est; procedendo verso ovest le linee di flusso curvano progressivamente presentando un andamento est-ovest e disponendosi, infine, ortogonali al fiume Astura che costituisce il recapito finale della falda”. Dal documento risulta che nell’area del sito delle discariche idrogeologicamente a monte dei bacini le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) previste dalla legge non risultano superate; la conseguenza è che nel “passaggio” attraverso il sito delle discariche le acque subiscono una alterazione peggiorativa che comporta il superamento delle CSC; tale alterazione poi non risulta confinata alla sola area di pertinenza dell’invaso S0, dato che superamenti delle CSC si registrano anche in piezometri posti idrologicamente a monte di quest’ultimo invaso; la conclusione dell’ARPA è che “in base alla direzione della falda … non è possibile ritenere che l’unica fonte dell’inquinamento presente sul sito sia rappresentata dal bacino S0 ma, al contrario, si deve considerare che la falda nell’attraversare il corpo dell’intera discarica si arricchisce man mano degli inquinanti …”.
Di conseguenza lo studio si conclude affermando, da un lato, che è necessario “considerare il sito delle discariche di Borgo Montello come un unico sito” e dall’altro che, poiché risulta che la fonte dell’inquinamento non è identificabile esclusivamente nel bacino S0, allo “stato attuale delle conoscenze” non è possibile escludere “il coinvolgimento di nessuno dei soggetti operanti in termini di contribuzione al fenomeno di inquinamento in atto”.
1.5. Seguiva dunque il provvedimento del 8 aprile 2008 con cui il comune recepiva le conclusioni della conferenza di servizi e ingiungeva ai “soggetti obbligati” la presentazione di un progetto operativo – unitario per l’intero sito – degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza.
Nonostante la proposizione di distinti ricorsi avverso tale provvedimento da parte di IND.ECO, Ecoambiente e di Capitolina s.r.l. (proprietaria del suolo su cui opera Ecoambiente) il procedimento proseguiva.
Sia IND.ECO che Ecoambiente infatti proponevano separatamente dei progetti di bonifica che erano esaminati in una ulteriore conferenza di servizi; nella seduta del 3 novembre 2008 i rappresentanti delle società erano invitati a “integrare” i loro documenti; e infatti la conferenza si concludeva con la decisione di sospendere i lavori per 30 giorni al fine di permettere la presentazione di una unica soluzione progettuale.
A fronte di questa decisione della conferenza di servizi IND.ECO proponeva motivi aggiunti al ricorso n. 937 del 2008, mentre Ecoambiente presentava un “progetto integrato per la bonifica dell’intero sito” che era approvato in conferenza di servizi il 12 dicembre 2008; gli esiti della conferenza erano quindi recepiti dalla determinazione n. 76 del 19 maggio 2009 contro cui, come già visto, IND.ECO ha proposto il ricorso n. 768 del 2009.
2. Ciò premesso, si può procedere all’esame dei ricorsi che, data l’evidente connessione, vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza.
3. Il ricorso n. 733 del 2008 è inammissibile in quanto gli atti oggetto di impugnazione – cioè il verbale della conferenza di servizi che in data 4 febbraio 2008 ha approvato il documento presentato dall’Arpa Lazio e quest’ultimo – non sono provvedimenti amministrativi ma atti endoprocedimentali, come tali inidonei a ledere autonomamente situazioni soggettive dei privati.
E infatti al verbale ha fatto seguito il provvedimento con cui il Dirigente del servizio ambiente del comune di Latina ha recepito e “formalizzato” le conclusioni della conferenza ordinando ai soggetti obbligati i comportamenti conseguenti.
Con ciò non vuole in astratto affermarsi che verbali di conferenza di servizio – quale quello impugnato – siano sempre atti endoprocedimentali inidonei a produrre autonomi effetti giuridici, dato che al contrario è condivisibile l’assunto della ricorrente secondo cui talvolta tali verbali recano (o meglio documentano) determinazioni autonomamente produttive di effetti pregiudizievoli (per es. per il fatto di imporre ai soggetti privati implicati nel procedimento di bonifica oneri, spesso assai costosi, in termini di progettazione, monitoraggio etc. …); nella fattispecie tuttavia il verbale del 4 febbraio 2008 reca determinazioni “preliminari” che sono state poi recepite in un autonomo provvedimento del Dirigente del settore ambiente del comune; è dunque quest’ultimo atto che incide sulle situazioni soggettive della ricorrente.
4. D’altro lato tale provvedimento è stato impugnato con autonomo ricorso, cioè con il ricorso n. 937 del 2008 R.G.; è pertanto su quest’ultimo ricorso che deve essere concentrato l’esame.
5. Si può quindi passare all’esame del ricorso n. 937 del 2008.
6. L’A.R.P.A. eccepisce che esso sarebbe inammissibile non avendo la ricorrente impugnato un atto presupposto, vale a dire la determinazione n. 21 del 30 gennaio 2006 con cui è stato approvato il piano della caratterizzazione che costituisce “il presupposto e l’antecedente logico-giuridico del documento di analisi di rischio”. In particolare il piano della caratterizzazione descrive lo stato di contaminazione e la causa della stessa sicchè l’annullamento del documento di analisi di rischio non attribuirebbe alcuna utilità alla ricorrente.
L’eccezione è infondata. Benchè la determinazione n. 21 del 2006 costituisca uno dei presupposti del provvedimento impugnato, quest’ultimo costituisce una determinazione autonoma che produce effetti autonomamente lesivi di interessi della ricorrente.
Il documento dell’A.R.P.A. infatti – sulla base di nuove analisi – conferma la “corresponsabilità” della ricorrente nel fenomeno di contaminazione delle acque e il suo obbligo di farsi carico della bonifica unicamente alla Ecoambiente; ed è questa corresponsabilità che la ricorrente contesta sostenendo di essere estranea alla contaminazione e, pertanto, di non essere obbligata ad accollarsi gli oneri della bonifica che devono invece gravare sul soggetto responsabile essendo la normativa di settore ispirata al principio “chi inquina paga”, cioè al principio secondo cui è sul responsabile dell’inquinamento che devono gravare i costi della doverosa bonifica.
E’ quindi innegabile che la ricorrente abbia interesse al ricorso (o meglio ai ricorsi). Sul punto va aggiunto che la circostanza che la sua corresponsabilità già si trovi affermata nella ordinanza n. 11 del 20 maggio 2005 (che è stata comunque impugnata con il ricorso proposto al T.A.R. Roma, la sentenza di improcedibilità del quale è stata appellata al Consiglio di Stato) non influisce sui ricorsi all’esame, dato che quel provvedimento è stato adottato sulla base delle analisi e delle conoscenze acquisite e disponibili al momento della sua adozione (che, secondo quanto si legge nel verbale della conferenza di servizi del 11 maggio 2005, non permettevano di individuare i responsabili della contaminazione sicchè questi erano stati identificati in tutti i soggetti svolgenti attività di smaltimento nel sito), mentre l’atto impugnato conferma la corresponsabilità sulla base di analisi successive.
7. Ciò premesso il ricorso n. 937 del 2008 R.G. è fondato.
La questione principale che pone il ricorso consiste nello stabilire se siano legittime (nel senso di fondate su adeguata istruttoria) le determinazioni di: a) considerare la ricorrente corresponsabile della contaminazione e quindi soggetto obbligato unitamente a Ecoambiente alla bonifica; b) considerare come sito unitario l’area interessata dalla contaminazione.
La ricorrente denuncia nel primo motivo che l’operato del comune di Latina e delle altre amministrazioni intervenute in conferenza di servizi è illegittimo in quanto la pretesa di accollarle l’onere della bonifica, unitamente agli altri soggetti che operano sul sito (in pratica a Ecoambiente) non è basata su alcun idoneo accertamento della sua effettiva responsabilità nella produzione dell’inquinamento.
In sostanza la ricorrente sostiene che l’inquinamento delle acque sotterranee che attraversano il sito occupato dalle discariche non è ascrivibile ai propri impianti – tutti realizzati a norma di legge – ma agli impianti che si trovano sull’area di pertinenza di Ecoambiente e, in primo luogo e in via prevalente, all’invaso S0 (oltre che agli invasi S1 e S2); la tesi della ricorrente è quindi che la contaminazione derivi dagli invasi S0, S1 e S2 dato che gli stessi sono stati costruiti senza opere di impermeabilizzazione e le strutture di contenimento successivamente realizzate (in pratica il cd. polder che si pone al limite dell’area di sua proprietà) si sono rivelate inidonee a isolare l’area dalla circolazione delle acque sotterranee; a sostegno del suo assunto la ricorrente invoca la circostanza che la sua totale estraneità alla contaminazione è stata anche riconosciuta in sede penale (sulla base di una consulenza tecnica disposta dal g.i.p. che ha confermato l’ipotesi della derivazione dell’inquinamento dagli invasi S0, S1 e S2), come dimostra l’archiviazione del procedimento penale disposta nei confronti dei suoi esponenti aziendali e la continuazione del procedimento nel confronti degli esponenti della Ecoambiente.
In definitiva la conclusione di IND.ECO è che le fonti dell’inquinamento sono riconducibili ad aree “poste idraulicamente a monte” delle aree di sua proprietà.
Le censure della ricorrente sono sostanzialmente fondate, nel senso che il documento dell’A.R.P.A. Lazio non reca una puntuale dimostrazione che gli invasi nella disponibilità della ricorrente siano corresponsabili della contaminazione. Da tale documento – diversamente da quanto sostenuto, invero genericamente, dai resistenti – non risulta dimostrata la presenza di sostanze inquinanti in aree dell’impianto IND.ECO che non siano collocate idrologicamente a valle rispetto alle aree occupate dai bacini della Ecoambiente; se vi fossero aree contaminate idrologicamente a valle dell’impianto della ricorrente (ma non della Ecoambiente) la presenza nei flussi di acqua sotterranea di sostanze inquinanti potrebbe essere causalmente ricondotta a perdite derivanti dalle aree di sua pertinenza.
Senonchè dal documento ciò non si evince con sicurezza; anzi nello stesso documento si trova affermato che “allo stato delle conoscenze” non sarebbe possibile “escludere il coinvolgimento di nessuno dei soggetti operanti (nel sito) in termini di contribuzione al fenomeno di inquinamento in atto”; va però rilevato che, benché si possa senz’altro ammettere che il contributo causale possa essere dedotto anche sulla base di una semplice probabilità, un conto è disporre di elementi che permettano con certezza o con ragionevole probabilità di ascrivere a un soggetto il fenomeno di contaminazione un conto è “non poter escludere” che tale soggetto possa essere corresponsabile.
Per affermare la responsabilità di un soggetto in un fenomeno di inquinamento e quindi il suo obbligo di procedere alla bonifica occorre disporre di elementi che positivamente permettano di ricondurre causalmente alla sua attività la contaminazione. Nella fattispecie dagli atti impugnati non risulta che questi elementi vi siano, come dimostra la circostanza che in ultima analisi lo stesso documento dell’A.R.P.A. non afferma positivamente la corresponsabilità di IND.ECO ma si limita a affermare di non poterla escludere. A ciò si aggiunge che non è contestato che gli invasi gestiti dalla ricorrente siano stati costruiti a norma di legge (mentre dagli atti di causa risulta che gli invasi S0, S1 e S2 sono stati realizzati senza la costruzione di alcuna opera di impermeabilizzazione).
Il primo motivo è quindi fondato.
7. Con il secondo e il terzo motivo la ricorrente denuncia che illegittimamente le amministrazioni operanti in conferenza hanno deciso – e poi il comune di Latina ha recepito questa indicazione – di considerare il sito inquinato in modo “unitario” disponendo che i soggetti operanti sul sito medesimo presentassero un unico progetto di bonifica ambientale.
La tesi di IND.ECO è che una responsabilità solidale dei soggetti operanti nel sito di Borgo Montello è inammissibile in quanto si tratta di soggetti distinti e operanti distintamente l’uno dall’altro; le amministrazioni avrebbero quindi dovuto accertare le singole posizioni e il singolo grado di responsabilità ripartendo poi in modo proporzionale alla rispettiva responsabilità di ciascuno gli obblighi inerenti alla bonifica. D’altra parte una puntuale verifica dell’apporto causale di ciascun operatore – oltre che strumentale alla graduazione dei rispettivi obblighi di bonifica – sarebbe stata indispensabile anche allo stesso fine di individuare gli interventi di bonifica da attuare. Aggiunge IND.ECO che lo stesso comune di Latina, oltretutto azionista di Latina ambiente, società che controlla Ecoambiente, ha in passato gestito l’invaso S0, cioè il bacino che è il responsabile dell’inquinamento; esiste quindi anche una evidente situazione di conflitto d’interessi.
Le argomentazioni della ricorrente sono in parte fondate.
Va premesso che lo scopo delle disposizioni dell’articolo 242 e segg del d.lg. 3 aprile 2006, n. 152 non è in via prioritaria quello di individuare esattamente il grado di responsabilità di ciascun soggetto nella causazione dell’inquinamento al fine di garantire che gli obblighi di ciascuno siano esattamente proporzionali al rispettivo grado di responsabilità; scopo delle norme è invece quello di garantire che la bonifica – a tutela della pubblica incolumità – sia posta in essere celermente e non vada a gravare sulla finanza pubblica ma, se possibile, sul soggetto (o sui soggetti) che l’inquinamento hanno provocato.
In questa prospettiva se risulta che la situazione di inquinamento può non essere stata determinata da un unico soggetto, il compito dell’amministrazione è in via prioritaria quello di individuare con ragionevole certezza scientifica quali siano i soggetti responsabili ponendo a loro carico gli oneri di bonifica; una esatta individuazione del rispettivo grado di responsabilità – beninteso allorchè sia scientificamente possibile – appare indispensabile solo quando ciò sia strumentale al fine di individuare i necessari strumenti di intervento; in altri termini l’esatta individuazione dell’apporto causale di ciascuno è necessario solo quando questa indagine condizioni l’individuazione delle misure di ripristino ambientale.
Del resto l’aggravamento degli obblighi istruttori a carico dell’amministrazione in funzione di una maggior tutela degli interessi economici dei soggetti responsabili dell’inquinamento (cioè del loro interesse ad essere coinvolti nella bonifica in misura proporzionale al proprio livello di responsabilità) si tradurrebbe in un appesantimento del procedimento che si porrebbe in contrasto con l’esigenza di giungere nel più breve tempo possibile al ripristino ambientale.
In questa prospettiva – e in applicazione dei principi generali in materia di obbligazioni soggettivamente complesse – deve ritenersi che, se i soggetti responsabili dell’inquinamento sono più, la loro responsabilità in ordine alla bonifica è una responsabilità solidale; qualora l’amministrazione non provveda (o perché impossibile o perchè non necessario ai fini dell’ulteriore corso del procedimento nel senso chiarito) alla individuazione dei rispettivi apporti causali, l’obbligazione deve essere intesa come ordinaria obbligazione solidale con tutte le relative conseguenze in punto di riparto interno delle quote e di eventuale regresso tra condebitori..
Tenuto però conto che nella fattispecie illegittimamente è stato ritenuto che IND.ECO fosse corresponsabile della contaminazione la conclusione è che correttamente il sito contaminato è stato considerato come unico ai fini della bonifica ma che illegittimamente è stato disposto che (anche) la ricorrente presentasse il relativo progetto e fosse obbligata a eseguirlo.
8. Il ricorso principale va quindi accolto, con assorbimento delle ulteriori censure proposte; di conseguenza la determinazione n. 64 del 8 aprile 2008 va annullata nei limiti dell’interesse della ricorrente e cioè nella parte in cui quest’ultima è individuata come responsabile (o meglio corresponsabile) della contaminazione.
9. L’accoglimento del ricorso principale implica evidentemente l’accoglimento anche dei motivi aggiunti, nel senso che il verbale della conferenza di servizi del 3 novembre 2008, nella parte in cui ordina anche alla ricorrente la presentazione, unitamente agli altri soggetti obbligati, di un unico progetto di bonifica (e che per questa parte è autonomamente impugnabile dato che viene in rilievo una prescrizione immediatamente e autonomamente lesiva degli interessi di IND.ECO) è illegittimo per la denunciata illegittimità derivata; in altri termini, analogamente a quanto già visto per il provvedimento impugnato a mezzo del ricorso principale, anche la determinazione impugnata coi motivi aggiunti si basa sul presupposto, non dimostrato, che la ricorrente sia corresponsabile della contaminazione e sia pertanto obbligata a farsi carico degli oneri di bonifica unitamente agli altri soggetti operanti nel sito contaminato.
10. Considerazioni analoghe valgono per il ricorso n. 768 del 2009 R.G..
Con tale ricorso IND. ECO ha impugnato la determinazione n. 76 del 19 maggio 2009 con cui il comune ha approvato i verbali della conferenza di servizi del 3 novembre 2011 e del 4 e 12 dicembre 2008 nonché il progetto integrato per la bonifica del sito contaminato presentato da Ecoambiente.
11. Ecoambiente eccepisce che tale ricorso sarebbe inammissibile per carenza di legittimazione attiva dato che oggetto di approvazione da parte del comune è il progetto che essa stessa ha presentato.
L’eccezione è infondata; benché il provvedimento impugnato approvi un progetto presentato da Ecoambiente, il provvedimento si basa sull’esplicito presupposto che vi siano più soggetti obbligati alla bonifica e che uno di essi sia la ricorrente; è quindi evidente che questa è legittimata al ricorso (tanto più che il progetto comunque si riferisce alla bonifica di suoli di cui essa è titolare) ed ha un chiaro interesse a contestare sia l’aspetto della corresponsabilità sia il merito della soluzioni progettuali proposte (se non altro perché esse attengono anche alla bonifica di aree di cui essa è titolare).
12. La ricorrente denuncia anzitutto – in via di illegittimità derivata – che il provvedimento continua a basarsi sul presupposto della sua corresponsabilità nella contaminazione; al riguardo è ulteriormente puntualizzato che, nonostante essa abbia contestato più volte di aver concausato la contaminazione e di essere pertanto obbligata alla bonifica, la provincia non si è attivata, in violazione dell’articolo 245, comma 2, d.lg. 3 aprile 2006, n. 152, per l’individuazione del soggetto responsabile; viene anche aggiunto che le amministrazioni coinvolte nel procedimento non hanno in alcun modo tenuto conto degli sviluppi del procedimento penale occasionato dalla contaminazione nell’ambito del quale sono state disposte perizie che avrebbero potuto essere acquisite e valutate nel procedimento al fine di stabilire chi fosse responsabile dell’inquinamento (tra l’altro successivamente nei confronti degli esponenti della ricorrente, proprio sulla base degli esiti della CTU disposta in ambito penale, è stata disposta l’archiviazione del procedimento con provvedimento del 24 settembre 2012).
Si tratta di argomentazioni fondate. Al riguardo non può che rimandarsi a quanto sopra rilevato in sede di esame del ricorso n. 837 del 2008 R.G. in ordine alla assenza di elementi di carattere positivo che dimostrino la corresponsabilità nella causazione della contaminazione della ricorrente.
13. La ricorrente denuncia poi che il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo in quanto approva un progetto di bonifica (quello proposto da Ecoambiente) che risulterebbe inadeguato a eliminare definitivamente il fenomeno di contaminazione; la ricorrente sostiene che la tipologia di intervento che essa ha proposto (landfill mining) sarebbe migliore di quella del progetto approvato poiché consentirebbe “la rimozione della causa dell’inquinamento qualora questa fosse effettivamente attribuibile ai bacini non impermeabilizzati o confinati in tempi recenti insistenti sull’area” e avrebbe il vantaggio di tempi di intervento inferiori e anche di un costo più contenuto.
Queste censure sono infondate. La scelta del progetto costituisce il frutto di una valutazione di carattere tecnico suscettibile di sindacato nei soli limiti della manifesta irragionevolezza; nella fattispecie la ricorrente non ha fornito alcun elemento che induca a ritenere che il progetto approvato sia assolutamente inidoneo allo scopo e si basi su un’istruttoria insufficiente; la stessa ricorrente, nel sostenere la superiorità della soluzione da essa proposta, si esprime in termini probabilistici (“qualora questa – cioè la causa dell’inquinamento – fosse effettivamente ascrivibile …”).
14. Conclusivamente il ricorso n. 768 del 2009 R.G. va in parte accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato nei limiti dell’interesse della ricorrente, cioè nella parte in cui essa è considerata corresponsabile della contaminazione e pertanto obbligata alla bonifica.
15. Si può ora passare all’esame del ricorso n. 738 del 2013 R.G.
Con quest’ultimo ricorso la IND.ECO impugna la nota 24 luglio 2013 del Dirigente del servizio ambiente del comune di Latina e il verbale della conferenza di servizi del 24 luglio 2013 nella parte in cui essi pongono a suo carico l’obbligo di presentare, unitamente a Ecoambiente, “gli aggiornamenti degli elaborati progettuali dell’intervento di bonifica che contengano la rimodulazione delle attività e, in particolare, il nuovo crono programma delle stesse …”.
La ricorrente, ancora una volta, si duole del fatto che tali determinazioni si basano sul presupposto che essa, essendo corresponsabile della contaminazione, sia anche obbligata a eseguire la bonifica ambientale.
16. Le censure della ricorrente sono fondate. Al riguardo non può che richiamarsi quanto già rilevato in sede di esame del ricorso n. 937 del 2008.
Va solo aggiunto, in relazione alla circostanza che la provincia di Latina nella memoria depositata il 21 febbraio 2014 sostiene che dalla relazione del c.t.u. nominato nell’ambito del procedimento penale risulterebbe che la tenuta dei bacini della ricorrente risulterebbe interrotta in un punto sul fondo del bacino S4 (che è uno di quelli gestiti da IND.ECO) che ha provocato un’infiltrazione di percolato nello strato di terreno sottostante che “la classifica comunque come soggetto corresponsabile colposo del fenomeno di inquinamento di cui trattasi”, che: a) la relazione in questione non è stata depositata (l’unica consulenza tecnica depositata eseguita nel procedimento penale è quella del 30 aprile 2007 da cui risulta invece che i bacini della ricorrente sono stati realizzati secondo le previsioni di legge); b) il procedimento penale nei confronti degli esponenti della ricorrente è stato archiviato, come già rilevato; c) l’affermazione della corresponsabilità della ricorrente non può essere a posteriori basata sulle risultanze della consulenza tecnica eseguita in sede penale (che nemmeno risulta essere stata acquisita al procedimento amministrativo e ivi valutata) ma dovrebbe basarsi su specifici accertamenti eseguiti allo scopo della individuazione del responsabile dalle competenti amministrazioni che non risultano aver posto in essere tali accertamenti.
Anche il ricorso n. 738 del 2013 va quindi accolto nei limiti dell’interesse della ricorrente.
17. Le spese di giudizio in considerazione della complessità della fattispecie possono essere interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, riuniti i ricorsi e definitivamente pronunciandosi sui medesimi, dichiara inammissibile il ricorso n. 733 del 2008, accoglie il ricorso n. 937 del 2008 e i relativi motivi aggiunti, nonché i ricorsi nn. 768 del 2009 e 738 del 2013 e annulla gli atti impugnati nei limiti dell’interesse della ricorrente.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Latina nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2014 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Corsaro, Presidente
Davide Soricelli, Consigliere, Estensore
Antonio Massimo Marra, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)