* DIRITTO DELL’ENERGIA – Art. 8, c. 1, d.m. 5 maggio 2011 (4° conto energia) – Richiesta di iscrizione nel registro – Documentazione richiesta – Titoli autorizzativi – Dichiarazione del comune attestante l’idoneità del titolo – Finalità della dichiarazione – Normativa primaria di riferimento – Compatibilità.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^ ter
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 21 Gennaio 2013
Numero: 657
Data di udienza: 6 Dicembre 2012
Presidente: Daniele
Estensore: di Nezza
Premassima
* DIRITTO DELL’ENERGIA – Art. 8, c. 1, d.m. 5 maggio 2011 (4° conto energia) – Richiesta di iscrizione nel registro – Documentazione richiesta – Titoli autorizzativi – Dichiarazione del comune attestante l’idoneità del titolo – Finalità della dichiarazione – Normativa primaria di riferimento – Compatibilità.
Massima
TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ ter – 21 gennaio 2013, n. 657
DIRITTO DELL’ENERGIA – Art. 8, c. 1, d.m. 5 maggio 2011 (4° conto energia) – Richiesta di iscrizione nel registro – Documentazione richiesta – Titoli autorizzativi – Dichiarazione del comune attestante l’idoneità del titolo – Finalità della dichiarazione – Normativa primaria di riferimento – Compatibilità.
Ai sensi dell’art. 8, comma 1, d.m. 5 maggio 2011 (4° conto energia), la richiesta di iscrizione nel registro avviene presentando la documentazione elencata nell’allegato 3-A, che, oltre ad indicare i titoli autorizzativi necessari, (autorizzazione unica; d.i.a. o dichiarazione di procedura abilitativa semplificata; comunicazione relativa alle attività in edilizia libera, secondo l’intervento), richiede la trasmissione di una dichiarazione del comune competente, attestante che la denuncia di inizio attività o dichiarazione di procedura abilitativa semplificata, ovvero la comunicazione, costituisce titolo idoneo alla realizzazione dell’impianto. La finalità dell’adempimento può essere ben compresa ove si consideri la necessità che l’intervento sia conforme (anche) alla normativa edilizia, in linea con la generale esigenza che l’iniziativa economica privata si svolga secundum legem. Il regime incentivante conferisce all’esercizio della vigilanza sul settore (artt. 42 ss. d.lgs. n. 28 del 2011) una connotazione pubblicistica ancor più pregnante, stante l’aggiuntiva esigenza di garantire la corretta allocazione delle risorse a tal fine stanziate; ciò che consente di percepire la funzione della ‘dichiarazione’ in argomento, diretta a stimolare lo svolgimento da parte dell’ente locale di verifiche in concreto sugli interventi eseguiti sul territorio comunale (TAR Lazio, Roma, n. 7214/2012). I plessi disciplinari di riferimento (norme edilizie e regime di sostegno) hanno distinti scopi, di talché la ‘comunicazione’ è adempimento necessario (e sufficiente) a fini edilizi, mentre la ‘dichiarazione’ comunale di idoneità del titolo è adempimento necessario ai fini della fruizione del regime di sostegno, non potendo l’assenza della seconda incidere sulla compatibilità edilizia dell’intervento; in altri termini, un conto è la possibilità di realizzare con modalità facilitate gli interventi ‘minori’ di che trattasi (certamente eseguibili dopo una mera comunicazione all’amministrazione comunale), altro conto è l’accesso ai benefici, subordinato (anche) alla responsabile attestazione dell’ente preposto alla vigilanza sull’attività edilizia circa l’effettiva tenuità di detti interventi, sì da scongiurare la perpetrazione di abusi edilizi e, allo stesso tempo, un’indebita ammissione agli incentivi. La previsione in disamina non solo non contrasta dunque con la normativa primaria di riferimento, ma costituisce adeguato sviluppo di principi giuridici di pari rango rispetto a quelli preordinati alla promozione delle attività di installazione di impianti fotovoltaici, né introduce un irragionevole aggravamento procedurale.
Pres. Daniele, Est. di Nezza – G.T. (avv.ti Barletta, Santanni e Camici) c. GSE s.p.a. (avv.ti Pugliese, Fadel, Marzano, Viti e Pacciani)
Allegato
Titolo Completo
TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ ter – 21 gennaio 2013, n. 657SENTENZA
TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ ter – 21 gennaio 2013, n. 657
N. 00657/2013 REG.PROV.COLL.
N. 09661/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9661 del 2011, proposto da:
Giorgio Tintori, rappresentato e difeso dagli avv.ti Luciano Barletta, Eleonora Santanni e Gianmaria Camici, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Monte Zebio n. 30
contro
GSE – Gestore dei servizi energetici s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonio Pugliese, Maria Antonietta Fadel, Paolo Marzano Valeria Viti e Filippo Pacciani, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via XX Settembre n. 5;
il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona dei rispettivi Ministri in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati ex lege
nei confronti di
Tecnoim s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., n.c.
per l’annullamento
a)in parte qua della “Graduatoria degli impianti iscritti al registro in posizione tale da rientrare nei limiti di costo per il periodo 1.6.2011-31.12.2011 a norma del d.m. 5.5.2011, pubblicata il 29.7.2011 sul portale web del GSE, nella parte in cui non include il ricorrente;
b) del d.m. 5 maggio 2011 (4° Conto Energia), pubblicato nella G.U. 12 maggio 2011, n. 109, all. 3-A, lett. c), nella parte in cui richiede tra la documentazione necessaria all’iscrizione nel registro la produzione di una dichiarazione del comune competente, attestante che la denuncia di inizio attività o dichiarazione di procedura abilitativa semplificata di cui al punto b2) costituisce “titolo idoneo alla realizzazione dell’impianto”;
c) di ogni atto connesso, ivi incluso il punto 6.1 delle “Regole tecniche per l’iscrizione al registro dei grandi impianti fotovoltaici” predisposte da GSE e pubblicate nel luglio 2011, nella parte in cui richiamano il citato all. 3-A.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 6 dicembre 2012 il cons. Mario Alberto di Nezza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato quanto segue in
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato il 10 novembre 2011, ritualmente depositato, il sig. Giorgio Tintori, premettendo di avere inoltrato in data 11.10.2010 denuncia di inizio attività al Comune di Pescia per l’installazione di un impianto fotovoltaico a terra della potenza di 199,22 kW, rientrante nella categoria dei “grandi impianti” di cui al d.m. 5.5.2011, con conclusione dei lavori in data 27.12.2010, e di avere successivamente inviato al GSE (il 23.6.2011) la richiesta di iscrizione al registro informatico all’uopo istituito, ottenendone tuttavia un diniego in ragione della mancata allegazione della “dichiarazione del Comune attestante l’idoneità del titolo autorizzativo trasmesso”; tanto premesso, ha chiesto l’annullamento degli atti indicati in epigrafe prospettando due motivi di gravame:
i) anzitutto, la rilevata omissione documentale dipenderebbe dal contegno mantenuto dal Comune di Pescia, che si sarebbe rifiutato di dare riscontro alla richiesta avanzata in tal senso con nota del 5.9.2011 sul rilievo che “trattandosi di procedure di parte con autocertificazione del tecnico abilitato [la d.i.a.] o del semplice cittadino in caso di attività libera, non sono atti amministrativi emessi dalla P.A. e pertanto non sono soggetti a possibile certificazione di idoneità di titolo”; sarebbe dunque da escludere la responsabilità del richiedente per la riscontrata carenza documentale, con conseguente illegittimità del diniego di iscrizione (in presenza di tutti gli altri requisiti necessari), non potendo dubitarsi dell’idoneità della d.i.a. a sorreggere l’intervento edilizio (stante il mancato esercizio del relativo potere inibitorio da parte dell’amministrazione comunale); sotto altro profilo, il GSE si sarebbe dovuto basare sulla disciplina delineata dall’art. 6 d.lgs. n. 28 del 2011, laddove stabilisce che l’attività di costruzione debba “ritenersi assentita” una volta decorso il termine di trenta giorni (dalla dichiarazione di realizzazione dell’impianto) senza intervento di misure repressive; tanto più che a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 313 del 2010 sarebbe da ritenere pacifica l’idoneità delle d.i.a. anteriori al 18.11.2010;
ii) la disposizione del d.m. 5.5.2011 impositiva dell’obbligo di produrre l’attestazione in argomento sarebbe altresì illegittima in quanto: illogica, perché riferita a una certificazione non rientrante tra quelle doverose per l’ente locale; sprovvista di copertura legislativa, non potendo un d.m. determinare in capo a un organo amministrativo un obbligo in relazione a un iter procedimentale disciplinato dalla legge; e in contrasto con gli artt. 23, co. 5, d.P.R. n. 380/2001 (a tenore del quale “la sussistenza del titolo è provata con la copia della denuncia di inizio attività […]”) e 6, co. 7, d.lgs. n. 28/2011 (recante una formulazione analoga a quella appena ricordata); essa violerebbe infine il divieto di aggravio del procedimento sancito dall’art. 1, co. 2, l. n. 241/90.
Costituitosi in resistenza il GSE, con ordinanza del 16.12.2011 (confermata in appello) è stata accolta l’istanza cautelare.
Successivamente, depositate ulteriori memorie anche di replica, all’odierna udienza il giudizio è stato trattenuto in decisione.
2. Ritiene il Collegio che il ricorso, all’esito del più approfondito esame del thema decidendum proprio della sede di merito, sia infondato (ciò che permette, in ossequio al principio di economia processuale desumibile dall’art. 49, co. 2, c.p.a., di non affrontare la questione dell’eventuale integrazione del contraddittorio con altri controinteressati).
2.1. Giova ricordare, in riferimento all’iscrizione nel registro per gli anni 2011 e 2012, che ai sensi dell’art. 8, comma 1, d.m. 5 maggio 2011 la relativa richiesta avviene presentando la documentazione elencata nell’allegato 3-A, che indica, tra l’altro, i titoli autorizzativi necessari a seconda dell’intervento: b1) autorizzazione unica; b2) d.i.a. o dichiarazione di procedura abilitativa semplificata (ex art. 6, co. 7 d.lgs. n. 28/2011); b3) comunicazione relativa alle attività in edilizia libera.
In aggiunta, la successiva lett. c) richiede la trasmissione di una “dichiarazione del comune competente, attestante che la denuncia di inizio attività o dichiarazione di procedura abilitativa semplificata di cui al punto b2), ovvero la comunicazione di cui al punto b3), costituisce titolo idoneo alla realizzazione dell’impianto”.
La Sezione si è già pronunciata sulla legittimità di questa prescrizione con la sentenza 3 agosto 2012, n. 7214 (cui si fa rinvio ai sensi dell’art. 88, co. 2, lett. d, c.p.a.), nella quale si afferma che la finalità dell’adempimento può essere ben compresa ove si consideri la necessità che l’intervento sia conforme (anche) alla normativa edilizia, in linea con la generale esigenza che l’iniziativa economica privata si svolga secundum legem. Si è in particolare rilevato come il regime incentivante conferisca all’esercizio della vigilanza sul settore (artt. 42 ss. d.lgs. n. 28 del 2011) “una connotazione pubblicistica ancor più pregnante, stante l’aggiuntiva esigenza di garantire la corretta allocazione delle risorse a tal fine stanziate”; ciò che “consente di percepire la funzione della ‘dichiarazione’ in argomento, diretta a stimolare lo svolgimento da parte dell’ente locale di verifiche in concreto sugli interventi eseguiti sul territorio comunale, al fine di evitare, tra l’altro, la concessione dei benefici in favore di eventuali iniziative erroneamente realizzate col sistema della comunicazione”.
Ed è stato ulteriormente precisato che “i plessi disciplinari di riferimento (norme edilizie e regime di sostegno) hanno distinti scopi, di talché la ‘comunicazione’ è adempimento necessario (e sufficiente) a fini edilizi, mentre la ‘dichiarazione’ comunale di idoneità del titolo è adempimento necessario ai fini della fruizione del regime di sostegno”, non potendo l’assenza della seconda incidere sulla compatibilità edilizia dell’intervento: “in altri termini, un conto è la possibilità di realizzare con modalità facilitate gli interventi ‘minori’ di che trattasi (certamente eseguibili dopo una mera comunicazione all’amministrazione comunale), altro conto è l’accesso ai benefici, subordinato (anche) alla responsabile attestazione dell’ente preposto alla vigilanza sull’attività edilizia circa l’effettiva tenuità di detti interventi, sì da scongiurare la perpetrazione di abusi edilizi […] e, allo stesso tempo, un’indebita ammissione agli incentivi” (finalità ritenuta “immanente nella legge” e comunque “esplicitata […] dall’art. 12, comma 3, d.lgs. n. 28/2011, che nel divisare il ‘riordino degli oneri economici e finanziari e delle diverse forme di garanzia richiesti per l’autorizzazione, la connessione, la costruzione, l’esercizio degli impianti da fonti rinnovabili e il rilascio degli incentivi […]’, individua tra i criteri quello di ‘rendere efficiente l’intero processo amministrativo ed accelerare la realizzazione degli impianti, […], al contempo, contrastando attività speculative nelle diverse fasi di autorizzazione, connessione, costruzione, esercizio degli impianti e rilascio degli incentivi’ (lett. c)”.
Sempre nella stessa pronuncia, si è concluso che la previsione in disamina non solo non contrasta con la normativa primaria di riferimento, ma costituisce adeguato sviluppo di principi giuridici di pari rango rispetto a quelli preordinati alla promozione delle attività di installazione di impianti fotovoltaici, né introduce un irragionevole aggravamento procedurale.
2.2. In questa prospettiva, diviene agevole rilevare, con precipuo riferimento alle doglianze prospettate dal ricorrente:
a) che le conseguenze negative derivanti dall’omesso invio della dichiarazione in argomento non possono essere ascritte all’eventuale inerzia o all’esplicito rifiuto di provvedere da parte dell’ente locale, stanti i rimedi all’uopo apprestati dall’ordinamento (azione contra silentium, peraltro evocata anche dall’art. 6, comma 5, d.lgs. n. 28/2011, e ricorso ordinario, ferma la possibilità di chiedere il risarcimento degli eventuali danni al ricorrere dei relativi presupposti); tanto più che nel caso di specie il procedimento presso il Comune di Pescia si è svolto in epoca successiva alla scadenza del termine per la richiesta di iscrizione nel registro;
b) che la sentenza della Corte costituzionale 3 novembre 2010, n. 313, convince, al contrario di quanto ipotizzato dal ricorrente, della necessità dell’attestazione comunale in argomento.
Con questa decisione è stata infatti dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 10, co. 2, l.r. Toscana 23 novembre 2009, n. 71, recante innalzamento delle soglie per le quali i principi della legislazione statale ammettono la denuncia di inizio attività per gli impianti fotovoltaici da 20 a 200 chilowatt (lett. f, n. 2).
Non è questa la sede per apprezzare l’incidenza, sulla d.i.a. del ricorrente (e in riferimento agli aspetti temporali di questa), degli effetti di tale pronuncia (depositata l’11.11.2010 e pubblicata il successivo 17.11.2010). Né lo è per una verifica consimile alla luce dell’art. 1-quater d.l. 8 luglio 2010, n. 105 (c.d. “salva-dia”), introdotto dalla legge di conversione 13 agosto 2010, n. 129 (entrata in vigore, ai sensi dell’art. 1, co. 3, il 19 agosto 2010), a tenore del quale “sono fatti salvi gli effetti relativi alle procedure di denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che risultino avviate in conformità a disposizioni regionali, recanti soglie superiori a quelle di cui alla tabella A [del d.lgs. n. 387/03], a condizione che gli impianti siano entrati in esercizio entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, vale a dire entro il 16.1.2011 (v. al riguardo la circolare del Ministero dello sviluppo economico del 15.12.2010).
E infatti gli inerenti accertamenti rimangono di competenza dell’amministrazione (comune) cui è intestata la funzione di vigilanza sull’attività edilizia, ciò che dimostra la coerenza anche sistematica della prescrizione oggi impugnata;
c) quanto all’imposizione di un obbligo su un’“altra amministrazione” (scil. diversa da quelle emananti), che la potestà in concreto esercitata col d.m. 5.5.2011 (atto avente natura regolamentare; v., sui regolamenti ministeriali atipicamente previsti da norme ad hoc e non adottati ai sensi dell’art. 17, co. 3, l. n. 400/88, T.a.r. Lazio, sez. I, 26 gennaio 2007, n. 2885, confermata sul punto da Cons. Stato, sez. IV, 26 settembre 2007, n. 4968) pare idonea a vincolare anche le amministrazioni comunali, quantomeno per le disposizioni coerenti – come quella in esame – con le finalità e gli oggetti descritti nella norma di delegazione (alla stregua del parametro di giudizio indicato da Cons. Stato, sez. IV, n. 4968/07 cit.);
D’altronde, risulta che nel procedimento di formazione del d.m. sono stati coinvolti anche gli enti locali, evincendosi dalle premesse dell’atto come lo stesso sia stato esaminato nella seduta del 28 aprile 2011 dalla Conferenza unificata ex art. 8 d.lgs. n. 281 del 1997 (favorevolmente; v. il testo del parere, rinvenibile sul sito istituzionale della Conferenza unificata medesima).
3. Per quanto sin qui esposto, il ricorso è infondato e va conseguentemente respinto. Le peculiarità della fattispecie (e l’andamento del giudizio) consentono di ravvisare i presupposti per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione terza-ter, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe. Spese compensate.
La presente sentenza sarà eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 6 dicembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Daniele, Presidente
Mario Alberto di Nezza, Consigliere, Estensore
Roberto Vitanza, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)