Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 4190 | Data di udienza: 28 Marzo 2017

APPALTI – Atti endoprocedimentali – Impugnazione – Limiti – Onere di impugnazione del provvedimento finale – Fattispecie – Atti di affidamento di pubblici contratti – Impugnazione – Dimezzamento dei termini – Decorrenza – Art. 120 c.p.a. – Art. 29 d.lgs. n. 50/2016 – Disciplina di gara – Previsione di requisiti di partecipazione e/o qualificazione più restrittivi di quelli minimi stabiliti per legge – Limiti.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^ quater
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 4 Aprile 2017
Numero: 4190
Data di udienza: 28 Marzo 2017
Presidente: Mezzacapo
Estensore: Scala


Premassima

APPALTI – Atti endoprocedimentali – Impugnazione – Limiti – Onere di impugnazione del provvedimento finale – Fattispecie – Atti di affidamento di pubblici contratti – Impugnazione – Dimezzamento dei termini – Decorrenza – Art. 120 c.p.a. – Art. 29 d.lgs. n. 50/2016 – Disciplina di gara – Previsione di requisiti di partecipazione e/o qualificazione più restrittivi di quelli minimi stabiliti per legge – Limiti.



Massima

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 1^ quater – 4 aprile 2017, n. 4190


APPALTI – Atti endoprocedimentali – Impugnazione – Limiti – Onere di impugnazione del provvedimento finale – Fattispecie.

In linea di principio, gli atti endoprocedimentali non sono impugnabili in via autonoma, in quanto la lesione della sfera giuridica del destinatario è di regola imputabile solo all’atto che conclude il procedimento. Peraltro, è ammissibile l’impugnazione anticipata di tali atti in via meramente eccezionale solo nei casi in cui, in ragione della natura vincolata, tali atti siano idonei a conformare in maniera netta la determinazione conclusiva del procedimento, ovvero, quando questi spieghino in via diretta ed immediata una autonoma portata pregiudizievole della sfera giuridica dei destinatari. Peraltro, ancorché possa ammettersi l’immediata impugnabilità degli atti preparatori immediatamente lesivi, allo scopo di garantire un’immediata tutela giurisdizionale, anche cautelare, tuttavia tale possibilità di immediata impugnazione dell’atto lesivo non può certo tradursi in un esonero dal dovere di impugnare anche l’atto finale; diversamente, in assenza di impugnativa del provvedimento finale, questi si consoliderà nei suoi effetti e diverrà inoppugnabile. Alla luce di tali principi, è improcedibile il ricorso avverso il verbale con cui è stata comunicata la decisione di annullare il procedimento di gara, ove non sia successivamente impugnata la determina di annullamento in autotutela.
 

APPALTI – Atti di affidamento di pubblici contratti – Impugnazione – Dimezzamento dei termini – Decorrenza – Art. 120 c.p.a. – Art. 29 d.lgs. n. 50/2016.

Il comma 5 dell’art. 120 c.p.a., recante disposizioni specifiche di natura processuale per i giudizi aventi ad oggetto gli atti di affidamento di pubblici contratti, prevede il dimezzamento dei termini per la proposizione del ricorso e dei motivi aggiunti, decorrenti, con riferimento ai bandi ed agli avvisi di indizione di una gara, dalla pubblicazione di tali atti con le modalità previste dall’art. 29 del d.lgs. 50/2016. E’ preciso onere della parte ricorrente verificare sul profilo del committente la pubblicazione dell’atto conclusivo del procedimento di gara.
 

APPALTI – Disciplina di gara – Previsione di requisiti di partecipazione e/o qualificazione più restrittivi di quelli minimi stabiliti per legge – Limiti.

La disciplina di gara può prevedere requisiti di partecipazione e di qualificazione più rigorosi e restrittivi di quelli minimi stabiliti dalla legge, alla condizione, però, che tali ulteriori prescrizioni siano pur sempre rispettose dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza con riguardo alle specifiche esigenze imposte dall’oggetto dell’appalto e comunque non introducano indebite discriminazioni nell’accesso alla procedura.


Pres. Mezzacapo, Est.Scala – G. s.r.l. (avv. Caputo) c. Laziodisu – Ente per il diritto agli studi universitari del Lazio (Avv. Stato) e altri (n.c.)

 


Allegato


Titolo Completo

TAR LAZIO, Roma, Sez. 1^ quater – 4 aprile 2017, n. 4190

SENTENZA

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 1^ quater – 4 aprile 2017, n. 4190

Pubblicato il 04/04/2017

N. 04190/2017 REG.PROV.COLL.
N. 13565/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 13565 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Soc. Geser Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Antonio Caputo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Ugo Ojetti, n.114;

contro

Laziodisu – Ente per il diritto agli studi universitari del Lazio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Lazio, in persona del presidente p. t., non costituito in giudizio;
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro p. t., non costituito in giudizio;

per l’annullamento,

della comunicazione con effetto inibitorio prot. 0132031/16 del 29.11.2016 con la quale è stato disposto l’annullamento del procedimento di gara relativo alla procedura negoziata per l’affidamento in concessione del servizio di distribuzione automatica di bevande e di alimenti per il periodo di 543 anni eventualmente rinnovabile per ulteriori due – CIG 68087928E6;

e, con motivi aggiunti,

della determina direttoriale n. 3547 del 30 novembre 2016, con cui Laziodisu ha disposto l’annullamento in autotutela degli atti di gara relativi alla procedura negoziata per l’affidamento in concessione del servizio di distribuzione automatica di bevande e di alimenti per il periodo di 543 anni eventualmente rinnovabile per ulteriori due – CIG 68087928E6;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Laziodisu;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 marzo 2017 il Cons. Donatella Scala e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe, la società Ge.Se.R. s.r.l. ha impugnato il verbale del 21.11.16 e la successiva comunicazione del RUP di LazioDisu in data 29.11.16, con cui è stata comunicata la decisione di annullare il procedimento di gara relativo alla “Procedura negoziata per l’affidamento in concessione del servizio di distribuzione automatica di bevande e di alimenti per il periodo di tre anni, eventualmente rinnovabile per ulteriori due” – CIG 68087928E6, scaturita da un’osservazione del rappresentante di una ditta concorrente che avrebbe rilevato “un’incongruenza fra quanto richiesto nell’avviso di manifestazione di interesse (cioè l’esistenza di una sede operativa nel territorio di Roma e di Viterbo) e quanto poi esplicitato negli elaborati di gara, tale da comportare un restringimento della platea dei possibili concorrenti e da esporre l’Ente a successivi ricorsi amministrativi”, e si è dato atto che sarebbe stato adottato “apposito provvedimento” da parte della stazione appaltante; la ricorrente ha precisato, in proposito, di impugnare anche l’emanando provvedimento, ancorché non eseguito (e quindi sconosciuto nei relativi cespiti ed estremi) nonché tutti gli altri atti preordinati, connessi e consequenziali, ivi incluso l’implicito riscontro di diniego alla propedeutica diffida, intercorsa fra il verbale del 21.11.u.s. e la comunicazione del 29.11.u.s., con cui la parte ricorrente “insta al fine di indurre l’intestato Ente Aggiudicatore a soprassedere dal verbalizzato intervento revocatorio”, e, infine, tutti gli atti afferenti all’eventuale indizione della nuova gara.

Ha dedotto, in proposito, con il primo motivo, eccesso di potere per travisamento dei presupposti e falso supposto in fatto; difetto assoluto di istruttoria sotto questo profilo; distorta applicazione del principio della compartecipazione del privato al procedimento di gara. Con il secondo mezzo, ha sollevato la violazione di legge ed eccesso di potere; assenza di elementi di contraddittorietà nella legge di gara complessivamente esaminata fra la (vincolante) richiesta selettiva di due sedi operative (da rendere già nel corpo del riscontro alla manifestazione di interesse) e i successivi “elaborati” di gara; disapplicazione dell’art. 36, comma 2, lett. b) d.lgs. 50/16 attesa la propedeutica individuazione di operatori economici dotati della “doppia sede” in parola e la successiva elusione dell’esperita “indagine di mercato”; violazione del buon andamento (e della concatenazione procedimentale) dell’azione amministrativa nell’aver vanificato la pregressa attività, per come rispettosa della normativa; disapplicazione anche degli indirizzi traibili dalle linee guida dell’Anac (delibera n. 1097 del 26 ottobre 2016, linee guida n. 4, di attuazione del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 recanti “procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”), in vigore al momento dell’atto di annullamento; violazione dell’art. 4, comma 1 d.lgs. 50/16, in punto di disapplicazione dei dogmi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità; disapplicazione dei principi e regole a fondamento dell’autotutela, in tema di disposta caducazione ab origine delle procedure selettive degli appalti pubblici: assenza delle giustificazioni di cui all’art. 113 r. d. 827/24.

Ha chiesto, in conclusione, l’annullamento di tutti gli atti impugnati, previa sospensione degli stessi.

Alla camera di consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare, la Sezione ha emesso l’ordinanza n. 8209/2016 del 21 dicembre 2016, con cui, rilevata la mancata costituzione delle parti intimate, Regione Lazio e LazioDisu, è stata disposta l’acquisizione agli atti del giudizio di ogni documentato chiarimento in ordine ai fatti di causa, con particolare riguardo alla adozione da parte della stazione appaltante del provvedimento di annullamento del procedimento di gara ed è stata rinviata la trattazione della richiesta di misure cautelari alla camera di consiglio del 31 gennaio 2017.

LazioDisu, frattanto costituitasi in giudizio per il tramite dell’Avvocatura erariale, ha depositato documenti e memoria difensiva con cui ha eccepito l’infondatezza delle richieste di parte ricorrente.

Non si sono, invece, costituiti in giudizio, i pure intimati Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e la Regione Lazio.

Quindi, alla camera di consiglio del 31 gennaio 2017, fissata per l’esame dell’istanza cautelare, la parte ricorrente ha depositato atto per motivi aggiunti, recante l’impugnativa della determina direttoriale n. 3547 del 30.11.16, con cui la Resistente Laziodisu ha disposto l’annullamento in autotutela degli atti di gara relativi alla “Procedura negoziata per l’affidamento in concessione del servizio di distribuzione automatica di bevande e di alimenti per il periodo di tre anni, eventualmente rinnovabile per ulteriori due”.

Ha dedotto, al riguardo, i medesimi motivi già sviluppati con l’atto introduttivo ed ha, ulteriormente dedotto eccesso di potere per sviamento e travisamento dei presupposti inconferente e pretestuoso richiamo al principio di tassatività delle clausole di esclusione di cui all’art. 83, comma 8 d.lgs. 50/16, anche per contraddittorietà rispetto all’art. 7, lett. b), n. 22 del disciplinare di gara, quanto alla parte del provvedimento nella parte in cui motiva lo ius poenitendi con riguardo alla circostanza che il requisito della doppia sede stabilisce un’imperseguibile limitazione di “carattere territoriale”; ancora, illegittimità dell’annullamento della gara per generico ed indeterminato richiamo ad un’eventuale strutturazione in lotti dell’innovanda procedura; errata applicazione della non vincolante prescrizione dell’art. 51 d.lgs. 50/16; violazione degli oneri argomentativi (non perplessi ed incerti) del perpetrato contrarius actus a fronte della denunciata censura; infine, illegittimo annullamento della gara per inconferenza delle argomentazioni addotte e quindi eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione dell’art. 2, comma 3 l. 241/90, per come richiamato dall’art. 30, comma 8 d.lgs. 50/16; violazione art. 21-quinquies l. 241/90; incongruo ed irragionevole riferimento a non meglio precisati “ricorsi amministrativi successivi”, quale sintomo della spiegata ponderazione di interessi.

Conclude, chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo e di quello oggetto di motivi aggiunti.

Alla predetta camera di consiglio, il Collegio ha rinviato l’esame dell’istanza cautelare al fine di assicurare i termini a difesa.

In vista della discussione dell’istanza cautelare, l’Avvocatura erariale ha controdedotto anche avverso tale mezzo, chiedendone il rigetto.

Alla camera di consiglio del 28 marzo 2017, il Collegio ha avvisato le parti circa la possibilità di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 120, comma 6, C.p.a., ed ha avvertito circa la sussistenza di profili di improcedibilità e inammissibilità del gravame.

Tanto precisato in fatto, rileva il Collegio che il ricorso, in disparte la questione se lo stesso fosse ammissibile ab origine, è comunque divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Il Collegio rileva in primis che il mezzo impugnatorio è stato introdotto in data 2 dicembre 2016 avverso atti con valenza meramente endoprocedimentale, ossia, come peraltro ammesso dalla stessa parte ricorrente, nelle more dell’emanazione del provvedimento conclusivo del procedimento de quo, nel tentativo di paralizzare l’indizione di una nuova gara.

Come emerge, peraltro, dalla documentazione versata in atti il 10 gennaio 2017 dall’Avvocatura erariale, il 30 novembre 2016 era stata già adottata la determina direttoriale 3547, pubblicata all’Albo online il 1° dicembre, recante l’annullamento in autotutela della determina direttoriale di approvazione degli atti di gara relativi la procedura negoziata per cui è controversia, avverso cui parte ricorrente ha poi proposto motivi aggiunti, notificati solo il 30 gennaio 2017, quindi oltre i termini decadenziali di trenta giorni decorrente dalla pubblicazione sull’Albo OnLine di Laziodisu, per quanto si dirà più approfonditamente in appresso.

Tanto chiarito, osserva il Collegio che in linea di principio gli atti endoprocedimentali non sono impugnabili in via autonoma, in quanto la lesione della sfera giuridica del destinatario è di regola imputabile solo all’atto che conclude il procedimento. Peraltro, è ammissibile l’impugnazione anticipata di tali atti in via meramente eccezionale solo nei casi in cui, in ragione della natura vincolata, tali atti siano idonei a conformare in maniera netta la determinazione conclusiva del procedimento, ovvero, quando questi spieghino in via diretta ed immediata una autonoma portata pregiudizievole della sfera giuridica dei destinatari.

Peraltro, ancorché possa ammettersi l’immediata impugnabilità degli atti preparatori immediatamente lesivi, allo scopo di garantire un’immediata tutela giurisdizionale, anche cautelare, tuttavia tale possibilità di immediata impugnazione dell’atto lesivo non può certo tradursi in un esonero dal dovere di impugnare anche l’atto finale.

Se, infatti, l’anticipazione della tutela di impugnazione costituisce un ampliamento degli strumenti di tutela degli interessati, attraverso la deroga alla regola generale secondo cui va impugnato solo l’atto finale e conclusivo del procedimento, ciò non esime gli interessati dal far valere anche contro il provvedimento che conclude il procedimento i vizi già sollevati avverso gli atti preparatori, ancorché in via derivata; diversamente, in assenza di impugnativa del provvedimento finale, questi si consoliderà nei suoi effetti e diverrà inoppugnabile.

Il Collegio ritiene che sia questa la soluzione più corretta dal punto di vista giuridico, non per mero formalismo o volontà di aggravare con inutili adempimenti i diritti di difesa dei soggetti interessati, ma in quanto, diversamente opinando, sarebbe vanificata la pure meritevole esigenza di tutela di eventuali controinteressati che potrebbero essere individuati solo all’esito finale del procedimento e che, invece, rimarrebbero estranei dal giudizio avente ad oggetto un atto preparatorio, ai medesimi non notificato.

Peraltro, tanto precisato in linea di principio, e pure volendo trasporre i suddetti principi al caso che ne occupa, emerge all’evidenza, solo ad una superficiale lettura della determina direttoriale non gravata, che non sussiste un rapporto di presupposizione – consequenzialità immediata, diretta e necessaria tra questo atto e la proposta di annullamento formulata dal RUP, essendosi espresso il Vice Direttore Generale dell’Ente in adesione a tale proposta ma sulla base di una serie articolata di ulteriori valutazioni di tutti gli interessi coinvolti, di talché l’immediata impugnazione dell’atto preparatorio interposta dalla parte ricorrente non ha fatto venir meno la necessità di impugnare anche questo ultimo atto conclusivo, che, infatti, è stato gravato, seppure tardivamente, anche con la deduzione di ulteriori motivi e non solo per vizi derivati dall’atto presupposto.

Ne consegue che la medio tempore intervenuta inoppugnabilità del provvedimento finale, per tardività della relativa impugnazione, determina l’improcedibilità del ricorso, il cui eventuale accoglimento non potrebbe produrre alcun effetto favorevole per la ricorrente, stante la perdurante operatività della decisione di indizione di una nuova gara rispettosa delle prescrizioni indicate dall’organo decisionale dell’Ente.

Quanto ai motivi aggiunti, questi, per quanto sopra argomentato, sono invece tardivi e dunque devono essere dichiarati irricevibili.

Come noto, il comma 5 dell’art. 120, recante disposizioni specifiche di natura processuale per i giudizi aventi ad oggetto gli atti di affidamento di pubblici contratti, prevede, per quanto di interesse, il dimezzamento dei termini per la proposizione del ricorso e dei motivi aggiunti, decorrenti, con riferimento ai bandi ed agli avvisi di indizione di una gara, dalla pubblicazione di tali atti con le modalità che, quanto alle gare regolate dal d.lgs. 50/2016, quale quella per cui è causa, sono ora previste dall’art. 29.

L’art. 29, ora richiamato, prevede, infatti principi uniformi in tema di trasparenza degli atti regolati dal d.lgs. 50 del 2016 e stabilisce che “Tutti gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi alla programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché alle procedure per l’affidamento di appalti pubblici di servizi, forniture, lavori e opere, di concorsi pubblici di progettazione, di concorsi di idee e di concessioni, compresi quelli tra enti nell’ambito del settore pubblico di cui all’articolo 5, ove non considerati riservati ai sensi dell’articolo 112 ovvero secretati ai sensi dell’articolo 162, devono essere pubblicati e aggiornati sul profilo del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente”, con l’applicazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. Al fine di consentire l’eventuale proposizione del ricorso ai sensi dell’articolo 120 del codice del processo amministrativo, sono altresì pubblicati, nei successivi due giorni dalla data di adozione dei relativi atti, il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni all’esito delle valutazioni dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali. E’ inoltre pubblicata la composizione della commissione giudicatrice e i curricula dei suoi componenti. Nella stessa sezione sono pubblicati anche i resoconti della gestione finanziaria dei contratti al termine della loro esecuzione.”

In applicazione di tali regole, la resistente Laziodisu ha disposto l’annullamento in autotutela degli atti relativi alla procedura negoziata in parola, giusta quanto emerge dalla determina direttoriale n. 3547 del 30 novembre 2016, dando mandato al RUP competente di porre in essere tutti gli atti consequenziali allo stesso provvedimento, ivi compresa la comunicazione di quanto stabilito nello stesso atto sul sito della Stazione appaltante.

Come si evince anche dal deposito della stessa parte ricorrente, la delibera oggetto dei motivi aggiunti, è stata poi pubblicata all’Albo online di Laziodisu il 1° dicembre 2016, momento dal quale ha cominciato il decorso del termine di trenta giorni per proporre impugnativa: da qui, la tardività del ricorso, notificato solo il 30 gennaio 2017. Né la parte ricorrente può opporre, per quanto ora argomentato, di avere conosciuto tale atto solo a seguito del deposito dell’Avvocatura erariale, essendo preciso onere della stessa, tanto più in pendenza di un contenzioso, di verificare sul profilo del committente la pubblicazione dell’atto conclusivo del procedimento di revoca della gara, come già preannunciato con l’atto oggetto del ricorso introduttivo, revoca poi puntualmente adottata e pubblicata in applicazione delle regole di trasparenza degli atti relativi alle procedure di affidamento previste ora dal nuovo codice dei contratti.

Per completezza espositiva, peraltro, il Collegio ritiene l’infondatezza nel merito dei motivi aggiunti, alla stregua delle seguenti considerazioni.

Le censure, come riproposte nei motivi aggiunti e quelle introdotte per la prima volta con lo stesso atto, tendono ad evidenziare, in sostanza, la mancanza dei presupposti per procedere all’annullamento in autotutela della procedura de qua in punto pubblico interesse, invocando ora fraintendimenti in ordine alla portata delle dichiarazioni rese dal rappresentante di una delle ditte concorrenti prima delle operazioni di apertura delle buste contenenti le offerte, ora una erronea interpretazione data alle stesse regole di gara dalla stazione appaltante, ritenendo l’insussistenza di alcuna incongruenza circa la previsione di un requisito che comunque sarebbe stato inidoneo a restringere la platea dei partecipanti, rilevando tale previsione solo in sede di esecuzione del servizio e, pertanto, agevolmente superabile con il ricorso al subappalto.

La tesi non può essere condivisa, oltre che per la insuperabile considerazione che questa è articolata in modo da indurre ad una inammissibile diversa valutazione delle ragioni sottese alla scelta assunta dalla parte resistente nell’esercizio del potere discrezionale alla stessa riservato, anche perché in contrasto con le stesse risultanze degli atti di gara.

Come emerge dai documenti depositati, Laziodisu ha deciso di revocare la gara avendo rilevato una incongruenza esistente tra l’avviso pubblico di manifestazione di interesse, adottato dall’amministrazione appaltante in cui era prescritto quale requisito di carattere tecnico/organizzativo e professionale il possesso di una sede operativa nel territorio del comune di Roma e di Viterbo, al dichiarato fine di garantire tempestività nell’approvvigionamento e nella assistenza, e la successiva clausola del disciplinare di gara (art. 4) nella quale tra i requisiti di carattere tecnico/organizzativo e professionale non risulta più esposta la necessità del possesso di una sede operativa a Roma e a Viterbo e si prevede, inoltre, la possibilità di subappalto per il servizio in questione (lett. c), pag. 14 del disciplinare di gara e All. n. 7 al disciplinare).

L’incongruenza, quindi, è manifesta, non essendo chiara e coerente la disciplina di gara, complessivamente considerata, in punto requisiti di partecipazione ora posti a pena di esclusione, ora nemmeno più richiamati; né appare criticabile la scelta della amministrazione aggiudicatrice di revocare gli atti della procedura, salvo sconfinare in un inammissibile sindacato di merito, tenuto conto, da un lato, dello stato appena iniziale della stessa procedura, per non essere state nemmeno scrutinate le offerte pervenute, e, dall’altro, della necessità di garantire lo svolgimento della competizione in assenza di alcun dubbio circa l’effettiva consistenza dei requisiti di partecipazione, in coerenza con il principio del favor partecipationis.

Ed invero, come anche eccepito dalla difesa di erariale, l’annullamento in autotutela è intervenuto nel corso del procedimento e, dunque, in assenza di posizioni soggettive differenziate rispetto a quelle dei partecipanti, titolari solo di un interesse alla partecipazione e conclusione ad una procedura scevra di possibili profili di illegittimità.

Pertanto, nel caso che ne occupa nessun stringente obbligo di motivazione è esigibile da parte dell’amministrazione aggiudicatrice circa la sussistenza di un interesse pubblico prevalente rispetto a quello del mero ripristino della legalità.

Risulta, invece, del tutto congrua la motivazione ricavabile dalla lettura della delibera impugnata, avendo l’amministrazione ritenuto opportuno riprodurre una disciplina di gara non solo univoca in punto requisiti di partecipazione, ma anche idonea a consentire una più ampia manifestazione di interesse, eliminando definitivamente la previsione di un requisito di accesso di tipo territoriale che, per definizione, avrebbe limitato la partecipazione di chi quel requisito non era in grado di garantirlo.

Osserva il Collegio, in proposito, che la disciplina di gara può prevedere requisiti di partecipazione e di qualificazione più rigorosi e restrittivi di quelli minimi stabiliti dalla legge, alla condizione, però, che tali ulteriori prescrizioni siano pur sempre rispettose dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza con riguardo alle specifiche esigenze imposte dall’oggetto dell’appalto e comunque non introducano indebite discriminazioni nell’accesso alla procedura. E’, pertanto, anche sotto tale profilo, condivisibile la scelta dell’amministrazione di non replicare la restrizione discriminante della platea dei potenziali concorrenti sulla base di un nesso di territorialità, attraverso la richiesta di una duplice sede operativa, in spregio dei principi comunitari di concorrenza e di divieto di restrizioni alla libera prestazione dei servizi.

In conclusione, il ricorso introduttivo è divenuto improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse; il ricorso per motivi aggiunti è irricevibile per tardività ed è, comunque, infondato nel merito.

Sussistono, comunque, motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio, in ragione della particolarità della vicenda.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima Quater, definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti,

-dichiara l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse;

-dichiara l’irricevibilità dei motivi aggiunti;

-compensa le spese del giudizio tra le parti costituite; nulla nei confronti delle parti intimate e non costituitesi in giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:

Salvatore Mezzacapo, Presidente
Donatella Scala, Consigliere, Estensore
Laura Marzano, Consigliere

L’ESTENSORE
Donatella Scala
        
IL PRESIDENTE
Salvatore Mezzacapo
        
        
IL SEGRETARIO

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