* APPALTI – Attestazione di qualificazione – False dichiarazioni circa il possesso dei requisiti – Falso non imputabile – Conseguenze.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 18 Aprile 2012
Numero: 3525
Data di udienza: 21 Marzo 2012
Presidente: Bianchi
Estensore: Altavista
Premassima
* APPALTI – Attestazione di qualificazione – False dichiarazioni circa il possesso dei requisiti – Falso non imputabile – Conseguenze.
Massima
TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ – 18 aprile 2012, n. 3525
APPALTI – Attestazione di qualificazione – False dichiarazioni circa il possesso dei requisiti – Falso non imputabile – Conseguenze.
La non imputabilità della falsità all’impresa che ha conseguito l’attestazione, acquista rilevanza ai fini del rilascio di una nuova attestazione, in quanto in caso di falso non imputabile, ai sensi dell’art. 17, lett. m), d.P.R. n. 34 del 2000, sussiste il requisito di ordine generale di non aver reso false dichiarazioni circa il possesso dei requisiti richiesti per l’ammissione agli appalti e per il conseguimento dell’attestazione di qualificazione (Consiglio Stato, sez. VI, 15 novembre 2010, n. 8054; Consiglio Stato, sez. VI, 08 luglio 2010 n. 4442). La perdita del requisito presuppone, invero, colpevolezza nella commissione del falso o almeno consapevolezza soggettiva in sede di utilizzazione dei certificati non veritieri. (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 15 dicembre 2010, n. 36747).
Pres. Bianchi, Est. Altavista – V. s.r.l. (avv.ti Leone, Armati e Di Ruzza) c. Autorita’ per la Vigilanza Sui Contratti Pubblici di Lavori Servizi e Forniture (n.c.)
Allegato
Titolo Completo
TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ - 18 aprile 2012, n. 3525SENTENZA
TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ – 18 aprile 2012, n. 3525
N. 03525/2012 REG.PROV.COLL.
N. 07466/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7466 del 2011, proposto da:
Soc Viola Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Velia Maria Leone, Sabina Armati, Annalisa Di Ruzza, con domicilio eletto presso Velia Maria Leone in Roma, via Calabria 32;
contro
Autorita’ per la Vigilanza Sui Contratti Pubblici di Lavori Servizi e Forniture, rappresentato e difeso dall’Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata Verona;
nei confronti di
Soe Euro Soa Spa;
per l’annullamento
RIGETTO ISTANZA DI RECLAMO AI SENSI DEL COMUNICATO AVCP N. 61/10 E DI RIATTESTAZIONE AI SENSI DELLA DETERMINAZIONE N. 3/10 – (ART. 119 C.P.A.).
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Autorita’ per la Vigilanza Sui Contratti Pubblici di Lavori Servizi e Forniture;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 marzo 2012 il dott. Cecilia Altavista e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La Eurosoa s.p.a. procedeva ad una verifica nei confronti della Viola s.r.l., al fine di accertare l’autenticità dei certificati sulla base dei quali era stata rilasciata l’attestazione Soa 9879/04/00. Nel corso di tale verifica non è stata confermata, dall’Azienda ospedaliera, l’autenticità del certificato rilasciato dall’Azienda ospedaliera di Verona, relativo a lavori effettuati in subappalto per la impresa Oplonde.
Pertanto è stato avviato il procedimento per la decadenza dell’attestazione, procedimento nel corso del quale la società Viola faceva presenti alcuni chiarimenti resi dall’Azienda ospedaliera di Verona, relativi al certificato. In particolare, l’azienda aveva dichiarato che copia del certificato non risultava agli atti dell’ufficio, che però risultavano effettivamente i lavori svolti dalla impresa Viola, quale subappaltatrice della Oplonde per la quantità e qualità di lavori indicati nel certificato. Inoltre il certificato risultava ininfluente ai fini del possesso delle categorie da parte della Viola. Pertanto, a seguito della istruttoria la Eurosoa richiedeva l’intervento dell’Autorità, la quale procedeva ad ulteriore istruttoria sia presso il responsabile del procedimento dell’azienda ospedaliera sia presso la Soa Attesta, che aveva rilasciato la attestazione alla Oplonde.
Il funzionario dell’azienda dichiarava che la firma apposta al certificato non era la propria e confermava che copia della certificazione non risultava agli atti dell’ufficio; la soa Attesta comunicava che un analogo certificato non era stato prodotto dalla Oplonde. Il responsabile dell’Azienda confermava i lavori effettuati dalla Oplonde e dalla Viola come indicati nel certificato, ma precisando che non risultava l’autorizzazione al subappalto della impresa Viola s.r.l..
L’Autorità invitava la Eurosoa a definire il procedimento in base agli ulteriori elementi emersi e la Eurosoa procedeva alla pronuncia di decadenza dell’attestazione, per la assenza del requisito di cui all’art. 17 lettera m) del d.p.r n. 34 del 2000 ( non aver presentato falsa documentazione per il rilascio dell’attestazione). Avverso tale provvedimento è avverso la relativa annotazione nel casellario è stato proposto il ricorso n. 12202 del 2010, accolto con sentenza n. 8565 del 2011 in relazione alla mancata valutazione dell’elemento soggettivo della falsità nelle certificazione presentata.
Nel frattempo, la società Viola ha presentato all’Autorità di Vigilanza reclamo avverso la decadenza dell’attestazione e ha richiesto all’Autorità di Vigilanza di procedere alla verifica dei requisiti per la riattestazione.
L’Autorità, con provvedimento del 22 luglio 2011, respingeva la richiesta di riattestazione, affermando la non sussistenza dei requisiti di cui all’art. 17 lettera m) del d.p.r. 34 del 2000, ritenendo di non poter formulare un giudizio di non imputabilità della produzione di documentazione falsa all’ impresa.
Avverso tale provvedimento è stato proposto il presente ricorso per i seguenti motivi:
violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 10 della legge n. 241 del 1990; violazione e falsa applicazione delle determinazione dell’AVCP n. 1 e 3 del 2010; eccesso di potere per difetto di istruttoria; motivazione incongrua ; falso presupposto di fatto; illogicità; irragionevolezza , ingiustizia manifesta;
violazione e falsa applicazione dell’art 17 comma1 lettera m) d.p.r. 34 del 2000; dell’art 38 comma 1 lettera h) e m bis) del codice dei contratti.
Si è costituita l’Autorità di Vigilanza contestando la fondatezza del ricorso.
Alla camera di consiglio del 5 ottobre 2011 è stata accolta la domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato.
All’udienza pubblica del 21-3-2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è fondato.
L’art 17 lettera m) del d.p.r. 34 del 2000, vigente la momento della decadenza dell’attestazione prevedeva tra i requisiti per ottenere l’attestazione Soa: “la inesistenza di false dichiarazioni circa il possesso dei requisiti richiesti per l’ammissione agli appalti e per il conseguimento dell’attestazione di qualificazione”. Analoga disciplina è ora prevista dall’art 78 del d.p.r. 207 del 2010, con richiamo all’art. 38 del d.lgs n. 163 del 2006, in particolare per quanto riguarda la fattispecie per cui è causa, all’art. 38 lettera m bis).
L’orientamento costante della giurisprudenza ritiene che la non imputabilità della falsità all’impresa, che ha conseguito l’attestazione, acquista rilevanza ai fini del rilascio di una nuova attestazione, in quanto in caso di falso non imputabile, ai sensi dell’art. 17, lett. m), d.P.R. n. 34 del 2000, sussiste il requisito di ordine generale di non aver reso false dichiarazioni circa il possesso dei requisiti richiesti per l’ammissione agli appalti e per il conseguimento dell’attestazione di qualificazione (Consiglio Stato, sez. VI, 15 novembre 2010, n. 8054; Consiglio Stato, sez. VI, 08 luglio 2010 n. 4442).
La giurisprudenza, anche della sezione, infatti, ha più volte affermato che in mancanza di imputabilità all’impresa delle false dichiarazioni circa il possesso dei requisiti richiesti per l’ammissione agli appalti e per il conseguimento dell’attestazione di qualificazione e anche ove la doverosa considerazione oggettiva di esse abbia determinato una declaratoria di decadenza dell’attestazione SOA, il requisito soggettivo per il conseguimento della qualificazione non si perde e continua a sussistere. La perdita del requisito presuppone, invero, colpevolezza nella commissione del falso o almeno consapevolezza soggettiva in sede di utilizzazione dei certificati non veritieri. (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 15 dicembre 2010, n. 36747).
Nel caso di specie, non si può ritenere che si siano verificati gli elementi anche solo in termini di inosservanza del dovere di diligenza per ritenere la riferibilità soggettiva della imputabilità a carico della impresa.
Secondo la determinazione dell’Autorità di Vigilanza n. 3 del 2010, l’istanza di riattestazione dà luogo ad un procedimento “di secondo grado” diretto a valutare la non imputabilità all’impresa della accertata falsità di documenti e/o dichiarazioni.
In base alla medesima determinazione, la riferibilità all’impresa della falsa dichiarazione e/o falsa documentazione richiede un’indagine caso per caso, con un livello di approfondimento tale da giungere ad un ragionevole giudizio di responsabilità dell’impresa nel senso della riconducibilità del falso alla sfera volitiva o cognitiva dell’imprenditore.
Nel caso di specie, peraltro, la stessa ricostruzione dei fatti, non ha raggiunto una chiarezza tale da ritenere responsabile la impresa Viola della falsa produzione documentale.
Infatti l’azienda ospedaliera di Verona ha in parte confermato la veridicità delle circostanze di cui al certificato, sia per il tipo che per la quantità di lavori, facendo solo riferimento alla mancata autorizzazione al subappalto, senza peraltro che sia stato chiarito se un subappalto si sia comunque verificato per quel tipo di lavori , come sembra dalle dichiarazione relative alla conferma dei lavori e come risulta dalla documentazione prodotta dalla ricorrente relativa ai rapporti contrattuali con la Oplonde (varie fatture relative ai lavori per l’ospedale).
In particolare, la prima dichiarazione del 9-6-2010 resa alla soa è una mera dichiarazione di non conformità del certificato, senza ulteriore specificazione; nella nota del 28 luglio viene invece dichiarato che il certificato non è stato rinvenuto agli atti dell’ufficio, ma che comunque i lavori sono stati effettuati; successivamente nella nota del 21-9-2010 si conferma la mancanza agli atti dell’ufficio; si disconosce la firma e mentre si conferma la quantità e qualità del lavori effettuati da Oplonde, si fa riferimento ad altri lavori effettuati direttamente da Viola.
La circostanza che la Soa Attesta non abbia rilevato il certificato nella richiesta di attestazione della Oplonde non può avere alcuna rilevanza, anzi se mai conferma che i lavori sono stati effettuati dal subappaltatore.
L’unico dato è quindi costituito dalla mancata autorizzazione al subappalto, circostanza che potrebbe rilevare nei rapporti tra amministrazione e appaltatore, ma non rispetto alla impresa terza, che se ha svolto effettivamente il lavoro, potrebbe aver confidato e nella bontà del certificato ricevuto dalla stazione appaltante o dall’appaltatore.
In tale incertezza sulle circostanze di fatto, è evidente, quindi, non vi alcun elemento che possa condurre ad affermare l’imputabilità del certificato all’impresa, neppure in termini di mancata diligenza, non essendovi alcun elemento di prova neppure su chi abbia consegnato all’impresa tale certificato.
La perdita del requisito generale ex art. 17, lett. m), d.P.R. n. 34 del 2000, postula non solo la produzione in sede di richiesta di rilascio di attestazione di documentazione falsa ma anche la riferibilità soggettiva del fatto all’impresa richiedente a titolo di dolo o colpa, nozione quest’ultima qualificabile in termini di violazioni di doveri di diligenza. In sostanza, è richiesto che l’impresa sia consapevole della falsità della documentazione e l’abbia nondimeno utilizzata ovvero sia incorsa in un comportamento negligente nell’accertare la non veridicità della documentazione prodotta (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 18 aprile 2011, n. 3344; TAR Lazio, Sez. III n. 32138 del 2010).
Sotto tali profili il ricorso è fondato e deve essere accolto con annullamento del provvedimento impugnato.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2012 con l’intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Giuseppe Sapone, Consigliere
Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/04/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)