* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Comunicazioni via email ordinaria – Inclusione nel novero dei documenti accessibili a norma di legge – Doveri di conservazione dell’Amministrazione – Distruzione (formattazione del computer) – Accertamento della responsabilità per omessa custodia.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^ ter
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 7 Novembre 2016
Numero: 10994
Data di udienza: 11 Ottobre 2016
Presidente: Morabito
Estensore: Gatto Costantino
Premassima
* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Comunicazioni via email ordinaria – Inclusione nel novero dei documenti accessibili a norma di legge – Doveri di conservazione dell’Amministrazione – Distruzione (formattazione del computer) – Accertamento della responsabilità per omessa custodia.
Massima
TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ ter – 7 novembre 2016, n. 10994
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Comunicazioni via email ordinaria – Inclusione nel novero dei documenti accessibili a norma di legge – Doveri di conservazione dell’Amministrazione – Distruzione (formattazione del computer) – Accertamento della responsabilità per omessa custodia.
Il servizio di posta elettronica ordinaria ha funzione giuridicamente rilevante, nel senso che può essere utilizzato per la formale trasmissione verso l’esterno, ovvero ricezione dall’esterno, di atti o documenti giuridicamente rilevanti nell’ambito dell’attività procedimentale; la comunicazione mediante e- mail ordinaria assume inoltre piena valenza giuridica e soddisfa il requisito della forma scritta. Come tale, la comunicazione via e-mail deve essere inclusa nei documenti accessibili a norma di legge, con ogni conseguenza in ordine ai doveri di conservazione che incombono sull’Amministrazione. In particolare, l’accertamento del diritto di accedervi non può essere ostacolato dalla sua affermata distruzione (nella specie, formattazione del computer e assegnazione ad altro dipendente), rilevando quest’ultima solo ai fini dell’esecuzione dell’ordine di esibizione e dell’(eventuale) accertamento della responsabilità dell’azienda per sua omessa custodia; nonché ai fini della prova nell’(eventuale)instaurando giudizio civile, laddove l’omessa custodia di documenti potenzialmente rilevanti, e qualificati astrattamente come accessibili, può liberamente essere apprezzata dal giudice come argomento di prova.
Pres. Morabito, Est. Gatto Costantino – R.F. (avv. Zimbardi) c. A. s.p.a. (avv. Scicolone)
Allegato
Titolo Completo
TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ ter – 7 novembre 2016, n. 10994SENTENZA
TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ ter – 7 novembre 2016, n. 10994
Pubblicato il 07/11/2016
N. 10994/2016 REG.PROV.COLL.
N. 04907/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4907 del 2016, proposto da:
Rosina Fusaro, rappresentata e difesa dall’avvocato Antonio Zimbardi C.F. ZMBNTN83T07E791C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Livorno, 6;
contro
Società Ama Spa, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Stefano Scicolone C.F. SCCSFN66D19H501D, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Calderon De La Barca,87;
per l’annullamento
del diniego tacito sull’istanza presentata via PEC il 4.03.2016 volta ad ottenere l’accesso agli atti di “tutti i documenti contenuti nel fascicolo personale del lavoratore Claudio Orsini, ivi comprese le email contenute nell’account aziendale del signor Orsini, con particolare riferimento a quelle riconducibili al periodo temporale tra il 1.1.2011 ed il 30.7.2015”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Società Ama Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2016 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Ricorre la sig.ra Rosina Fusaro, nella qualità di erede del coniuge sig. Claudio Orsini già dipendente dell’AMA Spa e deceduto in Roma il 30.07.2015, la quale espone di avere richiesto con nota PEC del 4.3.2016 l’accesso agli atti costituiti dal fascicolo personale del coniuge comprese le mail esistenti nell’account di servizio del dipendente, da utilizzarsi – secondo quanto esponeva nell’istanza – ai fini della tutela giudiziale.
Più precisamente, premette che il sig. Orsini prestava attività lavorativa alle dipendenze dell’AMA Spa per oltre trent’anni sino al decesso, assunto con la qualifica di impiegato tecnico (liv.6° – CCNL Federambiente); che, tuttavia, dal 1.12.2011 al 30.07.2015, veniva trasferito presso la sede dell’AMA Spa di Ponte MALNOME ed adibito a mansioni riconducibili al liv. 3 – CCNL Federambiente o, comunque, ad un livello inferiore a quello contrattualizzato; che, con nota del 10.02.2016, la sig.ra Fusaro, in proprio ed in qualità di erede del coniuge, richiedeva al datore di lavoro di quest’ultimo AMA Spa il risarcimento dei danni subiti e subendi a causa del demansionamento patito da quest’ultimo dal 1.12.2011 sino alla data del decesso; che la stessa sig.ra Fusaro chiedeva altresì le differenze retributive in considerazione dell’avvenuta percezione di una retribuzione comunque non proporzionata alla qualifica ricoperta (liv. 6A) così come prevista dal CCNL di riferimento, senza ottenere alcun riscontro, salvo il versamento del TFR maturato; che in tale contesto, con nota inviata all’AMA Spa il 4.3.2016 la ricorrente chiedeva di poter accedere ai documenti contenuti nel fascicolo del lavoratore, ivi comprese le sue e-mail contenute nel suo account aziendale afferenti, in particolare, al periodo lavorativo 1.1.2011 – 30.07.2015, anche questa rimasta senza riscontro, formandosi così il diniego tacito di cui all’art. 25 della l. 241/90.
Conclude esponendo di avere interesse a promuovere un’azione giudiziaria dinanzi all’AGO, in funzione della quale impugna il diniego tacito in quanto il fascicolo personale del marito, detenuto dal datore di lavoro AMA Spa, potrebbe contenere documenti, ivi comprese le e-mail, utili ai fini della causa da introdurre; si sofferma quindi sui presupposti in diritto sui quali si fonda l’azione di annullamento del diniego tacito di accesso ai documenti e chiede di accertare e dichiarare il diritto della ricorrente alla documentazione richiesta con l’istanza presentata il 4.3.2016, di accertare e dichiarare l’illegittimità dei diniego tacito formatosi sull’istanza il 4.4.2016, per l’effetto di annullarlo e conseguentemente di ordinare all’AMA Spa di consentire l’accesso entro un termine non superiore a trenta giorni dalla pubblicazione della Sentenza, con vittoria di spese e compensi, oltre spese generali.
Costituitasi, oppone l’AMA, in fatto, che il 26.2.2016 il computer già in dotazione al sig. Orsini veniva riassegnato ad altro dipendente, previa formattazione integrale della memoria; l’account dello stesso sig. Orsini veniva disabilitato; non sussisterebbe dunque alcuna materiale possibilità per l’Azienda di ostendere documenti informatici; l’Azienda evidenzia che nessuna responsabilità potrebbe esserle attribuita per la mancata conservazione dei dati informatici, atteso che il salvataggio dei datti presenti nella memoria del computer assegnato ad ogni risorsa (c.d. “back-up”) tra i quali l’archivio della posta elettronica, è nella responsabilità di ciascun dipendente (art. 2 del regolamento aziendale per la sicurezza informatica adottato con ordine di servizio nr. 117/2006); in diritto, eccepisce a) il difetto di giurisdizione del g.a. sulla domanda, attinendo ad atti e documenti inerenti il rapporto di lavoro; b) inammissibilità del ricorso per mancata notifica ad almeno uno dei controinteressati (ovvero i destinatari della posta elettronica); l’infondatezza del ricorso, per insussistenza di interesse all’accesso in capo alla ricorrente (per sommarietà dell’istanza, nella quale non sarebbe chiaramente evidenziato un interesse differenziato, né si tratterebbe di un accesso circoscritto essendo rivolto alla corrispondenza di oltre tre anni).
Parte ricorrente ha replicato con una propria memoria, nella quale insiste per l’accoglimento del ricorso nei termini già formulati.
Nella camera di consiglio dell’11 ottobre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Nell’odierno giudizio, la parte ricorrente chiede riconoscersi ed accertarsi il proprio diritto all’accesso alla documentazione del fascicolo personale del coniuge deceduto, già dipendente dell’AMA spa, con particolare riferimento alle e-mail dell’account di servizio.
Va preliminarmente esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata dalla difesa dell’Azienda, che è infondata e non può trovare accoglimento: sul punto è sufficiente al Collegio rimandare alla pacifica giurisprudenza (cfr. da ultimo, T.A.R. Torino, sez. II 15 luglio 2016 n. 1017) secondo cui, a norma dell’art. 116 del c.p.a. “qualsiasi controversia, che abbia ad oggetto la domanda con la quale un soggetto richieda ad una Amministrazione di accedere ad un documento da essa detenuto, deve essere proposta innanzi al giudice amministrativo, indipendentemente dalla qualificazione della posizione soggettiva che il richiedente può vantare o intende tutelare mediante l’ostensione del documento medesimo” (v. anche T.A.R. Pescara, sez. I 26 aprile 2016 n. 155; T.A.R. Palermo, sez. I 28 gennaio 2016 n. 275; T.A.R. Napoli, sez. VI 17 settembre 2015 n. 4570 ed altre).
Nessun rilievo può inoltre essere riconosciuto alla seconda eccezione in rito, secondo la quale il ricorso sarebbe inammissibile per difetto di notifica ad almeno uno dei controinteressati, ovvero i destinatari delle e-mail, posto che questi ultimi sono estranei alla sfera di conoscenza della parte ricorrente, non essendo noti in ragione della mancata ostensione delle e-mail medesime.
Quanto alla circostanza, di fatto, secondo cui l’istanza sarebbe generica o comunque non sorretta da idonea dimostrazione delle ragioni di interessi, va rammentato che, secondo la giurisprudenza,
“il diritto alla trasparenza dell’azione amministrativa costituisce situazione attiva meritevole di autonoma protezione indipendentemente dalla pendenza e dall’oggetto di una controversia giurisdizionale o di una potenziale controversia tra i privati e non è condizionata al necessario giudizio di ammissibilità e rilevanza cui è subordinata la positiva delibazione di istanze a finalità probatorie, tanto che è rimesso al libero apprezzamento dell’interessato di avvalersi della tutela giurisdizionale prevista dall’art. 25 della legge n. 241 del 1990 ovvero di conseguire la conoscenza dell’atto nel diverso giudizio pendente tra le parti mediante la richiesta di esibizione istruttoria (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 12 aprile 2000 n. 2190). In tale ottica è stato altresì rilevato che il diritto di accesso non costituisce una pretesa meramente strumentale alla difesa in giudizio della situazione sottostante, essendo in realtà diretto al conseguimento di un autonomo bene della vita così che la domanda giudiziale tesa ad ottenere l’accesso ai documenti è indipendente non solo dalla sorte del processo principale nel quale venga fatta valere l’anzidetta situazione (Cons. Stato, sez. VI del 12 aprile 2005 n. 1680) ma anche dall’eventuale infondatezza od inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente, una volta conosciuti gli atti, potrebbe proporre (Cons. Stato, Sez. VI, 21 settembre 2006 n. 5569)…Invero, l’accesso ai documenti va consentito anche quando la relativa istanza è preordinata alla loro utilizzazione in un giudizio, senza che sia possibile operare alcun apprezzamento in ordine alla ammissibilità ovvero alla fondatezza della domanda o della censura che sia stata proposta o che si intenda proporre, la cui valutazione spetta soltanto al giudice chiamato a decidere” (Consiglio di Stato, 7183/2010; si vedano anche le pronunce di questa Sezione del TAR Lazio, nr. 9034/2015 del 7 luglio 2015 e 1958/2015 del 3 febbraio 2015).
Nello specifico caso all’esame del Collegio, parte ricorrente ha chiaramente finalizzato l’esercizio del diritto di accesso alla tutela di una richiesta risarcitoria già formalizzata, scaturita da un preteso demansionamento del coniuge della ricorrente medesima, che l’accesso stesso era volto a riscontrare; né può considerarsi generico il riferimento alle e-mail del periodo in cui tale demansionamento si sarebbe asseritamente verificato, posta la chiara indicazione dell’oggetto degli atti che si richiedevano in visione, ovvero il “fascicolo personale” del dipendente, nonché la circostanza che – ordinariamente – un volume anche elevato di corrispondenza di natura informatica non implica particolari problematiche né di reperimento, né di riproduzione.
Sul punto, la giurisprudenza considera generica o emulativa la richiesta di accesso che è volta a porre in essere un sindacato di tipo ispettivo o generalizzato, ovvero quel tipo di indagine rivolto all’acquisizione sistematica di atti o informazioni di tipo generale e non chiaramente predeterminato (sul punto, vedasi T.A.R. Catanzaro, sez. II 15 gennaio 2014 n. 44, secondo cui “la domanda di accesso deve avere un oggetto determinato o, quanto meno, determinabile, e non può essere generica; deve riferirsi a specifici documenti, senza che possa implicare alcuna attività di elaborazione di dati; deve essere finalizzata alla tutela di uno specifico interesse, di cui il richiedente deve essere portatore; non può essere uno strumento di controllo generalizzato dell’operato della P.A.; non può assumere il carattere di una indagine o di un controllo ispettivo, cui sono ordinariamente preposti gli organi pubblici”), perché in tali casi non è possibile identificare il collegamento sostanziale tra l’accesso e la pretesa sostanziale che costituisce titolo di legittimazione alla conoscenza dei relativi dati.
Non v’è dubbio, pertanto, che nel caso di specie la ricorrente sia titolare di un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridica tutelata e collegata ai documenti di cui chiede l’accesso.
Va soggiunto, per maggiore completezza, che recentemente si è ritenuto (v. T.A.R. Milano, sez. III 19 luglio 2016 n. 1442) che “il servizio di posta elettronica ordinaria ha funzione giuridicamente rilevante, nel senso che può essere utilizzato per la formale trasmissione verso l’esterno, ovvero ricezione dall’esterno, di atti o documenti giuridicamente rilevanti nell’ambito dell’attività procedimentale” e che la comunicazione mediante “e- mail ordinaria assume piena valenza giuridica e soddisfa il requisito della forma scritta”.
Come tale, la comunicazione via e-mail non può dunque che essere inclusa nei documenti accessibili a norma di legge, con ogni conseguenza in ordine ai doveri di conservazione che incombono sull’Amministrazione, specie in condizioni particolari quale quelle che si sono verificate nella vicenda all’esame dell’odierno giudizio.
Invero, quanto alla circostanza di fatto – come tale allegata dall’Amministrazione nelle proprie difese – secondo cui il computer in dotazione al dipendente sarebbe stato formattato ed assegnato ad altro dipendente, il Collegio osserva che, in primo luogo, la domanda di accesso è rivolta all’intero “fascicolo personale” che non si esaurisce – com’è ovvio – nell’archivio delle e-mail e già solo per questo specifico aspetto nessun impedimento può prospettarsi al suo accoglimento.
Nello specifico dell’archivio delle e-mail, assente ogni dimostrazione concreta dell’impossibilità di recuperarne il contenuto (prova che peraltro involgerebbe delicati problemi di ordine tecnico-informatico in ordine alla possibilità di ripristinare documenti formattati nel PC, ma probabilmente ancora presenti in memorie esterne ad esso, come nella rete o nei server che ospitano gli account di posta elettronica), va osservato che l’accertamento del diritto ad accedervi non può comunque essere ostacolato dalla sua affermata distruzione, rilevando quest’ultima solo ai fini dell’esecuzione dell’ordine di esibizione e dell’(eventuale) accertamento della responsabilità dell’azienda per sua omessa custodia; nonché ai fini della prova nell’instaurando giudizio civile, laddove l’omessa custodia di documenti potenzialmente rilevanti, e qualificati astrattamente come accessibili, potrà liberamente essere apprezzata dal giudice come argomento di prova.
Più precisamente, si osserva che la parte ricorrente, nella memoria da ultimo depositata, ha prospettato la riserva di una specifica azione per il risarcimento del danno e dunque sussiste l’interesse alla pronuncia anche solo per accertare il diritto all’accesso, salva poi la sua risarcibilità nel caso in cui esso non sia più materialmente esercitabile per (negligente o colposa) mancata conservazione dei documenti a suo oggetto.
Nel caso all’esame del Collegio, vero è che – secondo l’Amministrazione – l’obbligo di eseguire un back-up dei dati incombeva sull’addetto; ma è anche vero che il decesso di quest’ultimo ne ha verosimilmente impedito l’esercizio e dunque non può escludersi l’interesse attuale della parte ricorrente all’accertamento della fondatezza dell’istanza di accesso, mentre le condizioni di eventuale impossibilità di evaderla per sopravvenuta distruzione dei dati informatici rileverà ai fini della sussistenza di una più generale responsabilità dell’Ente nella conservazione dei dati informatici stessi (legata tra l’altro anche alla verifica della sufficienza o meno delle misure prescritte ai fini della tutela dei sistemi informatici) e dovrà comunque essere approfondita nella sede di giudizio sull’azione risarcitoria vera e propria.
Ai fini del presente giudizio, intanto, la circostanza secondo cui i dati informatici non sarebbero più nella materiale disponibilità dell’azienda non osta all’accoglimento del gravame, con condanna dell’Ente a consentire l’accesso al fascicolo del coniuge della ricorrente da parte di quest’ultima e con la precisazione che, ove sia riscontrato in contraddittorio con essa che dati o documenti informatici dovessero risultare effettivamente irreperibili nonostante le prescrizioni tecniche esigibili secondo diligenza, dovrà essere redatto specifico processo verbale e rilasciata apposita attestazione in tal senso.
Ove l’archivio e-mail sia recuperato, nell’esecuzione della sentenza sarà necessario che l’Amministrazione individui i destinatari delle e-mail, acquisisca eventuali ragioni di opposizione all’accesso da parte loro, e provveda motivatamente – nel contraddittorio con le parti incluse le eventuali controinteressate – sull’istanza, nei termini indicati a seguire.
La presente sentenza dovrà essere eseguita dall’Amministrazione entro trenta giorni dalla sua notifica, con riserva, in caso di inottemperanza, di nomina di un commissario ad acta su istanza della parte ricorrente, debitamente notificata alla controparte.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, condanna l’AMA Spa a consentire entro trenta giorni dalla notifica della presente sentenza l’accesso ai dati ed ai documenti richiesti dalla parte ricorrente, previa comunicazione ai controinteressati se individuati o individuabili da parte dell’Azienda stessa sulla base del contenuto dei documenti informatici che possano essere rinvenuti.
Condanna l’AMA Spa alle spese della presente fase di giudizio che liquida in euro 1.000,00 oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Pietro Morabito, Presidente
Maria Laura Maddalena, Consigliere
Salvatore Gatto Costantino, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
Salvatore Gatto Costantino
IL PRESIDENTE
Pietro Morabito
IL SEGRETARIO