* RIFIUTI – TARSU e TIA – Potestà regolamentare comunale – Determinazione delle tariffe – Osservanza dei criteri normativi comunitari e nazionali – Art. 195, c. 2, lett. g) d.lgs. n. 152/2006 – Superfici produttive di rifiuti speciali – Principio “chi inquina paga”.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^ ter
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 1 Ottobre 2012
Numero: 8214
Data di udienza: 13 Settembre 2012
Presidente: Riccio
Estensore: Panzironi
Premassima
* RIFIUTI – TARSU e TIA – Potestà regolamentare comunale – Determinazione delle tariffe – Osservanza dei criteri normativi comunitari e nazionali – Art. 195, c. 2, lett. g) d.lgs. n. 152/2006 – Superfici produttive di rifiuti speciali – Principio “chi inquina paga”.
Massima
TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^-ter – 1 ottobre 2012, n. 8214
RIFIUTI – TARSU e TIA – Potestà regolamentare comunale – Determinazione delle tariffe – Osservanza dei criteri normativi comunitari e nazionali – Art. 195, c. 2, lett. g) d.lgs. n. 152/2006 – Superfici produttive di rifiuti speciali – Principio “chi inquina paga”.
Il legislatore nazionale, sia con la normativa attualmente in vigore, sia con il sistema tariffario (o impositivo) previgente, ha rimesso alla potestà regolamentare dei Comuni le disposizioni per la concreta applicazione della tassa, ma non ha attribuito ai Comuni medesimi il potere di incidere sul presupposto per l’applicazione della tassa (o tariffa) e sui requisiti per la fruizione dell’esenzione previsti dalla legislazione statale (cfr. Cass. Civ. Sez. Trib., 14-01-2011, n. 775). Tale intento, già espresso dall’art. 18, c. 2 e 57, c. 1 del d.lgs. n. 22 del 1997, è ribadito dall’art. 195, comma 2, lett. g) del d.lgs. n. 152 del 2006 che conferisce al comune la prerogativa di stabilire l’assimilazione ma sulla base dei criteri stabiliti a livello statale. Conseguentemente, le scelte dell’amministrazione non possono derogare ai principi normativi, stabiliti in via sussidiaria a livello comunitario, poi recepiti a livello nazionale, che mirano, per preordinate finalità di pubblico interesse, alla tutela dell’ambiente e del territorio europeo (con particolare riferimento al principio cardine secondo cui l’apporto finanziario del privato al costo di smaltimento dei rifiuti deve crescere in proporzione alla quantità che lo stesso chiede di smaltire, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolta: nella specie, il regolamento comunale aveva assoggettato a TIA ogni superficie, comprese quelle produttive di rifiuti speciali).
Pres. f.f. Riccio, Est. Panzironi – Consorzio A. e altri (avv.ti Buongiorno e Ubertini) c. Comune di Monterotondo (avv.ti Malaspina, Curreri e Pepe)
Allegato
Titolo Completo
TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^-ter – 1 ottobre 2012, n. 8214SENTENZA
TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^-ter – 1 ottobre 2012, n. 8214
N. 08214/2012 REG.PROV.COLL.
N. 09431/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9431 del 2011, proposto da:
Caimo – Consorzio Artigianale e Industriale di Monterotondo , Soc Sarigo Srl, Soc Elettroservice Spa, Soc Amico Legno Srl, Soc Punto Gomme Lazio Srl, Soc Crm Costruzione Macchine Romane Srl, Soc Team 95 Srl, Soc D’Ascenzi Pavimenti Spa, Soc del Broccolo Snc, in persona dei rispettivi legali rappresentanti, rappresentati e difesi dagli avv. Daniela Buongiorno e Gian Luca Ubertini, con domicilio eletto presso Daniela Buongiorno in Roma, via Innocenzo XI, 8;
contro
Comune di Monterotondo, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Alessio Malaspina, Clara Curreri, Emiliano Pepe, con domicilio eletto presso Alessio Malaspina in Roma, via Fornovo, 3;
per l’annullamento
– delle delibere nr. 28 e nr. 29 del 09.06.2011 con le quali il Comune ha approvato, rispettivamente, il nuovo “Regolamento per l’applicazione della tariffa per il servizio di gestione dei rifiuti urbani” e il “Piano finanziario degli interventi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani per l’anno 2011 e la relativa tariffa igiene ambientale”;
– di ogni altro atto connesso, conseguente o presupposto, ivi compresa la Deliberazione del Consiglio Comunale n. 507 del 22.11.2010 di modifica dell’art. 49 della Deliberazione del Consiglio Comunale n. 45 del 19.06.2008 sui criteri di assimilazione dei rifiuti speciali, nonché i pareri espressi dalle Commissioni Consiliari Bilancio del Comune di Monterotondo nella seduta n. 28 del 14.04.11, nonché quelli di regolarità tecnica e contabile
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Monterotondo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 giugno 2012 il Cons. Germana Panzironi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Le società ricorrenti svolgono nel territorio del Comune di Monterotondo (RM) attività di carattere artigianale ed industriale in stabilimenti di varie dimensioni, producendo per lo più rifiuti speciali, al cui smaltimento provvedono le stesse a proprie spese, mediante apposite convenzioni con imprese specializzate. Aderiscono tutte al Consorzio Artigianale e Industriale di Monterotondo –C.A.I.M.O, costituito da tutti i proprietari o titolari di diritti reali sulle aree destinate ad insediamenti di piccola e media industria ed artigianale, in virtù di Deliberazione del Consiglio Comunale di Monterotondo n.141 del 10.04.1987, che, tra gli scopi indicati nello statuto, prevede la “tutela di eventuali interessi comuni” e, nell’obiettivo di realizzare effettivamente tale finalità, impugna gli atti per i quali è causa, unitamente alle altre ricorrenti.
Riferiscono in fatto che il Comune di Monterotondo con la Deliberazione n. 28 del 9.06.2011 ha approvato il nuovo “Regolamento di attuazione della tariffa del servizio di gestione dei rifiuti urbani (T.I.A.)”, introdotta dall’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997, già istituita, in sostituzione del precedente regime di prelievo rappresentato dalla tassa sui rifiuti solidi urbani (Ta.R.S.U.), con deliberazione del Consiglio Comunale n. 11 del 9.06.2006, varando, altresì, con Deliberazione n. 29 in pari data, il relativo piano finanziario.
In virtù di quanto stabilito in tali delibere, in particolare in base a quanto previsto dagli artt. 4, 3, 15 e 18 del Regolamento, l’amministrazione comunale ha richiesto alle ricorrenti il versamento della T.I.A. non solo per le superfici produttive di rifiuti urbani ma, altresì, per tutte le superfici dove svolgono l’attività, in base ad una presunta applicabilità del regime di assimilabilità dei rifiuti anche ai rifiuti speciali, non assimilati agli urbani tossici o nocivi, prodotti da utenze non domestiche e smaltiti a spese dei produttori che, in base all’art. 15 del Regolamento, vengono esclusi, totalmente o parzialmente, solo della parte variabile della tariffa, restando assoggettati alla parte fissa, calcolata con le modalità definite al comma 2 dell’art. 16 del predetto Regolamento.
Con ricorso notificato in data 21.10.2011, i ricorrenti hanno impugnato le Delibere del Consiglio Comunale di approvazione del regolamento e del relativo piano finanziario in quanto la nuova regolamentazione, emanata in violazione delle norme di legge sull’assoggettamento dei rifiuti speciali al pagamento del corrispettivo, comporterebbe una duplicazione dei costi per lo smaltimento a carico delle imprese e a tale incremento della spesa non corrisponderebbe alcun servizio dell’amministrazione comunale che, lamentano, non provvede neanche alla raccolta dei rifiuti urbani. Hanno avanzato, contestualmente, istanza di sospensione dei provvedimenti impugnati, prospettando la possibilità che gli importi asseritamente dovuti si sommino di anno in anno, comportando una lievitazione del debito così determinatosi, con grave pregiudizio economico per le imprese ricorrenti.
Con atto di costituzione in data 12.12.2011, l’amministrazione comunale, insistendo per la legittimità del Regolamento, ha contestato quanto ex adverso detto, prodotto ed argomentato in quanto infondato sia in fatto, sia in diritto e ha chiesto il rigetto dell’istanza cautelare di sospensione e del relativo ricorso.
Con ordinanza cautelare n. 4858/2011, depositata in data 16.12.2011, la Sezione, non ravvedendo l’esistenza di un pregiudizio grave ed irreparabile, ha rigettato l’istanza di sospensione e, in vista dell’udienza per la discussione del merito, ha ordinato all’amministrazione l’avvio di un contraddittorio con le imprese ricorrenti per procedere alla revisione delle tariffe, nella parte relativa alla quota variabile.
In data 7.05.2012 il Comune di Monterotondo ha depositato in atti, con i relativi avvisi di ricevimento, copia delle note con cui, in esecuzione dell’ordine del Tribunale, ha invitato le società a presentarsi presso la sede comunale per avviare il contradditorio.
Con memoria in data 17.05.2012 l’amministrazione, eccependo preliminarmente il difetto di legittimazione attiva del Consorzio C.A.I.M.O. in quanto non soggetto passivo della tariffa, ha rilevato che solo cinque degli odierni ricorrenti hanno dato opportuno riscontro all’invito. Il Comune evidenza che, ove la documentazione si sia rivelata completa, il Servizio Tributi ha emesso gli avvisi di rettifica del dovuto, già comunicati alle imprese ricorrenti.
Con memoria in data 28.05.2012, i ricorrenti, insistendo per l’accoglimento delle proprie pretese, hanno difeso la legittimità attiva del Consorzio che le rappresenta, anche in virtù del collegamento con l’area territoriale del Comune resistente.
All’udienza pubblica del 19.06.2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
In rito, preliminarmente, con riguardo all’eccezione di difetto di legittimazione attiva del Consorzio CAIMO, il Collegio non condivide la censura sollevata dall’amministrazione resistente alla luce dello scopo statutario dell’ente che appare effettivamente perseguito, rappresentando e tutelando, tramite anche l’azione giurisdizionale, gli interessi delle diverse realtà imprenditoriali che operano sul territorio, sul quale appare svolgere la sua attività con un elevato grado di stabilità e rappresentatività.
Nel merito, in relazione alla deliberazione n. 28 del 9.06.2011 i ricorrenti sollevano le seguenti censure di diritto:
1. violazione degli artt. 23, 42, 117 e 119 Cost., dell’art. 49 D. Lgs. n. 22/1997 ed art. 238 D. Lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per carenza o per erronea valutazione dei presupposti, poiché l’indicazione della natura tributaria della tariffa, e l’omessa limitazione dell’applicazione della stessa alle aree e superfici produttive di rifiuti urbani, viola la riserva di legge ex art. 23 Cost; i ricorrenti ritengono che l’amministrazione sia incorsa in eccesso di potere per sviamento dei presupposti in quanto l’art. 13, comma 33, del D.L. n. 78 del 2010 avrebbe dettato una noma di interpretazione autentica, stabilendo che le disposizioni introdotte dall’art. 238 del D.Lgs. n. 152 del 2006 si interpretano nel senso che la natura della TIA non è tributaria, riconducendola nell’ambito delle prestazioni imposte ex art. 23 Cost. Le disposizioni regolamentari de qua, in particolare l’art. 4, comma 1, assoggettando a tariffa ogni superficie, a prescindere dall’uso a cui è adibita e dalla circostanza, che produca rifiuti urbani, richiesta dall’art. 238 del D.lgs. n. 152 del 2006, ampliano, il novero dei soggetti tenuti al versamento della tariffa, in violazione dell’art. 23 Cost.
2. violazione del principio comunitario stabilito dall’art. 174 del Trattato Ce, violazione di legge (art. 238, D.Lgs. n. 152 del 2006), nonché dei principi di proporzionalità, adeguatezza, non discriminazione e parità di trattamento, in quanto la delibera farebbe ricadere gli oneri finanziari su coloro che non producono rifiuti solidi urbani, violando il noto principio comunitario “chi inquina paga”;
3. in relazione al disposto dell’art. 238 d.lgs. n. 152 del 2006, il regolamento impugnato violerebbe la riserva di legge ex art. 23 Cost., poiché assoggetterebbe al pagamento della tariffa, seppur per la sola parte fissa, aree produttive di rifiuti speciali che in base alle norme vigenti dovrebbero essere esenti.
4. violazione del disposto dell’art. 195 del d.lgs. n. 152 del 2006 che, alla lett. e), stabilisce la non assimilabilità dei rifiuti urbani ai rifiuti che si formano nelle aree produttive che, in questo modo, si porrebbero al di fuori della privativa comunale. L’amministrazione, avendo considerato tali rifiuti “assimilabili”, sarebbe incorsa in eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti, irragionevolezza e contraddittorietà, generando a carico delle imprese ricorrenti una illegittima duplicazione dei costi per lo smaltimento dei rifiuti speciali.
In relazione alla deliberazione n. 29 del 9.06.2011, di approvazione del piano finanziario, parte ricorrente lamenta violazione dell’art. 42 Cost. e delle disposizioni normative vigenti, in quanto il piano risulterebbe predisposto ed approvato senza alcuna analisi dei valori esposti, senza alcuna motivazione in ordine alla previsione dei costi quando, al contrario, le norme statali vigenti, in particolare l’art. 8 del D.P.R. n. 159 del 1999, stabiliscono puntualmente i requisiti del piano finanziario (l’indicazione del modello gestionale ed organizzativo adottato , i livelli di qualità del servizio offerto, ai quali, peraltro, deve essere commisurata la tariffa, la ricognizione degli impianti esistenti e l’indicazione degli scostamenti verificatisi con riferimento al piano dell’anno precedente).
In considerazione della complessità della questione, è d’obbligo ripercorrere brevemente l’evoluzione della disciplina in materia di gestione dei rifiuti, al fine di trattare più compiutamente le diverse censure sollevate da parte ricorrente e valutare, più attentamente, i riferiti limiti di legittimità delle scelte dell’amministrazione comunale.
L’articolo 49 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (recante “Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio”, cd. “decreto Ronchi”), nel prevedere l’istituzione della tariffa per la gestione dei rifiuti (TIA1) in sostituzione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti (TARSU), prevista dalla sez. II del Capo XVIII del titolo III del testo unico della finanza locale, approvato con R.D. 14 settembre 1931, n. 1175, come sostituto dall’art. 21 del D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, ed al capo III del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507), dispone espressamente, al comma 8, che “essa è determinata dagli enti locali, anche in relazione al piano finanziario degli interventi relativi al servizio”. Rispetto alla Tassa, la Tariffa, per mezzo della quale i Comuni devono provvedere “alla integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani e di qualunque altra natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggetti ad uso pubblico”, presenta una struttura binomica, essendo composta da due parti: una parte fissa (tariffa di riferimento) che costituisce la base per la determinazione della tariffa vera e propria e viene calcolata sulla base del metodo normalizzato previsto dal D.P.R. n. 158 del 1999 (ovvero tramite l’applicazione di coefficienti, calcolati con delle indagini statistiche sulla produzione di rifiuti, diversi per ogni categoria di utenza, da moltiplicare alla superficie occupata) e una parte variabile, determinata da ciascun comune sulla base della quantità dei rifiuti conferiti dagli utenti e sull’entità dei costi del servizio.
Tale attribuzione in capo all’amministrazione trova conferma in ulteriori disposizioni dello stesso articolo 49 che, nel comma 2 (secondo il quale “i costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico, sono coperti dai Comuni mediante l’istituzione di una tariffa”) e nel comma 3 (secondo il quale “la tariffa deve essere applicata nei confronti di chiunque occupi ovvero conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale”) contiene inequivoci ed esclusivi riferimenti al territorio comunale e postula, quindi, il potere/dovere del Comune di provvedere alla gestione dei rifiuti (ed il potere di determinarne il costo): del resto il successivo comma 4 dell’art. 49 dispone che la tariffa è composta “da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di servizio”, così riferendosi proprio agli elementi fattuali di cui ai precedenti commi 2 e 3.
Anche le disposizioni del D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158 (“Regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del sevizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani”) supportano le precedenti conclusioni, giacché indicano ripetutamente, quali titolari del potere impositivo, esclusivamente gli enti locali; infatti il primo comma dell’art. 2 (“Tariffa di riferimento”) precisa che “la tariffa di riferimento rappresenta l’insieme dei criteri e delle condizioni che devono essere rispettati per la determinazione della tariffa da parte degli enti locali”; b) il primo comma dell’art. 3 (“Determinazione della tariffa”) dispone che “sulla base della tariffa di riferimento di cui all’art. 2, gli enti locali individuano il costo complessivo del servizio e determinano la tariffa, anche in relazione al piano finanziario degli interventi relativi al servizio e tenuto conto degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato”; c) l’articolo 4 (“Articolazione della tariffa”), dopo aver previsto al comma 1, l’articolazione della tariffa in fasce di utenza domestica e non domestica, affida all’ente locale il compito di ripartire tra le predette categorie di utenza domestica e non domestica l’insieme dei costi da coprire attraverso la tariffa (comma 2), precisando altresì significativamente al comma 3, per quanto qui interessa, che “A livello territoriale la tariffa è articolata con riferimento alle caratteristiche delle diverse zone del territorio comunale, ed in particolare alla loro destinazione a livello di pianificazione urbanistica e territoriale, alla densità, alla frequenza e qualità dei servizi da fornire, secondo modalità stabilite dai comuni”; d) l’art.8, infine, attribuisce espressamente al soggetto gestore del ciclo dei rifiuti ovvero ai singoli comuni l’approvazione del piano finanziario.
Nel corso del 2006, l’art. 49 viene abrogato dall’art. 238 del D.Lgs. 152/06 (c.d. Codice dell’Ambiente) che istituisce la Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani (cd TIA2), ovvero “ il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani”. Questo nuovo articolo, nel confermare sostanzialmente la disciplina generale precedente, introduce alcuni elementi di novità, prevedendo che la tariffa è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte (secondo il principio, di derivazione comunitaria, “chi inquina paga”), sulla base di parametri, determinati con il regolamento da emanare, che devono tener conto anche di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali.
Inoltre, il medesimo art. 238 sottrae il potere di determinare la tariffa ai singoli Comuni e lo attribuisce alle Autorità di ambito previste dal comma 3 del richiamato articolo 238, e conferma, in capo ai soggetti affidatari del servizio di gestione (i Comuni), l’applicazione e la riscossione della tariffa, sulla base dei criteri fissati dal regolamento di competenza del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio di concerto con il Ministro delle Attività Produttive che, ad oggi, non risulta ancora emanato, con la conseguenza che i Comuni continuano ad applicare i regolamenti disciplinanti la TARSU o la TIA1.
E’ da notare, quindi, che il nuovo regime apporta modifiche al potere discrezionale riconosciuto in capo all’amministrazione comunale di determinare le tariffe per il servizio di gestione dei rifiuti, in applicazione, principalmente, dei principi comunitari a tutela dell’ambiente, che riconducono all’amministrazione centrale una serie di prerogative che riguardano la gestione complessiva dei rifiuti e stabiliscono il principio cardine che l’apporto finanziario del privato al costo di smaltimento dei rifiuti deve crescere in proporzione alla quantità che lo stesso chiede di smaltire.
L’art. 238 stabilisce anche una disciplina transitoria (comma 11) che, onde evitare vuoti normativi, prevede che, sino all’emanazione del Regolamento (comunale o statale) che detta i criteri generali sulla base dei quali vengono definite le componenti dei costi e viene determinata la tariffa e fino al compimento degli adempimenti indispensabili per l’applicazione della tariffa stessa, “continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti”. Nelle more di attuazione di quanto disposto, le leggi finanziarie per l’anno 2007 e per l’anno 2008, hanno bloccato, per gli anni di rispettiva competenza, il sistema adottato da ciascun Comune alla fine del 2006, impedendo ogni passaggio dalla Tassa alla Tariffa a partire da quell’anno: dispone, infatti, il comma 184 dell’unico articolo della L. 296/06, così come modificato dal comma 166 dell’art. 1, della L. 244/07, che “Nelle more della completa attuazione delle disposizioni recate dal D.Lgs.152/06, e successive modificazioni, il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun Comune per l’anno 2006 resta invariato anche per l’anno 2007 e per l’anno 2008”.
La fattispecie oggetto del presente giudizio rientra nell’ambito della nuova disciplina della Tariffa e conseguentemente i parametri legislativi da considerare a riferimento sono quelli del citato articolo 238.
In questa situazione normativa, è intervenuta “la manovra di emergenza” contenuta nel D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010, attraverso il comma 33 dell’art. 14 (patto di stabilità interno ed altre disposizioni sugli enti territoriali) secondo cui “le disposizioni di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria”. Obiettivo del legislatore è probabilmente stato quello di definire una lunga diatriba circa la natura tributaria o meno della vecchia TARSU (o TIA1), anche per creare il presupposto dell’assoggettamento ad IVA del corrispettivo per lo smaltimento dei rifiuti. Con circolare dell’11 novembre 2010, n. 3/DF, il Min. economia e finanze – Dip. Finanze, ribadisce questo intento e prende atto della circostanza che il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238 crea una “seconda TIA”, destinata a sostituire con il tempo la “prima TIA” nata dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49 (nei medesimi termini è il parere della Corte dei Conti Sezione Piemonte n. 65 del 11 novembre 2010). E dunque il disposto del D.L. riguarda direttamente solo la TIA2 e può essere esteso alla TIA1 solo ove si ritenga che ci si trovi di fronte ad una norma di carattere sostanzialmente interpretativa. Dunque la disposizione sulla TIA2 ha carattere innovativo, o – meglio – istituisce una tariffa che nell’intenzione del legislatore dovrebbe essere ontologicamente diversa rispetto alla “prima TIA” (Cfr. Cass. civ., Sez. V, Sent., 02-03-2012, n. 3293).
Con riferimento al primo motivo del ricorso, si deve dar atto, quindi, che la TIA 1 di cui si discute ha natura tributaria e le norme del d.l. n. 78/2010 sono inapplicabili alla stessa, con conseguente irrilevanza, ai fini della decisione, di ogni questione relativa alla interpretazione della nuova norma ed alla sua legittimità costituzionale.
Alla luce del ripercorso quadro normativo e giurisprudenziale, tuttavia, il Collegio non può che ritenere condivisibili le altre censure proposte da parte ricorrente, anche, e in gran parte, per gli ulteriori rilievi che si espongono di seguito.
Il provvedimento istitutivo della tariffa e il relativo regolamento, in quanto applicazione concreta anche delle disposizioni contenute nel D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, ha un contenuto composito: in parte regolamentare ed in parte provvedimentale, con particolare riferimento a quella parte in cui stabilisce il costo del servizio e la determinazione della tariffa, le modalità di applicazione della tariffa, le agevolazioni e le riduzioni tariffarie, le modalità di riscossione della tariffa, i coefficienti per l’attribuzione della parte fissa e della parte variabile della tariffa. Di tal che, anche in base alla normativa previgente, rientra nel potere discrezionale dell’ente locale l’individuazione dei costi da coprire, la loro ripartizione tra le categorie di utenza domestica e non domestica, la articolazione della tariffa stessa in ragione delle caratteristiche delle diverse zone del territorio comunali, secondo la loro destinazione urbanistica (Cfr. Cons. Stato Sez. V, Sent., 02-02-2012, n. 539).
Pertanto, il legislatore nazionale, sia con la normativa attualmente in vigore, sia con il sistema tariffario (o impositivo) previgente, ha rimesso alla potestà regolamentare dei Comuni le disposizioni per la concreta applicazione della tassa, ma non ha attribuito ai Comuni medesimi il potere di incidere sul presupposto per l’applicazione della tassa (o tariffa) e sui requisiti per la fruizione dell’esenzione previsti dalla legislazione statale (cfr. Cass. Civ. Sez. Trib., 14-01-2011, n. 775).
Tale orientamento del legislatore risulta confermato anche dalle norme richiamate dall’amministrazione resistente per giustificare la determinazione dei criteri di assimilazione, in quanto regolanti il vecchio regime – TIA1, in particolare dall’art. 18, comma 2, lett. d) e dall’art. 57, comma 1 del D.Lgs n. 122 del 1997 dall’esame delle quali si deduce che lo Stato determina i criteri per l’assimilazione, con la conseguenza che, anche nel vecchio regime, lo smaltimento (o recupero) dei rifiuti speciali, costituendo (unitamente alla produzione dei medesimi in determinate aree) requisito per l’esenzione, che esclude dall’assimilabilità ai rifiuti urbani i rifiuti che si producono nelle aree produttive, deve ritenersi presupposto delle disposizioni comunali.
Tale intento è ribadito, peraltro, all’art. 195, comma 2, lett. g) del d.lgs. n. 152 del 2006 che conferisce al comune la prerogativa di stabilire l’assimilazione ma sulla base dei criteri stabiliti a livello statale.
Conclusivamente, si rileva che i principi comunitari recepiti nel nuovo codice dell’ambiente non possono non ispirare le attuali scelte dell’amministrazione comunale che, in virtù della norma transitoria, è legittimata ad operare con le vecchie norme nell’ambito delle proprie competenze, concernenti la determinazione delle tariffe tenendo conto del costo complessivo del servizio e della platea di soggetti passivi a sua disposizione, ma non può derogare ai principi normativi, stabiliti in via sussidiaria a livello comunitario, poi recepiti a livello nazionale, che mirano, per preordinate finalità di pubblico interesse, alla tutela dell’ambiente e del territorio europeo.
In definitiva, alla luce del riepilogato quadro normativo, si condividono le censure mosse da parte ricorrente nel II, III e IV motivo del ricorso, con la conseguenza che le stesse si considerano assorbenti ai fini del decidere.
Il Collegio, pertanto, seppur nei limiti delle valutazioni esposte in motivazione, accoglie il ricorso.
I riferiti aspetti di illegittimità del regolamento comunale si considerano in grado di inficiare, altresì, la deliberazione di approvazione del piano finanziario, che nella parte relativa alla stima delle entrate, è necessariamente influenzato dall’illegittimo ampliamento dei soggetti tenuti al pagamento della tariffa.
Il Collegio, pertanto, nei limiti sopra esposti, accoglie il ricorso e, in considerazione della complessità della questione compensa le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio del giorno 19 giugno e del 13 settembre 2012. con l’intervento dei magistrati:
Francesco Riccio, Presidente FF
Germana Panzironi, Consigliere, Estensore
Maria Cristina Quiligotti, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/10/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)