* VIA, VAS AIA – Valutazione di impatto ambientale su progetto di competenza dello Stato – Determinazioni delle amministrazioni interessate – Inerzia o dissenso – Art. 25, c. 3 bis d.lgs. n. 152/2006 – Studio di impatto ambientale – Art. 22 d.lgs. n. 152/2006 – Strumento tendenzialmente completo e autosufficiente – Mancata allegazione dei piani – Effetti – DIRITTO DELL’ENERGIA – Promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili – Principi di derivazione europea – Necessario contemperamento con principi di uguale rango – Tutela dell’ambiente, delle bellezze paesistiche e del patrimonio storico.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 11 Aprile 2017
Numero: 4475
Data di udienza: 8 Marzo 2017
Presidente: De Michele
Estensore: Vallorani
Premassima
* VIA, VAS AIA – Valutazione di impatto ambientale su progetto di competenza dello Stato – Determinazioni delle amministrazioni interessate – Inerzia o dissenso – Art. 25, c. 3 bis d.lgs. n. 152/2006 – Studio di impatto ambientale – Art. 22 d.lgs. n. 152/2006 – Strumento tendenzialmente completo e autosufficiente – Mancata allegazione dei piani – Effetti – DIRITTO DELL’ENERGIA – Promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili – Principi di derivazione europea – Necessario contemperamento con principi di uguale rango – Tutela dell’ambiente, delle bellezze paesistiche e del patrimonio storico.
Massima
TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ – 11 aprile 2017, n. 4475
VIA, VAS AIA – Valutazione di impatto ambientale su progetto di competenza dello Stato – Determinazioni delle amministrazioni interessate – Inerzia o dissenso – Art. 25, c. 3 bis d.lgs. n. 152/2006.
In tema di valutazione di impatto ambientale su progetti di competenza dello Stato, ai sensi dell’art. 25, c. 3 bis del d.lgs. n. 152/2006, “qualora le amministrazioni di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo non si siano espresse nei termini ivi previsti ovvero abbiano manifestato il proprio dissenso, l’autorità competente procede comunque a norma dell’articolo 26”.
VIA, VAS AIA – Studio di impatto ambientale – Art. 22 d.lgs. n. 152/2006 – Strumento tendenzialmente completo e autosufficiente – Mancata allegazione dei piani – Effetti.
Lo studio di impatto ambientale è configurato dall’art. 22 del d.lgs. n. 152 del 2006 (nonché dall’Allegato VII al medesimo d.lgs.) come uno strumento rappresentativo e informativo tendenzialmente completo e autosufficiente in tutte le sue parti oltre che di agevole consultazione, stante la connotazione “diffusa” degli interessi facenti capo alle comunità territoriali esposte agli effetti dell’intervento richiedente la V.I.A., nonché considerato quanto espressamente previsto dal comma 5 dell’art. 22 cit. ove si legge che “…La documentazione dovrà essere predisposta al fine di consentirne un’agevole comprensione da parte del pubblico ed un’agevole riproduzione”. La mancata allegazione dei piani costituisce pertanto una lacuna del s.i.a. presentato, in quanto non consente all’Amministrazione (e, più in generale, al “pubblico” dei potenziali soggetti interessati a formulare osservazioni sul progetto all’interno del procedimento di VIA) di verificare in modo agevole ed immediato la corrispondenza agli strumenti programmatori delle affermazioni del proponente. Non può quindi ammettersi l’inversione dell’onere probatorio in relazione alla possibilità, per l’Amministrazione, di accedere “motu proprio” ai piani (nella specie, PRG, Piano dei Trasporti e Piano di Coordinamento), non apparendo ciò coerente con la natura dello studio quale strumento di agevole e immediata comprensibilità “erga omnes”.
DIRITTO DELL’ENERGIA – Promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili – Principi di derivazione europea – Necessario contemperamento con principi di uguale rango – Tutela dell’ambiente, delle bellezze paesistiche e del patrimonio storico.
I principi di derivazione europea miranti alla promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili, la quale costituisce “obbiettivo altamente prioritario a livello comunitario”, costituiscono, per l’appunto, “principi” che non delineano, al contrario delle “norme”, fattispecie puntuali e obblighi di azione definiti a carico della p.A., fissando piuttosto degli obbiettivi tendenziali che l’Amministrazione statale è chiamata a perseguire e, possibilmente, a raggiungere. Mentre la norma puntuale non tollera la contemporanea vigenza di altra norma regolativa della medesima fattispecie di modo che il contrasto tra due (o più norme) si deve risolvere necessariamente, secondo i noti criteri (cronologico, gerarchico, di specialità), in favore dell’applicazione dell’una o dell’altra disposizione, al contrario il principio giuridico deve necessariamente essere contemperato e bilanciato con gli ulteriori principi giuridici di uguale rango e rilievo che possono venire in considerazione e confrontarsi dialetticamente nel caso concreto. Il principio della massima promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili deve pertanto confrontarsi , nella sua concreta declinazione, con l’esigenza di non ledere e comunque, di armonizzarsi, con opportuno bilanciamento, con altri principi e valori di fondamentale rilievo (anche costituzionale) attinenti alla tutela dell’ambiente, delle bellezze paesistiche e naturali, del patrimonio storico. (cfr., per il principio, Cons. St., sez. VI, 26.4.2005, n. 1893; TAR Lazio, Roma, sez. I, 13.6.2007, n. 5403; Cons. Stato, Sez. VI, 9 luglio 2013 n. 3613).
Pres. De Michele, Est. Vallorani – C. s.r.l. (avv.ti Mangano, Vivani e Piraino) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato), Comune di Castelvetrano (avv. Vasile), Comune di Partanna (avv. Giacalone)
Allegato
Titolo Completo
TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ - 11 aprile 2017, n. 4475SENTENZA
TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ – 11 aprile 2017, n. 4475
Pubblicato il 11/04/2017
N. 04475/2017 REG.PROV.COLL.
N. 12084/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12084 del 2015, proposto da:
Soc. C&C Consulting Engineering S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Massimiliano Mangano, Claudio Vivani e Caterina Piraino, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Massimiliano Mangano in Roma, via Antonio Stoppani, n. 1;
contro
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro p.t., Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in persona del Ministro p.t., il Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro p.t., il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e la Regione Siciliana, in persona del Presidente p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Provincia Regionale di Trapani non costituita in giudizio;
Comune di Castelvetrano, in persona del Sindaco e legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Vasile, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ciro Castro in Roma, via F. Crispi, 99;
Comune di Partanna, in persona del Sindaco e legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Maika Giacalone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ciro Castro in Roma, via F. Crispi, 99;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
– del decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (di seguito MATTM) di concerto con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (di seguito MIBACT) n. 128 del 03.07.2015, comunicato alla ricorrente il successivo 9 luglio con nota prot. DVA – 2015 – 0018070, con il quale è stato espresso giudizio negativo di compatibilità ambientale relativamente alla realizzazione del progetto, proposto dalla società ricorrente e denominato “impianto eolico off-shore nello stretto di Sicilia nella zona banco di Pantelleria e Banchi Avventura”;
– del parere della Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale VIA e VAS (di seguito anche CTVA) n. 1488 del 9 maggio 2014;
– del parere del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MIBACT), Direzione Generale per il Paesaggio, le Belle Arti, l’Architettura e l’Arte Contemporanea, prot. n. DG/PBAAC/34.1904/20076 dell’11.8.2014;
– del parere della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali della Regione Siciliana di cui alla nota prot. n. 119 del 30 gennaio 2013;
– ove occorra, del parere della Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale VIA e VAS n. 1296 del 19 luglio 2013;
– del parere negativo della medesima Commissione n. 640 del 198 febbraio 2011;
– del parere contrario della Regione Siciliana, Assessorato Territorio e Ambiente, Dipartimento Regionale dell’Ambiente, Servizio VAS/VIA di cui alla nota n. 11430 del 23.2.2011;
– del parere negativo del MIBACT prot. n. DG/PBAAC/34.19.04/11884/2011 del 7.4.2011;
– del parere negativo della CTVA n. 781 del 14 ottobre 2011;
– di ogni ulteriore atto connesso, presupposto e/o conseguenziale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e del Ministero dello Sviluppo Economico e della Regione Siciliana e dell’ Assessorato del Territorio e dell’Ambiente della Regione Siciliana e dell’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana e della Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali del Mare e della Soprintendenza Per i Beni Culturali ed Ambientali di Trapani e del Comune di Castelvetrano e del Comune di Partanna e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2016 il dott. Claudio Vallorani e uditi per le parti i difensori: Avv. M. Mangano, per la società ricorrente l’Avvocato dello Stato A. Urbani Neri nella sola chiamata preliminare, l’Avv. F. Vasile (per il Comune di Castelvetrano) e l’Avv. M. Giacalone (per il Comune di Partanna);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La società C&C Consulting Engineering S.r.l. presentava in data 23.10.2012 al MATTM domanda di pronuncia di compatibilità ambientale ex artt. 19 e ss. d.lgs. n. 152 del 2006 relativa alla revisione del progetto, in precedenza proposto, per la realizzazione di un parco eolico “off shore” della potenza nominale complessiva di 228 MW denominato “Avventura” e costituito da n. 38 torri eoliche ed altrettante megaturbine (ciascuna della potenza di 6 MW) da installare in mare, sulla piattaforma continentale dello Stretto di Sicilia, tra la costa trapanese e l’isola di Pantelleria, a circa Km. 40,3 dalla costa siciliana ed a circa Km. 56,9 da Pantelleria (doc. 21 ric.). I n. 38 aerogeneratori previsti dovevano essere collegati tra loro da una rete di cavi a media tensione; sarebbero stati poi realizzati: una sottostazione elettrica destinata a raccogliere tutti i collegamenti e a trasformare l’energia elettrica in corrente continua, in energia a corrente alternata; un cavidotto marino in corrente alternata diretto a collegare il parco offshore alla costa.
Il progetto menzionato costituiva, come detto, la revisione della precedente proposta progettuale – che non aveva ottenuto il parere positivo di compatibilità ambientale, stanti gli avvisi negativi della CTVA n. 640/2011 e n. 781 del 14.10.2011 (v. docc. 1 e 2 fasc. AGS) – a suo tempo presentata dalla società Four Wind s.r.l. (originaria proponente), società che, con atto pubblico del 1.8.2012, si era fusa per incorporazione con la società odierna ricorrente.
A seguito della nota FW – U – 003/12 del 4.6.2012 con cui la Società proponente chiedeva la sospensione del procedimento al fine di formulare una “soluzione progettuale in linea con le esigenze pubbliche manifestate nel preavviso di diniego” (sospensione accordata dal MATTM con nota del 27.6.2012), la Società presentava l’istanza di VIA sul progetto revisionato e l’Amministrazione riavviava l’istruttoria di sua competenza.
Gli elementi di novità maggiormente significativi – proposti allo scopo dichiarato di superare le principali criticità evidenziate sia dalla Commissione VIA e VAS che dal MIBACT nell’esame del precedente progetto – erano costituiti:
a) dalla nuova localizzazione dell’area di realizzazione del parco eolico, la quale si collocava sulla “piattaforma continentale” marina a 40,3 Km. dalla Sicilia sud occidentale, sufficientemente distante, rispetto alla precedente ubicazione, dai c.d. “Alti strutturali” e, precisamente, a km. 6 dalla zona dei “Banchi Avventura” (lato Pantelleria) e a Km. 17 dal “Banco Pantelleria”; i menzionati siti marini costituiscono “alti strutturali”, ossia zone molto rialzate rispetto ai fondali circostanti (fino a costituire in alcuni punti delle vere e proprie “secche”), sulle quali si sarebbero dovute installare le pale eoliche secondo l’originario progetto della Four Wind (l’originaria soluzione non era stata condivisa dalle competenti Autorità statali e regionali coinvolte nel procedimento di VIA, che avevano ritenuto del tutto impropria l’area di intervento individuata, giacché i menzionati “banchi”, erano siti da considerare di primario valore ambientale per la tutela di un vasto ecosistema, esposto a pericolo dalla realizzazione dell’impianto eolico);
b) dall’assoluta innovazione della tecnica realizzativa che, secondo il progetto revisionato, si basava su fondazioni galleggianti (“floating foundations”) che avrebbero consentito la realizzazione dell’opera evitando invasivi interventi sul fondale (quali dragaggi, livellamenti, perforazioni): nella soluzione proposta, infatti, non si prevedeva più un sistema tradizionale di ancoraggio diretto delle torri eoliche al fondale marino, in quanto le stesse sarebbero state ormeggiate a zavorre costituite da catene, la cui parte terminale sarebbe stata semplicemente appoggiata sul fondale; in particolare, ogni aereogeneratore doveva essere installato su di una base di forma triangolare (con tre lati della lunghezza di m. 45 ciascuno), ai cui vertici si trovavano tre camere di fondazione galleggianti di forma cilindirca (che, con apposite pompe, avrebbero raccolto una quantità variabile di acqua marina a seconda delle esigenze fisiche del momento), a loro volta tenute ferme mediante quattro cavi di acciaio aventi essi stessi funzione di zavorra, ciascuno del peso di 15 tonnellate (per un totale di 60 tonnellate) , poggiati sul substrato marino, dove si sarebbero accumulate le eventuali lunghezze in eccesso in funzione della profondità del fondale .
La menzionata istanza di VIA veniva corredata da varie relazioni (tecnico- descrittiva, di studio meteo-marino, di computo metrico-estimativo, di stima delle risorse di vento), dal Piano di cantiere, da numerosi elaborati grafici, dallo Studio di Impatto Ambientale (SIA), quest’ultimo a sua volta corredato da plurimi elaborati grafici e documentazione fotografica (cfr. docc. 21 – 27 ric.).
In data 31 gennaio 2013 si teneva una riunione istruttoria presso la sede della Commissione Tecnica VIA e VAS (di seguito CTVA) del MATTM in vista della quale perveniva la nota prot. n. 119 del 30.1.2013 (doc. 4 ric.) recante il parere negativo sul progetto da parte della Regione Sicilia – Servizio Soprintendenza beni culturali e ambientali – la quale manifestava le proprie obbiezioni con particolare riguardo al sistema di fondazione delle torri eoliche (c.d. “floating foundation”), ancora in fase di “sperimentazione e osservazione”, alle peculiari esigenze di protezione dell’area individuata dalla ricorrente, meritevole di particolare tutela in quanto sede di numerosi eventi storici e traffici commerciali nell’antichità con possibili rischi per il “patrimonio culturale sommerso”, per le specie ittiche ivi presenti e per le “praterie di Posidonia ubicate sui banchi e sugli areali viciniori”.
Il Comune di Trapani, per quanto di sua competenza, riteneva invece il progetto ammissibile con riguardo alle opere “on shore”, con la sola prescrizione di condizioni finalizzate alla tutela archeologica dei siti interessati dai lavori (doc. 28 ric.).
Con il parere n. 1296 del 19.7.2013 (doc. 5 ric.), impugnato nella presente sede, la CTVA si è espressa negativamente sulla compatibilità ambientale del progetto così come revisionato, in ragione di una pluralità di elementi che possono, in estrema sintesi, così riassumersi:
– l’area di realizzazione dell’intervento, benché spostata rispetto alla precedente ipotesi e distanziata dai “banchi”, ricade comunque all’interno dell’ “area dei Banchi” tra le batimetriche 70 e 76 m.;
– la soluzione di ancoraggio è di natura prototipale ed è ancora oggi in fase sperimentale per quanto concerne la sua applicazione ai pali eolici; essa non garantisce la stabilità e la sicurezza del sistema per l’intera durata in vita dell’impianto, in relazione alle condizioni meteo-marine “estreme” che possono verificarsi con frequenza nel sito in questione; non sono stati valutati pericoli di collasso e di deformazioni strutturali, prevenibili soltanto previo svolgimento di una serie di verifiche (non dimostrate dalla società istante) sulla stabilità globale del sistema in conformità alle principali normative tecniche internazionali di settore;
– il progetto è privo di una serie di elementi certi relativi all’entrata in esercizio dell’impianto;
– l’area dei “banchi” nel canale di Sicilia rappresenta un ecosistema unico, di incredibile rilevanza ecologica, nel quale si crea una discontinuità dei fondali che attrae molte specie ittiche come una sorta di punto di incontro in mare aperto;
– l’area accoglie fauna e flora non insediabile sui fondali limitrofi, offre risorse addizionali a specie di grandi predatori (mammiferi marini), favorisce una biodiversità unica;
– vi è un potenziale alto rischio ambientale relativo all’impatto con i volatili nei periodi di migrazione.
Pervenuto il suddetto parere negativo, la C&C Consulting Engineering, con nota del 16.9.2013 (doc. 29 ric.), formulava le proprie osservazioni ex art. 10 bis legge n. 241 del 1990 al fine di dimostrare l’insussistenza delle criticità rilevate dalla CTVA (essenzialmente afferenti al carattere prototipale delle soluzioni di ancoraggio proposte ed all’impatto degli aerogeneratori sull’avifauna migratoria). Con riguardo alla contestata mancata allegazione del Piano Provinciale dei Trasporti della Provincia di Trapani e del PRG del Comune di Trapani, la società evidenziava che il primo era consultabile sul sito web della Provincia mentre il secondo era stato ampiamente riprodotto in stralcio.
La CTVA, non riteneva dirimenti le osservazioni proposte e formulava il nuovo, definitivo giudizio negativo di compatibilità ambientale n. 1488 / 2014 (doc. 2 ric.), qui impugnato, nel quale si confermava, nella sostanza, l’impianto motivazione del precedente parere sopra sintetizzato, le cui conclusioni non si ritenevano superate delle osservazioni della società istante; nella parte conclusiva del parere si affermava che “…il progetto, non avendo una definizione idonea, non consente la stima dei potenziali impatti, certamente nella fase del suo esercizio ma ancor più durante la sua realizzazione e, valutata l’area oggetto di intervento come appartenente ad un sistema ambientale decisamente vulnerabile, si ritiene di confermare quanto già emerso nel parere n. 1296 del 19.7.2013, dato che le osservazioni fornite dalla società proponente con la nota FW U 011/13 del 16.9.2013 non superano le criticità sopra rappresentate che costituiscono la motivazione del parere negativo espresso…”.
Successivamente anche il MIBACT – Direzione Generale per il Paesaggio, con nota prot. n. DG/PBAAC/34.1904/20076 del 11.8.2014, ha espresso parere contrario alla costruzione dell’impianto, limitandosi peraltro a richiamare il precedente parere contrario della Soprintendenza per i beni culturali della Regione Sicilia del 30.1.2013, n. 119.
Quindi, con decreto del MATTM di concerto con il MIBACT n. 128 del 3.7.2013 – il quale allega e richiama in parte motiva i precedenti pareri negativi espressi dalla CTVA (nn. 640 del 2011, 781 del 2011, n. 1296 del 2013 e n. 1488 del 2014), dal MIBACT (in data 7.4.2011 e in data 11.8.2014) e dalla Regione Siciliana (con nota prot. n. 11430 del 23.2.2011) – è stato definito con esito negativo il giudizio di compatibilità ambientale relativo alla realizzazione del progetto.
Avverso il predetto decreto negativo di compatibilità ambientale e gli ulteriori atti in epigrafe menzionati afferenti al medesimo procedimento di VIA promosso dalla società ricorrente, quest’ultima, con atto notificato in data 12.10.2015 e depositato in data 19.10.2015, ha proposto l’impugnazione all’odierno vaglio nella quale si articolano i motivi che di seguito si riassumono.
I. Violazione dell’art. 25, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006. Trattandosi di VIA di competenza statale, si contesta al Ministero dell’Ambiente la mancata consultazione della Regione Sicilia (Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente) che, quale Regione interessata dall’opera, avrebbe dovuto essere messa in condizione di conoscere le modifiche apportate dalla società ricorrente al progetto originario e di esprimersi sulle stesse, secondo quanto imponeva l’art. 25, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006. Mancherebbe pertanto un presupposto (il parere regionale sulle modifiche progettuali) per l’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento di VIA per cui è causa.
II. Violazione dell’art. 7, comma 5 e dell’art. 8, comma 1 d.lgs. n. 152 del 2006; dell’art. 9 d.P.R. n. 90 del 2007; dell’art. 3, comma 1, legge n 241 del 1990; eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione; incompetenza. Parte ricorrente si riferisce al fatto che, nella motivazione del decreto impugnato, si menziona una serie di pareri della CTVA, del MIBACT e della Regione Sicilia, privi di ogni attualità e conferenza, in quanto espressi in epoca anteriore alle sostanziali modifiche progettuali successivamente apportate e considerate dalla CTVA soltanto a partire dal suo parere n. 1296 del 19.7.2013 e dal successivo e definitivo parere negativo n. 1488 del 9.5.2014; nella specie, ad avviso della ricorrente, il Ministero procedente non avrebbe esplicato potestà di indirizzo politico e, pertanto, si sarebbe dovuto strettamente attenere al parere tecnico conclusivo della CTVA, senza considerare invece pareri e valutazioni della stesa Commissione ampiamente superati dal corso dell’istruttoria poiché riferiti al vecchio progetto, ivi compreso il parere del 19.7.2013 che, seppure emesso sul progetto modificato, prescindeva totalmente dalle dirimenti osservazioni ex art. 10 bis legge n 241 del 1990 successivamente proposte dalla ricorrente, delle quali soltanto il parere “conclusivo” poteva tenere conto. Per tale ragione, la motivazione “per relationem” del provvedimento sarebbe gravemente carente e contraddittoria, in quanto basata (in larga parte) su presupposti fattuali e giuridici non più attuali né pertinenti.
III. Violazione dell’art. 22 d.lgs. n. 152 del 2006 in relazione all’Allegato VII; in via subordinata violazione del d.P.C.M. 27.12.1988 in tema di “norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e del giudizio di compatibilità”; eccesso di potere sotto diversi profili. Sostiene la C&C Consulting Engineering che né il menzionato d.P.C.M., né l’art. 22 d.lgs. n. 152/2006 in relazione all’Allegato VII del d.lgs. cit. prescrivono l’allegazione degli strumenti programmatori (che sono, nella specie, il PRG e il Piano dei trasporti della Provincia di Trapani dei quali la CTVA, nel parere negativo emesso, censura la mancata allegazione); è illegittimo il provvedimento di diniego della VIA, in quanto determinato e motivato sulla base dalla mancata allegazione di copia dei predetti strumenti al progetto e allo studio di impatto ambientale presentati; le vigenti disposizioni del d.lgs. n. 152/2006, sostiene parte ricorrente, non prevedono che nel SIA siano necessariamente compresi (o ad esso allegati) contenuti agevolmente rilevabili “ex officio”, quali sono quelli degli atti programmatori o pianificatori menzionati.
IV. Quanto alla non idonea definizione del progetto, parte ricorrente rileva che: con l’indicazione degli elementi dimensionali e funzionali dell’aerogeneratore da impiegare essa ha fornito tutti i dati necessari ai fini della valutazione; dagli elaborati prodotti in corso di VIA – in particolare SIA, Sez. B, quadro di riferimento progettuale (doc. 26, pag. 45 e ss.) e Sez. C, ambientale (doc. 23, pag. 99 e ss.); progetto definitivo; relazione tecnico-descrittiva (doc. 27 pagg. 15 – 17) – si rileverebbe che il nuovo sistema è idoneo ad evitare sia la perforazione dei fondali che il movimento delle catene di ancoraggio; esso attenua altresì gli effetti del moto ondoso anche in caso di mare agitato, grazie al sistema delle pompe dell’acqua di zavorra poste in ognuna delle camere di fondazione che risulterebbero estremamente stabili e sicure; il peso dei cavi di acciaio poggiati sul substrato marino dovrebbe evitare il movimento dei cavi stessi sul fondale; nella specie, secondo la società ricorrente, sarebbe stata in realtà l’incertezza “tecnica” della Commissione competente alla valutazione del progetto a condurre al mancato rilascio della VIA favorevole; al contrario, l’Organo valutativo avrebbe dovuto basarsi sui dati scientifici disponibili e maggiormente affidabili al momento della valutazione, oltre che sui risultati più recenti della ricerca internazionale; al contrario la CTVA, senza compiere i doverosi approfondimenti tecnici di sua spettanza, si sarebbe attestata su di un piano di eccessiva precauzione, male declinando e applicando il principio di precauzione di derivazione europea (art. 191 del TFUE; art. 3-ter d.lgs. n. 152 del 2006). Al fine di corroborare quest’ultima asserzione parte ricorrente svolge una diffusa disamina normativa e giurisprudenziale sul principio di precauzione e su come esso vada inteso alla luce dei prevalenti orientamenti degli organi della UE e della giurisprudenza della CGUE (pag. 50 – 60 ric.), pervenendo alla conclusione che, nella specie, difetterebbero i presupposti per l’applicazione del principio in quanto non sarebbe individuabile un rischio che, seppur caratterizzato da incertezza scientifica sulla sua portata, sia desumibile da dati scientifici seri e affidabili; analogo progetto, inoltre, è già stato verificato nella sua applicazione concreta al largo delle coste portoghesi mentre le Amministrazioni avrebbero formulato soltanto affermazioni apodittiche o dubbie senza considerare, nella ponderazione di tutti gli interessi coinvolti nella presente vicenda, l’enorme quantità di energia “pulita” che l’impianto eolico sarebbe in grado di generare e, più ampiamente, i favorevoli effetti per l’ambiente.
V. Eccesso di potere per violazione dei principi della legislazione europea e nazionale in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili: violazione dell’art. 5, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 152 del 2006. In virtù delle considerazioni che precedono la valutazione ministeriale sembra anche violare la Direttive 2001/77/CE (attuata in Italia dal d.lgs. n. 387 del 2003) e 2009/28/CE miranti a promuovere ed incrementare, nell’intero ambito europeo, l’uso dell’energia prodotta da fonti rinnovabili, dalle quali si può ricavare il principio della massima diffusione delle fonti rinnovabili (Corte cost. 11 ottobre 2012, n. 224) che, nella specie, sarebbe stato “clamorosamente violato”.
VI. Eccesso di potere per illogicità manifesta, per insufficienza dell’istruttoria e della motivazione, per travisamento di fatto; violazione del principio di proporzionalità. La valutazione sembra riferirsi ai fondali e alla biocenòsi esistenti presso i cc.dd. “altri strutturali” del “banco Avventura” ove era stata localizzata solo inizialmente l’area del parco eolico, senza però considerare che, nel nuovo progetto, l’ubicazione dell’impianto si colloca a diversi chilometri di distanza dai “banchi” (18 km dagli alti strutturali e 6 km dagli alti strutturali minori), in corrispondenza di una zona marina caratterizzata da fondali “ordinari” posti a 70-80 metri di profondità, costituiti per lo più da detriti, sui quali (al contrario di quanto affermato dalla CTVA) non potrebbero soggiornare banchi di alga posidonia, la quale non può vivere ad una profondità superiore ai 35-40 metri; le modalità di ancoraggio dedotte nel progetto non potrebbero, pertanto, avere impatti negativi sul contesto ambientale circostante.
VII. Eccesso di potere per illogicità manifesta, per insufficienza dell’istruttoria e della motivazione e sotto ulteriori profili. La ricorrente contesta il rilievo mosso dalla CTVA in ordine all’inidoneità della definizione progettuale relativa ai cantieri per l’installazione e il “decommissioning” dell’impianto, di cui non si indicano la sede e le aree di stoccaggio, la cui definizione è rinviata ad una fase successiva; deduce la ricorrente che il rilievo sarebbe del tutto infondato essendo le indicazioni richieste in parte evincibili dal SIA, in parte deducibili dalla natura delle opere (v. in part. “i corpi galleggianti”) richiedenti comunque appositi cantieri e autorizzazioni, in parte, infine, del tutto innecessarie (sarebbe in particolare “assurdo”, secondo la ricorrente, il rilievo relativo alla mancata precisazione delle modalità di dismissione dell’impianto, che si colloca cronologicamente ad almeno trent’anni dalla sua attivazione).
VIII. Eccesso di potere per illogicità, insufficienza dell’istruttoria e della motivazione in relazione agli artt. 28, legge regionale siciliana 29.12.2003, n. 21; violazione dell’art. 7, comma 5, d.lgs. n. 152 del 2006; incompetenza. L’ottavo ed ultimo motivo di gravame investe il parere negativo del MIBACT, Direzione Generale per il Paesaggio e le Belle Arti, dell’11.8.2014 (doc. 3 ric.), il quale è motivato “per relationem” sulla base dei pareri della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Trapani in data 1.7.2013, prot. 5044, favorevole con condizioni, e del parere della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali del mare della Regione Sicilia n. 119 del 30.1.2013, negativo per plurime ragioni (v. doc. 4 ric.). Quest’ultimo sarebbe illegittimo atteso che: non vi sarebbe una valutazione seria e concreta del pericolo paventato per il patrimonio culturale sommerso (in realtà da escludere stante il minore impatto assicurato dall’innovativo sistema di ancoraggio degli aerogeneratori e delle pale eoliche); si ribadisce, nel parere, la peculiare rilevanza ambientale della zona dei “banchi”, senza considerare lo spostamento cospicuo dell’impianto rispetto alla precedente dislocazione; non si considera che nell’area di intervento non sono in realtà presenti le praterie di posidonia e altre “biocenòsi”, la cui tutela (trattandosi di aspetti di valenza ecologica), in ogni caso, spettava al MATTM e non alla Soprintendenza regionale; quest’ultima, infine, non ha chiarito se le sue valutazioni attengono effettivamente ai contenuti del nuovo progetto anziché al nuovo (grave difetto di istruttoria).
Si sono costituite per resistere al ricorso, con ampia memoria e allegati, le Amministrazioni intimate.
Si sono altresì costituti il Comune di Partanna ed il Comune di Castelvetrano, i quali entrambi si oppongono alle censure ricorsuali e chiedono l’integrale rigetto del gravame.
Con ordinanza n. 5118 del 15.11.2015 la Sezione ha respinto la domanda cautelare proposta dalla ricorrente in quanto le censure svolte “non manifestano una evidenza di “fumus” comportando complesse valutazioni sia giuridiche che tecniche che non appaiono possibili nella presente sede cautelare…”. Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 560 del 19.2.2016, ha accolto la domanda cautelare ai limitati fini della sospensione della decadenza dal preventivo di connessione alla rete già ottenuto dalla ricorrente.
In vista della pubblica udienza parte ricorrente ha prodotto ulteriori documenti.
Hanno prodotto memorie conclusionali sia parte ricorrente che i Ministeri resistenti.
Parte ricorrente ha anche prodotto note di replica.
Alla pubblica udienza del primo dicembre 2016, dopo ampia discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. – Il ricorso è infondato e non può essere accolto.
2. – Con il primo motivo, come sopra rilevato, parte ricorrente si duole dell’omessa comunicazione, da parte del MATTM, alla Regione Siciliana ai fini dell’espressione del parere di sua competenza, delle modifiche sostanziali apportate dalla proponente al progetto originario, con conseguente violazione dell’art. 25, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006, laddove prevede che “2. L’autorità competente acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata, le osservazioni, obiezioni e suggerimenti inoltrati ai sensi dell’articolo 24, nonché, nel caso dei progetti di competenza dello Stato, il parere delle regioni interessate, che dovrà essere reso entro novanta giorni dalla presentazione di cui all’articolo 23, comma 1. L’autorità competente comunica alla Regione interessata che il proponente ha apportato modifiche sostanziali al progetto e fissa il termine di sessanta giorni, decorrente dalla comunicazione, entro il quale la Regione può esprimere un ulteriore parere”.
La doglianza della ricorrente è da ritenere infondata in fatto atteso che, diversamente da quanto da essa asserito, il MATTM, nella veste di autorità statale procedente e titolare del potere di adozione del provvedimento di compatibilità ambientale sull’opera per cui è causa, con propria nota prot. n. DVA – 2012 – 00281180 del 21.11.2012 (v. doc. 4 fasc. Comune di Castelvetrano), dava atto dell’avvenuto deposito, anche presso la Regione Siciliana, della “documentazione di VIA di modifica”, di cui alla nota della società proponente prot. FU-U-007/12 del 23.10.2012 ed invitava tutte le Amministrazioni “in indirizzo”, tra le quali figurava, ovviamente, anche la Regione – Dip. Territorio e Ambiente Servizio 2 VIA/VAS, ad esprimere i pareri di rispettiva competenza ovvero ad integrare o modificare i pareri già resi. Inoltre è facile osservare che nel parere della CTVA n. 1296 del 19.7.2013, successivo alla revisione del progetto presentato (doc. 5 ric.) si dà atto (v. pag. 3 parere cit.) della riunione istruttoria tenutasi presso la sede della Commissione alla quale partecipavano, tra gli altri, anche i “rappresentanti della Regione Sicilia”. Nel medesimo parere si dà anche atto del “parere negativo pervenuto da parte della Regione Sicilia – Sevizio Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali del Mare”.
Chiarito in punto di fatto che la Regione competente è stata pienamente edotta delle intervenute modifiche sostanziali al progetto proposte dalla C&C Consulting nel 2012, la censura appare del tutto priva di fondamento, considerato che lo stesso art. 25, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006 (invocato dalla ricorrente) stabilisce che, nel caso di progetti di competenza dello Stato, “l’autorità competente fissa il termine di sessanta giorni, decorrente dalla comunicazione, entro il quale la Regione può (e non “deve”) esprimere un ulteriore parere”, sicché il parere sarebbe potuto anche del tutto mancare mentre, al contrario di quanto ritenuto dalla ricorrente, ad avviso del Collegio trova applicazione nella specie il comma 3-bis dell’art. 25 cit. laddove prevede che “Qualora le amministrazioni di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo non si siano espresse nei termini ivi previsti ovvero abbiano manifestato il proprio dissenso, l’autorità competente procede comunque a norma dell’articolo 26”. Quest’ultima norma, infatti, è stata introdotta dall’art. 2, comma 21, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e deve ritenersi applicabile alla nuova fase istruttoria apertasi nel 2012, dopo la chiusura della precedente istruttoria con l’espressione del parere negativo della CTVA n. 781 del 14.10.2011 sul progetto originario.
Per quanto precede il primo motivo è infondato e va respinto.
3. – Del pari infondato è il motivo sub II del gravame (ove ci si duole del fatto che il decreto ministeriale impugnato menzioni una serie di pareri della CTVA, oltre che del MIBACT e della Regione Sicilia, privi di ogni attualità e conferenza, in quanto riferiti ad aspetti del progetto originario ormai superati dalle sostanziali modifiche progettuali successivamente apportate e considerate dalla CTVA soltanto a partire dal parere della stessa Commissione n. 1296 del 19.7.2013).
Sul punto è facile osservare che il d.m. n. 128 del 3 luglio 2015 cita e menziona ampiamente, ai fini della motivazione “per relationem” del diniego, anche i più recenti e pertinenti pareri della Commissione n. 1296 del 19.7.2013 e n. 1488 del 9 maggio 2014, che costituiscono “expressis verbis” parte integrante del decreto stesso il quale, inoltre, nella sua motivazione espone puntualmente (seppur sinteticamente) l’intero “iter” che ha condotto all’esito procedimentale negativo per la società ricorrente. E’ pertanto scontato e chiaramente comprensibile, sulla base di una serena lettura del provvedimento finale, che i pareri anteriori alle modifiche inserite nel 2012 (dopo la sospensione del procedimento richiesta dalla società ed accordata dal MATTM) sono stati superati, almeno parzialmente, per effetto delle modifiche successivamente introdotte sulle quali, tuttavia, si esprimono ampiamente il parere della CTVA del 2013 e, quindi, alla luce delle osservazioni della ricorrente ex art. 10 bis Legge n. 241 del 1990, il parere conclusivo della stessa Commissione n. 1488 del 9 maggio 2014 (parte integrante del provvedimento ministeriale). Per questo la menzione (anche) dei pareri più risalenti non può certo considerarsi inappropriata e, tantomeno, tale da integrare l’illegittimità del provvedimento impugnato sul piano motivazionale, essendo evidente che:
– anche i pareri resi dalla Commissione tecnica VIA e VAS nelle date del 18.2.2011 e del 14.10.2011 continuano a mantenere inalterata la loro attualità e pertinenza con riguardo ai contenuti progettuali estranei alla revisione del 2012 (che, come visto nella superiore narrativa in fatto, ha investito aspetti fondamentali del progetto ma non ha integrato un nuovo progetto “tout court”, anche nelle intenzioni della parte istante);
– i pareri del 2013 e del 2014 sopracitati, viceversa, si integrano a vicenda e spiegano le ragioni dell’inadeguatezza e dell’insufficienza delle nuove soluzioni progettuali proposte, sia in sé stesse considerate, sia in relazione alle criticità in precedenza rilevate dalla Commissione tecnica. La motivazione del provvedimento finale, in definitiva, corrisponde allo schema, pienamente legittimo ex art. 3 della Legge nl 241 del 1990, della motivazione “per relationem” menzionando ed allegando i diversi pareri espressi diacronicamente dalla CTVA i quali (ovviamente) riflettono i diversi momenti evolutivi dell’iter procedimentale, con particolare riguardo alle informazioni fornite nei diversi momenti dalla società istante. La precisa sequenza temporale dei diversi pareri e delle valutazioni acquisiti dall’Autorità procedente (non solo dalla CTVA, ma anche dal MIBACT e dalla Regione Sicilia) risulta ben rappresentata nella motivazione del decreto ministeriale impugnato e consente di comprendere gli elementi di persistente attualità anche dei pareri più risalenti, la cui menzione pertanto, lungi dal costituire un elemento di ipotetica illegittimità sul piano motivo, costituisce in realtà un elemento di arricchimento della motivazione secondo la definizione di principio che ne dà il comma 2 dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 (“La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria”). Non è pertanto condivisibile l’affermazione di parte ricorrente secondo cui vi sarebbe illegittimità nella menzione di pareri “superati dai fatti” sia perché ciò non corrisponde pienamente al vero, sia perché, in ogni caso, è anche citato e riassunto il parere definitivo n. 1488 del 2014 il quale integra a pieno titolo la motivazione del provvedimento finale e certamente riguarda le nuove soluzioni progettuali proposte.
Il motivo, pertanto, deve essere respinto.
4. – Con il motivo sub III la società ricorrente deduce l’infondatezza di quanto ritenuto da parte della Commissione in merito al mancato approfondimento, nello studio di impatto ambientale proposto (e, in particolare, nel “quadro di riferimento programmatico”), dei profili pianificatori (le criticità contestate, come visto, riguarderebbero principalmente la mancata allegazione del piano dei trasporti della provincia di Trapani). Si rammenta al riguardo che nel parere della CTVA n. 1296 del 19.7.2013 (le cui conclusioni sono state richiamate dalla successiva nota DVA. 2013 – 0018981 del 9.8.2013 contenente il preavviso di rigetto ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990) si legge che: “per quel che riguarda il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, il proponente afferma che non si evince alcuna proibizione alla realizzazione dell’opera in progetto all’interno del Piano. Tuttavia non vi è alcuno stralcio del Piano che permetta di verificare tali affermazioni”; “…per quel che riguarda il P.R.G. Comunale, il Proponente non riporta alcuno stralcio di PRG, in riferimento alla porzione di terreno interessata dal cavidotto” (v. pag. 5 parere cit., doc. 5 ric.).
Non colgono nel segno le censure svolte sul punto da parte ricorrente la quale si limita a considerare i rilievi della CTVA sopracitati (e confermati dal parere conclusivo della medesima Commissione) soltanto sotto un’ottica formale-documentale – affermando che né dalla normativa previgente di cui al d.P.C.M. 27.12.1988, peraltro non più applicabile, né dall’art. 22 d.lgs. n. 152 del 2006 e dall’Allegato VII ivi richiamato, può evincersi un obbligo di allegazione degli stralci degli atti pianificatori per le parti di interesse –mentre in realtà i rilievi menzionati attengono piuttosto all’insufficiente puntualità e definizione dello studio di impatto ambientale.
I passi sopra riportati, infatti, non si soffermano tanto sul problema della mancata allegazione, a stralcio, del P.R.G. di Trapani o del Piano Territoriale di Coordinamento ma piuttosto sul fatto che la modalità espositiva utilizzata nel s.i.a. non è apparsa idonea a consentire all’Amministrazione la verifica delle affermazioni della società proponente in ordine all’assenza di divieti od ostacoli all’inserimento del cavidotto nel contesto territoriale.
Tali rilievi sono stati confermati dalla CTVA nel parere finale n. 1488 del 9.5.2014 ove si legge che gli stessi non potrebbero essere superati o confutati con l’argomento, sostenuto dalla ricorrente, della agevole la consultabilità degli strumenti di pianificazione via web, atteso che la valutazione deve essere effettuata sulla base della documentazione presentata dal Proponente, la quale è sottoposta non solo all’attenzione dell’Autorità competente, ma anche del pubblico (v. doc. 2 ric. pag. 8).
L’affermazione della CTVA appare pienamente condivisibile in quanto lo studio di impatto ambientale è configurato dall’art. 22 del d.lgs. n. 152 del 2006 (nonché dall’Allegato VII al medesimo d.lgs.) come uno strumento rappresentativo e informativo tendenzialmente completo e autosufficiente in tutte le sue parti oltre che di agevole consultazione, stante la connotazione “diffusa” degli interessi facenti capo alle comunità territoriali esposte agli effetti dell’intervento richiedente la V.I.A., nonché considerato quanto espressamente previsto dal comma 5 dell’art. 22 cit. ove si legge che “…La documentazione dovrà essere predisposta al fine di consentirne un’agevole comprensione da parte del pubblico ed un’agevole riproduzione”.
La mancata allegazione dei piani (ovvero, in alternativa, una descrizione sufficientemente dettagliata di essi con riferimento alle zone interessate dal passaggio del cavidotto) costituisce pertanto una lacuna del s.i.a. presentato, in quanto non ha consentito all’Amministrazione (e, più in generale, al “pubblico” dei potenziali soggetti interessati a formulare osservazioni sul progetto all’interno del procedimento di VIA) di verificare in modo agevole ed immediato la corrispondenza agli strumenti programmatori delle affermazioni della proponente.
Non può viceversa ammettersi l’inversione dell’onere probatorio nei termini pretesi dalla ricorrente, secondo cui l’Amministrazione avrebbe potuto accedere “motu proprio” al PRG ovvero al Piano dei Trasporti così come al Piano di Coordinamento, non apparendo ciò coerente con la natura dello studio quale strumento di agevole e immediata comprensibilità “erga omnes”.
Il motivo va pertanto respinto, anche considerando che, nell’economia della motivazione del decreto n. 128 del 3 luglio 2015 e dei pareri della CTVA che lo supportano, le carenze relative ai “piani” costituiscono elementi “ad colorandum” che non sembrano di per sé decisivi ai fini del giudizio negativo di compatibilità ambientale, sicché l’ipotetica fondatezza del motivo non condurrebbe in ogni caso all’annullamento del provvedimento finale impugnato, sostenuto da altri ed autonomi argomenti fattuali e giuridici.
5. – Con l’articolato motivo sub IV, sui contenuti del quale si rinvia alla superiore narrativa in fatto, la società contesta, siccome infondata, la ritenuta non idonea definizione del progetto, la quale andrebbe piuttosto riferita all’incertezza “tecnica” della Commissione che ha condotto la valutazione, la quale avrebbe omesso una seria e completa disamina del progetto proposto sotto molteplici profili.
Anche questo ordine di censure si rivela infondato.
La Commissione è partita dal dato oggettivo principale del “quadro di riferimento progettuale”, costituito dalla natura prototipale e innovativa del progetto nella sua configurazione finale caratterizzata, come si è visto, dalle strutture di ancoraggio realizzate con tecnica “floating semi-sub”, da costruire in acciaio zincato, da ormeggiare a zavorre poggiate sul fondale: la soluzione progettuale prospettata prevedeva, infatti, l’ormeggio delle strutture galleggianti a sostegno delle pale eoliche mediante un sistema costituito da n. 4 cavi di acciaio (di 15 tonnellate ciascuno) privi di ancoraggio al fondale, i quali fungevano essi stessi da zavorre di ritenuta con il loro peso di complessive 60 tonnellate. Questa tipo di fondazione è oggi “patent pending” e, pertanto, non tutte le informazioni di tipo tecnico sono al momento divulgabili (cfr. parere CTVA 19.7.2013, pag. 7, doc. 5 ric.). Inoltre la predetta tecnologia realizzativa ha avuto una sperimentazione assai limitata se è vero (come ammesso da parte ricorrente) che l’unica precedente realizzazione mediante l’impiego di essa va riferita ad una struttura realizzata al largo delle coste portoghesi, la quale concerneva un impianto non paragonibile a quello in oggetto, stante le sue ben modeste dimensioni rispetto al parco eolico per cui è causa (si trattava, infatti, di una sola turbina Vestas V80-2.0 MW). L’innovatività della tecnologia, la mancanza di sperimentazione sul campo, l’assenza, nello studio e nel progetto presentati, di “verifiche di stabilità globale del sistema in accordo alle principali normative internazionali di settore” (vedi parere ult. cit. pag. 8) costituiscono elementi decisivi che hanno giustamente indotto la Commissione ad un atteggiamento prudenziale considerate, da un lato, la mancanza di elementi certi riguardanti l’impianto (sia nella fase realizzativa che in quella di esercizio) e, dall’altro, la speciale valenza ambientale e storico-archeologica del sito marino prescelto.
La Commissione, con valutazione da ritenere scevra da errori e/o illogicità manifeste ha evidenziato, in particolare, che dallo studio presentato non si evince quali impatti sull’ambiente circostante potrà essere provocato dal continuo movimento dei pesantissimi cavi sottomarini in una zona connotata da forti correnti, “con conseguente logorio e distruzione di qualsiasi bicenòsi presente all’intorno dell’area interessata”, dovendosi tenere conto dell’effetto cumulativo derivante dall’elevato numero dei cavi impiegati (n. 4 per ciascuno dei n. 38 aerogeneratori).
Ha inoltre palesato i propri legittimi dubbi sulla stabilità e sicurezza del sistema nel suo complesso, nel medio-lungo periodo, prospettando rischi di “collasso e deformazioni strutturali, rotture e/o malfunzionamenti dell’impianto derivanti da un insufficiente grado di zavorramento del sistema che potrebbero portare alla deriva le strutture galleggianti di sostegno delle pale eoliche, con gravi problemi di sicurezza e ambientali” (vedi parere ult. cit.). Nel medesimo parere n. 1296 del 19.7.2013 si citavano (anche se in termini dichiarati “non esaustivi” dalla Commissione) le norme e gli standard di riferimento internazionali – come “Dn V Offshore standard DnV – OS E301 Position Mooring”; “DnV Offshore Standard DnV – OS – E403 “Offshore Loading Buoys” ecc. – in base ai quali si sarebbero dovute svolgere le verifiche di stabilità globale del sistema, che sono invece assenti nel progetto della C&C. L’esigenza delle menzionate verifiche, da eseguire attraverso opportuni software dinamici, appare al Collegio pienamente giustificata proprio in ragione del carattere prototipale del progetto e dell’assenza (quasi totale) di antecedenti sperimentazioni sul campo, nonché per essere il tipo di fondazione in questione ancor oggi “patent pending” con conseguente impossibilità di divulgare completamente tutte le informazioni di tipo tecnico (cfr. parere CTVA 19.7.2013, pag. 7, doc. 5 ric.).
Quanto precede veniva con chiarezza esplicitato nel parere della Commissione del 19.7.2013 senza trovare però adeguati e convincenti riscontri nelle successive osservazioni svolte dalla Società ex art. 10-bis L. n. 241 del 1990. Di qui l’adozione del definitivo parere CTVA n. 1488 del 9.5.2014 nel quale, con specifico riguardo agli aspetti progettuali, si confermano le valutazioni del parere anteriore e si afferma, in coerenza con esso, che: – i contenuti progettuali sono risultati di livello più che preliminare; – le analisi degli impatti forniti sono apparse “tipologiche” e non sufficientemente declinate in funzione del contesto territoriale e ambientale.
Le deduzioni ricorsuali appaiono, invero, ben lontane dal dimostrare, nei riguardi delle valutazioni della CTVA sopra riassunte, ipotetiche illogicità e/o errori fattuali e/o elementi manifesti di irragionevolezza la cui ricorrenza, com’è noto, è necessaria per poter ammettere un sindacato del Giudice amministrativo con possibile esito demolitorio, rispetto a valutazioni tecnico-discrezionali di merito, per definizione rimesse all’Amministrazione.
In altri termini, quanto dedotto nelle osservazioni procedimentali dalla Società proponente – al pari di quanto asserito nel presente gravame – non appare idoneo a superare le criticità evidenziate dalla Commissione. La stessa censura ricorsuale secondo cui l’Organo valutativo avrebbe dovuto basarsi “sui dati scientifici disponibili e maggiormente affidabili al momento della valutazione, oltre che sui risultati più recenti della ricerca internazionale” costituisce affermazione astratta e indimostrata alla luce delle insufficienze contenutistiche del progetto sopra menzionate, le quali sono oggettive e non costituiscono, al contrario di quanto teorizzato della società ricorrente, un’indebita applicazione del “principio di precauzione”.
Al riguardo, ad ulteriore confutazione delle tesi ricorsuali, si osserva anche che l’ultima localizzazione dell’impianto, non più a diretto contatto con la zona dei “banchi” del Canale di Sicilia – considerata di eccezionale valore ecologico per la tutela della biodiversità mediterranea – non ha determinato un risolutivo mutamento dello scenario e delle esigenze di protezione al massimo grado dell’ecosistema marino della zona, atteso che, come già sopra esposto, la distanza tra il sito proposto ed i “banchi” ammonta a pochi chilometri, venendosi il primo a collocare in un’area limitrofa che è anch’essa ad alta valenza ambientale in riferimento alla biodiversità che la caratterizza (cfr. parere CTVA n. 1488 del 9.5.2014). In effetti è innegabile che, trattandosi di mare aperto e non di “compartimenti stagni”, l’area dei “banchi” del Canale di Sicilia va delimitata in termini più ampi rispetto a quella strettamente coincidente con gli “alti strutturali”, in quanto è necessariamente più ampia la zona interessata dal passaggio delle numerose specie ittiche (compresi cetacei), che trovano nei banchi un insostituibile punto di incontro. E’ cioè di intuitiva evidenza che la zona meritevole della massima protezione è ben più ampia rispetto alla localizzazione dei banchi strettamente intesi. Non convince, pertanto, la deduzione della società ricorrente (maggiormente sviluppata nel motivo sub VI) mirante a ricondurre ad un errore fattuale oltre che di valutazione dell’Organo collegiale l’ampio riferimento – contenuto anche nei più recenti pareri della Commissione, aventi ad oggetto la nuova localizzazione dell’opera – all’eccezionale rilevanza ecologica dell’area dei “Banchi del canale di Sicilia”, costituenti un microsistema completo, caratterizzato da una biodiversità unica ed estremamente alta, atteso che la distanza dell’impianto dai banchi ammonta a pochi chilometri e che esso si colloca comunque all’interno di quella che si definisce come “area dei banchi del canale di Sicilia”. In considerazione di ciò l’opera è comunque destinata ad incidere come fattore fortemente disturbante per l’equilibrio dell’ecosistema locale (rumore e vibrazioni senza che nulla si sappia rispetto ai loro effetti sulle specie ittiche interessate, lacune dello studio circa la presenza e la distribuzione dei grandi cetacei, assenza di una campagna di rilevamento e di monitoraggio riguardante le rotte di migrazione dell’avifauna presenti sui siti di intervento; ulteriori criticità sono ben delineate nel parere CTVA n. 1296 del 2013, confermato dal parere finale nl 1488 del 2014).
Non è stata inoltre confutata da parte ricorrente l’affermazione contenuta nel parere n. 1296 del 19.7.2013 (doc. 5 ric.) relativa alla mancanza, nel nuovo progetto, di nuovi studi ed indagini con riguardo alle biocenosi marine presenti sugli specifici luoghi di (nuovo) intervento: lo studio infatti, ad avviso della Commissione, è risultato alquanto generico e privo si specifiche analisi utili a comprendere se il nuovo sito di intervento possa essere distintamente caratterizzato da substrati rocciosi o sabbiosi al fine di valutare gli impatti delle opere da realizzare.
La Commissione, inoltre, con più ampio riguardo al “quadro di riferimento ambientale” (vedi doc. 5 ric.), cita una serie di mancanze e lacune dello studio di impatto ambientale (“SIA”) che parte ricorrente non è stata in grado di superare con le proprie controdeduzioni e che attengono, ad esempio, sia per la fase di cantiere che per la fase di esercizio, ai flussi di traffico navale indotto, alla stima delle emissioni di gas di scarico dei mezzi navali di trasporto dei materiali, agli inquinanti emessi; manca ogni riferimento alle vicine zone di Protezione Speciale (ITA 010030, ITA 010006, ITA 010031); non è stato effettuato alcuno studio di propagazione acustica nell’area e mancano le informazioni scientifiche sufficienti a condurre all’affermazione di “assenza di impatto” a cui la proponente è pervenuta, nonostante la nota particolare sensibilità ai rumori di Cetacei e Chelonidi.
Ad avviso della Commissione manca altresì, nel SIA, un’idonea e specifica campagna di rilevamento e di monitoraggio riguardante le rotte di migrazione dell’avifauna presente sui siti di intervento, quanto mai opportuna stante l’alto rischio di potenziale impatto con i volatili connesso all’attuazione del progetto.
Per tutto quanto precede il motivo sub IV è infondato e va respinto.
6. – Con il quinto motivo parte ricorrente deduce l’eccesso di potere per violazione dei principi della legislazione europea e nazionale in materia di promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili. Violazione dell’art. 5, comma 1, lett. C), d.lgs. n. 152 del 2006.
Il motivo è infondato e va respinto.
I principi di derivazione europea miranti alla promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili, la quale costituisce “obbiettivo altamente prioritario a livello comunitario”, in funzione del risparmio energetico e dell’aumento dell’efficienza energetica, anche allo scopo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra, nel rispetto del protocollo di Kioto (vedi Direttiva 2001/77/CE, attuata in Italia dal d.lgs. n. 387 del 29.12.2003 e Direttiva 2009/28/CE) costituiscono, per l’appunto, “principi” che non delineano, al contrario delle “norme”, fattispecie puntuali e obblighi di azione definiti a carico della p.A., fissando piuttosto degli obbiettivi tendenziali che l’Amministrazione statale è chiamata a perseguire e, possibilmente, a raggiungere. Mentre la norma puntuale non tollera la contemporanea vigenza di altra norma regolativa della medesima fattispecie di modo che il contrasto tra due (o più norme) si deve risolvere necessariamente, secondo i noti criteri (cronologico, gerarchico, di specialità), in favore dell’applicazione dell’una o dell’altra disposizione, al contrario il principio giuridico deve necessariamente essere contemperato e bilanciato con gli ulteriori principi giuridici di uguale rango e rilievo che possono venire in considerazione e confrontarsi dialetticamente nel caso concreto.
In questo quadro teorico generale si presenta di per sé infondata la pretesa di parte ricorrente di veder prevalere, necessariamente (in termini, per così dire, “generali ed astratti”), il principio della massima promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili il quale in realtà si deve confrontare, nella sua concreta declinazione, con l’esigenza di non ledere e comunque, di confrontarsi ed armonizzarsi, con opportuno bilanciamento, con altri principi e valori di fondamentale rilievo (anche costituzionale) attinenti alla tutela dell’ambiente (in particolare del mare e dell’ecosistema marino), delle bellezze paesistiche e naturali, del patrimonio storico.
Non vi è dubbio che la normativa sia nazionale, che comunitaria che internazionale non impedisce affatto (ma anzi implica) un giudizio di comparazione tra valori e interessi pubblici tutti meritevoli di tutela coinvolti nel procedimento, che debbono essere mediati mediante la spendita della discrezionalità amministrativa e tecnica del competente organo amministrativo, in applicazione della normativa di settore.
Come ha avuto modo di osservare il Consiglio di Stato “Tale apprezzamento – (…..) – costituiva espressione di discrezionalità sia tecnica che amministrativa, trattandosi di stabilire, caso per caso, se determinate modificazioni ambientali fossero accettabili, previo delicato bilanciamento fra interessi pubblici parimenti meritevoli di tutela, come quelli attinenti ai valori paesistici del territorio e all’esecuzione di opere che, nel caso di specie, corrispondevano al soddisfacimento del fabbisogno energetico del territorio stesso (cfr., per il principio, Cons. St., sez. VI, 26.4.2005, n. 1893; TAR Lazio, Roma, sez. I, 13.6.2007, n. 5403).
L’organo competente era quindi chiamato ad esprimersi sulla base di complesse conoscenze, di ordine urbanistico, idrogeologico, socio-economico ed anche estetico, con scelta finale non estranea a considerazioni di opportunità e di politica di gestione del territorio. In ordine a detto apprezzamento – insindacabile nel merito – la successiva cognizione del Giudice Amministrativo deve ritenersi comunque piena, in conformità all’indirizzo giurisprudenziale, formatosi a partire dalla nota decisione del Consiglio di stato, sez. IV, 9.4.1999, n. 601: pur non potendo, infatti, il giudice sostituirsi alla Amministrazione (in quanto il potere di sostituzione è proprio soltanto della giurisdizione di merito), si ritiene ammissibile non più soltanto un esame estrinseco della valutazione discrezionale, secondo i noti parametri di logicità, congruità e completezza dell’istruttoria, dovendo invece l’oggetto del giudizio estendersi alla esatta valutazione del fatto, anche secondo i parametri della disciplina nella fattispecie rilevante, ove in concreto verificabile” (Cons. Stato, Sez. VI, 9 luglio 2013 n. 3613).
Ciò chiarito, in assenza di profili di cattivo esercizio della discrezionalità (quali travisamenti di fatto, illogicità manifeste e simili) ed in presenza di valutazioni dell’Organo amministrativo – che (in base a quanto sopra esposto) sono risultate fondate su dati di fatto effettivi, oltre che su obbiettive deficienze del progetto e del SIA proposti – il richiamo ai principi affermati dalle Direttive europee e dalla legislazione interna di recepimento in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili non può condurre alle conclusioni pretesamente “obbligate” a cui la società ricorrente perviene. Non assumono, infatti, rilievo minore né, tantomeno, carattere recessivo le esigenze di tutela ambientale che l’Amministrazione ha ritenuto nella specie prevalenti, sulla base di una motivazione congrua e di valutazioni prive di vizi sia sul piano del giudizio che su quello dell’apprezzamento dei fatti.
Conclusivamente, il motivo deve senz’altro respingersi.
7. – Con il sesto motivo (sul contenuto del quale si rinvia alla superiore esposizione in fatto) la società ricorrente si duole che i fondali e le biocenosi descritte negli atti impugnati sarebbero quelli relativi ai c.d. “Alti strutturali” del Banco “Avventura”, dove era stato localizzato in realtà l’intervento originario come descritto nel progetto iniziale, ma successivamente ri-localizzato in un sito diverso ed assai meno sensibile dal punto di vista ecologico e ambientale, a debita distanza dagli “Alti”, elemento decisivo che, a dire della ricorrente, sarebbe stato del tutto sottovalutato se non disconosciuto dalla CTVA e dal Ministero resistente, dal momento che nella motivazione degli atti (parere conclusivo CTVA e decreto ministeriale) continua a farsi riferimento alla “eccezionale bioversità dei banchi”, sito di eccezionale valenza ambientale ed ecologica.
Sul punto si richiama quanto già sopra il Collegio ha esposto al riguardo (cfr. par. 5): l’area di riferimento in senso lato non è mutata ed è sempre quella dell’area dei “banchi del Canale di Sicilia”. La differenza è che mentre nella prima ipotesi di progetto la collocazione delle torri eoliche era prevista sui punti più alti della citata struttura geologica, nella nuova versione la collocazione dell’impianto si situa lungo le pareti di essa a circa 70 metri di profondità. Non a caso al di fuori del banco la profondità del fondale sabbioso, argilloso e dietritico supera i 400 metri, il che comprova che, anche nella nuova versione progettuale, si è sempre nell’area dei banchi sebbene non più sugli “Alti” (cfr. memoria difensiva Comune di Partanna, pagg. 22-23), con tutto ciò che ne consegue sulla necessità di protezione che l’area richiede, stante la sua insostituibile funzione per l’ecosistema dell’intera area marina in considerazione.
8. – Con il motivo sub VII la società ricorrente contesta l’eccesso di potere per illogicità manifesta, per insufficienza dell’istruttoria e della motivazione e sotto ulteriori profili. La ricorrente contesta, in particolare, il rilievo mosso dalla CTVA in ordine all’inidoneità della definizione progettuale relativa ai cantieri per l’installazione e il “decommissioning” dell’impianto, di cui non si indicano la sede e le aree di stoccaggio, la cui definizione è rinviata ad una fase successiva.
Il rilievi dell’Organo valutativo, ad avviso del Collegio, non sono né infondati né pretestuosi atteso che per un’opera così imponente, da realizzare in un’area marina di eccezionale rilievo ambientale, era legittimo pretendere una previsione progettuale di lungo periodo nella quale la società proponente desse anche conto del ciclo di vita dell’impianto e delle modalità in cui intendeva provvedere alla sua futura dismissione, foriera di intuibili, gravi problematiche di natura ambientale.
Quanto alle caratteristiche e alla localizzazione dei cantieri, parte ricorrente non indica in quale parte del progetto o del SIA tali indicazioni sarebbero reperibili e non supera la censura di genericità progettuale sul punto.
E’ in ogni caso evidente che i rilievi del Organo Valutatore al riguardo sono elementi “ad colorandum”, non decisivi ai fini del provvedimento negativo finale, il quale è fondato sugli altri e pregnanti profili sopra ampiamente descritti.
Il motivo non merita pertanto accoglimento.
9. – Anche l’ultimo motivo articolato dalla ricorrente (VIII) è infondato e va respinto.
Il parere negativo del MIBACT, Direzione Generale per il Paesaggio e le Belle Arti, dell’11.8.2014 (doc. 3 ric.), è motivato “per relationem” sulla base dei pareri della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Trapani in data 1.7.2013, prot. 5044, favorevole con condizioni, e del parere della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali del mare della Regione Sicilia n. 119 del 30.1.2013, negativo per plurime ragioni (v. doc. 4 ric.). Ad avviso del Collegio quest’ultimo parere ed il parere del MIBACT che lo recepisce non sono illegittimi stante l’infondatezza dei motivi di censura esposti dalla ricorrente. Invero, seppur in termini sintetici e menzionando, in ogni caso, il parere in precedenza dato della stessa Soprintendenza siciliana sul progetto anteriore, il citato parere n. 119 si limita ad affermare che l’area interessata dal progetto richiede una “particolare tutela” in quanto è stata la sede di numerosi eventi storici e archeologici, nonché di traffici commerciali anche in età antica, pertanto “il patrimonio culturale sommerso verrebbe sottoposto ad ulteriore rischio”.
Con valutazione di tipo probabilistico che appare del tutto plausibile e va esente da censure sul piano della logicità e del difetto di istruttoria, la Soprintendenza della Regione Sicilia considera, da un lato, l’elevata possibilità che i fondali interessati dall’opera custodiscano beni di alto valore archeologico (com’è agevolmente desumibile dalla storia millenaria del canale di Sicilia e dei traffici navali di cui è stato teatro) e, dall’altro, l’oggettività dell’opera con i suoi pesanti cavi poggiati sui fondali marini i quali costituiscono motivo di pericolo per il patrimonio archeologico sommerso, probabilmente presente.
Non sembra dubbio infine che nel parere “de quo” (doc. 4 ric.) si faccia riferimento al progetto nella sua ultima versione come si desume dalla menzione dell’ubicazione dell’opera (“non direttamente sui banchi ma all’interno dell’area dei banchi ad una profondità compresa fra i 70 e gli 80 metri”) e dal richiamo al sistema di fondazione denominato “floating foundation”, che caratterizza il progetto come revisionato dalla C&C.
10. – Conclusivamente, per le ragioni sopra ampiamente esposte, il ricorso deve essere complessivamente respinto. Le spese seguono la soccombenza nei rapporti tra la società ricorrente ed il MATTM e sono liquidate a favore di quest’ultimo nella misura indicata nel dispositivo.
Può disporsi la compensazione integrale delle spese di causa nei confronti delle restanti parti costituite
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna C&C Consulting Engineering S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., alla refusione degli onorari di causa in favore del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro p.t., che liquida in euro 5.000,00 (cinquemila/00) oltre oneri tutti di legge. Spese di lite integralmente compensate tra le restanti parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2016 e, in prosecuzione, nella camera di consiglio riconvocata dell’8 marzo 2017, con l’intervento dei magistrati:
Gabriella De Michele, Presidente
Silvio Lomazzi, Consigliere
Claudio Vallorani, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
Claudio Vallorani
IL PRESIDENTE
Gabriella De Michele
IL SEGRETARIO