Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto venatorio e della pesca Numero: 5123 | Data di udienza: 12 Marzo 2014

* PESCA – Tonno rosso – TAC – Quantitativo massimo – Stato membro – Discrezionalità – Esclusione – Dato esogeno stabilito dall’Unione Europea – Ripartizione di quote tra i diversi sistemi di pesca – Cessioni – Criteri.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^ ter
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 15 Maggio 2014
Numero: 5123
Data di udienza: 12 Marzo 2014
Presidente: Filippi
Estensore: Caponigro


Premassima

* PESCA – Tonno rosso – TAC – Quantitativo massimo – Stato membro – Discrezionalità – Esclusione – Dato esogeno stabilito dall’Unione Europea – Ripartizione di quote tra i diversi sistemi di pesca – Cessioni – Criteri.



Massima

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ ter – 15 maggio 2014, n. 5123


PESCA – Tonno rosso – TAC – Quantitativo massimo – Stato membro – Discrezionalità – Esclusione – Dato esogeno stabilito dall’Unione Europea.

Lo Stato membro non ha alcuna discrezionalità nello stabilire il quantitativo massimo di tonno rosso pescabile nei propri mari (TAC), essendo questo un dato esogeno, stabilito dall’Unione Europea, mentre esercita potestà discrezionale nel suddividere le quote di cattura tra i diversi sistemi di pesca e tra le singole unità autorizzate all’interno dei singoli sistemi.

Pres. Filippi, Est. Caponigro – B. s.n.c. (avv.ti Angelone e Foglietti) c. Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Avv. Stato)

PESCA – Tonno rosso – Ripartizione di quote tra i diversi sistemi di pesca – Cessioni – Criteri.

La ripartizione delle quote tra i diversi sistemi di pesca è finalizzata al perseguimento dell’interesse pubblico costituito dall’assicurare migliori prospettive di redditività economica anche per la tutela dell’occupazione, sicché l’eventuale rimodulazione delle stesse deve essere effettuata dall’amministrazione che deve perseguire quell’interesse pubblico e non può essere frutto di un accordo tra privati. Pertanto, in assenza di un provvedimento attraverso il quale il Ministero competente decida, nel perseguimento dell’interesse pubblico affidato alle sue cure, di rivedere la distribuzione delle quote tra i diversi sistemi di pesca, le eventuali cessioni dovrebbero avvenire nell’ambito dello stesso sistema al fine di non alterare l’equilibrio che l’amministrazione ha ritenuto maggiormente rispondente alla cura dell’interesse pubblico cui la propria azione è preordinata.

Pres. Filippi, Est. Caponigro – B. s.n.c. (avv.ti Angelone e Foglietti) c. Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ ter – 15 maggio 2014, n. 5123

SENTENZA

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ ter – 15 maggio 2014, n. 5123

N. 05123/2014 REG.PROV.COLL.
N. 05615/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5615 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Società Blue Fin di Ciavaglia Adamo e C. Snc, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Claudio Angelone e Fabrizio Foglietti, con domicilio eletto presso lo studio legale Sabatini-Sinagra-Sanci in Roma, viale Gorizia, 14;


contro

Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Ditta Fratelli Lodato e C. Snc, in persona del legale rappresentante pro tempore, n.c.;
Società Gaudenzi Antonio, in persona del legale rappresentante pro tempore, n.c.;

per l’annullamento

del D.M. (Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali) 11 marzo 2013, pubblicato sulla G.U. n. 97 del 2013, serie generale;

degli atti presupposti e connessi e, soprattutto, della suddivisione, per la campagna di pesca 2013, del contingente di cattura destinato al sistema “palangaro” in quote individuali di cattura nonché i parametri di “sostenibilità”, il parere ed elementi espressi dall’ICCAT ai fini della ripartizione interna ovvero, nell’ambito nazionale, delle quote individuali attribuibili a ciascun imprenditore per le catture del succitato sistema “palangaro”

nonché per il risarcimento del danno

cagionato dall’emanazione di un provvedimento illegittimo che ha determinato un’ingiustificata limitazione nella pesca del tonno rosso con il sistema “palangaro” ed un conseguente danno per lucro cessante.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Generale dello Stato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 marzo 2014 il dott. Roberto Caponigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con decreto dell’11 marzo 2013, ha ripartito il contingente complessivo del totale ammissibile di cattura del tonno rosso, pari a 1.950,42 tonnellate, assegnato dall’Unione Europea all’Italia, per la campagna di pesca 2013, tra i sistemi di pesca come segue:

Circuizione (PS) 74,406% (tonnellate 1.451,23);

Palangaro (LL) 13,587% (tonnellate 265,00);

Tonnara fissa (TRAP) 8,460% (tonnellate 165,00);

Pesca sportiva/ricreativa (SPOR) 2.051% (tonnellate 40,00);

Quota non divisa (UNCL) 1,496% (tonnellate 29,19).

Il decreto dell’11 marzo 2013 ha tra l’altro evidenziato che le quote individuali assegnate, per la campagna di pesca 2013, a ciascuna delle unità autorizzate alla pesca del tonno rosso con il sistema “palangaro (LL)”, sono indicate nell’allegato B allo stesso decreto e sono state calcolate sulla base di quelle attribuite nel 2012, modificate in ragione del contingente assegnato al sistema in questione.

La Società Blue Fin – nel rappresentare di esercitare la pesca del tonno rosso nell’Adriatico con sistema palangaro, autorizzata dal Ministero, con il motopesca Sagittario ricompreso nell’elenco delle imprese e relative imbarcazioni autorizzate alla pesca del tonno rosso pro quota con l’attrezzo a palangaro – ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi di impugnativa:

Difetto di motivazione. Errore nei presupposti di fatto e di diritto. Illogicità e violazione dei principi di ragionevolezza, trasparenza e pubblicità. Eccesso di potere.

Non sarebbe possibile rilevare alcuna indicazione sulla cui base sono state attuate le ripartizioni di quote di tonno rosso a ciascuna imbarcazione autorizzata all’esercizio di pesca con il sistema palangaro.

In particolare, non si comprenderebbero le ragioni e i criteri di ripartizione delle quote a ciascuna motopesca, di cui all’allegato B del decreto impugnato.

Nello stesso decreto sarebbe stata contemplata l’attribuzione di 40 tonnellate alla pesca sportiva, laddove quest’ultima non sarebbe disciplinabile dal Ministero delle Politiche Agricole, trattandosi di materia che potrebbe essere disciplinata solo con regolamento governativo e non con atti regolamentari dei singoli ministeri.

Violazione dei principi di uguaglianza in relazione alla inesistenza della previa determinazione di attribuzione delle quote ed all’ordinamento dell’U.E. peraltro sovraordinato a quello nazionale; disparità di trattamento in presenza di pari qualità soggettive e di analoghe situazioni oggettive riferite ai natanti in esercizio autorizzati a tale pesca.

Le quote di pesca di tonno rosso individuali attribuite a ciascun imprenditore sarebbero determinate in proporzione al tonnellaggio di ciascuna imbarcazione abilitata, ma nell’allegato B) del decreto 11 marzo 2013 non si farebbe alcun riferimento al tonnellaggio delle imbarcazioni attributarie delle quote.

Carenza ed erroneo procedimento istruttorio per la ripartizione interna alle quote di tonno rosso. Violazione dell’art. 3, commi 1 e 2, d.lgs. n 154 del 2004.

L’amministrazione avrebbe dovuto acquisire il parere della Commissione Consultiva Centrale per la pesca e l’acquacoltura e, comunque, del Ministero dell’Ambiente, trattandosi di attività economica che riverbera i propri effetti sull’habitat marino.

La ricorrente ha altresì proposto domanda di risarcimento dei danni derivanti dal minore importo ricavato dal prodotto venduto in rapporto alla media dei ricavi che ne sarebbero conseguiti con una migliore attribuzione delle quote.

A seguito della produzione di documentazione depositata dall’amministrazione in esito all’ordinanza istruttoria di questa Sezione n. 6677 del 2013, la ricorrente – sostenendo l’illegittimità del provvedimento impugnato nella parte in cui non ha previsto che le quote di assegnazione con il sistema “palangaro”, per le quali vi sia rinuncia per cessione da parte di armatore assegnatario, siano ripartite tra gli assegnatari dello stesso sistema di pesca – ha proposto i seguenti motivi aggiunti:

Eccesso di potere per contraddittorietà tra disposizioni contenute nell’ambito dello stesso provvedimento. Travisamento dei fatti ed errato presupposto.

La ripartizione delle quote tra i vari sistemi di pesca sarebbe frutto di un equilibrio tra la potenzialità degli operatori appartenenti a ciascuna categoria e le limitazioni imposte alla cattura del tonno rosso per la sua salvaguardia, per cui il criterio di ripartizione generale non potrebbe essere derogato per iniziativa privata.

L’amministrazione avrebbe la possibilità di valutare in sede di autotutela la modifica assegnata ai diversi sistemi di pesca, ma ciò non potrebbe avvenire per iniziative individuali dei singoli armatori, per cui il provvedimento sarebbe illegittimo nella parte in cui non ha previsto che la quota assegnata al singolo armatore per il sistema di pesca a palangaro debba incrementarsi, in caso di rinuncia, in favore degli altri armatori operanti nell’ambito dello stesso sistema di pesca.

L’Avvocatura Generale dello Stato ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse (rectius: l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse) considerato che le doglianze sollevate si riferiscono alla annata 2013 e, nel merito, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

All’udienza pubblica del 12 marzo 2014, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. L’eccezione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse formulata dall’amministrazione resistente in ragione del fatto che le doglianze sollevate si riferiscono all’ anno 2013 non può essere condivisa.

La circostanza che il provvedimento, essendo relativo alla ripartizione delle quote di cattura del tonno rosso per l’anno 2013, abbia esaurito i propri effetti non determina la sopravvenuta carenza di interesse al gravame.

L’interesse al ricorso consiste in un vantaggio pratico e concreto, anche soltanto eventuale o morale, che può derivare alla parte ricorrente dall’accoglimento dell’azione proposta.

Nel caso di specie, al di là dell’annullamento dei singoli atti impugnati, l’interesse sostanziale dedotto in giudizio dalla ricorrente deve ritenersi integrato, trattandosi di atti il cui contenuto precettivo è reiterabile, dall’evitare che un analogo contenuto possa caratterizzare gli stessi per gli anni futuri, sicché continua a persistere l’interesse connesso alla c.d. efficacia conformativa della sentenza, efficacia che, in caso di declaratoria di improcedibilità del ricorso e, quindi, di sentenza in rito, non potrebbe mai venire in essere.

D’altra parte – in ragione del fatto che il giudizio amministrativo, anche ove molto rapido, ha una sua fisiologica ed incomprimibile durata – la reiterazione di atti volti a disciplinare in modo analogo lo stesso assetto di interessi, ciascuno per un periodo limitato, se i relativi gravami fossero via via dichiarati improcedibili senza essere decisi nel merito, renderebbe impossibile l’esercizio del sindacato giurisdizionale sull’azione amministrativa con conseguente ed ingiustificabile vuoto di tutela nell’ordinamento.

In definitiva, la procedibilità dell’azione, nella fattispecie in esame, discende dalla considerazione che l’utilità alla quale la ricorrente aspira a seguito dell’eventuale accoglimento del ricorso può essere individuata non solo nell’annullamento degli atti impugnati, o nell’eventuale risarcimento dei danni per equivalente patrimoniale, ma anche nell’efficacia conformativa del successivo esercizio del potere pubblico e, sotto tale profilo, non sussiste dubbio che la sentenza resa in ordine alla presente controversia possa essere idonea ad attribuire alla ricorrente tale utilità.

La funzione primaria ed essenziale del giudizio, infatti, è quella di attribuire alla parte che risulti vittoriosa l’utilità che le compete in base all’ordinamento sostanziale (ex multis: Cons. Stato, VI, 10 maggio 2011, n. 2755).

Pertanto, essendo ormai decorsa la campagna di pesca 2013, se non persiste più l’interesse all’annullamento degli atti, dal quale nessun effetto utile potrebbe ormai discendere, deve ritenersi persistente in capo alla ricorrente l’interesse, oltre che al risarcimento del danno, all’accertamento dell’illegittimità dell’atto a fini conformativi del successivo esercizio del potere pubblico in materia.

2. Nel merito, le censure proposte con l’atto introduttivo del giudizio non possono essere condivise.

Gli interventi internazionali e comunitari hanno limitato la pesca del tonno rosso al fine di renderla compatibile con le esigenze di salvaguardia della specie, per cui è sorta la necessità di contingentare i quantitativi di pesca del tonno rosso tra i diversi Stati interessati e, poi, di distribuire la quota assegnata a livello nazionale (TAC) tra i vari sistemi di pesca.

La Convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico, firmata a Rio de Janeiro il 14 maggio 1966, comprende tutte le acque dell’Oceano Atlantico e dei mari adiacenti e la realizzazione degli obiettivi in essa previsti è affidata ad una Commissione appositamente costituita, denominata Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi (ICCAT), la quale formula, tra l’altro, raccomandazioni intese a mantenere le popolazioni di tonnidi e di specie affini che possono essere pescate nella zona della Convenzione a livelli che consentano le catture massimi sostenibili per scopi alimentari ed altri fini.

La raccomandazione adottata dalla Commissione entra in vigore decorsi sei mesi dalla sua notifica alle parti contraenti ed è vincolante per le parti medesime.

Il piano pluriennale di ricostituzione del tonno rosso adottato dall’ICCAT è stato recepito dall’Unione europea mediante il regolamento (CE) n. 302 del 2009, con il quale sono stati stabiliti i principi generali per la sua applicazione da parte dell’Unione europea.

In particolare, ai sensi dell’art. 4, ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per assicurare che lo sforzo di pesca delle sue navi da cattura e delle sue tonnare sia commisurato alle quote di pesca di tonno rosso assegnate ed a tal fine lo Stato interessato redige un piano di pesca annuale per le navi da cattura e le tonnare praticanti la pesca del tonno rosso, che viene trasmesso entro il 31 gennaio di ogni anno alla Commissione europea.

La ripartizione del TAC attribuito all’Italia con il regolamento (UE) n. 40/2013 del Consiglio del 21 gennaio 2013, pari a 1.950,42 tonnellate, tra i diversi sistemi di pesca autorizzati è stata operata con l’impugnato D.M. 11 marzo 2013, impugnato con il presente ricorso, tenendo conto del numero di unità autorizzate per ciascuno di essi (12 imbarcazioni autorizzate per la pesca con il sistema “circuizione” e 30 imbarcazioni autorizzate per la pesca con il sistema “palangaro”) al fine dichiarato di conseguire e mantenere adeguati livelli di sostenibilità economica e di redditività.

Di talché, il quantitativo totale di tonno rosso pescabile nel territorio nazionale costituisce un dato esogeno, in quanto stabilito a livello europeo, mentre l’Autorità statale è tenuta ad esercitare un doppio livello di discrezionalità nella ripartizione interna, tra i diversi sistemi di pesca, del quantitativo totale, e, nell’ambito di ogni sistema, tra le singole imbarcazioni, del quantitativo attribuito al sistema stesso.

Un primo livello di discrezionalità, quindi, è esercitato con riferimento alla ripartizione del TAC tra i vari sistemi di pesca, mentre un secondo livello di discrezionalità, una volta ripartito il TAC tra i diversi sistemi, è esercitato nella ripartizione tra le imbarcazioni autorizzate delle quote individuali all’interno di ogni singolo sistema.

In altri termini, lo Stato membro non ha alcuna discrezionalità nello stabilire il quantitativo massimo di tonno rosso pescabile nei propri mari (TAC), essendo questo un dato esogeno, stabilito dall’Unione Europea, mentre esercita potestà discrezionale nel suddividere le quote di cattura tra i diversi sistemi di pesca e tra le singole unità autorizzate all’interno dei singoli sistemi, sicché diviene dirimente, al fine di apprezzare le censure dedotte dalla ricorrente, individuare le modalità ed i criteri attraverso i quali il competente Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha provveduto all’esercizio del proprio potere discrezionale e, in particolare, alla ripartizione tra le singole imbarcazioni nell’ambito del sistema di pesca a “palangaro”.

2.1 La ricorrente – nel rappresentare di esercitare la pesca del tonno rosso nell’Adriatico con sistema palangaro, autorizzata dal Ministero, con il motopesca Sagittario ricompreso nell’elenco delle imprese e relative imbarcazioni autorizzate alla pesca del tonno rosso pro quota con l’attrezzo a palangaro – ha sostenuto che non sarebbe possibile rilevare alcuna indicazione sulla cui base sono state attuate le ripartizioni di quote di tonno rosso a ciascuna imbarcazione autorizzata, per cui non si comprenderebbero le ragioni e i criteri di ripartizione delle quote a ciascuna motopesca, di cui all’allegato B del decreto impugnato.

Ha altresì specificato che le quote di pesca di tonno rosso individuali attribuite a ciascun imprenditore sarebbero determinate in proporzione al tonnellaggio di ciascuna imbarcazione abilitata, mentre nell’allegato al decreto non si farebbe alcun riferimento al tonnellaggio delle imbarcazioni attributarie delle quote.

In proposito, il Collegio rileva come la ripartizione tra i diversi sistemi di pesca sia avvenuta “considerato che il suddetto massimale di 1.950,42 tonnellate risulta aumentato rispetto a quello assegnato all’Italia nelle precedenti annualità 2011 e 2012, per un totale di 162,51 tonnellate”, “considerato che il predetto incremento di quota consente, per la sola campagna 2013, la rimodulazione tra i diversi sistemi di pesca – rispetto alla precedente annualità 2012 – delle percentuali di allocazione del richiamato contingente complessivo di cattura, nell’ottica di assicurare migliori prospettive di redditività economica, anche per la tutela dell’occupazione, fatti salvi, in ogni caso, i parametri di sostenibilità, così come individuati dal Comitato Scientifico dell’ICCAT” e “ritenuto opportuno, pertanto, procedere ad un’adeguata ripartizione del totale ammissibile di cattura (TAC) attribuito all’Italia con il predetto regolamento (UE) n. 40/2013, tra i diversi sistemi di pesca autorizzati, tenendo conto del numero di unità autorizzate per ciascuno di essi al fine di conseguire e mantenere adeguati livelli di sostenibilità economica e di redditività”.

Il contingente complessivo, pari a 1.950,42 tonnellate, per la campagna di pesca 2013, è stato così suddiviso: Circuizione (PS) 74,406% (tonnellate 1.451,23); Palangaro (LL) 13,587% (tonnellate 265,00); Tonnara fissa (TRAP) 8,460% (tonnellate 165,00); Pesca sportiva/ricreativa (SPOR) 2.051% (tonnellate 40,00); Quota non divisa (UNCL) 1,496% (tonnellate 29,19).

Il decreto dell’11 marzo 2013 ha tra l’altro evidenziato che le quote individuali assegnate, per la campagna di pesca 2013, a ciascuna delle unità autorizzate alla pesca del tonno rosso con il sistema “palangaro (LL)”, sono indicate nell’allegato B allo stesso decreto e sono state calcolate sulla base di quelle attribuite nel 2012, modificate in ragione del contingente assegnato al sistema in questione.

Di talché, all’imbarcazione Sagittario, con cui la ricorrente esercita la pesca del tonno rosso, è stata attribuita una quota di 2,291 tonnellate a fronte di una quota di 1,700 tonnellate attribuita nel 2012, con un incremento del 34,76%.

Orbene, se si considera che anche a tutte le altre imbarcazioni è stato attribuito un incremento analogo (es: alle imbarcazioni Maria, Nettuno e Sampei, le prime tre per entità della quota, è stato attribuito un incremento del 34,74%; all’imbarcazione Tartan è stato attribuito un incremento di quota del 34,75%), risulta evidente che l’amministrazione, sulla base di un criterio non manifestamente illogico, ma, anzi, senz’altro ragionevole, ha ripartito le quote tra le unità autorizzate all’interno del sistema “palangaro” così come indicato nella motivazione dell’atto, vale a dire sulla base delle quote attribuite nel 2012, modificate in aumento in ragione del contingente complessivamente assegnato al sistema.

Il provvedimento, nella parte censurata dalla ricorrente, si rivela quindi esaurientemente motivato ed adottato sulla base di un criterio scevro dai vizi di legittimità prospettati.

D’altra parte, come evidenziato dall’amministrazione resistente nella propria memoria, la ricorrente è armatrice del motopeschereccio “Sagittario” che, solo a partire dalla campagna di pesca 2013, è entrato a far parte del novero delle imbarcazioni autorizzate a praticare la pesca del tonno rosso con il sistema palangaro, in virtù dell’impugnato decreto ministeriale 11 marzo 2013 e l’ingresso della Società Blue Fin è dovuto al trasferimento di quota, autorizzato dall’amministrazione, da parte del motopeschereccio “Skorpio”, al quale il “Sagittario” è succeduto nella quota individuale di 1,7 tonnellate.

Di talché, la ricorrente è cessionaria di una quota rispetto alla quale il decreto impugnato ha attribuito il richiamato consistente incremento del 34,76%, laddove ove fosse stata cessionaria di una quota più elevata in termini assoluti avrebbe ottenuto lo stesso incremento percentuale con conseguente elevazione in termini di quantitativo massimo catturabile.

2.2 Parimenti non condivisibile è la doglianza secondo cui nel decreto sarebbe stata contemplata l’attribuzione di 40 tonnellate alla pesca sportiva, laddove quest’ultima non sarebbe disciplinabile dal Ministero delle Politiche Agricole, trattandosi di materia che potrebbe essere disciplinata solo con regolamento governativo e non con atti regolamentari dei singoli ministeri.

A prescindere da ogni altra considerazione, infatti, l’attribuzione del quantitativo massimo destinato alla pesca sportiva non impinge affatto nella disciplina della stessa, essendosi l’organo competente limitato solo a destinare a tale attività il totale massimo catturabile.

2.3 La doglianza secondo cui avrebbe dovuto essere acquisito il parere della Commissione Consultiva Centrale per la pesca e l’acquacoltura e, comunque del Ministero dell’Ambiente, trattandosi di attività economica che riverbera i propri effetti sull’habitat marino, infine, non è persuasiva.

La Commissione consultiva centrale per la pesca e l’acquacoltura, ai sensi dell’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 154 del 2004, è chiamata a dare pareri sui decreti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali o del Sottosegretario di Stato delegato, finalizzati alla tutela e gestione delle risorse ittiche ed in relazione ad ogni argomento per il quale il presidente ne ravvisi l’opportunità.

Ne consegue che il parere della detta Commissione è facoltativo, essendo demandato alla valutazione del Presidente (il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali o il Sottosegretario di Stato delegato), e non obbligatorio.

Né è stata individuata dalla ricorrente altra fonte normativa che imporrebbe nel caso di specie la formulazione di un parere da parte del Ministero dell’Ambiente.

Peraltro, non è dato comprendere quale interesse potrebbe avere la Società ricorrente all’accertamento di un tale profilo di illegittimità, posto che l’impugnato decreto ministeriale dell’11 marzo 2013 costituisce un provvedimento accrescitivo della sfera giuridica della ricorrente, la quale non riceverebbe una ulteriore certa utilità, vale a dire una maggiore attribuzione di quota, dall’eventuale parere reso da un organo consultivo.

3. L’azione proposta con i motivi aggiunti è fondata e va accolta nei sensi e nei limiti di quanto di seguito evidenziato.

La ricorrente, in particolare, ha sostenuto che la ripartizione delle quote tra i vari sistemi di pesca sarebbe frutto di un equilibrio tra la potenzialità degli operatori appartenenti a ciascuna categoria e le limitazioni imposte alla cattura del tonno rosso per la sua salvaguardia, per cui il criterio di ripartizione generale non potrebbe essere derogato per iniziativa privata, mentre l’amministrazione avrebbe avuto la possibilità di valutare in sede di autotutela la modifica assegnata ai diversi sistemi di pesca.

Il provvedimento, secondo quanto prospettato dalla ricorrente, sarebbe illegittimo nella parte in cui non ha previsto che la quota assegnata al singolo armatore per il sistema di pesca a palangaro debba incrementarsi, in caso di rinuncia, in favore degli altri armatori operanti nell’ambito dello stesso sistema di pesca.

La tesi merita parziale condivisione.

In esito alla ordinanza istruttoria di questa Sezione n. 6677 del 2013, l’amministrazione ha rappresentato che nel corso della campagna inerente l’annualità 2013 n. 5 unità autorizzate alla pesca del tonno rosso con il sistema palangaro hanno ceduto la propria quota individuale: 2 (per un totale di 56,99 tonnellate) al sistema a tonnara fissa e 3 (per un totale di 24,472 tonnellate) ad altra unità abilitata alla circuizione.

Il Ministero ha precisato che tutti i suddetti trasferimenti sono stati provvisori, vale a dire con validità limitata alla campagna di pesca interessata, con rientro della quota ceduta al sistema di appartenenza a partire dalla successiva campagna.

Pertanto, per l’annualità 2013, su un quantitativo assegnato al sistema a palangaro di 265 tonnellate, ben 80,462 tonnellate, pari al 30,36%, sono state da singole unità autorizzate trasferite ad altri sistemi di pesca.

Ne consegue che il riparto tra i diversi sistemi di pesca stabilito dal D.M. 11 marzo 2013, per effetto di tali cessioni, è stato inevitabilmente modificato.

Infatti, a seguito delle cessioni, il sistema a palangaro è passato dal 13,59% al 9,46%, il sistema a circuizione dal 74,41% al 75,66% e il sistema a tonnara fissa dall’8,46% all’11,38%.

Va da sé che, essendo stato il “primo livello” di discrezionalità esercitato dall’amministrazione sulla base di determinati criteri, lo spostamento di quote tra i singoli sistemi, alterando l’iter logico giuridico sulla cui base l’amministrazione ha provveduto, potrebbe avvenire, come correttamente rilevato dalla ricorrente, solo in esito all’esercizio del potere amministrativo di autotutela, ma non per esclusiva volontà degli imprenditori privati interessati alla cessione ed all’acquisto di quote.

In altri termini, la ripartizione delle quote tra i diversi sistemi di pesca è finalizzata al perseguimento dell’interesse pubblico costituito dall’assicurare migliori prospettive di redditività economica anche per la tutela dell’occupazione, sicché l’eventuale rimodulazione delle stesse deve essere effettuata dall’amministrazione che deve perseguire quell’interesse pubblico e non può essere frutto di un accordo tra privati.

Pertanto, in assenza di un provvedimento attraverso il quale il Ministero competente decida, nel perseguimento dell’interesse pubblico affidato alle sue cure, di rivedere la distribuzione delle quote tra i diversi sistemi di pesca, le eventuali cessioni dovrebbero avvenire nell’ambito dello stesso sistema al fine di non alterare l’equilibrio che l’amministrazione ha ritenuto maggiormente rispondente alla cura dell’interesse pubblico cui la propria azione è preordinata.

La prospettazione della ricorrente, peraltro, non può essere interamente seguita in quanto la stessa, operando una non consentita equiparazione tra cessione della quota e rinuncia alla stessa, sembrerebbe intendere che le quote “rinunciate” vadano ad incrementare lo stesso sistema di pesca e, quindi, vadano automaticamente a beneficio delle altre unità autorizzate di tale sistema.

Viceversa, come risulta anche dalla risoluzione n. 20/E dell’Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Normativa, del 22 febbraio 2011, le cc.dd. quote tonno rosso vanno inquadrate tra le componenti dell’impresa ed in particolare nella categoria dei beni immateriali, al pari delle licenze, concessioni ed autorizzazioni, sicché il trasferimento di tali diritti si configura come cessione di un bene immateriale dell’impresa, strumentale all’esercizio dell’attività di pesca professionale.

Ne consegue che, optare per la cessione della quota di tonno rosso anziché per l’utilizzazione della stessa nell’esercizio della propria attività di pesca professionale, è una scelta imprenditoriale che non implica affatto una rinuncia alla quota, ma postula invece che della stessa il titolare abbia disposto, sia pure al fine di percepirne un immediato corrispettivo in luogo del diretto svolgimento dell’attività economica.

In definitiva – ribadito che non sussiste più alcun interesse all’annullamento dell’atto, mentre persiste l’interesse alla portata conformativa della presente sentenza – l’impugnato decreto ministeriale dell’11 marzo 2013, si rivela illegittimo nella parte in cui non prevede che le quote individuali, attribuite alla singole unità autorizzate, possano essere cedute esclusivamente nell’ambito dello stesso sistema di pesca e, in relazione a tale limitato profilo, deve essere accertata la sua illegittimità.

4. L’azione di risarcimento del danno, proposta nell’atto introduttivo del giudizio, deve essere respinta.

La Società Blue Fin ha sostenuto che l’attribuzione di una modestissima quota di pescato di tonno rosso ha determinato un sensibile danno all’impresa di pesca della medesima, anche con riferimento all’equipaggio della stessa imbarcazione, che ha potuto percepire un minore reddito rispetto alle potenziali attitudini di pesca di detto natante.

Il danno sarebbe quantificabile nel minore importo ricavato dal prodotto venduto in rapporto alla media dei ricavi che ne sarebbero conseguiti con una migliore attribuzione sulla base dell’osservanza dei principi di logicità, ragionevolezza, uguaglianza, trasparenza e pubblicità.

L’infondatezza delle censure proposte con l’atto introduttivo del giudizio determina in radice l’assenza di una responsabilità amministrativa, che avrebbe potuto essere eventualmente legata ad una minore quota di pescato attribuita all’imbarcazione rispetto al dovuto, ma anche l’accertamento, di cui all’esito dell’esame dei motivi aggiunti, dell’illegittimità del decreto ministeriale in parte qua non produce alcun danno suscettibile di risarcimento per equivalente patrimoniale in quanto il relativo pregiudizio si rivela del tutto ipotetico e sfornito di prova.

Il sindacato giurisdizionale sull’azione amministrativa, infatti, non ha accertato che alla ricorrente sarebbe spettato un maggiore quantitativo di tonno catturabile, ma ha accertato unicamente l’illegittimità del decreto ministeriale nella parte in cui non ha previsto che la cessione delle quote potesse avvenire esclusivamente nell’ambito dello stesso sistema di pesca, mentre non sussiste alcun elemento per poter ritenere che ove tale prescrizione fosse stata apposta dall’amministrazione la Società Blue Fin avrebbe acquistato ulteriori quote e ricavato un maggiore utile di impresa dalle stesse.

5. Le spese del giudizio, in ragione del complessivo esito della controversia nonché della complessità e della novità delle questioni trattate, possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda Ter, così provvede:

accoglie il ricorso in epigrafe nei sensi e nei soli limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, accerta l’illegittimità dell’impugnato decreto ministeriale dell’11 marzo 2013 nella parte in cui non prevede che la cessione delle quote possa avvenire esclusivamente nell’ambito del medesimo sistema di pesca;

respinge il ricorso in epigrafe per tutto il resto, ivi compresa l’azione di risarcimento del danno.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 marzo 2014 con l’intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente
Roberto Caponigro, Consigliere, Estensore
Giuseppe Rotondo, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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