Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Acqua - Inquinamento idrico Numero: 11328 | Data di udienza: 1 Luglio 2015

* ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Scarico delle acque reflue – Ente competente al rilascio delle autorizzazioni – Verifica della portata e della destinazione d’uso della risorsa idrica  – Artt. 101 e 124 d.lgs. n. 152/2006 – Corso d’acqua non significativo con portata inferiore a 120 gg/anno – Prescrizioni – Scarichi urbani che possono peggiorare lo stato di qualità delle acque destinate al consumo umano – Trattamento di disinfezione tramite raggi UV – Principio di precauzione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 22 Settembre 2015
Numero: 11328
Data di udienza: 1 Luglio 2015
Presidente: Corsaro
Estensore: Blanda


Premassima

* ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Scarico delle acque reflue – Ente competente al rilascio delle autorizzazioni – Verifica della portata e della destinazione d’uso della risorsa idrica  – Artt. 101 e 124 d.lgs. n. 152/2006 – Corso d’acqua non significativo con portata inferiore a 120 gg/anno – Prescrizioni – Scarichi urbani che possono peggiorare lo stato di qualità delle acque destinate al consumo umano – Trattamento di disinfezione tramite raggi UV – Principio di precauzione.



Massima

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ – 22 settembre 2015, n. 11328


ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Scarico delle acque reflue – Ente competente al rilascio delle autorizzazioni – Verifica della portata e della destinazione d’uso della risorsa idrica  – Artt. 101 e 124 d.lgs. n. 152/2006 – Corso d’acqua non significativo con portata inferiore a 120 gg/anno – Prescrizioni.

La disciplina dello scarico delle acque reflue è regolata dal d.lgs. 152/2006 (TU Ambiente) il quale, dopo aver premesso all’art. 101 che “tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei colpi idrici”, nel successivo art. 124, comma 9, prevede che “per gli scarichi in un corso d’acqua nel quale sia accertata una portata naturale nulla per oltre 120 gg. all’anno oppure in un corpo idrico non significativo, l’autorizzazione tiene conto del periodo di portata nulla e della capacità di diluizione del colpo idrico negli altri periodi e stabilisce prescrizioni e limiti al fine di garantire le capacità auto-depurative del corpo ricettore e la difesa delle acque sotterranee”. In tal modo la normativa affida all’Ente competente al rilascio delle autorizzazioni allo scarico la verifica della portata naturale del corpo idrico recettore e l’accertamento di quale sia la destinazione d’uso della risorsa idrica a valle dello scarico, in modo da impedire che lo stato del corpo ricettore (e degli altri corpi componenti il bacino idrografico al quale questo afferisce) venga compromesso o peggiorato dallo scarico stesso. E’ quindi legittima, per un corpo idrico non significativo con portata naturale inferiore a 120 giorni l’anno, la prescrizione diretta a garantire la capacità autodepurativa del corpo ricettore, individuata nel rispetto del limiti tabellari della tabella 4 di cui all’allegato 5 terza parte del d.lgs. 152/2006.


Pres. Corsaro, Est. Blanda – A. s.p.a. (avv. Cristiano) c. Provincia di Roma (avv. De Maio)


ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Scarico delle acque reflue – Scarichi urbani che possono peggiorare lo stato di qualità delle acque destinate al consumo umano – Trattamento di disinfezione tramite raggi UV – Principio di precauzione.

Gli scarichi urbani che possono peggiorare lo stato di qualità delle acque destinate al consumo umano, prima di essere immessi in un corpo idrico ricadente nel bacino idrografico chiuso sull’opera di presa, devono subire un ulteriore trattamento di disinfezione con raggi UV (art. 80, comma 4, del d.lgs. n.152/2006). Pur in assenza dei provvedimenti attuativi che la Regione Lazio avrebbe dovuto adottare per individuare gli impianti soggetti all’obbligo di dotarsi di un impianto di disinfezione con raggi UV (art. 11 del PTAR), è legittima la prescrizione dell’amministrazione, in osservanza del principio di precauzione, relativa al trattamento di disinfezione con raggi UV, a salvaguardia del corpo ricettore e del suo bacino di confluenza. Il richiamato principio di precauzione (cfr. art. 3 d.lgs. n. 152/2006), invero, impone alle Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, ponendo una tutela anticipata rispetto alla fase dell’applicazione delle migliori tecniche proprie del principio di prevenzione. L’applicazione del principio di precauzione comporta, quindi, che ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa l’azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche, anche nei casi in cui i danni siano poco conosciuti o solo potenziali (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 18 maggio 2015, n. 2495; idem, Sez. IV, 11 novembre 2014, n. 5525).

Pres. Corsaro, Est. Blanda – A. s.p.a. (avv. Cristiano) c. Provincia di Roma (avv. De Maio)


Allegato


Titolo Completo

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ - 22 settembre 2015, n. 11328

SENTENZA

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ – 22 settembre 2015, n. 11328

N. 11328/2015 REG.PROV.COLL.
N. 06834/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6834 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Soc Acea S.p.a., quale Mandataria della Acea Ato 2 S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Pasquale Cristiano, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Mm&A in Roma, Via Savoia, 78;


contro

la Provincia di Roma (ora Città Metropolitana di Roma), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Giovanna De Maio, con domicilio eletto in Roma, Via IV Novembre, 119/A;
il Comune di Allumiere;

per l’annullamento

– della Determinazione Dirigenziale n. 549 del 13 febbraio 2014 nella parte in cui la Provincia di Roma – Dipartimento 04 Servizio 02, Tutela Acque, Suolo e Risorse Idriche – nell’autorizzare lo scarico di acque reflue urbane del depuratore sito nel Comune di Allumiere, località Bolzella, prescrive: a) il rispetto dei limiti di cui alla Tabella 4 dell’Allegato 5 alla Parte Terza del D. Lgs. n. 152/2006 e s.m.i. (lettera a, punto 1 del provvedimento impugnato);

b) di presentare alla Provincia, entro 30 giorni, la prenotazione delle analisi di controllo delle acque reflue da prelevare al campionatore automatico posto all’uscita dell’impianto di depurazione, per la verifica della conformità ai predetti limiti indicati nella citata Tabella 4 (lettera c, punto 22);

c) nonché di dotare entro 150 giorni l’impianto di depurazione di un sistema di disinfezione con raggi U.V. (lettera c, punto 19);

– di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, in particolare, della nota prot. 51019 del 14 aprile 2014 con la quale la Provincia di Roma ha riscontrato l’istanza di riesame di ACEA ATO 2, confermando il tenore prescrittivo del provvedimento impugnato.

e sui motivi aggiunti depositati il 4 agosto 2014

per l’annullamento,

della Determinazione Dirigenziale della Provincia di Roma, dipartimento Tutela acque, suolo e risorse idriche n. 2870 del 12 giugno 2014 con la quale è stata modificata la Determina Dirigenziale n. 549 del 13 febbraio 2014, impugnata, in parte qua, con il ricorso principale.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 luglio 2015 il dott. Vincenzo Blanda e uditi l’Avv. Di Marco in sostituzione dell’Avv. Cristiano per la ricorrente e l’Avv. De Maio per la Città Metropolitana di Roma.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il Comune di Allumiere ha ottenuto dalla Provincia di Roma l’autorizzazione n. 66 del 25 febbraio 2003 per lo scarico delle acque reflue urbane provenienti dal depuratore biologico a fanghi attivi sito in località Bolzella del predetto Comune.

Il predetto impianto di depurazione, gestito da ACEA ATO 2, al termine del processo depurativo, scarica i reflui nel corpo idrico superficiale denominato “fosso dell’Acqua Bianca”.

Con determinazione dirigenziale n. 2698 del 7 maggio 2009 la Provincia di Roma — Dipartimento 04, Servizio 02, Tutela Acque, Suolo e Risorse Idriche ha rilasciato ad ACEA ATO 2 l’autorizzazione allo scarico delle acque reflue urbane provenienti dal depuratore ubicato nel Comune di Allumiere località Bolzella nel corpo idrico superficiale denominato “fosso dell’Acqua Bianca”, nel rispetto dei limiti di cui alla Tabella 1, allegato 5 alla Parte Terza del d.lgs. n. 152/2006.

Il predetto provvedimento autorizzativo è stato rilasciato sulla base della relazione idrogeologica presentata da ACEA ATO 2, in data 10 febbraio 2009, che, a seguito dell’analisi dei dati pluviometrici giornalieri relativi a 36 anni (dal 1972 al 2008), ha rilevato che il deflusso idrico superficiale medio stimato era di circa 97 giorni all’anno.

Tuttavia, la Provincia di Roma, oltre a prescrivere il rispetto dei limiti di cui alla Tabella 1 dell’Allegato 5 alla parte terza del d.lgs. 152/2006, ha prescritto ad ACEA ATO 2 di “eseguire una campagna di monitoraggio idrologico della durata di almeno un anno e di inviare trimestralmente a questa Provincia dalla data del ritiro della presente autorizzazione, le misure di portata in alveo, sottoscritte da tecnico abilitato, del corpo idrico ricettore dello scarico. La Provincia di Roma si riserva di apportare modifiche alla presente autorizzazione nel caso in cui il monitoraggio effettuato indichi che la portata del corpo idrico é nulla per più di 120 giorni l’anno” (lettera c), punto 9).

In considerazione delle risultanze del monitoraggio svolto dall’ATO 2, con nota prot. n. 50315 del 29 marzo 2011 la Provincia di Roma, dopo aver qualificato il corpo recettore come corpo idrico superficiale, ha imposto il rispetto dei limiti di cui alla Tabella 1, Allegato 5 alla Parte Terza del d.lgs. n. 152/2006.

Con istanza prot. n. 13398 del 18 aprile 2012, ACEA ATO 2 ha chiesto il rinnovo dell’autorizzazione n. 2698 del 28 aprile 2009 che è stato accolto con l’avversato provvedimento prot. n. 549 del 13 febbraio 2014 in cui, dopo aver dato atto che il Fosso dell’Acqua Bianca appartiene al bacino idrografico del Fiume Mignone che ha una classe di qualità ambientale pari a Q 4, ha disposto che “lo scarico dovrà essere effettuato nel rispetto dei seguenti limiti tabellari: Tabella 4 All.5 parte terza del d.lgs. n. 152/06″ (lettera a, punto 1)”;

– che “entro 150 gg. dalla data del ritiro della presente D.D. l’impianto di depurazione deve essere dotato di un sistema di disinfezione con raggi U.V. (Piano di Tutela delle Acque, art. 11)” (lettera c, punto 19);

– di “presentare alla Provincia, entro 30 gg. dalla data del ritiro della presente autorizzazione, prenotazione all’ARPA Lazio delle analisi di controllo delle acque reflue, da prelevare al campionature automatico posto all’uscita dell’impianto di depurazione, per la verifica della conformità a quanto stabilito al punto i) capoverso a) del presente atto. Le analisi devono essere richieste, a spese ed a cura di ACEA ATO 2 S.p.A., all’ARPA Lazio, sede di Roma, via Saredo 52, che provvede alla loro effettuazione ai sensi dell’art. 124, comma 11, del d.lgs. 152/2006” (lettera c, punto 22);

Con nota prot. n. 51019 del 14 aprile 2014 la Provincia di Roma ha riscontrato l’istanza di riesame presentata dalla ricorrente confermando l’obbligo del rispetto dei limiti di cui alla Tabella 4 e ha rinviato ad un successivo provvedimento di rettifica dell’autorizzazione la concessione ad ACEA ATO 2 di un termine di 180 giorni per l’adeguamento dello scarico ai nuovi limiti tabellari imposti e per l’installazione del sistema di disinfezione.

Avverso gli atti in epigrafe ha quindi proposto ricorso l’interessata deducendo i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 101 del d.lgs. n. 152/2006, dell’Allegato 5 alla Parte Terza del Codice dell’Ambiente, dell’art. 124, comma 9, del d.lgs. n. 152/2006; dell’art. 11 delle norme di attuazione del PTAR Lazio; dell’art. 5 delle Linee Guida approvate con Determinazione Dirigenziale R.U. 1591 del 12 aprile 2013 in attuazione dell’art. 12 del Regolamento per il rilascio delle autorizzazioni allo scarico di acque reflue di competenza provinciale, approvato con D.C.P. n. 57 del 10/12/2010 e modificato con D.C.P. n. 26 del 25/07/2011; dell’art. 3 della L. n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di istruttoria — Difetto di motivazione — Illogicità —Travisamento dei fatti — Contraddittorietà — Disparità di trattamento — Violazione del principio del legittimo affidamento.

La Provincia di Roma nel prescrivere ad ACEA ATO 2 il rispetto dei limiti di emissione di cui alla Tabella 4 (propri dello scarico sul suolo), in luogo dei limiti di cui alla Tabella 1 (propri dello scarico in corpo idrico superficiale) avrebbe errato, in quanto le acque reflue urbane provenienti dal depuratore confluirebbero nel Fosso dell’Acqua Bianca, definito dalla Amministrazione Provinciale come “corpo idrico superficiale”.

L’art. 101 del Codice dell’Ambiente prevede che gli scarichi di acque reflue urbane in corpi d’acqua superficiali (come sarebbe il Fosso dell’Acqua Bianca) sono tenuti a rispettare i valori di emissione di cui alla Tabella 1.

In attuazione della suindicata norma (che attribuisce alle Regioni il potere di individuare limiti più restrittivi di quelli nazionali se necessitato dal rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici) la Regione Lazio ha approvato il Piano di Tutela della Acque della Regione Lazio (PTAR), il quale all’art. 11 individua le “Misure per il raggiungimento degli obiettivi di qualità delle acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile”, stabilendo che le acque dolci superficiali devono avere una categoria qualitativa di almeno A2, in applicazione dell’art. 80 del Codice dell’Ambiente, rinviando ad un successivo atto di Giunta l’individuazione degli scarichi di acque reflue in copri idrici superficiali che dovranno, a tal fine, dotarsi di un sistema di disinfezione a raggi U.V.

Le Linee Guida Attuative adottate dalla Provincia di Roma con Determinazione Dirigenziale RU. 1591 del 12 aprile 2013, all’allegato 7 prevede che con riferimento allo scarico di acque reflue urbane con potenzialità superiore a 2000 a.e., in un corpo idrico con portata regolare e classe di qualità ambientale 0 4 — quale è il fiume Mignone in cui è compreso il Fosso dell’Acqua Bianca — i limiti di emissione da rispettare sono individuati nella Tabella 1.

La Provincia di Roma, in violazione del quadro normativo di riferimento, avrebbe prescritto ad ACEA ATO 2 il rispetto dei limiti di emissione propri dello scarico sul suolo (Tabella 4), in luogo di quelli previsti dalla Tabella 1, che stabilisce i limiti di emissione degli scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali.

L’art. 11 del Piano di Tutela della Acque della Regione Lazio (PTAR) ha stabilito che “1. Per le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile deve essere mantenuta, ove esistente, la classificazione nelle categorie Al e A2 come definite all’articolo 80 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152. 2 I corpi idrici destinati alla produzione di acqua potabile che non sono classificati almeno in categoria A2 devono raggiungere questa qualità entro il 31 dicembre 2008”.

Tale norma si limita a statuire che le acque destinate ad uso potabile devono avere una classificazione almeno nella categoria A2 di cui all’art 80 del Codice dell’Ambiente, ma non indica dei valori di emissione diversi da quelli previsti dalla disciplina in materia di scarichi che, con riferimento agli scarichi di acque reflue superficiali, stabilisce il rispetto dei limiti di cui alla Tabella 1.

La Provincia ha attribuito un significato al parere tecnico interno che, tuttavia, non prevederebbe la necessità di applicare i limiti di cui alla Tabella 4 per salvaguardare la qualità delle acque del Fiume Mignone, in quanto il predetto parere riporta il testo dell’art. 11 del PTAR, evidenziando la necessità di non peggiorare lo stato di qualità delle acque, senza null’altro aggiungere.

L’Amministrazione avrebbe fatto discendere dal parere tecnico (ove si afferma che “…si ritiene necessario individuare per lo scarico in oggetto trattamenti atti a migliorare la qualità di esso, allo scopo di non peggiorare lo stato di qualità delle acque superficiali del bacino idrografico del Fiume Mignone”) la prescrizione sia dei limiti previsti dalla Tabella 4, sua del pretrattamento con un sistema di disinfezione a raggi UV.

Nessun atto istruttorio avrebbe dimostrato che la portata del Fosso dell’Acqua Bianca sia nulla per oltre 120 giorni in un anno; la relazione idrogeologica redatta da un tecnico esterno incaricato da ACEA ATO 2 afferma che il deflusso idrico del citato Fosso presenta “una portata nulla per un periodo inferiore a 120 giorni l’anno”; la Provincia di Roma, sulla base della predetta relazione, afferma che il Fosso dell’Acqua Bianca costituisce un corpo idrico superficiale e, pertanto, riconosce che lo stesso presenta un deflusso idrico nullo per un periodo inferiore a 120 giorni/anno;

Il comma 10 dell’art. 124 del codice dell’ambiente, in relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell’ambiente interessato, consentirebbe prescrizioni di natura prettamente “tecnica” dello scarico, ma non di introdurre limiti di emissione in violazione della medesima normativa.

Sussisterebbe contraddittorietà dell’azione dell’ACEA ATO 2, in quanto la Provincia di Roma, con determinazione n. 538 del 7 febbraio 2014, ha autorizzato ACEA ATO 2 alla gestione del depuratore sito nel Comune di Tolfa – località Lizzera, il cui corpo idrico superficiale (Fosso di Santa Lucia) rientrerebbe nel medesimo bacino idrografico del Fosso dell’Acqua Bianca, ovvero, nel Fiume Mignone.

A fronte del medesimo parere rilasciato dal referente geologico interno all’Amministrazione in ordine alla necessità di non peggiorare lo stato della qualità delle acque del Fiume Mignone, la Provincia di Roma avrebbe prescritto il rispetto della dei limiti di cui alla Tabella 1.

Lo scarico del depuratore in località Bolzella, è autorizzato dal 2003, con la prescrizione dei limiti di cui alla Tabella 1; l’art. 11 del PTAR non avrebbe subito modifiche dall’approvazione del Piano, per cui l’atto impugnato avrebbe leso l’affidamento ingenerato in ACEA ATO 2;

2) Sulla prescrizione che impone ad ACEA ATO 2 di presentare alla Provincia, entro 30 gg. la prenotazione all’ARPA Lazio delle analisi di controllo delle acque reflue, per la verifica della conformità dei valori di emissione al rispetto dei limiti di cui alla prescritta Tabella 4 (lettera c, punto 22)

Dalla illegittimità della precedente prescrizione, deriverebbe l’illegittimità della prescrizione che impone ad ACEA ATO 2 di presentare alla Provincia, entro 30 gg. la prenotazione all’ARPA Lazio delle analisi di controllo delle acque reflue, per la verifica della conformità dei valori di emissione al rispetto dei limiti di cui alla prescritta Tabella 4 (lettera c, punto 22);

3) Sulla prescrizione relativa al sistema di disinfezione a raggi U.V.-.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 delle norme di attuazione del PTAR Lazio – Incompetenza — Eccesso di potere per difetto di istruttoria — Difetto di motivazione — Irragionevolezza.

Il provvedimento impugnato stabilisce che “entro 150 gg. dalla data del ritiro della presente D.D. l’impianto di depurazione deve essere dotato di un sistema di disinfezione con raggi U.V. (Piano di Tutela delle Acque, art. 11)” (lettera c, punto 19).

L’art. 11 del PTAR (Piano di Tutela delle Acque regionali) prescrive espressamente che in presenza di uno scarico che vada ad immettersi in un corpo idrico ricadente in un bacino idrografico:

– occorre accertare se il predetto scarico possa peggiorare lo stato di qualità delle acque del bacino idrografico;

– nel caso in cui venga accertato che lo scarico può peggiorare lo stato di qualità delle acque, i reflui devono subire un ulteriore trattamento di disinfezione U.V.-;

– è, tuttavia, di competenza della Giunta Regionale, l’individuazione degli impianti che dovranno provvedere alla suddetta disinfezione U.V.

Ne conseguirebbe che, con riferimento al depuratore in località Bolzella, spetterebbe alla Giunta Regionale del Lazio condurre un’istruttoria all’esito della quale individuare gli impianti che dovranno dotarsi del sistema di disinfezione U.V.-.

Tuttavia non esisterebbe alcuna delibera di Giunta Regionale che individui l’impianto in esame tra quelli che necessitano di un previo ed ulteriore trattamento di disinfezione, per cui la prescrizione della Provincia di Roma sarebbe stata adottata da un soggetto incompetente;

4) In via subordinata, sul termine concesso per l’installazione del sistema di disinfezione – Eccesso di potere per irragionevolezza ed illogicità.

Il termine di 150 giorni concesso per l’installazione del sistema di disinfezione sarebbe, comunque, esiguo, in quanto per l’approvvigionamento, l’installazione ed il collaudo dei macchinari necessari al sistema di disinfezione, preannunciati dalla Provincia di Roma nella nota prot. n. 51019 del 14 aprile 2014, sarebbero necessari almeno 300 giorni, connessi all’obbligo per ACEA ATO 2 di avviare a tal fine una procedura ad evidenza pubblica.

Con Determinazione Dirigenziale n. 2870 del 12 giugno 2014 ha modificato la Determinazione Dirigenziale n. 549 del 13 febbraio 2014 impugnata con il ricorso introduttivo differendo:

– i termini di efficacia delle prescrizioni, dal 24 febbraio 2014 al 1 settembre 2014, ma ha confermato la prescrizione relativa al rispetto dei valori di cui alla Tabella 4;

– il termine di 30 giorni per prenotare le analisi di controllo presso l’ARPA Lazio al fine di verificare il rispetto dei limiti tabellari di cui alla Tabella 4;

ha, altresì, differito il termine di efficacia (ovvero entro e non oltre il 31 agosto 2014, in luogo del precedente termine del 24 luglio 2014) della prescrizione in ordine all’installazione del sistema di disinfezione a raggi U.V.-.

Tale determinazione è stata impugnata con motivi aggiunti depositati il 4 agosto 2014 con i quali deduce gli stessi motivi dell’atto introduttivo del giudizio, precisando che la Provincia di Roma ha inteso integrare in via postuma la prescrizione dei limiti di cui alla Tabella 4 facendo riferimento a quanto indicato nel parere del referente geologico interno all’amministrazione, secondo cui “Si fa presente che la portata media autorizzabile dello scarico è di 13,9 l/sec e che il corpo idrico oggetto dello scarico rientra nel bacino idrografico del Fiume Mignone, utilizzato a fíni idropotabili e che per tutelare tali tipologie di acque, l’art. 11 del PTAR del Lazio precisa che per le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile deve essere raggiunta o mantenuta, ove esistente, la classificazione nelle categorie Al e A2 di cui all’art. 80 del D.lgs. 152/06. Pertanto visto quanto sopra, si ritiene necessario individuare per lo scarico in oggetto trattamenti atti a migliorare la qualità di esso, allo scopo di non peggiorare lo stato di qualità delle acque superficiali del bacino idrografico del Fiume Mignone”.

La provincia di Roma (ora Città Metropolitana di Roma) si è costituita in giudizio con memoria con la quale eccepisce la infondatezza del ricorso.

In vista dell’udienza di merito le parti hanno presentato memorie con le quali insistono nelle rispettive tesi, anche alla luce della evoluzione della vicenda e dei lavori di adeguamento dell’impianto nel frattempo svolti dalla ricorrente.

All’udienza del 1 luglio 2015, dopo ampia discussione tra le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito esposte.

Con il primo motivo dell’atto introduttivo del giudizio Acea S.p.a. sostiene l’illegittimità della determinazione in data 13.2.2014 con la quale la Provincia di Roma ha prescritto l’osservanza dei limiti di cui alla tabella 4 del d.lgs. 152/2006 per lo scarico del depuratore, affermando che la Provincia, in considerazione della natura di corpo idrico superficiale del fosso dell’Acqua Bianca e della sua portata naturale non inferiore a 120 giorni l’anno, avrebbe dovuto prescrivere il rispetto di tabella 1, come avvenuto per altro depuratore sito in Comune di Tolfa che confluirebbe nel medesimo bacino idrografico del Fiume Mignone.

La tesi non merita adesione.

Quanto alla prescrizione del rispetto dei limiti della tabella 4, la disciplina dello scarico delle acque reflue è regolata dal d.lgs. 152/2006 (TU Ambiente) il quale, dopo aver premesso all’art. 101 che “tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei colpi idrici”, nel successivo art. 124, comma 9, prevede che “per gli scarichi in un corso d’acqua nel quale sia accertata una portata naturale nulla per oltre 120 gg. all’anno oppure in un corpo idrico non significativo, l’autorizzazione tiene conto del periodo di portata nulla e della capacità di diluizione del colpo idrico negli altri periodi e stabilisce prescrizioni e limiti al fine di garantire le capacità auto-depurative del corpo ricettore e la difesa delle acque sotterranee”.

In tal modo la normativa affida all’Ente competente al rilascio delle autorizzazioni allo scarico (all’epoca di interesse la Provincia di Roma) la verifica della portata naturale del corpo idrico recettore e l’accertamento di quale sia la destinazione d’uso della risorsa idrica a valle dello scarico, in modo da impedire che lo stato del corpo ricettore (e degli altri corpi componenti il bacino idrografico al quale questo afferisce) venga compromesso o peggiorato dallo scarico stesso.

Nel caso in esame, le verifiche condotte prima del rilascio della nuova autorizzazione dalla società Ecosonsult S.r.l. hanno consentito di verificare che il “deflusso idrico superficiale medio è stimato in circa 97 giorni l’anno” (cfr. doc. 4 della produzione Acea, pag. 25), che “a monte la portata oscilla tra un minimo di 0,5 l/s registrato a luglio 2009 ed un massimo di 4 l/s del marzo 2010, mentre a valle dello scarico la portata varia da 7,28 l/s, registrato a novembre 2008, a 29 l/s, registrato a dicembre 2009” e che “il deflusso superficiale, dovuto ad una precipitazione efficace, si esaurisce abbastanza velocemente” (cfr. pag. 25 e 26 del doc. 4 nonché doc. 5 della produzione Acea).

Da quanto sopra risultano confermate le conclusioni della Provincia di Roma secondo cui il Fosso dell’Acqua Bianca non costituisce un corpo idrico significativo e che lo stesso ha una portata naturale inferiore a 120 giorni l’anno, come previsto dall’art. 124, comma 9, del d.lgs. 152/2006. Dalla relazione tecnica della Ecoconsult S.r.l., infatti, si evince che “il deflusso idrico superficiale medio è stimato in circa 97 giorni l’anno”, mentre, in relazione ad altre possibili fonti di alimentazione del fosso, si afferma in modo del tutto generico (pag. 27 della relazione) che “le acque che alimentano il fosso dell’Acqua Bianca non siano solo quelle derivanti dalla pioggia efficace, ma sono anche di natura diversa come, per esempio, quelle apportate dai due fontanili presenti a ridosso del depuratore” di cui, però, non viene fornita alcuna misurazione.

Tale situazione autorizza l’ente competente a rilasciare le autorizzazioni a stabilire “prescrizioni e limiti al fine di garantire le capacità autodepurative del corpo ricettore e la difesa delle acque sotterranee”, che la Provincia di Roma, nell’esercizio della discrezionalità attribuitale dalla legge, ha individuato nel rispetto dei limiti tabellari della tabella 4 di cui all’allegato 5 terza parte del d.lgs. 152/2006.

La determinazione dell’Amministrazione trova, quindi, conforto nella situazione di fatto descritta nel medesimo atto impugnato mediante il richiamo alla relazione idorogeologica della Ecoconsult S.r.l. e al parere del referente geologico del Servizio tutela delle acque, suolo e risorse idriche dott.ssa Liso, che hanno evidenziato la necessità di ridurre la concentrazione dei singoli inquinanti scaricati nel fosso al fine di garantire l’autodepurazione del medesimo ed evitare che i residui potessero peggiorare lo stato dei bacini idrici di affluenza.

Considerato, dunque, che il corpo idrico interessato non è significativo, in quanto la sua portata naturale è minima, deve ritenersi corretta la determinazione della Provincia.

Infatti, il riferimento alla tabella 4, che vieta la presenza negli scarichi di sostanze pericolose quali i metalli pesanti (arsenico, piombo, cromo, nichel, manganese…), i pesticidi, i solventi, appare giustificato dalla necessità di evitare che, a causa dell’insufficiente capacità di diluizione del corpo idrico ricettore, tali elementi possano inquinare non solo il terreno sottostante il punto di scarico, ma anche il bacino idrico di confluenza costituito dal fiume Mignone.

In senso contrario non vale la deduzione di parte ricorrente secondo cui la Provincia avrebbe prescritto limiti meno restrittivi (di cui alla tabella 1) per lo scarico delle acque reflue urbane del depuratore del comune di Tolfa nel Fosso di Santa Lucia, anch’esso confluente nel bacino del fiume Mignone.

In tal senso persuade l’eccezione della Città metropolitana di Roma secondo cui le due situazioni sarebbero diverse, in quanto: il depuratore di Tolfa ha una capacità massima di trattamento di 416 mc/giorno per 2600 abitanti e scarica nel fosso di S. Lucia, che ha un deflusso naturale da un minimo di 4,24 ad un massimo di 10 l/s; mentre il depuratore di Allumiere ha una capacità massima di trattamento di 1200 mc/giorno per 6000 abitanti e scarica nel fosso dell’Acqua Bianca che ha un deflusso naturale da un minimo di 0,5 ad un massimo di 41 l/s.

Dai suddetti dati si evince che nel comune di Tolfa lo scarico ha una portata inferiore e confluisce in un fosso con portata superiore, per cui i reflui subiscono una maggiore diluizione, che giustifica il rispetto dei limiti di tabella 1 e il sistema di disinfezione a raggi UV.

Si osserva, inoltre, che l’onere motivazionale che incombe sull’Amministrazione è stato adeguatamente assolto dall’Amministrazione provinciale già in occasione della determinazione 549 del 13.2.2014, nella quale si dà conto della necessità di assicurare trattamenti atti a migliorare la qualità delle acque del fiume Mignone, specie in considerazione dell’uso a fini idropotabili del bacino, che ha imposto la predisposizione di una tutela anticipata e legittima l’applicazione del principio di precauzione

Per tale ragione possono essere disattesi, quindi, i motivi aggiunti depositati il 4 agosto 2014 con i quali Acea ribadisce le censure sollevate con il ricorso introduttivo, deducendo in aggiunta che la memoria difensiva depositata dalla Provincia per la camera di consiglio del 2.7.2014 integrerebbe in via postuma la motivazione del provvedimento impugnato.

Tale atto non costituisce in alcun modo motivazione postuma della d.d. n.549/2014, dal momento che tale determinazione indica con sufficiente precisione le risultanze dell’istruttoria svolta ed i presupposti normativi sui quali si fonda la decisione assunta.

Ciò detto deve considerarsi privo di base anche il secondo motivo con il quale, in via meramente derivata dal primo mezzo, è stata dedotta l’illegittimità della prescrizione che impone ad ACEA ATO 2 di presentare alla Provincia, entro 30 gg. la prenotazione all’ARPA Lazio delle analisi di controllo delle acque reflue, per la verifica della conformità dei valori di emissione al rispetto dei limiti di cui alla prescritta Tabella 4 (lettera c, punto 22).

Con il terzo motivo del ricorso introduttivo la società ACEA (in relazione alla prescrizione di cui alla lett. c) punto 19 della determinazione 549/2014) deduce la violazione dell’art. 11 del PTAR, il quale attribuirebbe in via esclusiva alla Giunta Regionale la competenza ad individuare gli impianti che devono provvedere all’installazione di un sistema di disinfezione U.V.-.

Il motivo non convince per le ragioni di seguito indicate.

Come esposto in fatto, il fosso dell’Acqua Bianca, che riceve lo scarico del depuratore di Allumiere, è un affluente del fiume Mignone, le cui acque vengono utilizzate ad uso irriguo potabile a servizio del Comune di Santa Marinella e di alcune frazioni dei Comuni di S. Severa e di Civitavecchia.

Al riguardo l’art.80 del d.lgs. n.152/2006 dispone che le “1. le acque dolci superficiali, per essere utilizzate o destinate alla produzione di acqua potabile, sono classificate dalle Regioni nelle categorie Al, A2, A3, secondo le caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche di cui alla tabella 11A dell’Allegato 2 alla parte III del presente decreto.

2. A seconda della categoria di appartenenza, le acque dolci superficiali di cui al comma 1 sono sottoposte ai trattamenti seguenti: categoria A1… categoria A2… categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinamento e disinfezione”.

L’art. 11 del PTAR “Misure per il raggiungimento degli obiettivi di qualità delle acque dolci supediciali destinate alla produzione di acqua potabile” dispone che “(…) 4. Gli scarichi urbani provenienti da impianti di depurazione che possono peggiorare lo stato di qualità delle acque, prima di essere immessi in un corpo idrico ricadente nel bacino idrografico chiuso sull’opera di presa, ovvero nel bacino idrografico dell’intero lago, devono subire un ulteriore trattamento di disinfezione con raggi UV. La Giunta Regionale individuerà, con proprio atto, i depuratori che dovranno munirsi di tale impianto per la disinfezione finale dei reflui.

5. (…)

6. Il comune di Canale Monterano deve dotarsi di un impianto di disinfezione con raggi U.V. per trattare gli scarichi provenienti dai depuratori comunali prima dell’immissione nel corpo idrico recettore recapitante nel fiume Mignone, utilizzato come risorsa idropotabile e classificato in A.3.

7. Il comune di Veiano dovrà dotarsi di depuratore e dovrà trattare gli scarichi con raggi U.V. prima di immetterli nel corpo idrico summenzionato”.

Dal combinato disposto delle due norme consegue che il fiume Mignone, utilizzato come risorsa idropotabile, è stato classificato in categoria A3, il che comporta, ai sensi dell’art.80 del d.lgs. n.152/2006, il “trattamento fisico e chimico spinto, affinamento e disinfezione”.

Ne consegue che gli scarichi urbani che possono peggiorare lo stato di qualità delle acque destinate al consumo umano, prima di essere immessi in un corpo idrico ricadente nel bacino idrografico chiuso sull’opera di presa, devono subire un ulteriore trattamento di disinfezione con raggi UV (art. 80, comma 4, del citato d.lgs. n.152/2006).

L’art. 11 del PTAR per i comuni di Canale Monterano e di Vejano, entrambi prossimi al bacino del Mignone, ha previsto espressamente l’obbligo di dotarsi di un impianto di disinfezione con raggi UV (commi 6 e 7), mentre con successivi atti la Giunta Regionale avrebbero dovuto individuare altri impianti soggetti a tale obbligo (comma 4).

Ciò stante, è pur vero che la Giunta Regionale non ha ancora adottato i provvedimenti attuativi dell’art.11, comma 4, PTAR: tuttavia è altrettanto evidente, sulla base di quanto osservato in precedenza, che lo scarico del depuratore di Allumiere confluisce nelle acque del fiume Mignone, il quale, come risorsa idropotabile, deve mantenere la categoria A3 in cui è stato classificato.

Di conseguenza merita adesione la tesi dell’Amministrazione secondo cui, in attesa dell’emanazione dell’atto della Giunta Regionale di cui all’art. 11, comma 4, del PTAR, in applicazione dell’art. 124, comma 9, del d.lgs. 152/2006, ed in osservanza del principio di precauzione, la Provincia ha prescritto il trattamento di disinfezione con raggi UV secondo quanto previsto dalle norme di attuazione del PTAR.

Poiché lo scarico del depuratore costituisce refluo urbano in grado di peggiorare lo stato di qualità delle acque, la prescrizione dei limiti imposti dalla Provincia al medesimo scarico, sotto forma della prescrizione del sistema di disinfezione a raggi U.V., a salvaguardia del corpo ricettore e del suo bacino di confluenza, deve ritenersi rispondente al “principio di precauzione”, enunciato nell’art.3 ter del d.lgs. 152/2006, secondo cui “la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell’articolo 174, cominci 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale”.

Il richiamato principio di precauzione, invero, impone alle Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, ponendo una tutela anticipata rispetto alla fase dell’applicazione delle migliori tecniche proprie del principio di prevenzione.

L’applicazione del principio di precauzione comporta, quindi, che ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa l’azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche, anche nei casi in cui i danni siano poco conosciuti o solo potenziali (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 18 maggio 2015, n. 2495; idem, Sez. IV, 11 novembre 2014, n. 5525).

Ciò posto, considerato che la portata idrica del Fosso dell’Acqua Bianca – come risulta in atti – è di portata esigua e tale da non garantire una efficacia diluizione dei residui nocivi contenuti nello scarico del depuratore e che lo stesso corpo idrico confluisce nel fiume Mignone, dal quale viene estratta acqua ad uso irriguo potabile, deve concludersi che non risulta esser stata fornita alcuna prova attendibile, in ordine alla inesistenza di rischi per la salute pubblica derivanti dalla mancata adozione del sistema di disinfezione a raggi UV disposto dalla Provincia alla lett. c) punto 19 della determinazione 549/2014.

In altri termini, in considerazione delle più ampie esigenze di tutela ambientale e di incolumità pubblica, si rivela del tutto legittimo, nell’esercizio di un potere discrezionale non sindacabile nel merito in assenza di sintomi di palese illogicità e travisamento, il provvedimento di natura cautelativa adottato dall’Amministrazione.

Con il quarto motivo del ricorso introduttivo ACEA contesta il termine di 150 giorni concesso per l’installazione del sistema di disinfezione, affermando che esso non sarebbe adeguato rispetto alla necessità di provvedere all’approvvigionamento, all’installazione e al collaudo dei macchinari necessari per i quali è necessario lo svolgimento di una procedura ad evidenza pubblica.

In proposito si osserva, innanzitutto, che con Determinazione Dirigenziale n. 2870 del 12 giugno 2014 (impugnata con i motivi aggiunti) la Provincia di Roma ha modificato la Determinazione Dirigenziale n. 549 del 13 febbraio 2014 differendo i termini di efficacia delle prescrizioni relative alla tabella 4, dal 24 febbraio 2014 al 1 settembre 2014; ha, inoltre, differito il termine di efficacia (“entro e non oltre il 31 agosto 2014, in luogo del precedente termine del 24 luglio 2014”) della prescrizione in ordine all’installazione del sistema di disinfezione a raggi U.V.-.

Ciò premesso la censura è priva di base.

Invero, la ricorrente si è limitata a dedurre l’esiguità del termine indicato senza fornire alcun elemento di riscontro a sostegno della impossibilità di adempiere agli incombenti, se non il mero richiamo alla necessità di bandire una procedura ad evidenza pubblica per l’esecuzione delle opere necessarie, per la quale, tuttavia, non si ravvisano motivi per ritenere che la stessa non possa svolgersi entro il termine di 180 giorni assegnato (e poi differito).

Del resto, come eccepito dalla Città Metropolita di Roma nella memoria di replica dell’8 giugno 2015 (senza alcuna smentita sul punto da parte della ricorrente), l’ACEA con nota del 18.11.2014 ha comunicato di aver ultimato i lavori di installazione del sistema di disinfezione a raggi U.V., per cui sotto tale profilo la censura si rivela anche improcedibile per difetto di interesse.

Da quanto sopra consegue, altresì, la improcedibilità dell’ulteriore profilo di censura contenuto nei motivi aggiunti con il quale la ricorrente ribadisce che il termine assegnato per l’installazione del nuovo sistema di disinfezione, anche a seguito della proroga dal 24.7.2014 al 31.8.2014, sia esiguo ed illogico, in quanto, come già osservato, l’ACEA ha già realizzato l’impianto senza tuttavia (ed incomprensibilmente) metterlo in esercizio.

In conclusione il ricorso e i motivi aggiunti devono essere respinti.

Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza indicata nel dispositivo.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, dispone quanto segue:

respinge il ricorso introduttivo;

respinge i motivi aggiunti depositati il 4 agosto 2014;

condanna la società ACEA S.p.a. al pagamento delle spese di giudizio in favore della Città Metropolitana di Roma, ce liquida nella misura complessiva di €. 3.000,00 (tremila/00) oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 luglio 2015 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Corsaro, Presidente
Vincenzo Blanda, Consigliere, Estensore
Achille Sinatra, Consigliere

L’ESTENSORE 

IL PRESIDENTE

   
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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