* ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Autorità di bacino distrettuali – Art. 63 del d.lgs. n. 152/2006 – Superamento del sistema organizzativo di cui alla l. n. 183/1989 – Riappropriazione da parte degli organi statali delle competenze già conferite alle regioni – Modello unitario – Distretti idrografici della Sardegna e della Sicilia – Competenza regionale – Competenza dello Stato per tutti gli altri distretti idrografici – D.M. 25/10/2016 – Attuazione del disposto legislativo – Artt. 3 e 8 del D.M. 25/10/2016 – Subentro delle nuove autorità distrettuali – Inquadramento del personale – Lesione dell’autonomia organizzativa regionale – Esclusione.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^ bis
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 27 Febbraio 2018
Numero: 2167
Data di udienza: 6 Febbraio 2018
Presidente: Stanizzi
Estensore: Andolfi
Premassima
* ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Autorità di bacino distrettuali – Art. 63 del d.lgs. n. 152/2006 – Superamento del sistema organizzativo di cui alla l. n. 183/1989 – Riappropriazione da parte degli organi statali delle competenze già conferite alle regioni – Modello unitario – Distretti idrografici della Sardegna e della Sicilia – Competenza regionale – Competenza dello Stato per tutti gli altri distretti idrografici – D.M. 25/10/2016 – Attuazione del disposto legislativo – Artt. 3 e 8 del D.M. 25/10/2016 – Subentro delle nuove autorità distrettuali – Inquadramento del personale – Lesione dell’autonomia organizzativa regionale – Esclusione.
Massima
TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ bis – 27 febbraio 2018, n. 2167
ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Autorità di bacino distrettuali – Art. 63 del d.lgs. n. 152/2006 – Superamento del sistema organizzativo di cui alla l. n. 183/1989 – Riappropriazione da parte degli organi statali delle competenze già conferite alle regioni – Modello unitario.
Il sistema organizzativo introdotto dalla legge numero 183 del 1989, articolato su una duplice configurazione di strutture, autorità nazionali per i bacini nazionali e autorità regionali per i restanti bacini interregionali e regionali, è stato superato dall’articolo 63 del codice dell’ambiente, mediante la istituzione, su tutto il territorio nazionale, delle autorità di bacino distrettuali. Il nuovo modello organizzativo, consistente in una riappropriazione da parte di organi statali delle competenze già conferite alle regioni, ha resistito al vaglio della Corte costituzionale che, nel pronunciarsi sul ricorso proposto da alcune regioni, con sentenza numero 232 del 2009, ha sancito la legittimità costituzionale della istituzione delle autorità di bacino distrettuali, in quanto preposte alla materia della tutela dell’ambiente, di esclusiva competenza statale, piuttosto che alla materia del governo del territorio, rientrante nella competenza legislativa concorrente. In sostanza, il legislatore ha ricondotto a un modello unitario il precedente assetto pluralistico delle autorità di bacino, nel cui ambito le regioni avevano organizzato diversamente le attività amministrative, talvolta istituendo apposite autorità regionali, talaltra impiegando direttamente uffici propri.
ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Autorità di bacino distrettuali – Artt. 63, c. 2 e 64 del d.lgs. n. 152/2006 – Competenza regionale – Distretti idrografici della Sardegna e della Sicilia – Competenza dello Stato per tutti gli altri distretti idrografici – D.M. 25/10/2016 – Attuazione del disposto legislativo.
L’articolo 63, c. 2 del codice dell’ambiente, che riconosce la competenza regionale ad organizzare talune autorità di bacino distrettuali, è riferita esclusivamente a quei distretti idrografici il cui territorio coincide con il territorio regionale, individuati dall’articolo 64 nei distretti idrografici della Sardegna e della Sicilia. Ne consegue che per tutti gli altri distretti idrografici la competenza organizzativa delle autorità di bacino distrettuali è attribuita dalla legge allo Stato. Essendo stata dalla legge stessa disposta la soppressione di tali autorità regionali e interregionali, deve ritenersi la legittimità del d.m. del ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 25 ottobre 2016, recante "disciplina dell’attribuzione e del trasferimento alle autorità di bacino distrettuali del personale e delle risorse strumentali, ivi comprese le sedi, e finanziarie delle autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183”, che non ha fatto altro che dare attuazione al disposto legislativo.
ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Autorità di bacino distrettuali – Artt. 3 e 8 del D.M. 25/10/2016 – Subentro delle nuove autorità distrettuali – Inquadramento del personale – Lesione dell’autonomia organizzativa regionale – Esclusione.
Il subentro delle nuove autorità distrettuali nei rapporti giuridici di cui sono titolari le preesistenti autorità di bacino regionali, così come l’inquadramento del personale delle autorità regionali nella nuova autorità distrettuale, previsti dagli artt. 3 e 8 del d.m. del ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 25 ottobre 2016, costituiscono corretta applicazione della legge, essendo prefigurati dall’articolo 63 del codice ambientale. Il trasferimento delle risorse non opera nei confronti di quelle regioni che abbiano stabilito di svolgere le funzioni di bacino direttamente, mediante propri uffici, ma è destinato ad intervenire solo laddove le regioni abbiano istituito organismi autonomi, autorità di bacino regionali e interregionali. Ne consegue che nessuna lesione è stata recata all’autonomia organizzativa regionale, non essendo previsto alcun trasferimento automatico di risorse e di personale regionale, laddove tale personale non sia già stato adibito dalle regioni stesse alle funzioni proprie delle autorità di bacino. Neppure le modalità di inquadramento del personale possono essere ritenute illegittime, essendo state stabilite previa informazione sindacale, coerentemente con il modulo di relazioni sindacali sancito dal decreto legislativo numero 165 del 2001, recante la normativa generale sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
Pres. Stanizzi, Est. Andolfi – Regione Campania (avv.ti Buondonno, D’Elia e Panariello) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altro (Avv. Stato)
Allegato
Titolo Completo
TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ bis - 27 febbraio 2018, n. 2167SENTENZA
TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ bis – 27 febbraio 2018, n. 2167
Pubblicato il 27/02/2018
N. 02167/2018 REG.PROV.COLL.
N. 03155/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3155 del 2017, proposto da:
Regione Campania, in persona del presidente della giunta regionale p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Lidia Buondonno, Maria D’Elia e Rosanna Panariello, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, via Poli, 29;
contro
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del ministro p.t. e Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del presidente p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Regione Puglia, in persona del presidente della giunta regionale p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Anna Bucci, con domicilio eletto presso la Regione Puglia Delegazione in Roma, via Barberini, 36;
Regione Basilicata, Regione Emilia Romagna, Regione Abruzzo, Regione Toscana, non costituite in giudizio;
per l’annullamento
previa adozione di misure cautelari
del d.m. del ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 25 ottobre 2016, pubblicato in g.u.r.i. n. 27 del 02.02.2017, recante "disciplina dell’attribuzione e del trasferimento alle autorità di bacino distrettuali del personale e delle risorse strumentali, ivi comprese le sedi, e finanziarie delle autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183”;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2018 il dott. Antonio Andolfi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e alle regioni Puglia, Basilicata, Emilia-Romagna, Abruzzo e Toscana, la regione Campania impugna il decreto del Ministro dell’ambiente del 25 ottobre 2016, pubblicato in Gazzetta Ufficiale numero 27 del 2 febbraio 2017, recante disciplina dell’attribuzione e del trasferimento alle autorità di bacino distrettuali del personale e delle risorse strumentali, ivi comprese le sedi, e finanziarie delle autorità di bacino di cui alla legge numero 183 del 1289.
La regione Puglia si costituisce per aderire al ricorso.
Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e la Presidenza del Consiglio dei Ministri si costituiscono chiedendone il rigetto.
All’udienza pubblica del 6 febbraio 2018 il ricorso è trattato nel merito, passando in decisione.
DIRITTO
Il decreto impugnato è stato adottato dal Ministro dell’ambiente in attuazione dell’articolo 63, comma 3, del codice ambientale, decreto legislativo numero 152 del 2006, come modificato dalla legge numero 221 del 2015.
L’art. 51, commi 2 e 4, della L. 28 dicembre 2015, n. 221 ha infatti modificato il testo dell’articolo 63 del codice dell’ambiente che già nella previgente versione, in attuazione delle direttive comunitarie 2000/60/CE e 2007/60/CE, prevedeva l’istituzione delle autorità di distretto idrografico.
L’art. 63 del codice dell’ambiente, nella versione vigente, in vigore dal 2 febbraio 2016, prevede, al comma 1, che in ciascun distretto idrografico è istituita l’Autorità di bacino distrettuale, ente pubblico non economico.
Al successivo comma 2 dispone che, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza nonché di efficienza e riduzione della spesa, nei distretti idrografici il cui territorio coincide con il territorio regionale, le regioni, al fine di adeguare il proprio ordinamento ai princìpi del codice ambientale, istituiscono l’Autorità di bacino distrettuale che esercita i compiti e le funzioni previsti nello stesso articolo 63; alla medesima Autorità di bacino distrettuale sono altresì attribuite le relative competenze delle regioni. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche avvalendosi dell’ISPRA, assume le funzioni di indirizzo dell’Autorità di bacino distrettuale e di coordinamento con le altre Autorità di bacino distrettuali.
La legge, quindi, distingue tra i distretti idrografici il cui territorio coincide con il territorio regionale, sostanzialmente quello siciliano e quello sardo, in cui l’istituzione dell’autorità di bacino distrettuale compete alle regioni, da tutti gli altri distretti idrografici individuati all’articolo 64, nei quali è direttamente istituita una autorità di bacino configurata come ente pubblico non economico.
L’autorità di bacino istituita ai sensi del comma 1 è destinata ad operare, quindi, nei seguenti distretti idrografici: Alpi orientali; fiume Po; Appennino settentrionale; Appennino centrale; Appennino meridionale.
Per questi distretti il comma 3 del richiamato articolo 63 del codice dell’ambiente dispone che agli oneri connessi al funzionamento degli organi dell’Autorità di bacino si provvede con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, nel rispetto dei princìpi di differenziazione delle funzioni, di adeguatezza delle risorse per l’espletamento delle stesse e di sussidiarietà. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinati l’attribuzione e il trasferimento alle Autorità di bacino, di cui al comma 1 del presente articolo, del personale e delle risorse strumentali, ivi comprese le sedi, e finanziarie delle Autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, salvaguardando l’attuale organizzazione e i livelli occupazionali, previa consultazione delle organizzazioni sindacali, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica e nell’ambito dei contingenti numerici da ultimo determinati dai provvedimenti attuativi delle disposizioni di cui all’articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni. Al fine di garantire un più efficiente esercizio delle funzioni delle Autorità di bacino di cui al comma 1 del presente articolo, il decreto di cui al periodo precedente può prevederne un’articolazione territoriale a livello regionale, utilizzando le strutture delle soppresse Autorità di bacino regionali e interregionali.
Il successivo comma 4 prevede che entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 3, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con le regioni e le province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico, sono individuate le unità di personale trasferite alle Autorità di bacino e sono determinate le dotazioni organiche delle medesime Autorità. I dipendenti trasferiti mantengono l’inquadramento previdenziale di provenienza e il trattamento economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento dell’inquadramento; nel caso in cui tale trattamento risulti più elevato rispetto a quello previsto per il personale dell’ente incorporante, è attribuito, per la differenza, un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti. Con il decreto di cui al primo periodo sono, altresì, individuate e trasferite le inerenti risorse strumentali e finanziarie. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Sulla base di tale quadro legislativo è stato adottato l’impugnato decreto ministeriale.
La regione Campania ne chiede l’annullamento, deducendo 4 motivi di illegittimità.
Con il primo motivo impugna specificamente l’articolo 12 del decreto, relativo alle modalità di attuazione delle disposizioni del decreto stesso, laddove è prevista, dalla data di entrata in vigore del decreto impugnato, la soppressione delle autorità di bacino nazionali, interregionali e regionali di cui alla legge 183 del 1989; a tal fine l’articolo 12 del decreto dispone che i segretari generali delle autorità di bacino nazionali restino in carica per svolgere le funzioni di avvio operativo delle nuove autorità di bacino, provvedendo, in particolare, alla ricognizione del personale e delle risorse strumentali e finanziarie delle preesistenti autorità di bacino nazionali, interregionali e regionali, già istituite dalla legge 183 del 1989, individuando tutti i rapporti attivi e passivi, tutte le risorse strumentali mobili e immobili e le risorse finanziarie, in modo da consentire la predisposizione del DPCM di cui all’articolo 63, comma 4, del codice dell’ambiente.
Ad avviso della Regione ricorrente le norme recate dall’articolo 12 sarebbero illegittime in quanto disporrebbero la soppressione, oltre che delle autorità di bacino nazionali, anche di quelle regionali e interregionali.
Ciò non sarebbe consentito dal riparto di competenze costituzionale, non potendo un decreto statale sopprimere autorità regionali, incidendo altrimenti abusivamente nella competenza organizzativa riservata in via residuale alle regioni; soltanto esse, mediante l’esercizio della funzione legislativa regionale, potrebbero dare attuazione alla legge statale sopprimendo le autorità di bacino di propria competenza.
Inoltre l’articolo 12 del decreto, nel sopprimere tutte le preesistenti autorità di bacino e non solo quelle statali, entrerebbe in contraddizione con il comma 2 dello stesso articolo che riserva alle regioni il potere di istituire l’autorità di bacino distrettuale di riferimento.
Le censure sono infondate.
Al riguardo si deve premettere che il sistema organizzativo introdotto dalla legge numero 183 del 1989, articolato su una duplice configurazione di strutture, autorità nazionali per i bacini nazionali e autorità regionali per i restanti bacini interregionali e regionali, è stato superato dall’articolo 63 del codice dell’ambiente, mediante la istituzione, su tutto il territorio nazionale, delle autorità di bacino distrettuali.
Il nuovo modello organizzativo, consistente in una riappropriazione da parte di organi statali delle competenze già conferite alle regioni, ha resistito al vaglio della Corte costituzionale che, nel pronunciarsi sul ricorso proposto da alcune regioni, con sentenza numero 232 del 2009, ha sancito la legittimità costituzionale della istituzione delle autorità di bacino distrettuali, in quanto preposte alla materia della tutela dell’ambiente, di esclusiva competenza statale, piuttosto che alla materia del governo del territorio, rientrante nella competenza legislativa concorrente.
In sostanza, il legislatore ha ricondotto a un modello unitario il precedente assetto pluralistico delle autorità di bacino, nel cui ambito le regioni avevano organizzato diversamente le attività amministrative, talvolta istituendo apposite autorità regionali, talaltra impiegando direttamente uffici propri.
In seguito alla previsione legislativa (articolo 63, comma 1, decreto legislativo 152 del 2006) di istituzione in ciascun distretto idrografico delle autorità di bacino distrettuali, il decreto ministeriale impugnato si è limitato a dare doverosa attuazione alla norma primaria, disciplinando la fase transitoria di trasferimento delle risorse alle nuove autorità.
Pertanto, si deve ritenere che la soppressione delle precedenti autorità di bacino regionali e interregionali non sia stata operata dal decreto impugnato, bensì dalla stessa legge statale, ritenuta costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale.
Erroneamente la regione ricorrente deduce violazione del comma 2 dell’articolo 63 del codice dell’ambiente.
La disposizione invocata, che effettivamente riconosce la competenza regionale ad organizzare talune autorità di bacino distrettuali, è riferita esclusivamente a quei distretti idrografici il cui territorio coincide con il territorio regionale, individuati dall’articolo 64 nei distretti idrografici della Sardegna e della Sicilia.
Ne consegue che per tutti gli altri distretti idrografici la competenza organizzativa delle autorità di bacino distrettuali è attribuita dalla legge allo Stato.
Riconosciuta, quindi, la competenza statale nell’ordinamento delle autorità di bacino distrettuali, deve ritenersi infondata la censura della ricorrente, per cui solo le regioni avrebbero potuto autonomamente sopprimere le autorità di bacino regionali e interregionali, mediante apposite leggi regionali.
Al contrario, si deve ribadire che, essendo stata dalla legge stessa disposta la soppressione di tali autorità regionali e interregionali, il decreto impugnato non ha fatto altro che dare attuazione al disposto legislativo.
L’articolo 12 sarebbe illegittimo anche nella parte in cui prevede la possibilità, per l’autorità di bacino nazionale, di avvalersi delle strutture delle autorità di bacino regionali contestualmente soppresse. La disposizione sarebbe contraddittoria e attribuirebbe agli organi distrettuali poteri anomali, in particolare ai segretari generali delle soppresse autorità statali, anche mediante un uso abnorme della delega di firma.
Anche questa censura è infondata perché la disposizione impugnata si limita a dare attuazione al comma 3 del più volte citato articolo 63 del codice ambientale che riserva a un decreto del Ministro dell’ambiente l’attribuzione e il trasferimento alle autorità di bacino del personale e delle risorse strumentali, salvaguardando la precedente organizzazione e i precedenti livelli occupazionali. Il comma conclude consentendo alle autorità distrettuali di bacino di utilizzare, al fine di garantire un più efficiente esercizio delle funzioni, le strutture delle soppresse autorità di bacino regionali e interregionali.
In tale prospettiva si giustificano sia le funzioni transitoriamente attribuite ai segretari generali delle precedenti autorità di bacino nazionali, sia la delega di firma nei confronti dei dirigenti delle strutture soppresse.
Con il 2º motivo di ricorso, la regione impugna gli articoli 3 e 8 del decreto.
L’articolo 3 prevede il subentro dell’autorità distrettuale di bacino in tutti i rapporti, attivi e passivi, delle autorità di bacino nazionali, interregionali e regionali di cui alla previgente legge 183 del 1989, a decorrere dall’entrata in vigore di un apposito decreto del presidente del consiglio dei ministri.
L’articolo 8 dispone il trasferimento del personale dalle autorità di bacino nazionali, interregionali e regionali, che sarà inquadrato nel ruolo dell’autorità di bacino territorialmente competente mantenendo il precedente inquadramento, nonché il relativo stato giuridico ed economico.
Ad avviso della Regione ricorrente ciò sarebbe illegittimo perché non si sarebbe tenuto conto delle differenze organizzative tra le varie regioni; alcune, infatti, avrebbero adottato un modello organizzativo decentrato, svolgendo le funzioni ad esse attribuite mediante l’istituzione di apposite autorità, altre, invece, avrebbero svolto le stesse funzioni direttamente, mediante propri uffici. Pertanto, il decreto di attuazione avrebbe dovuto prevedere il trasferimento delle risorse alle nuove autorità distrettuali non attingendo alle singole autorità di bacino regionali, bensì alle regioni competenti, in quanto il trasferimento diretto di risorse da singole articolazioni regionali ad uffici statali configurerebbe una illegittima interferenza nei rapporti organizzativi interni alle regioni, da prendere in considerazione come soggetti unitari.
Inoltre, seguendo la prospettazione della ricorrente, l’inquadramento del personale come disciplinato dal decreto ministeriale sarebbe illegittimo in quanto non preceduto dal confronto con le organizzazioni sindacali ed in quanto invasivo dell’organizzazione del personale regionale.
Entrambe le censure sono infondate.
Il subentro delle nuove autorità distrettuali nei rapporti giuridici di cui sono titolari le preesistenti autorità di bacino regionali, così come l’inquadramento del personale delle autorità regionali nella nuova autorità distrettuale devono ritenersi corretta applicazione della legge, essendo prefigurati dal richiamato articolo 63 del codice ambientale.
Il trasferimento delle risorse non opera nei confronti di quelle regioni che abbiano stabilito di svolgere le funzioni di bacino direttamente, mediante propri uffici.
Esso è destinato ad intervenire solo laddove le regioni abbiano istituito organismi autonomi, autorità di bacino regionali e interregionali.
Ne consegue che nessuna lesione è stata recata all’autonomia organizzativa regionale, non essendo previsto alcun trasferimento automatico di risorse e di personale regionale, laddove tale personale non sia già stato adibito dalle regioni stesse alle funzioni proprie delle autorità di bacino.
Neppure le modalità di inquadramento del personale possono essere ritenute illegittime, essendo state stabilite previa informazione sindacale, coerentemente con il modulo di relazioni sindacali sancito dal decreto legislativo numero 165 del 2001, recante la normativa generale sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
Con il 3º motivo di ricorso, la Regione impugna l’articolo 9 del decreto ministeriale che costituisce la dotazione strumentale e finanziaria iniziale dell’autorità di bacino distrettuale mediante le risorse strumentali e finanziarie delle autorità di bacino nazionali, interregionali e regionali.
Anche questa disposizione, ad avviso della ricorrente, sarebbe illegittima per disparità di trattamento tra le regioni nelle quali già esistevano proprie autorità di bacino, chiamate a conferire risorse direttamente e altre regioni, quelle prive di organismi propri, che sarebbero esonerate dal trasferimento di risorse.
Ciò determinerebbe, in ogni caso, irragionevole incidenza nel potere regionale di distribuzione delle risorse.
Anche il 3º motivo è infondato.
Come già chiarito, le risorse direttamente trasferite dalla legge e dal decreto alle autorità di bacino distrettuali sono quelle già previamente individuate dalle regioni che hanno a suo tempo organizzato le proprie autorità regionali di bacino.
Anche sotto questo profilo, dunque, il decreto impugnato non presenta alcuna illegittima invasione di competenze organizzative regionali.
Nessuna ingiusta disparità di trattamento è ravvisabile nelle modalità di finanziamento delle nuove autorità, essendo stato previsto il trasferimento delle sole risorse già destinate a funzioni di protezione dei bacini, senza poter disporre dei bilanci regionali; in questo il decreto ha doverosamente preso atto della situazione esistente, fermo restando che, ultimata la prima dotazione, dovrà essere espletata una più ampia ricognizione delle risorse disponibili.
Con il 4º e ultimo motivo, infine, la Regione ricorrente deduce la illegittimità dell’articolo 4 del decreto ministeriale nella parte in cui, tra i compiti istituzionali delle autorità distrettuali di bacino, contempla le funzioni di tutela delle acque e gestione delle risorse idriche, in asserita violazione dell’articolo 61 del codice ambientale che riserverebbe alle regioni la competenza sui piani di tutela delle acque.
Il motivo è infondato perché il decreto impugnato, nell’attribuire all’autorità distrettuale di bacino le competenze statali in materia di tutela delle acque, non incide sul relativo riparto di competenze tra Stato e regioni, complessivamente disciplinato dalla parte 3ª del codice ambientale e, in particolare, dall’articolo 61, rimasto immodificato.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto per l’infondatezza dei motivi di impugnazione dedotti.
Le spese processuali sostenute dalla difesa statale devono essere poste a carico delle parti soccombenti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna la Regione ricorrente e la Regione cointeressata costituita in giudizio a rimborsare all’amministrazione statale le spese difensive, liquidate nella complessiva somma di euro 3000,00 (tremila) oltre accessori dovuti per legge, da ripartire in egual misura tra le due parti soccombenti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Elena Stanizzi, Presidente
Ofelia Fratamico, Consigliere
Antonio Andolfi, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
Antonio Andolfi
IL PRESIDENTE
Elena Stanizzi
IL SEGRETARIO