Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 4848 | Data di udienza: 9 Aprile 2013

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ordine di sospensione dei lavori – Termine di efficacia – Art. 27, c. 3 d.P.R. n. 380/2001 – Varianti – distinzione tra variante in senso proprio e varianti “improprie” o “essenziali”.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^ quater
Regione: Lombardia
Città: Roma
Data di pubblicazione: 14 Maggio 2013
Numero: 4848
Data di udienza: 9 Aprile 2013
Presidente: Scafuri
Estensore: Morabito


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ordine di sospensione dei lavori – Termine di efficacia – Art. 27, c. 3 d.P.R. n. 380/2001 – Varianti – distinzione tra variante in senso proprio e varianti “improprie” o “essenziali”.



Massima

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ quater – 14 maggio 2013, n. 4848


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Oridne di sospensione dei lavori – Termine di efficacia – Art. 27, c. 3 d.P.R. n. 380/2001.

L’art. 27 comma 3 del d.p.r. n. 380 del 2001, analogamente all’art. 14 della L.r. Lazio n. 15/2008,  prevede un termine di durata della sospensione dei lavori (quarantacinque giorni), stabilendo che essa “ha effetto fino alla adozione dei provvedimenti definitivi di cui ai successivi articoli (…)”. Tale termine è di natura sollecitatoria, in quanto diretto a consentire alla amministrazione procedente l’acquisizione di ogni ulteriore ed utile elemento valutativo ai fini della esatta qualificazione dell’abuso e della sanzione applicabile, ed al destinatario del provvedimento di inoltrare domanda di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 d.p.r. cit., ove ne ricorrano i presupposti. Da ciò consegue la necessaria temporaneità dell’ordine di sospensione dei lavori, che è un provvedimento tipicamente cautelare e provvisorio in quanto strumentale all’adozione dei provvedimenti definitivi da parte della amministrazione competente. In ogni caso qualora gli atti definitivi cui è strumentale la sospensione in esame non siano adottati entro il tempo prefissato, il provvedimento perde comunque efficacia, non potendo ritenersi giuridicamente ammissibile una sospensione sine die dei lavori ritenuti abusivi.

Pres. Scafuri, Est. Morabito – S.D.F. e altri (avv. Pietrolucci) c. Comune di Anzio (avv. Lais)

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Varianti – distinzione tra variante in senso proprio e varianti “improprie” o “essenziali”.

Le varianti in senso proprio, cioè quelle che si riferiscono a modifiche quantitative e qualitative di limitata consistenza e di scarso rilievo rispetto al progetto originario, vanno distinte da quelle che, pur chiamate varianti nel linguaggio usuale del termine, tali non possono essere considerate perché, fuori dai limiti ora ricordati, richiedono la realizzazione di un quid novi e, quindi, la necessità di un nuovo titolo abilitativo: in questa seconda categoria vanno ricondotte le variati cc.dd. “improprie” o “essenziali”, (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 25 novembre 1988 n. 745; 2 aprile 2001, n. 1898; 22 gennaio 2003, n. 249). In particolare, gli elementi che distinguono una variante essenziale (parificata ad un nuovo titolo edilizio) da una mera variante sono costituiti dalle modificazioni all’originario progetto di rilevante consistenza, riguardanti la superficie coperta, il perimetro, il numero dei piani, la volumetria, le distanze dalle proprietà confinanti nonché le caratteristiche funzionali e strutturali, interne ed esterne, del fabbricato. Rispetto a questi parametri, sussiste un’effettiva variante solo se le modifiche quantitative e qualitative, in una valutazione complessiva dell’erigendo edificio, risultano sostanzialmente irrilevanti, in modo da poter ritenere che la costruzione sia ancora regolata dal primo titolo che, quindi, conserva intatta la sua efficacia ex tunc (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 30 luglio 2002, n. 4081). Al contrario, il nuovo provvedimento, anche se definito di variante, ha il carattere di vero e proprio nuovo permesso di costruire se vengono autorizzate opere edilizie sulla base di un progetto modificato in modo notevole in alcuno degli elementi sopra indicati (cfr. T.A.R. Liguria, Sezione I, 1 aprile 2005, n. 410; T.A.R. Piemonte, Sezione I, 7 febbraio 2005, n. 269; T.A.R. Campania, Sezione IV, 16 gennaio 2008 n. 241; Sezione I, 7 giugno 2010 n. 12677).

Pres. Scafuri, Est. Morabito – S.D.F. e altri (avv. Pietrolucci) c. Comune di Anzio (avv. Lais)


Allegato


Titolo Completo

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ quater – 14 maggio 2013, n. 4848

SENTENZA

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ quater – 14 maggio 2013, n. 4848

N. 04848/2013 REG.PROV.COLL.
N. 07752/2009 REG.RIC.
N. 04186/2011 REG.RIC.
N. 08829/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sui ricorsi:
A)- n.7752/2009–R.G. proposto da: Silvano Di Fraia, Anna Maria Laura Bertolotti, Rita Salvini, Salvatore De Nardis, Maurizio Tiveron, Cesarina Trinci, Maria Grazia Campanile, Quirino Scaramella, Vanda Salvini, Mario Nicoletti, Matilde Regolanti, Maurizio Palmese, Claudio Sergnese, Ada Mancini, Alfredo Rinaldi, Donatella Palomba, Italo Di Claudio, Paolo Taruffi, G Battista Ferrari, Maria Platania: tutti rappresentati e difesi dagli avv. Carlo e Renzo M. Pietrolucci, presso il cui studio in Roma, via dei Gracchi n.128, sono elettivamente domiciliati;

contro

il Comune di Anzio, in persona del l.r. p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Giulio Lais, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Roma, via C. Monteverdi n. 20;
e nei confronti
della Geim Immobiliare Edilizia Sas, in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Claudio Mazzoni, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Roma, via Taro, 35;
per l’annullamento
del permesso di costruire n. 20275 (recte: 20725) per variante presso l’immobile sito in Anzio Via C. De Angelis rilasciato dal Comune di Anzio distinto catastalmente al Foglio 23, p.lle 247-249, rilasciato dal Comune di Anzio in favore della Soc. Immobiliare Edilizia Geim s.a.s di Tontini Stefano;
B)- n.4186/2011-R.G. proposto dalla “Parco di Ponente s.r.l.”, in persona del l.r. p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Stefano Bertollini, con domicilio eletto presso lo studio legale Gasparri, in Roma, via della Grande Muraglia 214;

contro

il Comune di Anzio, in persona del l.r. p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Giulio Lais, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Roma, via C. Monteverdi n. 20;
e nei confronti
della Faro Immobiliare s.r.l., in persona del l.r.p.t., n.c.
per l’annullamento
– dell’ordinanza del sindaco di Anzio n.7 del 14.4.2011 che ha ordinato “ al responsabile del servizio politiche del territorio l’immediata sospensione dell’efficacia del permesso di costruire n. 20275 dell’11/6/2009 sino alla definizione dell’esatto iter procedurale di valutazione del criterio di computo delle altezze dei fabbricati da erigersi nelle zone B/2 del centro urbano al di sotto della linea ferroviaria” facendo salva “ l’eventualità in cui la società interessata presenti progetto di variante che si conformi ai principi interpretativi ed applicativi di cui alla sentenza Tar Lazio n.30619 del 13.7.2010;
– dell’ordinanza del responsabile del servizio politiche del territorio recante “ l’immediata sospensione dei lavori descritti nell’ordinanza del sindaco n.7/2001;
C)- nr.8829/2011-R.G. proposto dalla “Parco di Ponente s.r.l.”, in persona del l.r. p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Stefano Bertollini, con domicilio eletto presso lo studio legale Gasparri, in Roma, via della Grande Muraglia 214;
contro
il Comune di Anzio, in persona del l.r. p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Giulio Lais, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Roma, via C. Monteverdi n. 20;
e nei confronti
della Faro Immobiliare s.r.l., in persona del l.r.p.t., n.c.
per l’annullamento
del provvedimento del responsabile del servizio politiche del territorio del Comune di Anzio del 17.6.2011, notificato alla ricorrente il 15.7.2011;

Visti, con riferimento al ric. sub A):
– l’atto di intervento in giudizio, in opposizione alle ragioni patrocinate da parte ricorrente, della Parco di Ponente s.r.l., in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. E. Parini con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Roma, via Taro, 35;;
– l’ordinanza cautelare della Sezione n.1368/2010 del 25.3.2010;
Viste le memorie prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa;

Data per letta alla pubblica udienza del 14.2.2013 la relazione del Consigliere Pietro Morabito ed uditi gli avvocati di cui al verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I)- Con il ricorso i cui estremi solo stati indicati sub lett. A) dell’epigrafe della presente decisione, il sig. Di Fraia e gli altri signori ivi nominativamente menzionati, sono insorti chiedendo l’annullamento giurisdizionale del permesso di costruire nr. 20725 rilasciato l’11.6.2009 dal Comune di Anzio alla Immobiliare Edilizia Geim s.a.s. di Tontini Stefano (di seguito: Geim) per un intervento edilizio, consistente nella realizzazione di due fabbricati di sei piani cadauno, per 60 appartamenti, in una zona del centro di Anzio, denominata “bambinopoli”, un tempo classificata e vincolata a “verde pubblico attrezzato” e che nell’attuale strumento urbanistico (P.r.g.) del comune è ricompresa tra le zone B/2 per le quali è ammesso, “per il centro urbano, un indice edificatorio di 0,45 mq di superficie utile netta per ogni mq con altezza massima consentita di due piani fuori terra e comunque non superiore a ml 7,5”.

Danno atto i ricorrenti dell’esistenza di una normativa di piano (art.21/4 delle NN.TT.AA.) concernente le zone B/2 poste a sud della linea ferroviaria: ma tale normativa riguarda, a loro avviso, solo gli interventi di demolizione ( dell’esistente) e ricostruzione e quindi non regolamenta la costruzione nelle aree non edificate (come quelle interessate dal progetto assentito alla contro interessata) in relazione alle quali vige esclusivamente la norma sopra richiamata che non consente, per i nuovi interventi, altezze superiori a 7,5 ml. E poiché i fabbricati che la Geim s.a.s. è stata autorizzata a costruire hanno un’altezza di circa mt.20 rispetto al piano stradale, essi ricorrenti – in quanto residenti o domiciliati nel luogo interessato all’intervento – si sono gravati deducendo le seguenti censure:

a) violazione e falsa applicazione del vigente P.r.g. Del comune di Anzio;

b) eccesso di potere per carenza dei presupposti;

c) difetto di istruttoria e sviamento di potere;

d) violazione del principio di ragionevolezza, trasparenza e buon andamento della p.a.

Si sono costituiti in giudizio sia il comune di Anzio che la Geim Immobiliare Edilizia Sas. L’amministrazione comunale, con memoria, ha sostenuto l’infondatezza delle deduzioni avversarie; mentre la ditta contro interessata, oltre a rappresentare l’infondatezza nel merito delle doglianze di parte ricorrente, ha, altresì eccepito sia la tardività che la nullità del ricorso avversario. E’ intervenuta in giudizio, in opposizione alle ragioni fatte valere dalla parte ricorrente, la “Parco di Ponente s.r.l.”, resasi acquirente per atto a rogito notar Terzi del 6/5/2009 del terreno già di proprietà della GEim s.a.s. ed interessato agli interventi edilizi di cui si discute.

Nella camera di consiglio del 24.3.2010, la Sezione, dopo aver disposto un incombente istruttorio, ha, con propria Ordinanza nr.1368/2010, respinto l’istanza cautelare a corredo del gravame di parte ricorrente, affermando che “può ritenersi definitivamente chiarito che la disposizione di cui i ricorrenti lamentano la violazione, non preclude, ma anzi è compatibile con l’interpretazione che consente l’edificazione dei lotti liberi, secondo limiti di cubatura ai quali il progetto si è attenuto, essendo necessario, per scelta inequivoca del pianificatore, rispettare unicamente l’allineamento agli edifici contermini e preesistenti”.

L’appello avverso detta ordinanza, pur promosso, risulta di fatto non più perseguito atteso che con Ordinanza nr.685/2011 della IV^ sez. del Cons. St. l’appello de quo è stato dichiarato improcedibile sulla base della seguente motivazione: “come concordemente convenuto tra le parti qui comparse, nella specie è sopravvenuta una carenza di interesse alla coltivazione del giudizio cautelare e che, pertanto,va dato atto della improcedibilità dell’appello de quo”.

Di seguito non risultano intervenute produzioni difensive delle parti in causa.

II)- Per la migliore intelligenza del secondo dei ricorsi in epigrafe (e cioè quello sub lett. B), occorre ricordare che l’area interessata dal permesso di costruire oggetto dell’impugnativa con il ricorso descritto nel paragrafo precedente I), classificata come B/2 del centro urbano, è una delle due aree inedificate situate a sud della linea ferroviaria ed in relazione alle quali il comune di Anzio ha rilasciato due distinti permessi di costruire (uno dei quali impugnato col ricorso sub par.I) del tutto simili nella sostanza e nei criteri informativi. Anche il secondo di tale permessi è stato impugnato innanzi a questo Tribunale con ric. nr.9110/2009 che è stato definito con la decisione n.30619/2010 dell’11/8/2010. Detta pronuncia, pur ritenendo corretta l’esegesi dell’art.21.4 delle NN.TT.AA. patrocinata dal comune di Anzio, ha esclusa la condivisibilità del criterio utilizzato dall’amministrazione per il calcolo dell’altezza massima raggiungibile con riguardo ai fabbricati circostanti (nello specifico, la sentenza chiarisce: “….ne consegue che per poter correttamente computare l’altezza dell’erigendo fabbricato tenendo conto del parametro della media delle altezze dei fabbricati della zona circostante, l’amministrazione avrebbe dovuto prendere in considerazione non soltanto due edifici adiacenti e prospettati sul fronte stradale di via Gramsci, ma tutti i fabbricati confinanti con l’aria sulla quale insiste il manufatto oggetto del permesso di costruire, così come dispone la prima parte dello stesso art.15 delle NN.TT.AA. che fa espressamente riferimento ai fabbricati confinanti”).

In esito a detta pronuncia della Sezione (anche se non nell’immediatezza della stessa):

– il sindaco di Anzio, con propria ordinanza n.7/2011 del 14/4/2011, richiamata la peculiarità della fattispecie e la pendenza dell’appello al Consiglio di Stato, ha ordinato al responsabile del servizio politiche del territorio la sospensione del permesso di costruire n.20725 dell’11/6/2009 “sino alla definizione dell’esatto iter procedurale di valutazione del criterio di computo delle altezze dei fabbricati da erigersi nelle zone B/2 del centro urbano al di sotto della linea ferroviaria”;

– il responsabile incaricato dal sindaco ha, in esecuzione dell’ordine ricevuto, prescritto (ord. n.61AE/2011 del 14.4.2011) alla ditta interessata, l’immediata sospensione dei lavori indicati nell’ordinanza sindacale di cui sopra. La prescrizione de qua richiama, nel proprio preambolo, il d.P.R. n.380 del 2001 e l’art.14 della L.R. Lazio nr.15 del 2008, e specifica che la relativa comunicazione “costituisce avviso di avvio del procedimento ai sensi degli artt.7 e seguenti della legge n.241 del 1990”.

Avverso i dianzi citati provvedimenti è stato azionato il ricorso sub lett. B) dell’epigrafe della presente decisione affidato a due articolati mezzi di gravame tendenti, sostanzialmente, ad escludere la coincidenza, in fatto, tra la fattispecie esaminata dalla Sezione e definita con la pronuncia sopra ricordata e quella specifica interessante la corrente controversia.

L’amministrazione nel costituirsi in giudizio ha, con memoria, rappresentato una circostanza non emergente dagli altri atti di causa; e cioè che la Procura della Repubblica competente per territorio ha proceduto, in un primo momento, al sequestro dell’area oggetto del permesso di costruire nr. 20275 (a causa dell’abbattimento di alcuni alberi presenti nell’area stessa) e, poi , ha restituito l’area in questione alla proprietà a seguito “dell’emissione di un decreto penale di condanna per falso emesso nei confronti del tecnico che aveva redatto il progetto relativo al permesso di costruire assentito. Quindi….. il progetto concessionato è stato dichiarato falso dal Tribunale di Velletri”.

Conclude la difesa comunale precisando che trova imperscrutabili le ragioni in forza delle quali la ricorrente non procede, d’accordo con il comune, ad una verifica del progetto alla luce dei principi in tema di altezze fissati dalla sentenza di questo Tribunale provvedendo, se del caso, a modificare, in parte qua, il progetto a suo tempo presentato ed eliminando di conseguenza anche ogni questione inerente “la presunta falsità dello stesso”.

Con memoria depositata il 14.11.2012, la ricorrente ha contestato la versione descritta dal Comune nella nota difensiva di cui sopra ed insistito sulla fondatezza del gravame.

III)- Il ricorso allocato nell’epigrafe della presente decisione sub lett. C), attiene alla determinazione, datata 17.6.2011, con la quale il Responsabile del Servizio politiche del territorio del comune di Anzio, dopo aver sintetizzato, nel relativo preambolo, le circostanze verificatesi di seguito all’adozione del permesso di costruire nr.20725 dell’11.6.2009, ha comunicato alla società “Parco di Ponente s.r.l. l’avvio, nell’esercizio del proprio potere di autotutela, “di un procedimento finalizzato all’annullamento del permesso di costruire” sopra citato.

L’impugnativa è affidata a tre distinti mezzi di gravame.

Il Comune intimato si è costituito in giudizio con mero atto di stile.

Dagli atti di causa non risulta che alla determinazione avversata sia seguito l’auto-annullamento del titolo edilizio rilasciato.

All’udienza del 09.4.2013 la causa è stata trattenuta per la relativa decisione.

IV)- Sussistono evidenti ragioni di connessione che giustificano la riunione dei ricorsi in epigrafe al fine della loro unitaria trattazione e definizione.

I ricorsi sub lett. “B” e “C” dell’epigrafe, la cui narrativa trova svolgimento, rispettivamente, nei paragrafi II e III della presente decisione, sono improcedibili.

IV.a)- Quanto al ricorso sub lett. “B”, nel precedente paragrafo II) se ne è descritta l’origine e si è precisato che esso ha ad oggetto due provvedimenti adottati successivamente alla pronuncia di questa Sezione n.30619/2010 dell’11/8/2010 ( sulla quale appresso si tornerà). Si tratta:

– dell’ordinanza n.7/2011 del 14/4/2011 con cui il sindaco di Anzio, richiamata la peculiarità della fattispecie e la pendenza dell’appello al Consiglio di Stato (avverso la predetta decisione), ha ordinato al responsabile del servizio politiche del territorio la sospensione del permesso di costruire n.20725 dell’11/6/2009 “sino alla definizione dell’esatto iter procedurale di valutazione del criterio di computo delle altezze dei fabbricati da erigersi nelle zone B/2 del centro urbano al di sotto della linea ferroviaria”;

– del provvedimento con cui il responsabile incaricato dal sindaco ha, in esecuzione dell’ordine ricevuto, prescritto (ord. n.61AE/2011 del 14.4.2011) alla ditta interessata, l’immediata sospensione dei lavori indicati nell’ordinanza sindacale di cui sopra. La prescrizione de qua richiama, nel proprio preambolo, il d.P.R. n.380 del 2001 e l’art.14 della L.R. Lazio nr.15 del 2008, e specifica che la relativa comunicazione “costituisce avviso di avvio del procedimento ai sensi degli artt.7 e seguenti della legge n.241 del 1990”.

Orbene va innanzitutto considerato che, in tema di sospensione dei lavori, l’art. 27 comma 3 del d.p.r. n. 380 del 2001, prevede un termine di durata della sospensione dei lavori stabilendo che essa “ha effetto fino alla adozione dei provvedimenti definitivi di cui ai successivi articoli, da adottare e notificare entro quarantacinque giorni dall’ordine di sospensione dei lavori”. Analoga disposizione contiene l’art.14 della L.R. Lazio n.15 del 2008 (anch’essa esplicitamente richiamata nella determinazione dirigenziale impugnata) che, dopo aver precisato, al c.2, che la comunicazione del provvedimento di sospensione costituisce avviso di avvio del procedimento per l’adozione dei provvedimenti sanzionatori di cui agli articoli successivi, ai sensi dell’articolo 7 e seguenti della legge n.241 del 1990, così recita al c. 3: “Entro quarantacinque giorni dall’ordine di sospensione, il dirigente o il responsabile della struttura comunale competente adotta e notifica i provvedimenti sanzionatori definitivi di ingiunzione della demolizione e del ripristino dello stato dei luoghi, di acquisizione e di demolizione, nonché di applicazione delle sanzioni pecuniarie, nei casi e secondo le procedure indicati dagli articoli successivi”.

Rebus sic stantibus il termine di quarantacinque giorni previsto dalle sopra estese norme è di natura sollecitatoria, in quanto diretto a consentire alla amministrazione procedente l’acquisizione di ogni ulteriore ed utile elemento valutativo ai fini della esatta qualificazione dell’abuso e della sanzione applicabile, ed al destinatario del provvedimento di inoltrare domanda di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 d.p.r. cit., ove ne ricorrano i presupposti. Da ciò consegue la necessaria temporaneità dell’ordine di sospensione dei lavori, che è un provvedimento tipicamente cautelare e provvisorio in quanto strumentale all’adozione dei provvedimenti definitivi da parte della amministrazione competente. In ogni caso qualora gli atti definitivi cui è strumentale la sospensione in esame non siano adottati entro il tempo prefissato, il provvedimento perde comunque efficacia, non potendo ritenersi giuridicamente ammissibile una sospensione sine die dei lavori ritenuti abusivi.

Orbene, atteso che nessun provvedimento definitivo risulta intervenuto successivamente all’adozione degli atti impugnati col ricorso in trattazione, deve intendersi, conseguentemente, venuto meno l’interesse del ricorrente a contestare la legittimità dei provvedimenti stessi, per cui il ricorso va dichiarato improcedibile.

IV.b)- Analoga sorte segue il ricorso allocato nell’epigrafe della presente decisione sub lett. C), che attiene alla determinazione, datata 17.6.2011, con la quale il Responsabile del Servizio politiche del territorio del comune di Anzio, dopo aver sintetizzato, nel relativo preambolo, le circostanze verificatesi di seguito all’adozione del permesso di costruire nr.20725 dell’11.6.2009, ha comunicato alla società Parco di Ponente s.r.l. l’avvio, nell’esercizio del proprio potere di autotutela, “di un procedimento finalizzato all’annullamento del permesso di costruire” sopra citato.

Anche in questo caso, difatti, dagli atti di causa non risulta che alla determinazione avversata sia seguito l’auto-annullamento del titolo edilizio rilasciato, ragion per cui nessun interesse residua in capo alla proponente Parco di Ponente s.r.l. alla perdurante coltivazione del gravame originariamente intentato che diviene improcedibile, imponendosi una declaratoria in conformità.

V) – Residua da trattare del ricorso, rubricato sotto la lett. “A” dell’epigrafe ed azionato dai signori ivi nominativamente indicati che si auto-dichiarano residenti o domiciliati “nel luogo ove deve avvenire l’intervento edilizio”.

A tal riguardo le eccezioni, sollevate dalla contro interessata Geim (e ribadite dall’interveniente Parco di Ponente s.r.l.) – cui va riservata preliminare trattazione – non sono persuasive.

Delle stesse, la prima si impernia sulla tardività dell’opposta impugnativa in quanto avente ad oggetto una variante (per l’appunto rilasciata col provvedimento n.20725 dell’11.6.2009) ad un permesso di costruire già accordato con atto n.19575 del 31.7.2008 che non è stato gravato.

Orbene per risolvere puntualmente detta questione sarebbe necessario valutare se l’ultimo titolo costituisca o meno una variante c.d. essenziale, giacché solo quest’ultima è idonea a riaprire i termini per l’impugnazione, come costantemente chiarito in giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sezione V, 24 settembre 2003 n. 5442; T.A.R. Liguria, Sezione I, 1 aprile 2005 n. 410 e 12 marzo 2009 n. 303). Infatti, la consolidata interpretazione giurisprudenziale formatasi sul punto ha distinto le varianti in senso proprio, cioè quelle che si riferiscono a modifiche quantitative e qualitative di limitata consistenza e di scarso rilievo rispetto al progetto originario, da quelle che, pur chiamate varianti nel linguaggio usuale del termine, tali non possono essere considerate perché, fuori dai limiti ora ricordati, richiedono la realizzazione di un quid novi e, quindi, la necessità di un nuovo titolo abilitativo: in questa seconda categoria vanno ricondotte, appunto, le variati cc.dd. “improprie” o “essenziali”, (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 25 novembre 1988 n. 745; 2 aprile 2001, n. 1898; 22 gennaio 2003, n. 249). In particolare, gli elementi che distinguono una variante essenziale (parificata ad un nuovo titolo edilizio) da una mera variante sono costituiti dalle modificazioni all’originario progetto di rilevante consistenza, riguardanti la superficie coperta, il perimetro, il numero dei piani, la volumetria, le distanze dalle proprietà confinanti nonché le caratteristiche funzionali e strutturali, interne ed esterne, del fabbricato. Rispetto a questi parametri, sussiste un’effettiva variante solo se le modifiche quantitative e qualitative, in una valutazione complessiva dell’erigendo edificio, risultano sostanzialmente irrilevanti, in modo da poter ritenere che la costruzione sia ancora regolata dal primo titolo che, quindi, conserva intatta la sua efficacia ex tunc (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 30 luglio 2002, n. 4081). Al contrario, il nuovo provvedimento, anche se definito di variante, ha il carattere di vero e proprio nuovo permesso di costruire se vengono autorizzate opere edilizie sulla base di un progetto modificato in modo notevole in alcuno degli elementi sopra indicati (cfr. T.A.R. Liguria, Sezione I, 1 aprile 2005, n. 410; T.A.R. Piemonte, Sezione I, 7 febbraio 2005, n. 269; T.A.R. Campania, Sezione IV, 16 gennaio 2008 n. 241; Sezione I, 7 giugno 2010 n. 12677).

Ora i documenti allegati alla memoria difensiva della Geim non includono l’originario ed assentito progetto; altrimenti detto l’eccezione di cui trattasi non è supportata da alcun elemento di conforto che consenta che poter fondatamente ritenere che la costruzione sia ancora regolata dal primo titolo e che le modifiche apportate dalla variante siano, sotto i profili qualitativo/quantitativo, di limitata consistenza e di marginale rilievo rispetto al progetto originario. L’omissione di detti elementi di conforto, che era certamente onere della deducente allegare, non consente, dunque, di approdare ad un giudizio di fondatezza dell’eccezione in scrutinio.

L’ulteriore eccezione, mirata ad una declaratoria di nullità del ricorso in quanto carente dell’esposizione, o meglio, dell’identificazione “degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda”, è anch’essa infondata come agevolmente desumibile dalla natura articolata della memoria e dalla dovizia di argomentazioni che controparte ha speso al fine di supportare la proposta di reiezione, nel merito, dell’avverso gravame.

V.a)- Occorre dunque procedere allo scrutinio delle interposte doglianze avendo cura, preliminarmente, di rammentare che è pacifico tra le parti che l’intervento edificatorio di cui al permesso di costruire nr.20725/2009, ricade in comune di Anzio, in area catastalmente riportata al Fg.23, part.lle 247 e 249, posta tra le vie Breschi, Zannelli e De Angelis, in zona (denominata dallo strumento urbanistico vigente) “B2 del Centro Urbano”; e, con precisione, (l’intervento edificatorio) ricade nella parte a sud della linea ferroviaria.

Tanto premesso, la parte centrale e determinante dell’impianto censorio ruota attorno, non alla disciplina pianificatoria applicabile, ma all’interpretazione della stessa. Più puntualmente i ricorrenti danno atto dell’esistenza di una normativa di piano (art.21/4 delle NN.TT.AA.) concernente (comma 2) le zone B/2 poste a sud della linea ferroviaria: ma tale normativa riguarda, a loro avviso, solo gli interventi di demolizione ( dell’esistente) e ricostruzione e quindi non regolamenta la costruzione nelle aree non edificate (come quelle interessate dal progetto assentito alla contro interessata) in relazione alle quali vige esclusivamente la norma del comma 1 dell’articolo sopra richiamato che non consente, per i nuovi interventi, altezze superiori a 7,5 ml. E poiché i fabbricati che la Geim s.a.s. è stata autorizzata a costruire hanno un’altezza di circa mt.20 rispetto al piano stradale, l’atto impugnato è illegittimo per violazione e falsa applicazione del vigente P.r.g. del comune di Anzio.

Sennonchè un tal esegesi, assolutamente sintonica con quella svolta nel ricorso introduttivo della, del tutto similare, controversia introdotta col ric. nr.9110/2009, è stata ritenuta non persuasiva da questa Sezione con la decisione n.30619/2010 dell’11/8/2010 che detto ricorso ha definito ( ved. par. II della presente decisione, cui, in parte qua, si rinvia). Giova al riguardo:

– riportare il seguente passo testuale della pronuncia della Sezione: <<… La tesi dei ricorrenti non può essere condivisa perché non tiene conto delle linee fondamentali ispiratrici del piano e non è confortata neppure dal dato testuale della disposizione.

L’art. 21.4 delle N.T.A. stabilisce chiaramente un regime distinto per le aree a nord e a sud della ferrovia che presentano connotazioni ben diverse tra loro.

La norma del secondo comma dell’art. 21.4 delle N.T.A. non può riguardare soltanto i lotti edificati e non quelli liberi, perché altrimenti sarebbe del tutto inutile sia perché per le zone B/2 nel caso di demolizione e ricostruzione l’art. 15 delle N.T.A. già disponeva l’aumento della consistenza, sia perché l’art. 21.5B* disciplina in modo puntuale i casi di demolizione e ricostruzione, senza considerare che – come ha correttamente rilevato la difesa della controinteressata – sarebbe illogico ed irragionevole ritenere che la disciplina specificatamente dettata per le zone B/2 di completamento all’interno del centro urbano a sud della ferrovia, tra le quali sono ricompresi anche i lotti liberi (trattandosi di zona di completamento), trovi applicazione solo in caso di demolizione delle preesistenze (in presenza poi di una disciplina specifica per il caso di demolizione e ricostruzione prevista dall’art. 21.5B*), essendo del tutto irragionevole la previsione per i lotti liberi di misure diverse rispetto a lotti limitrofi sui quali insistono i fabbricati, anche se di minima entità.

L’unica lettura coerente della norma è quella fornita dal progettista, dalla quale emerge in modo chiaro quale sia la ratio della disposizione, e cioè la previsione del diverso regime per le aree a nord e a sud della ferrovia, siano esse già edificate o meno, (nel primo caso con parametri numericamente individuati), nel secondo caso, invece, privilegiando l’esigenza dell’omogeneizzazione degli interventi, prevedendo quindi che la loro dimensione, la superficie utile e l’altezza del fabbricato deve conformarsi alle misure della zona circostante>>;

– rammentare che detta decisione della Sezione ha ricevuto integrale conferma dal Giudice di appello con la sentenza n.1059 del 2013.

Ne segue l’infondatezza della censura in trattazione che – è opportuno precisare – si incentra esclusivamente sulla portata applicativa della norma di cui all’art.21.4 delel NN.TT.AA. e non investe, in alcun profilo, la distinta questione relativa alle altezze dei fabbricati la cui edificazione è stata autorizzata: questione estranea al corrente contenzioso e anch’essa definita con la decisione di questa Sezione sopra richiamata e integralmente confermata dal Giudice di appello.

V.b)- Le residue doglianze si rivelano, nell’economia del gravame, di marginale peso e, pertanto, possono essere congiuntamente scrutinate.

Si tratta di doglianze infondate.

Lo è quella dedotta col II° mezzo di gravame in quanto i lavori autorizzati con la variante in questione ( e che parte ricorrente lamenta siano non comprensibili dalla lettura dell’atto) sono, come correttamente replicato dalla Geis, quelli evidenziati negli elaborati di progetto vistati dall’Ufficio e costituenti ( quanto ad un esemplare) parte integrante dello stesso provvedimento impugnato (tant’è che copia di detti elaborati è stata esibita dai ricorrenti). Parimenti privo di pregio è, nell’ambito dello stesso mezzo di gravame:

– il richiamo al fatto che il parere della competente Soprintendenza sia stato assentito per silentium; e ciò in quanto detto contegno equivale, per voluntas legis, a provvedimento favorevole;

– il richiamo alla delibera del Consiglio comunale di Anzio n.57/2004 ( che avrebbe recepito il parere reso dal Comitato regionale per il territorio nelle sedute del 20, 27 maggio e del 6 giugno 2004); e ciò in quanto non è stato versato in atti il parere di detto Comitato ed in quanto nessuna contestazione è stata mossa da parte ricorrente all’osservazione, del resistente Comune, secondo la quale detto parere nulla avrebbe rilevato in ordine alla portata applicativa dell’art.21.4 delle N.T.A. sopra riportato.

E’ parimenti infondato il terzo motivo di gravame che contesta, sotto angolazione differente da quella sopra tracciata, l’esegesi dell’art.21.4 citato sostenuta dal Comune e condivisa, come sopra ricordato, da questo Giudice e da quello di appello.

L’ultima doglianza, secondo la quale la lettura degli atti relativi al progetto approvato non consente di verificare il rispetto delle norme di Piano, appare strutturata più come mero sfogo che quale motivo di diritto e, pertanto, non può essere positivamente apprezzata.

VI)- In conclusione, per le ragioni sopra articolatamente argomentate:

– il ricorso sub lett. “A” dell’epigrafe è infondato e deve essere respinto;

– i ricorso sub lett. “B” e “C” sono improcedibili.

Le spese di lite, attesa la peculiarità della controversia, possono essere compensate tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), definitivamente pronunciando, così dispone in ordine ai ricorsi in epigrafe:

– respinge il ricorso sub lett. “A” dell’epigrafe;

– dichiara, per le ragioni rassegnate in parte motiva, improcedibili i ricorsi sub lettere “B” e “C” dell’epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2013 con l’intervento dei magistrati:

Angelo Scafuri, Presidente
Pietro Morabito, Consigliere, Estensore
Stefano Toschei, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
        
        
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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