Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Procedimento amministrativo Numero: 5552 | Data di udienza: 24 Maggio 2012
* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Giudizio di accertamento dell’illegittimità del silenzio-rifiuto della P.A. – Presupposti – Obbligo giuridico di provvedere sull’istanza del privato – Sussistenza – Necessità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^ ter
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 18 Giugno 2012
Numero: 5552
Data di udienza: 24 Maggio 2012
Presidente: Daniele
Estensore: Di Nezza


Premassima

* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Giudizio di accertamento dell’illegittimità del silenzio-rifiuto della P.A. – Presupposti – Obbligo giuridico di provvedere sull’istanza del privato – Sussistenza – Necessità.



Massima

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ ter – 18 giugno 2012, n. 5552

 

PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Giudizio di accertamento dell’illegittimità del silenzio-rifiuto della P.A. – Presupposti – Obbligo giuridico di provvedere sull’istanza del privato – Sussistenza – Necessità.

 

Il giudizio di accertamento dell’illegittimità del silenzio-rifiuto ex art. 117 c.p.a. presuppone che in capo all’amministrazione sussista un obbligo giuridico di provvedere sull’istanza del privato (art. 2, comma 1, l. n. 241/90), cioè di esercitare una pubblica funzione attribuita normativamente alla competenza dell’organo amministrativo destinatario della richiesta, mediante avvio di un procedimento amministrativo volto all’adozione di un atto tipizzato nella sfera autoritativa del diritto pubblico; in assenza di tale obbligo non è configurabile la fattispecie del silenzio rifiuto, non potendo tale istituto essere invocato al fine di provocare una presa di posizione da parte dell’amministrazione, indipendentemente dall’esistenza di un dovere di provvedere derivante dalla legge e, correlativamente, di una pretesa del privato avente consistenza giuridica; né vale invocare l’orientamento secondo cui l’obbligo ex art. 2 l. n. 241/90 sussisterebbe “in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l’adozione di un provvedimento e quindi, tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione”. (Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 27 marzo 2012, n. 2468).

 

Pres. Daniele, Est. Di NezzaE.A. (avv. Musenga) c. Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed altro.


Allegato


Titolo Completo

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ ter – 18 giugno 2012, n. 5552

SENTENZA

 

 TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ ter – 18 giugno 2012, n. 5552

 

N. 05552/2012 REG.PROV.COLL.

                                                                                                                                                                                         N. 00724/2012 REG.RIC. 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
 
(Sezione Terza Ter)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 724 del 2012, proposto da: 
Enrico Alleati, rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Musenga, presso il cui studio in Roma, Viale America n. 11, ha eletto domicilio
 
contro
 
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato ex lege
 
nei confronti di
 
Comune di Ventotene, in persona del legale rappresentante p.t., n.c.
 
per l’annullamento
del provvedimento emesso dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (prot. M_TRA/PORTI/150) avente a oggetto “Alleati c/ Capitaneria di porto di Gaeta”, con il quale detto Ministero affermava la sussistenza di compiti di amministrazione attiva in capo alla Capitaneria di porto di Gaeta sul porto turistico di Ventotene; di ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale
o in subordine
avverso il silenzio dell’amministrazione sull’istanza del ricorrente in data 18 settembre 2011.
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 24 maggio 2012 il cons. Mario Alberto di Nezza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato quanto segue in
 
FATTO e DIRITTO
 
1. Con ricorso notificato il 25.1.2012, depositato il successivo 1.2, il sig. Alleati, concessionario di un’area demaniale marittima nel comune di Ventotene in forza di provvedimento rilasciato il 21 aprile 2005 dalla Capitaneria di porto di Gaeta, illustrate le modifiche del quadro normativo comportanti il passaggio delle competenze sulle concessioni portuali ai comuni, esponeva: che successivamente alla domanda di ampliamento della concessione e di anticipata occupazione, presentata il 2 luglio 2009 anche al comune di Ventotene e rimasta senza riscontro, la Capitaneria di porto di Gaeta aveva rilevato nel 2010 alcune difformità tra lo stato di fatto e quanto stabilito nel provvedimento ampliativo del 2005; che il comune di Ventotene aveva conseguentemente inoltrato diffida al ripristino dello stato dei luoghi; che, nonostante gli ulteriori provvedimenti assunti da tale ente locale al fine di regolarizzare la situazione (da ultimo, delib. 15 luglio 2011), la stessa Capitaneria di porto aveva continuato a contestare l’inosservanza dell’originaria concessione (in cinque occasioni, tra luglio e settembre 2011), irrogando le sanzioni amministrative previste (e denunciando i fatti in sede penale), peraltro impugnate dal ricorrente innanzi all’a.g.o. e con ricorsi gerarchici; che con nota del 10.8.2011 la Capitaneria, nel prendere atto di tali ricorsi, aveva individuato il comune di Ventotene quale soggetto “competente a ricevere i rapporti e ad irrogare le corrispondenti sanzioni amministrative relativamente alle violazioni attinenti l’uso delle aree demaniali marittime aventi finalità turistiche e ricreative e non amministrate dallo Stato”, proseguendo tuttavia nella sua azione; che con istanza del 18.11.2011 il ricorrente aveva chiesto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di pronunciarsi entro 30 giorni “sulla legittimità delle sanzioni adottate, chiarendo il riparto di competenze in materia” (e in particolare se sussistessero attribuzioni delle capitanerie di porto); che a seguito di sollecito, il Ministero affermava, con nota del 9.1.2012, di non avere compiti di “amministrazione attiva, radicata, invece, in capo alla Capitaneria di porto di Gaeta”.
 
Ciò premettendo, il sig. Alleati chiedeva:
a) in via principale, l’annullamento di quest’ultima nota, a suo dire affetta da incompetenza ed eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità manifesta: i) anzitutto, fatta eccezione per i porti di interesse nazionale (individuati nella circolare 17 aprile 2008), tutte le funzioni amministrative sul demanio marittimo sarebbero state trasferite dallo Stato alle regioni e, da ultimo, ai comuni, con conseguente cessazione delle competenze delle autorità marittime statali (ivi incluse quelle in materia di organizzazione dei porti); le capitanerie conserverebbero allora, in riferimento alle concessioni marittime, soltanto le funzioni di polizia giudiziaria e i “controlli di polizia amministrativa, di natura preventiva” (cfr. pag. 12 ric.), non già quelle di “amministrazione attiva” di cui alla nota impugnata; ii) tale nota sarebbe inoltre affetta da contraddittorietà, affermandosi per un verso l’insussistenza di compiti di amministrazione attiva in capo alla direzione generale e, per altro verso, la spettanza di tali compiti in capo alle capitanerie di porto, anch’esse organi (sebbene periferici) del medesimo Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; iii) né, infine, potrebbe invocarsi la competenza statale sulla sicurezza della navigazione all’interno dei porti, stante l’orientamento della giurisprudenza costituzionale circa la tutela della sfera di attribuzioni degli enti territoriali;
b) in via gradata, nell’ipotesi di rilevata natura (non provvedimentale, ma) interlocutoria dell’atto impugnato, l’accertamento dell’illegittimità del silenzio mantenuto dall’amministrazione, con fissazione di un termine per provvedere.
 
Si costituiva in resistenza, con comparsa di stile, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
 
Nella memoria depositata in vista della discussione del merito il ricorrente insisteva per l’annullamento della nota impugnata, riaffermandone la natura provvedimentale e deducendo altresì come la stessa Capitaneria di porto di Gaeta avrebbe riconosciuto la fondatezza delle tesi del ricorrente medesimo nel processo civile attivato sulla base degli stessi fatti oggetto della presente iniziativa giudiziaria.
 
All’odierna udienza la causa veniva infine trattenuta in decisione.
 
2. Il ricorso è inammissibile.
 
2.1. Con la nota impugnata la Direzione generale per i porti del resistente Ministero, nel dare riscontro alla richiesta del ricorrente di ottenere un chiarimento circa le attuali competenze delle capitanerie di porto, ha affermato che “da un primo esame della questione, questa Direzione generale non ha compiti di amministrazione attiva, radicata, invece, in capo alla Capitaneria di porto di Gaeta”.
Il medesimo ufficio centrale ha peraltro ricordato, sempre nel medesimo atto, di aver già “tenuto in debita rilevanza le motivazioni addotte dal sig. Alleati in data 16 settembre 2011, richiedendo notizie alla Capitaneria di porto di Gaeta”, e ha invitato quest’ultima a fornire riscontro alla richiesta di informazioni.
 
Dalla piana lettura della nota si evince, ad avviso del Collegio, come dalla stessa esuli qualsivoglia portata precettiva (quanto meno nei confronti di terzi e in particolare del destinatario), essendosi la direzione generale limitata a declinare la propria competenza sulla “questione” prospettata dal ricorrente e a indicare l’articolazione territoriale del Ministero “competente” ratione loci. E sulla base di tale rilievo l’ufficio centrale ha reiterato la richiesta di notizie già in precedenza rivolta alla Capitaneria di porto di Gaeta.
 
Non è cioè condivisibile l’interpretazione data dal ricorrente (o almeno che il ricorrente sembra dare) alla locuzione “amministrazione attiva”, atteso che dal contesto dell’atto non risultano elementi idonei a convincere del suo utilizzo nel senso in cui essa è ordinariamente usata in ambito giuridico-amministrativo (ove indica le complessive attribuzioni volte alla cura di un particolare interesse pubblico da parte di un determinato soggetto, secondo specifiche norme di legge), trattandosi piuttosto di un’espressione cui la direzione ha fatto ricorso in modo atecnico (stante la finalità di individuare, appunto, l’articolazione ministeriale “competente” a trattare l’affare).
 
Del resto, se anche si volesse per mera ipotesi assumere l’anzidetta locuzione nel suo senso più pregnante, lo stesso istante pare addebitare alla Capitaneria di porto di Gaeta l’esercizio (asseritamente) illegittimo di attribuzioni non già di amministrazione attiva (es. provvedimenti collegati alle vicende del rapporto concessorio, ivi inclusi rilascio, modifica, revoca o decadenza delle concessioni), sibbene di controllo (come da lui stesso riconosciuto allorché fa riferimento appunto ai “controlli di polizia amministrativa, di natura preventiva”; cfr. cit. pag. 12 ric.).
L’assenza di autoritatività (nei confronti del ricorrente) della nota impugnata comporta pertanto l’inammissibilità della domanda di annullamento (per carenza di lesione diretta, concreta e attuale).
 
2.2. Occorre allora passare alla disamina della subordinata azione contra silentium.
 
Al riguardo è appena il caso di osservare che il giudizio di accertamento dell’illegittimità del silenzio-rifiuto ex art 117 c.p.a. presuppone che in capo all’amministrazione sussista un obbligo giuridico di provvedere sull’istanza del privato (art. 2, comma 1, l. n. 241/90), cioè “di esercitare una pubblica funzione attribuita normativamente alla competenza dell’organo amministrativo destinatario della richiesta, mediante avvio di un procedimento amministrativo volto all’adozione di un atto tipizzato nella sfera autoritativa del diritto pubblico” (così Cons. Stato, sez. VI, 22 maggio 2008, n. 2458).
 
In assenza di tale obbligo – come accade nel caso in esame (non comprendendosi da quale norma il ricorrente lo faccia discendere) – non è configurabile la fattispecie del silenzio rifiuto, non potendo tale istituto essere invocato al fine di provocare una presa di posizione da parte dell’amministrazione, indipendentemente dall’esistenza di un dovere di provvedere derivante dalla legge e, correlativamente, di una pretesa del privato avente consistenza giuridica (quanto meno sub specie di interesse differenziato e qualificato).
 
Né vale invocare l’orientamento secondo cui l’obbligo ex art. 2 l. n. 241/90 sussisterebbe “in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l’adozione di un provvedimento e quindi, tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27 marzo 2012, n. 2468).
 
La fattispecie corrente si presenta infatti con profili peculiari, atteso che l’iniziativa dell’istante è essenzialmente volta a ottenere una pronuncia del Ministero in ordine alla sfera di attribuzioni statali (a suo dire insussistenti), sulla concessione di cui vanta la titolarità.
Sicché – in disparte la circostanza che questo tema risulta già devoluto alla cognizione dell’autorità giudiziaria ordinaria (almeno stando a quanto dedotto dallo stesso sig. Alleati) e che la questione dovrebbe avere soluzione in quella sede (in altri termini, è nel contenzioso in essere su un provvedimento lesivo di un diritto o un interesse del ricorrente che l’amministrazione ha l’onere di esprimere la sua posizione sul punto, ovviamente purché il tema sia in contestazione) – l’istanza del sig. Alleati pare in realtà assolvere alla funzione di mera sollecitazione (o esposizione di fatti) nei confronti di un ufficio centrale del Ministero, al fine di evitare (de futuro) pretese azioni ultra vires che fossero eventualmente poste in essere dagli organi statali deputati al controllo amministrativo sulle concessioni, ferma restando la necessità di contestare specificamente le stesse, di volta in volta, innanzi alla competente autorità giudiziaria.
 
Così ricostruita la vicenda, non pare al Collegio che sussista un obbligo di provvedere sull’istanza in argomento, non concretandosi pertanto un’ipotesi di silenzio rifiuto impugnabile (in caso di inerzia della p.a.).
 
Di qui, l’inammissibilità anche dell’azione contra silentium.
 
3. In conclusione, il ricorso è inammissibile. Non vi è luogo a provvedere sulle spese di lite stante l’assenza di attività difensiva delle intimate.
 
P.Q.M.
 
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione terza-ter, definitivamente pronunciando, dichiara il ricorso inammissibile. Nulla sulle spese.
 
La presente sentenza sarà eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 24 maggio 2012 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Daniele, Presidente
Carlo Taglienti, Consigliere
Mario Alberto di Nezza, Consigliere, Estensore
 
 
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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