* RIFIUTI – Principio di precauzione – Adozione di provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente- Tutela anticipata – Armonizzazione con il criterio di proporzionalità – Parametro di legittimità dei provvedimenti in materia di VAS, VIA e AIA – Esclusione – Valutazioni dell’amministrazione competente – Principio di precauzione – Applicazione in concreto.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 13 Giugno 2019
Numero: 570
Data di udienza: 5 Giugno 2019
Presidente: Politi
Estensore: Tenca
Premassima
* RIFIUTI – Principio di precauzione – Adozione di provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente- Tutela anticipata – Armonizzazione con il criterio di proporzionalità – Parametro di legittimità dei provvedimenti in materia di VAS, VIA e AIA – Esclusione – Valutazioni dell’amministrazione competente – Principio di precauzione – Applicazione in concreto.
Massima
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 13 giugno 2019, n. 570
RIFIUTI – Principio di precauzione – Adozione di provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente- Tutela anticipata – Armonizzazione con il criterio di proporzionalità.
In materia ambientale assume un valore determinante il principio di precauzione, in omaggio al quale l’amministrazione deve intervenire anche in presenza di una mera probabilità di incidenze significative sulla salute pubblica. La stessa Corte di Giustizia ha ritenuto legittima l’adozione di misure restrittive, qualora risulti impossibile determinare con certezza l’esistenza o la portata del rischio asserito a causa della natura insufficiente, non concludente o imprecisa dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per la salute nell’ipotesi in cui il rischio si realizzasse (Corte Giust., 8 luglio 2010, C-343/09; Consiglio di Stato, sez. V – 4/2/2015 n. 533). Il principio di precauzione permea di per se il diritto Europeo e nazionale in materia di protezione ambientale e fa obbligo alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, ponendo una tutela anticipata rispetto alla fase dell’applicazione delle migliori tecniche proprie del principio di prevenzione (Consiglio di Stato, sez. IV – 28/6/2016 n. 2921 che richiama sez. V – 18/5/2015 n. 2495). Esso è pacificamente applicabile alla materia del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti, eppure deve essere armonizzato, nella sua concreta attuazione, con quello di proporzionalità, nella ricerca di un equilibrato bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV – 12/1/2017 n. 60; T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. II – 20/12/2018 n. 1006).
VIA, VAS E AIA – Principio di precauzione – Parametro di legittimità dei provvedimenti in materia di VAS, VIA e AIA – Esclusione – Valutazioni dell’amministrazione competente.
Il principio di precauzione non costituisce di per sé un parametro di legittimità dei provvedimenti in materia di V.A.S./V.I.A./A.I.A., trattandosi di un concetto giuridico indeterminato: diviene invece un utile parametro di valutazione laddove esistano documentati rischi per la salute umana derivanti da attività in grado di produrre emissioni nocive per le matrici ambientali sensibili o direttamente per l’uomo. Le valutazioni in parola sono riservate all’amministrazione competente, mentre al giudice spetta il compito di verificare se tali valutazioni sono congruamente motivate, alla luce dei presupposti di fatto emersi in sede di istruttoria e delle censure svolte in ricorso.
RIFIUTI – Principio di precauzione – Applicazione in concreto.
Il principio di precauzione va applicato nella realtà concreta, e deve essere vagliato dall’autorità preposta alla luce del progetto presentato.
Pres. Politi, Est. Tenca – Comun edi rezzato (avv. Gorlani) c. Provincia di Brescia (avv.ti Poli, Raffaella Rizzardi e Gisella Donati) e altri (n.c.)
Allegato
Titolo Completo
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ - 13 giugno 2019, n. 570SENTENZA
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 13 giugno 2019, n. 570
Pubblicato il 13/06/2019
N. 00570/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00053/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 53 del 2019, proposto da
Comune di Rezzato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv.to Mario Gorlani, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata negli scritti difensivi, e domicilio fisico presso il suo studio in Brescia, Via Romanino n. 16;
contro
Provincia di Brescia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Magda Poli, Raffaella Rizzardi e Gisella Donati, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata negli scritti difensivi, e domicilio fisico eletto presso la sede dell’Avvocatura Provinciale in Brescia, Piazza Paolo VI n. 29;
Regione Lombardia, ATS Brescia, ARPA Lombardia – Dipartimento di Brescia e Mantova, non costituitisi in giudizio;
nei confronti
La Castella S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Domenico Bezzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Brescia, Via A. Diaz, 13/C;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
Giuseppe Ravelli, Giuseppe Ravelli, Domenica Boldini, Andrea Galeazzi, Angela Larocca, Mauro Branz, Giuseppe Gregorelli, Claudio Lombardi, Giuliano Pietro Calzavacca, Paola Alzini, Maria Grazia Parmeggiani, Samuele Nizzola, Umberto Stanga, Matilde Savoldi, Michela Ronconi, Marina Alberti, Loredana Leoni, Ezio Accorsini, Marina Merli, Giuseppe Ronconi, Giuliano Ghizzardi, Stefano Fogazzi, Orianna Coltro, Marco Bonzi, Ilario Gatta, Maurizio Rumi, Greta Cresseri, Bruna Bottaioli, Giuseppe Crescini, Emanuela Agnelli, Ketty Accorsini, Carmine Dente, Giacomo Grechi, Angelo Rivaldi, Valerio Beccalossi, Caterina Leoni, Giuseppina Franzoni, Anna Bandera, Anna Lanzoni, Graziella Leoni, Serafino Zanella, Sergio Leoni, Lucia Merli, Matteo Abeni, Fausta Merighetti, Angela Peroni, Carlo Crotti, Mariangela Stanga, Pietro Bonzi, Marco Quaini, Bortolo Gatta, Carlo Parmeggiani, Silvana Carini, Primo Parmeggiani, Laura Giuffredi, Paolo Grechi, Ivan Rossi, Claudia Casari, Flavio Abeni, Renato Alberti, Gianpietro Parmeggiani, Maria Avigo Maria, Francesco Turrini, Pietro Pellegrini, Fabrizio Pozzi, Armando Gozio, Ornella Bettinzoli, Irosanna Inverardi, Anita Lanzoni, Stefano Berardi, Susanna Cavallina, Carlo Mainetti, Rosetta Cavagnini, Roberto Bisogno, Antonella Faustini, Giovanni Treccani, Giuseppina Rizzola, Abramo Bonzi, Alessandra Bianchini, Marino Tavelli, Francesca Tavelli, Ugo Alberti, Omar Alberti, Adriano Alberti, Laura Cristini, Lucia Filippini, Elisa Stanga, Luigino Abbondini, Alessandra Casari, Luigi Filippini, Evelina Capra, Roberta Gerami, Pierluigi Giacomazzi, Luciana Cortellazzi, Alessandra Pelizzari, Rosa Arrighini, Marisa Carini, Orietta Pezzini, Marco Pedroni, Tecla Saiani, Ruggero Lodrini, Angela Schirru, Chiara Lodrini, Luciano Pedrini, Vilma Bonera, Maria Apostoli, Giorgia Alberti, Luciana Rocca, Luigi Micochero, Camilla Apostoli, Serafina Raza, Paola Gorni, Massimo Merli, Claudio Panni, Giulia Lodrini, Susanna Berardi, Angelo Treccani, Ethel Gabbioneta, Fabio Cossina, Laura Longo, Gianluigi Plebani, Fausto Bussi, Gabriella Bandera, Eugenio Cresseri, Laura Laghetto, Maria Chiodi, Luigi Mombelli, Chiara Ghiselli, Ermelina Bizioli, Carla Gussago, Monica Leoni, Silvana Sangaletti, Daniele Gussago, Margherita Apostoli, Roberta Anni, Pietro Carminati, Erica Bosio, Dario Gorni, Bruno Navoni, Pietro Apostoli, Stefania Viola, Osvaldo Cazzavacca, Giuliano Tosoni, Luigi Bertaglio, Elisabetta Romei Longhena, Marisa Querini, Giacomo Marazzi, Damiano Gorni, Vincenzo Treccani, Loredana Tomasoni, Silvia Gaffurini, Ines Spada, Bruna Tosini, Emanuela Treccani, Santa Chiodi, Alberto Pederzani, Alessandra Treccani, Giovanni Braghini, Serafina Bandera, Franco Bassetti, Regina Ardoli, Carmelita Trentini, Luca Bisighini, Savino Mori, Fabio Castignola, Michela Bettinzoli, Antonio Castignola, Fabiana Ricci, Federico Rolfi, Rosa Filippini, Vittorio Toresini, Rino Bresciani, Giuseppe Desenzani, Elisa Danti, Mirko Massioli, Livio Pascali, Giuseppe Minoni, Giuseppe Molinari, Fausto Muoio, Antonio Fossati, Enrica Arosio, Elena Branz, Luciana Arrighini, Giovanni Ghiselli, Sar Cazzavacca, Colomba Gabbia, Marisa Pansera, Ernesto Beretti, Carla Ughini, Santina Tabarini, Roberto Alberti, Silvana Bianchini, Giuseppe Ricci, Angelo Luterotti, Sergio Bettinzoli, Mauro Cadorini, Ivano Minoni, Guglielmo Ragnoli, Alessia Alberti, Emilia Ferlinghetti, Ezio Desenzani, Pierino Savoldi, Marco Tenchini, Domenico Crescini, Roberto Navoni, Marta Calzavacca, Bruno Apostoli, Bruno Vitali, Antonio Rossi, Andrea Busseni, Maria Merighetti, Michael Giacomazzi, Guglielmina Ragnolimin, Giovanna Apostoli, Gilberto Bontempi, Aldo Tosini Ald, Alice Apostoli, Matteo Pellegrini, Rosa Beccalossi, Fiorangela Udeschini, Antonietta Filippini, Nicoletta Arici, Luca Botturi, Sergio Mor, Armando Bianchini, Barbara Strada, Alessandro Grazioli, Marco Leoni, Gabriella Filippini, Patrizia Panada, Luca Faini, Catia Quadri, Elisabetta Castellini, Gabriella Bendini, Carlo Cazzavacca, Loreta Ferrari, Barbara Cavagnini, Nadia Taglietti, Sandro Cresseri, Luciano Gorni, Dolfino Degani, Silvia Busseni, rappresentati e difesi dall’avv.to Marco Zaninelli, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata negli scritti difensivi, e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Brescia, Via Fratelli Porcellaga n. 24/a;
Comune di Brescia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesca Moniga e Andrea Orlandi, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata negli scritti difensivi, e domicilio fisico eletto presso la sede dell’Avvocatura civica in Brescia, Corsetto S. Agata n. 11/B;
Comune di Borgosatollo, Comune di Mazzano, Comune di Castenedolo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Mario Gorlani, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata negli scritti difensivi, e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Brescia, Via Romanino n. 16;
Co.Di.S.A. Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv.to Carlo Capretti, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata negli scritti difensivi, e domicilio fisico ex lege presso la Segreteria della Sezione in Brescia, Via Zima n. 3;
Associazione Nazionale Legambiente Onlus – Meggetto Barbara, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv.to Pietro Garbarino, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata negli scritti difensivi, e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Brescia, Via Zima n. 3;
per l’annullamento
– DEL DECRETO DEL SETTORE AMBIENTE E PROTEZIONE CIVILE IN DATA 26/10/2018 N. 4000, CHE HA PRONUNCIATO LA COMPATIBILITA’ AMBIENTALE DEL PROGETTO DI UNA DISCARICA DI RIFIUTI NON PERICOLOSI SITA IN LOCALITA’ CASCINA CASTELLA DEL COMUNE DI REZZATO (BS);
– DELL’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (AIA) PER NUOVA ISTANZA IMPIANTO IPCC AI SENSI DELL’ART. 29-NONIES DEL D. LGS. 152/2006 (PUNTO 5.4 DELL’ALL. VIII);
– DELLA CONTESTUALE AUTORIZZAZIONE DI SOTTOCATEGORIA DI DISCARICA PER RIFIUTI NON PERICOLOSI, AI SENSI DELL’ART. 7, COMMA 1, LETTERA A) DEL D.M. 27/9/2010;
– DELL’AUTORIZZAZIONE ALLA DEROGA PER L’AMMISSIBILITA’ DEI RIFIUTI IN DISCARICA, AI SENSI DELL’ART. 10 DEL D.M. 27/9/2010, DELL’AUTORIZZAZIONE UNICA ENERGETICA DI CUI AL D. LGS. N. 387/2003 E DEL PERMESSO DI COSTRUIRE EX DPR 380/2001;
– DELLA RELAZIONE TECNICO-ISTRUTTORIA (ALLEGATO A) DEL SETTORE AMBIENTE E PROTEZIONE CIVILE DELLA PROVINCIA;
– DEI VERBALI DELLE CONFERENZE DI SERVIZI DECISORIE DEL 21/4/2017, DEL 21/6/2018 E DEL 20/9/2018;
– DI OGNI ALTRO ATTO PRESUPPOSTO, CONNESSO O CONSEQUENZIALE, ANCORCHE NON CONOSCIUTO O NON ESPRESSAMENTE RICHIAMATO IN QUESTA EPIGRAFE, TRA CUI I PARERI RESI DA ATS BRESCIA E ARPA LOMBARDIA.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Brescia e di La Castella S.r.l., dei Comuni di Brescia, Borgosatollo, Mazzano e Castenedolo, di Co.Di.S.A. Onlus, di Associazione Nazionale Legambiente Onlus – Meggetto Barbara, di Giuseppe Ravelli ed altri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 giugno 2019 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
A. Riferisce il Comune ricorrente che, con note del 2 e del 5/12/2016 (successivamente integrate), la controinteressata depositava presso il Settore Ambiente e Protezione civile della Provincia istanza di valutazione di impatto ambientale ex art. 23 del D. Lgs. 152/2006 per la messa a dimora permanente (D1) – a Rezzato – di rifiuti non pericolosi, per una volumetria pari a 905.000 mc (pari a circa 905.000 tonnellate, di cui 120.000 per anno, ossia 470 per giorno per 250 giorni/anno – cfr. relazione tecnico-istruttoria allegato “A” alla VIA, doc. 2 Provincia). In proposito, la tipologia di opera è contemplata nell’allegato A, lettera p) della L.r. 5/2010: “discariche di rifiuti urbani non pericolosi con capacità complessiva superiore a 100.000 mc (operazioni di cui all’allegato B, lettere D1 e D5, della parte quarta del d.lgs. 152/2006); discariche di rifiuti speciali non pericolosi (operazioni di cui all’allegato B, lettere D1 e D5, della parte quarta del d.lgs. 1582/2006), ad esclusione delle discariche per inerti con capacità complessiva sino a 100.000 mc”.
Contestualmente, La Castella Srl (di seguito: La Castella) chiedeva l’emissione dell’AIA per nuova istanza di impianto IPPC ex art. 29-nonies del D. Lgs. 152/2006 (punto 5.4 allegato VIII, attività di “Discariche che ricevono più di 10 tonnellate al giorno o con capacità totale di oltre 25.000 tonnellate, ad esclusione delle discariche per i rifiuti inerti”), nonché l’autorizzazione di sottocategoria di discarica per rifiuti non pericolosi (art. 7 del DM 27/9/2010 – discariche per rifiuti inorganici a basso contenuto organico o biodegradabile) e l’autorizzazione alla deroga per ammettere i rifiuti in discarica (art. 10 del suddetto DM).
Dopo la pubblicazione dell’avviso sul quotidiano nazionale in data 9/12/2016, veniva avviato il procedimento, all’interno del quale il proponente chiedeva le altre autorizzazioni necessarie (per impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili, per escavazione di nuovo pozzo, per il nulla osta dei vigili del fuoco).
B. Il progetto di discarica riguarda la realizzazione del rimodellamento ambientale e il recupero funzionale di un sito – ad oggi interessato da attività estrattiva (ATEg25) – mediante la messa a dimora permanente (D1) di rifiuti speciali non pericolosi (a matrice prevalentemente inorganica e/o a bassa degradazione biologica). Come si evince dalla pag. 11 della relazione tecnica allegato “A” menzionata, l’elenco dei codici EER richiesti in autorizzazione contempla le macro-categorie 17 (rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione, compreso il terreno proveniente da siti contaminati) e 19 (rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti, impianti di trattamento delle acque reflue fuori sito, nonché dalla potabilizzazione dell’acqua e dalla sua preparazione per uso industriale), mentre non sono previsti rifiuti pericolosi.
L’attività proposta consiste nelle seguenti operazioni (allegato “A” pag. 5 e 6):
• smaltimento D1 – deposito nel suolo (discarica) di rifiuti speciali non pericolosi, sottocategoria individuata dall’art. 7, comma 1, lettera a) del D.M. 27/09/2010 e s.m.i. (discariche per rifiuti inorganici a basso contenuto organico o biodegradabile);
• deposito preliminare D15 in box (limitatamente alla fase di verifica per l’accettazione dei rifiuti in discarica);
• deposito preliminare D15 in serbatoi di stoccaggio del percolato e delle acque di prima pioggia e con recupero energetico R1 di biogas, così come individuate negli allegati C e B della parte IV del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.
C. L’area interessata dal progetto si trova all’interno dell’ATE g25 del Piano cave provinciale, nella porzione nord ricadente nel Comune di Rezzato (località Cascina Castella), al confine col territorio del Comune di Brescia.
C.1 Riferisce l’Ente locale ricorrente che la suddetta area è collocata in prossimità a un contesto densamente urbanizzato, caratterizzato dalla presenza di diverse attività antropiche e di gestione rifiuti di rilevante impatto ambientale – sia attive che dismesse – localizzate principalmente nei Comuni di Rezzato e Castenedolo: si tratta di Sistema Ambiente (ex Ecoservizi), Profacta (discarica amianto), Rezzola Scavi Srl (discarica di inerti), Recover Srl (impianto recupero rifiuti), Panni Srl loc. Castella Rezzato (impianto di trattamento rifiuti inerti tipologia 7.1 del DM 5/2/98). Inoltre, allo stato, la zona è circondata da strutture che producono impatti cumulativi sull’ambiente quali Autostrada A4, Tangenziale sud (SPBS11), Alfa Acciai, OMR di Rezzato, Panni srl via Buffalora 54 Brescia (impianto per asfalti a caldo), Nuova Beton.
C.2 L’area, inoltre, è localizzata a meno di un chilometro di distanza da numerosi recettori sensibili, cascine e case utilizzate sia a scopo agricolo che zootecnico (Cascine Torre Rezzato, San Benedetto Brescia, Goz Rezzato, Camafame Brescia, Compasso Brescia, Curione Rezzato, Vigna Brescia, Campagnina Brescia, Locatello Rezzato, Feniletto dei frati Rezzato, Loc. Buffalora Brescia) e da un Centro ricreativo denominato “spiaggia 91”. La futura discarica dista soli 700 metri dal Villaggio Buffalora e si trova (rispettivamente) a 2.100 e 2700 metri dal centro abitato di Rezzato e di Castenedolo. Inoltre, a circa un Km. dal confine dell’area interessata dal progetto vi sono tre centri sensibili: la Scuola Materna Bonomelli, la Scuola elementare Bellini e la Scuola media Tovini.
C.3 Il sito individuato per il progetto si colloca in una delle zone con la peggiore qualità dell’aria di tutta Italia, per la presenza dei numerosi impianti già elencati e per la collocazione tra l’autostrada A4 e la tangenziale sud: nel recentissimo rapporto dell’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), Brescia si posiziona all’ultimo posto per la qualità dell’aria, e detto risultato è frutto delle rilevazioni effettuate presso la centralina di Rezzato (doc. 14).
C.4 Anche i cittadini del quartiere Bettole/Buffalora dei Comuni di Brescia e di Castenedolo – intervenuti in giudizio – hanno affermato di risiedere in linea d’aria tra 300 e 700 metri dal sito, e di vivere in un ambito già caratterizzato da numerose attività industriali di rilevante impatto ambientale (cfr. cartografia e legenda inserite alle pag. 13 e 14 dell’atto di intervento).
D. Rileva l’Ente locale ricorrente che l’area in argomento è stata oggetto di una precedente procedura di VIA per la realizzazione di una discarica di rifiuti non pericolosi, intrapresa da Castella Srl, la quale si è conclusa con il decreto della Regione Lombardia n. 773 dell’8/2/2016 che ha stabilito la non compatibilità ambientale dell’opera per plurime ragioni ostative. Il T.A.R. Brescia, adito dalla proponente, ha rigettato il ricorso con sentenza n. 153/2017.
E. Dopo un articolato procedimento e tre sedute della Conferenza di Servizi (in data 21/4/2017, 21/6/2018 e 20/9/2018), veniva emesso il decreto 4000/2018, recante un giudizio positivo di compatibilità ambientale. La Provincia ha poi rilasciato le autorizzazioni impugnate in questa sede.
F. Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato in via telematica, il Comune ricorrente impugna i provvedimenti in epigrafe, deducendo i seguenti motivi in diritto:
I° MOTIVO: Violazione del principio di precauzione ex artt. 3-ter e 301 del D. Lgs. 152/2006, eccesso di potere per sproporzione, irragionevolezza e contraddittorietà manifesta, dato che:
• la discarica autorizzata provocherà seri rischi per l’ambiente, sia per la natura dell’attività che per il descritto contesto critico in cui andrebbe a collocarsi, presso il quale è già gravemente compromessa la qualità dell’aria ed è esposta a forte rischio la risorsa idrica;
• il principio di precauzione costituisce uno dei cardini del diritto ambientale contemporaneo, elaborato a partire dalla fine degli anni ’70 dopo aver preso atto dell’inadeguatezza dei classici strumenti – risarcitori e sanzionatori – e della necessità di agire in via preventiva per scongiurare la produzione di danni all’eco-sistema;
• dopo i primi riferimenti nella Carta mondiale della natura (1982), un riconoscimento settoriale si è avuto con la Convenzione di Vienna del 1985, con la Dichiarazione interministeriale sulla protezione del Mare del Nord del 1987 e con la Convenzione di Bamako del 1991; il canone è stato consacrato – in riferimento alla generalità del diritto ambientale – nella Dichiarazione di Rio del 1992, atto conclusivo della Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo (Principio 15);
• il principio è stato definitivamente recepito a livello comunitario, dapprima con l’art. 130 R del Trattato di Maastricht, poi con l’art. 174 par. 2 del Trattato di Amsterdam, e da ultimo con l’art. 191 par. 2 TFUE (“La politica dell’Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell’Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio chi inquina paga”); nel 2000 la Commissione delle Comunità europee ha emesso una Comunicazione in cui ha precisato (par. 1 “Introduzione”) che “Il fatto di invocare o no il principio di precauzione è una decisione esercitata in condizioni in cui le informazioni scientifiche sono insufficienti, non conclusive o incerte e vi sono indicazioni che i possibili effetti sull’ambiente e sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante possono essere potenzialmente pericolosi e incompatibili con il livello di protezione prescelto” (rispetto alla Dichiarazione di Rio, viene meno il riferimento a una minaccia di danno “grave o irreversibile”, con la conseguenza che il principio in esame può essere invocato anche semplicemente in presenza di una situazione di potenziale pericolo);
• nell’ordinamento nazionale il principio è stato introdotto dal Codice dell’Ambiente (D. Lgs. 152/2006), che all’art. 3-ter dispone che “La tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché al principio "chi inquina paga" che, ai sensi dell’articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale”; secondo l’art. 301 comma 1 “In applicazione del principio di precauzione di cui all’articolo 174, paragrafo 2, del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l’ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione”;
• il principio di precauzione trova applicazione in tutti quei settori in cui si manifesta la necessità di un elevato livello di protezione dell’ambiente, tra i quali rientra certamente quello del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti;
• nella sentenza n. 153/2017 il T.A.R. Brescia ha fatto applicazione del principio di precauzione, nella vicenda giudiziaria che ha coinvolto la Società Castella Srl in relazione ad un’altra discarica, ipotizzata nei mappali immediatamente a sud di quella di cui si controverte in questa sede;
• le ragioni di cautela evocate nella sentenza richiamata (elevata vulnerabilità intrinseca della falda, incertezza sulla salvaguardia della risorsa idrica, tutela della salute in un contesto di attività impattanti con conseguente effetto “cumulativo”, principio di precauzione), non possono che valere anche per l’autorizzazione di cui si discute in questa sede, ed è incomprensibile una pronuncia positiva sulla compatibilità ambientale del progetto oggetto di valutazione, visto che l’area interessata è sostanzialmente la medesima di quella del progetto precedente denegato;
• gli stessi elementi di criticità del sito individuato sono stati apprezzati in modo difforme, senza considerare l’incidenza su una situazione già allarmante, per cui gli effetti andrebbero inevitabilmente a cumularsi con quelli delle realtà ad oggi presenti sul territorio;
• la qualità dell’aria del Comune di Rezzato è tra le più critiche dell’intera rete di monitoraggio della Regione Lombardia a causa della presenza di numerosi impianti industriali, di cave, e del traffico automobilistico che interessa l’asse est-ovest e si concentra sull’autostrada A4 e sulla SS11; rispetto al PM10 si registra già ora una concentrazione media annua superiore ai 40μg/m3, con enorme pericolo per la salute della popolazione ivi stanziata, in ragione del fatto che il particolato atmosferico è in grado di penetrare nelle prime vie respiratorie e di causare disagi, disturbi e malattie;
• le concentrazioni degli inquinanti nell’aria, dopo aver subito una leggera flessione dal 2008 al 2014 – a causa della grave crisi economica che aveva paralizzato il commercio e le attività produttive – sono dal 2014 al 2016 in costante aumento, sia in quantità che in estensione sul territorio (cfr. il già citato rapporto ISPRA 2018);
II° MOTIVO: Violazione dell’art. 179 D. Lgs. 152/2006, dell’art. 4 della direttiva CE 98/2008, dell’art. 8 delle NTA del Programma regionale di gestione rifiuti, lesione del principio dello sviluppo sostenibile ex art. 3-quater del D. Lgs. 152/2006, dal momento che:
• l’autorità procedente, nella valutazione del progetto, non ha tenuto conto delle soluzioni alternative meno impattanti rispetto alla realizzazione della discarica, ma altrettanto funzionali all’interesse perseguito della corretta gestione dei rifiuti;
• alla stregua della disciplina comunitaria e nazionale, la VIA non può essere intesa come limitata alla verifica dell’astratta compatibilità ambientale dell’opera, ma deve sostanziarsi in un’analisi comparata tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio-economica, tenuto conto delle alternative possibili e dei riflessi della stessa “opzione zero”;
• il procedimento si deve concludere negativamente ove l’intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento dell’interesse sotteso all’iniziativa, ed occorre rigettare i progetti che arrechino un vulnus suscettibile di venir meno per il tramite di ipotesi meno impattanti in conformità al principio dello sviluppo sostenibile;
• nell’iter di cui si discorre non ha costituito oggetto di apprezzamento il termovalorizzatore di Brescia, composto da 3 unità di combustione interdipendenti alimentate da rifiuti urbani indifferenziati e rifiuti speciali non pericolosi, distante solo pochi chilometri dall’area interessata dal progetto di La Castella;
• esso accoglie circa 750.000 tonnellate di rifiuti l’anno (di cui il 46% rifiuti urbani provenienti dalla Regione Lombardia), recupera il calore generato e lo convoglia – attraverso una rete di teleriscaldamento di oltre 630 chilometri – fino alle abitazioni dei singoli utenti, provvedendo in questo modo, da solo, a coprire circa un terzo del fabbisogno dell’intera città (1100 GWh/anno), oltre a produrre energia elettrica;
• l’impianto in questione, potendo ospitare molti rifiuti riconducibili ai codici del Catalogo Europeo Rifiuti (C.E.R.), molti dei quali oggetto anche dell’autorizzazione impugnata in questa sede (cfr. elenco codici di cui al doc. 21), rappresenterebbe una valida alternativa alla realizzazione della discarica di cui al progetto di La Castella;
• l’omessa valutazione di un’alternativa meno impattante offerta dal territorio integra a tutti gli effetti una violazione dell’art. 179 comma 1 del D. Lgs. 152/2006, che colloca all’ultimo posto della “gerarchia” della gestione rifiuti l’ipotesi dello smaltimento, in quanto maggiormente impattante per l’ambiente e per il territorio, riconoscendo preferenza a tutte le altre, tra cui il recupero di energia e calore (che si realizzerebbe con l’utilizzo del Termovalorizzatore di Brescia);
• nella medesima prospettiva, peraltro, si collocano le NTA del Programma Regionale Gestione Rifiuti della Regione Lombardia (art. 8);
• quanto meno, l’autorizzazione rilasciata dalla Provincia avrebbe dovuto, in applicazione del principio sopra richiamato, limitare i codici CER conferibili in discarica, escludendo tutti quelli che possono essere utilmente ricollocati nel Termovalorizzatore (cfr. osservazioni del Comune di Brescia – doc. 18);
III° MOTIVO: Violazione del principio del giusto procedimento, degli artt. 24, 27 e 27-bis del D. Lgs. 152/2006, eccesso di potere per istruttoria carente, dal momento che:
• gli articoli citati delineano un iter procedimentale e istruttorio puntuale per l’esame e la decisione sulle istanze di Valutazione di Impatto Ambientale e per il rilascio dei Provvedimenti Unici Ambientali, scandito da termini precisi;
• l’art. 27-bis prevede la possibilità, per il proponente, di presentare integrazioni documentali, entro 30 giorni dalla richiesta, secondo un percorso che limita il numero dei supplementi istruttori (cfr., allo stesso modo, negli artt. 24 e 27);
• la ratio di tali termini e di tali limitazioni alle richieste di integrazioni istruttorie risiede in un’esigenza di celerità dell’azione amministrativa e di tempestività della decisione finale (oltre che di completezza ed esaustività dell’istruttoria);
• per questo motivo, i termini stabiliti nel Testo Unico dell’Ambiente non possono essere considerati meramente ordinatori, né posti soltanto nell’interesse del proponente, per cui un’elementare esigenza di imparzialità nella valutazione di tutti gli interessi coinvolti esige il puntuale rispetto delle scansioni temporali assegnate (anche a salvaguardia dei controinteressati potenziali rispetto al provvedimento finale);
• nel caso di specie, tra la prima e la seconda Conferenza di servizi sono trascorsi 14 mesi, durante i quali la proponente ha potuto colmare gravi lacune documentali, e nel seguito ha più volte “corretto il tiro” rispetto alle osservazioni presentate dagli Enti coinvolti e dai Comitati;
• spesso si è trattato di documenti, analisi e modelli fondamentali ai fini della decisione, che avrebbero dovuto essere messi a disposizione fin dall’inizio e che, invece, sono stati predisposti soltanto nell’ultima fase, cosi pregiudicando le reali possibilità partecipative e di contraddittorio dei soggetti controinteressati;
• la Società proponente, nel timore di un abbassamento ulteriore delle soglie di ammissibilità per l’insediamento di nuove discariche da parte del nuovo Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti, si è “affrettata” a presentare un’istanza largamente incompleta e insufficiente a qualunque avvio dell’istruttoria, per fissare una data certa di inizio del procedimento, anteriore a eventuali modifiche peggiorative per la sua richiesta (con l’illegittima tolleranza della Provincia);
• pur a fronte di supplementi documentali presentati in extremis da La Castella, non è stato accordato agli Enti e ai Comitati – malgrado le loro istanze – un lasso temporale sufficiente per l’esame e l’interlocuzione;
• l’allegato AIA è stato trasmesso in bozza, ma in seguito è stato modificato anche su aspetti non valutati in Conferenza, senza che i soggetti interessati abbiano potuto esprimersi sulla versione finale;
• dal verbale della Conferenza emerge che la Provincia ha valutato autonomamente le compensazioni (ma la possibilità – riconosciuta ai Comuni limitrofi – di smaltire gratuitamente nella discarica una certa quantità di rifiuti non è affatto sufficiente a controbilanciare gli impatti residui associati al progetto) senza coinvolgere in alcun modo gli altri soggetti (la discarica potrebbe addirittura ospitare i car-fluff abusivamente scaricati presso l’ex cava Piccinelli di Buffalora, ove è presente materiale radioattivo); detta circostanza è stata evidenziata anche da Co.Di.S.A. Onlus;
• per quanto riguarda il nuovo bitumificio della ditta Gaburri, essendo emersa nell’ultima Conferenza la questione del titolo autorizzativo, il Comune di Rezzato ha chiesto (invano) di essere informato su questo impianto;
• alla Conferenza decisoria il Comune di Rezzato anche ha consegnato delle osservazioni all’allegato tecnico dell’AIA, le quali non sono state nemmeno discusse in Conferenza;
• il mancato rispetto della corretta scansione procedimentale assume, nel caso di specie, una valenza sostanziale, perché, da un lato ha impedito agli Enti controinteressati e alla stessa Provincia una piena cognizione e valutazione della documentazione prodotta e, dall’altro lato, ha comportato una violazione del principio di precauzione e del tempus regit actum;
• è singolare che la Provincia, dopo aver concesso ampi termini al proponente per colmare le lacune documentali, ha poi avuto urgenza di chiudere il procedimento;
IV° MOTIVO: Violazione della L.r. 28/2016, contrasto con le previsioni del Piano Locale di Interesse Sovracomunale (PLIS) denominato Parco delle Cave, eccesso di potere per travisamento dei fatti e contraddittorietà manifesta, visto che:
• la discarica sarà collocata all’interno del PLIS delle Cave, riconosciuto anche dalla Provincia di Brescia con il decreto n. 97/2018 (doc. 24), ma operativo già in precedenza a seguito della L.r. 28/2016 mediante la quale i Comuni interessati hanno deciso di ricomprendere nel loro territorio anche l’area del PLIS delle Cave (l’ampliamento è stato approvato il 13/7/2017);
• le regole pianificatorie sono state recepite sia nello strumento urbanistico del Comune di Brescia che in quello di Rezzato (con variante approvata nel maggio 2017 ed efficace dal mese successivo) e prevedono quali interventi possono essere messi in opera nell’area del PLIS;
• la realizzazione dell’impianto, in particolare nella fase di gestione operativa (della durata di circa 8 anni, ai quali si sommano 2 anni per gli interventi di ripristino ambientale) rallenterà il processo di naturalizzazione dell’area del PLIS, andando a cumulare impatti negativi su un’area già gravata dalla presenza di aree degradate, produttive e di stoccaggio di rifiuti pericolosi;
• in aggiunta, i lavori presso la cava ove dovrebbe essere attivata la nuova discarica sono stati ormai completati, e l’autorizzazione e la relativa convenzione (doc. 25) prevedevano, ad estrazione conclusa, il ripristino sul fondo e sulle sponde (invece è mancato il coordinamento della nuova attività con questo obbligo convenzionale in capo alla Società Gaburri, poi divenuta Panni);
• come rileva il Comune di Brescia nella sua nota dell’8/5/2018 (cfr. doc. 18B), nello Studio di Impatto Ambientale (SIA) si registra una sostanziale omissione della valutazione dell’incidenza sulla componente paesaggio, beni architettonici e ambientali (punto 8.2.11) e relative opere di mitigazione (punto 9.2.2); lo studio ha considerato in modo sommario e circoscritto gli impatti visivi della discarica, tralasciando quelli generati nel contesto sotto il profilo simbolico e morfologico, che non possono essere nascosti da una semplice sistemazione superficiale della copertura;
V° MOTIVO: Eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e motivazione carente sotto differenti profili, ossia:
a) Omessa valutazione delle alternative possibili e meno impattanti, allo stato esistenti (Termovalorizzatore di Brescia);
b) Omessa considerazione, nell’ambito dell’istruttoria, dell’autorizzazione rilasciata per la realizzazione di un nuovo bitumificio nell’area limitrofa =
• per vagliare l’impatto complessivo sull’ambiente, non è stata tenuta in considerazione l’avvenuta approvazione del progetto di realizzazione del bitumificio della ditta Gaburri S.p.a. (doc. 26), impianto produttivo per la lavorazione di inerti e per la produzione di MPS (materia prima secondaria), in un’area confinante sul lato ovest della discarica progettata da La Castella;
• l’attività prevede la frantumazione e la vagliatura degli scarti di lavorazione di diversi settori – edilizia, cave, marmi – con un apporto di polveri in atmosfera assolutamente significativo che non è possibile trascurare;
• il Comune di Brescia, con nota del 20/9/2018, ha chiesto in proposito un supplemento di istruttoria, senza avere alcun riscontro;
• anche se, allo stato, il bitumificio non è ancora stato costruito e non è in funzione, esso può essere costruito in ogni momento (tenuto conto che la ditta possiede tutti i titoli autorizzativi richiesti), per cui di esso si sarebbe dovuto tenere conto nella valutazione degli impatti;
• risulta inspiegabile la mancata inclusione del bitumificio Gaburri nell’elenco delle “attività o strutture esistenti che possono produrre impatti cumulativi sull’ambiente intorno alla zona in esame” di cui al punto 2.5 della Relazione tecnico istruttoria Allegato “A” (pag. 7), così come la mancata menzione dello stesso nella tabella di cui al punto 3.1 (pag. 7), ove, con riguardo al “confine Ovest” è stata indicata solo la presenza di un “Suolo coltivato e seminato”;
c) Omessa adeguata considerazione della criticità della qualità dell’aria nella zona interessata dalla nuova discarica =
• come segnalato ripetutamente dal Comune di Rezzato – con il supporto tecnico della Società TerrAria S.r.l., del dott. Maffeis e dell’Ing. Greco (doc. 28) – e come confermato nell’ultimo rapporto ISPRA, la zona interessata dalla nuova discarica mostra dati di qualità dell’aria pessimi, con grave impatto per la salute delle persone ivi stanziate;
• i valori di concentrazione di PM10, già al 10/12/2018, hanno oltrepassato il limite consentito per 87 giorni all’anno, quando non il superamento dovrebbe essere contenuto entro i 35 giorni all’anno;
• secondo il modello presentato dalla proponente, la nuova discarica avrebbe un’incidenza modesta sul valore di fondo delle polveri sottili e del PM10, e questo giustificherebbe il giudizio positivo di compatibilità ambientale;
• al contrario, nel modello di analisi proposto da La Castella è stata scelta la centralina di Brescia Broletto (che dista alcuni chilometri in linea d’aria dal sito della discarica) poiché di tipologia “traffico” e perché sarebbe caratterizzata dal monitoraggio dei tre inquinanti simulati; se viceversa prende in esame la centralina sita a Rezzato – nelle immediate vicinanze del sito – i risultati sono completamente diversi e ben più allarmanti; come segnala la nota della Società TerrAria, la proponente “utilizza un valore di fondo costante di PM10 per tutto l’anno, ma ciò non rispecchia le reali condizioni di inquinamento, dal momento che i valori più elevati di PM10 si riscontrano nella stagione invernale”; pertanto l’aggiunta di un contributo, seppur piccolo, nella stagione invernale può incrementare il numero di superamenti del limite giornaliero, aggravando una situazione che risulta essere già particolarmente critica;
• nel rapporto riportato nel sito di ISPRA risulta che i dati preliminari di concentrazione di PM10, aggiornati al 10/12/2018, mostrano valori oltre la norma in 19 aree urbane, con Brescia capofila dei superamenti (87), e il dato pubblicato si riferisce alla centralina di monitoraggio di Rezzato; le altre 3 centraline della zona hanno registrato i valori 34 (Brescia Broletto), 37 (Brescia Villaggio Sereno), 35 (Sarezzo), tenuto conto di una soglia limite di 50 microgrammi/metro cubo che può essere oltrepassata per un massimo di 35 giorni in un anno civile;
• è irrilevante che l’incidenza in sé del nuovo impianto sia complessivamente modesta, perché ciò che conta non è la percentuale di aumento del PM10 ma il dato assoluto, che vede già un numero di superamenti annuali del tutto insostenibile (per cui, in tale situazione, anche un modesto ulteriore aumento risulta del tutto inaccettabile);
• lo studio di dispersione atmosferica degli inquinanti da traffico indotto si basa su dati erronei e non coerenti, che inficiano la validità e l’attendibilità del modello proposto;
• nel decreto dell’8/2/2016 la Regione si è pronunciata negativamente sulla compatibilità ambientale del primo progetto di discarica Castella, avvertendo che le maggiori criticità sono rappresentate dal parametro PM10;
• dopo soli 2 anni dalle conclusioni regionali – oltremodo critiche in relazione a un impianto che avrebbe prodotto gli stessi impatti sull’aria rispetto all’attuale – la Provincia addiviene a conclusioni opposte, senza una motivazione puntuale e articolata;
• la Regione e questo T.A.R. (cfr. sentenza n. 153/2017) hanno richiamato il parere espresso dall’ASL di Brescia, secondo la quale l’insediamento è localizzato “in un comparto territoriale già gravato dalla presenza di numerose attività antropiche impattanti sotto il profilo della salute pubblica”, con una complessiva situazione di degrado e la necessità di evitare effetti negativi aggiuntivi sulla salute della popolazione residente;
• il ragionamento dell’ASL era nel senso che “evidenze crescenti mostrano che all’esposizione di inquinanti presenti negli ambienti di vita si possono attribuire quote importanti della morbosità e mortalità per neoplasie, malattie cardiovascolari e respiratorie sia per effetti a lungo termine che a breve termine”. Si dava conto degli studi a livello europeo sull’aumento di 5 ug/mc di polveri sottili PM2.5 cui corrisponde un significativo aumento del rischio di mortalità anticipata del 7%, indipendentemente dal fatto che l’esposizione si collochi sotto i limiti di legge o sotto quelli raccomandati dall’OMS; inoltre per ogni aumento di 10 ug/m3 di PM10 vi è un aumento del rischio di mortalità naturale dello 0,9%, di ictus del 1,1 %, di infarto del 1,3 %, di ricoveri per patologia respiratoria del 3,9 %; infine, i dati di morbilità per malattie respiratorie non tumorali non consentono un ulteriore aggravio dell’inquinamento ambientale, che deriverebbe dall’aggiunta di un ulteriore impianto a quelli esistenti, con un peggioramento dell’impatto cumulativo e pregiudizio sulla salute”;
d) Errori ed omissioni nella valutazione dell’impatto odorigeno della nuova discarica =
• il consulente del Comune di Rezzato ha sottolineato che “lo studio effettuato evidenzia una ricaduta maggiormente influenzata dal regime anemologico di Rezzato diversamente da quello consegnato dal proponente, con un’area colpita dall’impatto odorigeno più estesa (pari a circa il doppio) e con concentrazioni superiori a 3 ouE/m3 per il 98° percentile delle concentrazioni di picco di odore presso la sede delle Officine Meccaniche Rezzatesi e presso il nuovo fabbricato del corpo uffici, la cui costruzione è già stata autorizzata”;
• l’ASL ha avanzato perplessità metodologiche nel suo parere del maggio 2018 (doc. 30), per cui “Dalla relazione a corredo dello studio non emergono le ragioni che abbiano ispirato la scelta di considerare un dominio di calcolo dai 40km x 40km, non sono stati esplicitati i vantaggi della scelta del dominio rispetto ad altre estensioni, sempre centrate sul sito di discarica, e quali maggiori informazioni rispetto alle problematiche trattate (concentrazione degli inquinanti aerodispersi e impatto sui recettori sensibili) la scelta del dominio 40 Kmx40Km abbia fornito. I profili verticali (pressione, altezza, temperatura, velocità e direzione del vento) sono stati ricavati dall’aeroporto di Linate, ubicato ad 80 km ad ovest rispetto al sito. Non viene motivata la scelta quale fonte dei dati per i profili verticali dell’aeroporto di Linate, considerando che assai più vicino al sito di interesse, a meno di 10 km, sono attivi l’aeroporto militare di Ghedi e l’aeroporto civile di Montichiari”;
• inoltre, affiora “Il dubbio sulla effettiva rappresentatività dei risultati della simulazione sulla diffusione degli inquinanti aerodispersi, ed in particolare sulla direzione prevalente del vento simulata per il sito di discarica, conseguente all’utilizzo di misure provenienti da centraline che hanno fornito dati cosi differenti …”;
• secondo ATS, la proponente ha utilizzato, per lo studio dell’impatto odorigeno della nuova discarica, un modello poco rappresentativo, con l’assunzione di dati estrapolati da punti di osservazione (aeroporto di Linate a 80 Km.) meno significativi di quanto avrebbero potuto essere altri ben più vicini (Ghedi e Montichiari, a meno di 10 Km.);
• il dubbio trova conferma anche nel parere reso da ARPA nel maggio 2018 (doc. 29);
e) Omessa e/o incompleta analisi della falda e degli aspetti idrogeologici (messi in evidenza dal Comune di Rezzato attraverso il proprio consulente dott.ssa Ziliani – doc. 31) =
1. Massima escursione della falda
– nell’agosto 2009 e nel luglio 2013 i consulenti del Comune di Rezzato hanno effettuato due campagne di misure piezometriche estese a buona parte dell’ATEg25, le quali hanno evidenziato che l’affioramento esteso dell’acqua di falda a sud dell’area interessata dalla discarica in progetto determina una deformazione della piezometria, tale per cui in corrispondenza della discarica il deflusso delle acque ruota verso ovest rispetto alla direzione di deflusso ipotizzata.
– la Provincia di Brescia, 14/11/2017, al punto 35 ha chiesto al proponente di: “…stimare, tramite modelli di calcolo numerici di validità riconosciuta, le variazioni dei deflussi sotterranei e della superficie piezometrica determinate dalla realizzazione del lago di falda” e di “verificare il franco falda alla luce delle variazioni di cui sopra”. Inoltre, al punto 36 ha chiesto di “valutare gli effetti sulla massima altezza prevedibile della falda indotti dalla rotazione della direzione di deflusso delle acque sotterranee, già osservata nell’agosto 2009 e nel luglio 2013 dai tecnici del Comune di Rezzato”;
– sia nella “Relazione” allegata alle “Integrazioni geologiche richieste dalla Provincia di Brescia – Novembre 2017”, sia nelle “Risposte al parere del comune di Rezzato del 27 giugno 2018 a seguito delle integrazioni depositate da La Castella nel dicembre 2017 e gennaio aprile 2018” la risposta data relativamente alla verifica del franco falda alla luce della variazione dei deflussi sotterranei e della superficie piezometrica indotti dalla realizzazione del lago di falda (punto 35) non è argomentata in modo esaustivo;
– lo stesso consulente della proponente ipotizza che la presenza del laghetto di cava a sud della discarica (prodotto dalle attività di escavazione previste nel progetto di gestione produttiva vigente) determini una deformazione della piezometria tale per cui in corrispondenza della discarica in progetto il deflusso delle acque ruota sensibilmente verso ovest; ciononostante, il consulente non ha né argomentato la verifica del franco falda alla luce della variazione dei deflussi sotterranei e della superficie piezometrica indotti dalla realizzazione del lago di falda (punto 35), né valutato gli effetti sulla massima altezza prevedibile della falda indotti dalla rotazione della direzione di deflusso delle acque sotterranee (punto 36);
2. Inadeguatezza della modellizzazione della possibile diffusione dei contaminanti
– la Provincia di Brescia, con nota del 14/11/2017, nell’ambito del punto 35 ha chiesto al proponente di “approfondire la valutazione degli impatti sulle acque sotterranee data la presenza del lago di falda in prossimità in area limitrofa alla discarica” e di “integrare la modellizzazione della possibile diffusione dei contaminanti nelle acque sotterranee considerando tra i bersagli, oltre i pozzi pubblici, anche i pozzi privati presenti nell’area di interesse, in particolare quelli ad uso idropotabile domestico e tenendo conto della presenza del lago di cava che influenza la direzione di flusso della falda stessa”;
– il consulente del Proponente ha prodotto la Fig. 24 “Simulazione assetto freatimetrico con laghetto di cava comparato alla freatimetria febbraio 2011” allegata alle “Integrazioni geologiche richieste dalla Provincia di Brescia – Novembre 2017”, sulla quale è indicato il “dominio idrogeologico sotteso dalle linee di flusso decadenti dall’area di progetto La Castella” che corrisponderebbe “all’areale interessato alla possibile diffusione dei contaminanti nelle acque sotterranee”; tale areale contiene sia il pozzo Boscone – che alimenta l’acquedotto di Castenedolo – sia il pozzo Bettole che in futuro dovrebbe alimentare l’acquedotto di Castenedolo;
– come evidenziato dal consulente del Comune di Rezzato nella “Verifica della documentazione depositata dal proponente in dicembre 2017 e in gennaio/aprile 2018 ed espressione di parere tecnico”, allegato al verbale della Conferenza dei Servizi del 21/6/2018, le linee che delimitano l’areale non sono il risultato dell’applicazione di un modello di calcolo, ma sono state tracciate come semplici linee di flusso, come se i contaminanti si muovessero solo per flusso avvettivo; in realtà, i contaminanti si propagano anche per flusso diffusivo e dispersivo, determinato dal fenomeno della diffusione molecolare dovuta ai fenomeni browniani, e, di conseguenza, il pennacchio nel suo avanzare verso valle idrogeologico si allarga lateralmente rispetto alla sorgente, passando da una contaminazione puntuale ad una diffusa, su un areale molto più ampio;
– inoltre, la presenza di pozzi pubblici o privati in attività nei pressi del bordo esterno del pennacchio determina un suo allargamento ulteriore e non si può quindi escludere che il plume dell’eventuale contaminazione possa raggiungere, oltre al pozzo Boscone e al pozzo Bettole in progetto, anche il pozzo Buffalora che alimenta l’acquedotto di Brescia (14b in Fig. 24) ed i pozzi Alpino 1 e Alpino 2 che alimentano l’acquedotto comunale di Castenedolo (12c in Fig.24);
– si sottolinea che tutti e quattro i pozzi ad uso pubblico attualmente in uso, situati a valle dal punto di vista idrogeologico rispetto alla discarica in progetto, captano il primo acquifero (i filtri del pozzo Boscone sono situati da 34 a 44 m di piano campagna, quelli del pozzo Buffalora da 45 a 60 m da p.c. e quelli dei pozzi Alpino 1 e 2 da 33 a 40 m da p.c.);
– nel Programma di Tutela e Uso delle Acque (PTUA) del 2016, l’area interessata dalla discarica in progetto ricade nelle aree definite come “Aree designate per l’estrazione di acqua per il consumo umano” e nelle “Zone di Protezione Idrostruttura Sotterranea Superficiale” in quanto “Aree di ricarica”; l’ATEg25 appartiene infatti all’area di ricarica diretta delle acque sotterranee, laddove i flussi idrici a dominante componente verticale alimentano gli acquiferi dalla superficie topografica;
3. Inadeguatezza della modellizzazione idrogeologica
– la Provincia di Brescia, con nota del 14/11/2017, al punto 43 ha chiesto al Proponente, di chiarire i seguenti aspetti: “indicare la dimensione della griglia di calcolo e la sua orientazione e le motivazioni della scelta; – indicare la dimensione delle celle e come incidono sull’obiettivo dello studio; – fornire le condizioni al contorno utilizzate, in termini di tipologia ed elementi idraulici o reali; – indicare come siano stati gestiti i numerosi pozzi presenti nell’intorno dell’area; esplicitare come siano state riprodotte le variazioni stagionali indicate; indicare come sia stata condotta la fase di calibrazione del modello; fornire i target di calibrazione ed i relativi scarti tra i valori simulati e misurati; indicare quali sono i parametri del modello rispetto ai quali lo stesso e più sensibile e come sono cambiati in fase di calibrazione”;
– il consulente del proponente non ha risposto in modo adeguato alle richieste di chiarimento poste, come puntualmente indicato nella “Verifica della documentazione depositata dal proponente in dicembre 2017 e in gennaio/aprile 2018 ed espressione di parere tecnico”, allegata al verbale della Conferenza del 21/6/2018 e nella successiva “Verifica della documentazione depositata dal Proponente in giugno e luglio/agosto/settembre 2018 ed espressione di parere tecnico”, allegata al verbale della Conferenza del 20/9/2018;
4. Limi di lavaggio degli inerti
– il proponente non ha riscontrato la richiesta di chiarimenti riguardante i limi di lavaggio degli inerti, osservati durante il sopralluogo del 21/12/2017 e rappresentati negli elaborati del proponente;
– di tali materiali non sono state fornite informazioni di tipo merceologico, qualitativo e quantitativo, né i dettagli sulle modalità di gestione durante l’allestimento del bacino;
5. Barriera idraulica
– il dimensionamento della barriera idraulica indicato dal proponente non è frutto di una simulazione modellistica di flusso/trasporto, ma di una valutazione analitica eseguita senza l’ausilio degli opportuni strumenti che avrebbero consentito di simulare quale possa essere la portata migliore al fine di raggiungere la totale protezione dell’acquifero, tenendo conto della distribuzione spaziale prevista per i pozzi;
– non sono inoltre state fornite le informazioni richieste sulle opere civili e impiantistiche necessarie, sull’impianto di trattamento, sui possibili recapiti delle acque e sui criteri di monitoraggio dell’efficacia;
6. Copertura provvisoria
– il proponente non ha chiarito come intende realizzare e gestire la “copertura provvisoria” da effettuarsi nella fase di coltivazione, prevista dal D. Lgs. 36/2003;
– tale elemento riveste particolare importanza anche tenendo conto della durata del periodo di coltivazione, che per il primo lotto potrebbe avere una durata di quasi 7 anni;
– così come presentata, la copertura non sembra soddisfare i requisiti delle norme e della buona pratica (per isolare la massa di rifiuti in corso di assestamento, consentire il regolare deflusso delle acque e minimizzare l’infiltrazione);
7. Captazione del gas di discarica
– La Castella non ha fornito i dettagli tecnici sufficienti a risolvere le potenziali criticità e le perplessità sollevate nei precedenti pareri formulati dal Comune ricorrente, in merito ai presidi per la captazione del gas di discarica, soprattutto durante il periodo di coltivazione;
8. Rete di monitoraggio delle concentrazioni di biogas nei gas interstiziali dei terreni insaturi presenti nell’intorno del bacino, all’esterno delle vasche
– il proponente non ha spiegato come intende risolvere le potenziali criticità e le perplessità sollevate nei precedenti pareri in merito all’inadeguatezza della rete di monitoraggio delle concentrazioni di biogas nei gas interstiziali dei terreni insaturi presenti nell’intorno del bacino, all’esterno delle vasche;
f) Omessa o insufficiente valutazione della presenza di cumuli di terre e rocce da scavo in sito, che devono essere trattati come rifiuti =
• l’istruttoria ha a lungo ignorato la presenza in sito di terre e rocce da scavo diventate rifiuti, che non erano state rappresentate inizialmente dalla ditta, e poi sono state segnalate a seguito di richiesta specifica degli Enti, da cui ha tratto origine il procedimento culminato nell’ordinanza di rimozione del Comune di Rezzato n. 18 del 7/5/2018, oggetto del giudizio innanzi a codesto T.A.R. concluso con le sentenze di rigetto n. 1089 e n. 1092/2018;
• come osservato anche da ARPA nel suo parere di maggio 2018 (cfr. doc. 29), i rifiuti depositati nell’area interessata dal progetto possono aver inquinato il fondo della cava, e pertanto potrebbero essere necessarie procedure di bonifica (la Provincia non ha disposto alcuna indagine né impartito alcuna prescrizione in tal senso);
VI° MOTIVO: Eccesso di potere per conflitto di interesse, violazione del principio di imparzialità dell’azione amministrativa =
• si riscontra il conflitto di interessi tra la Provincia di Brescia (autorità competente a pronunciarsi sulla compatibilità ambientale del progetto presentato) e La Castella;
• la proponente risulta essere detenuta al 100% da Garda Uno S.p.a., Società di capitali a totale partecipazione pubblica la quale – consultando il sito internet della stessa – è di proprietà della Provincia di Brescia per il 9,76%;
• questo dato insinua dubbi sull’imparzialità della Provincia e sulla sua capacità di ponderare gli interessi in gioco in modo equo, proprio per il fatto che – in quanto Ente partecipante della Società proponente – è inevitabile la sussistenza di un suo interesse alla realizzazione del progetto;
• è violato il principio di imparzialità dell’azione amministrativa sancito dall’art. 97 Cost., che insieme alla legalità e al buon andamento costituisce uno dei tre fondamentali pilastri sui quali poggia l’intero statuto costituzionale dell’amministrazione italiana, oltre che un parametro normativo di valutazione della legittimità dell’azione amministrativa;
• nel caso di specie la titolare del potere decisionale, in quanto comproprietaria della Società proponente, non era del tutto terza e indifferente rispetto agli interessi in gioco e ciononostante non ha avanzato neppure l’intenzione di astenersi.
G. Si sono costituiti in giudizio la Provincia di Brescia e la controinteressata, chiedendo la reiezione del gravame. Sono intervenuti ad adiuvandum i Comuni di Brescia, Borgosatollo, Mazzano e Castenedolo, Co.Di.S.A. Onlus, Associazione Nazionale Legambiente Onlus e Ravelli Giuseppe unitamente ad altre 241 persone fisiche.
H. La Provincia, in punto di fatto, ha rilevato che:
– l’impianto che La Castella intende realizzare sarà ubicato in una zona a nord rispetto a quella prevista per la precedente iniziativa del 2011 che prevedeva una discarica per rifiuti non pericolosi e pericolosi, nonché un impianto per trattamento e recupero di rifiuti speciali all’interno del medesimo ATE (cfr. estratto doc. 4 con l’indicazione della precedente localizzazione, che si può raffrontare con l’ortofoto di pag. 14 del doc. 5);
– la proposta – ora abbandonata – non aveva superato il vaglio di compatibilità ambientale (decreto sfavorevole della Regione Lombardia n. 773 dell’8/2/2016), e le criticità evidenziate erano state confermate con la pronuncia n. 153/17 di questo T.A.R. dopo il compimento di una;
– la Società proponente ha indicato, nel documento di presentazione, le criticità alla base del diniego regionale, quelle ritenute dirimenti dal T.A.R. Brescia e, quindi, le soluzioni progettuali adottate per ovviare a tali elementi ostativi, consistenti in sintesi in:
• localizzazione tale da rispettare le distanze minime da tutti i recettori sensibili;
• sulle emissioni in atmosfera e sull’impatto sulla salute pubblica, adozione di procedure gestionali ed operative particolarmente restringenti in modo tale da dimostrare l’assenza di ricadute di polveri e PM10 nella situazione post-operam presso i recettori presenti nel territorio, considerando anche il fatto che il contesto ante-operam relativo alla qualità dell’aria ha subito un notevole miglioramento dall’anno 2004 al 2014 (cfr. Stima degli impatti – Atmosfera);
• accettazione di soli rifiuti non pericolosi, appartenenti alle categorie Codice EER 19.XX.XX e 17.XX.XX, per favorire le esigenze del territorio provinciale; divieto di accesso nell’impianto di rifiuti putrescibili imponendo che un Indice di Respirazione Dinamico (≤ 1.000 mgO2/kgSVh) al fine di non avere impatto odorigeno sui recettori presenti; dimostrazione, tramite Analisi di Rischio, dell’adozione di precauzioni ambientali dell’accettabilità di un percolato sino a 10 volte la concentrazione ammissibile, senza arrecare impatto e richiesta limitata, comunque, ad un terzo dello stesso;
• limitazione del quantitativo di rifiuti conferiti annualmente (120.000 t/anno), assicurando modalità di accesso e viabilità contenute;
• tutela della falda grazie alla predisposizione della vasca e alla realizzazione dell’impianto di messa a dimora permanente eseguiti completamente in asciutta, con una maggiore distanza dalla falda rispetto agli impianti similari nell’intorno;
• garanzie relative alla viabilità interna alla vasca, con esclusione che il carico dei mezzi si possa riversare, o anche solo venire a contatto con la falda;
• (sull’incidenza paesaggistica e le azioni mitigative aggiuntive), adozione di azioni a presidio dell’insediamento di Buffalora, mediante la creazione di una barriera vegetale sul lato ovest dell’impianto di smaltimento (si vedano doc. 5, pag. 6; prescrizioni di cui al doc. 3 paragrafo “E” sotto-paragrafo E.7.5);
• approfondimento delle componenti ambientali (doc. 9 – SIA vol. II, da pag. 131 per impatti e 204 per mitigazioni);
• verifica dei criteri localizzativi di cui alla D.G.R. 7144 del 4/10/2017 in particolare per il Fattore di Pressione areale; dalla disamina effettuata, il progetto di discarica risulta conforme a quanto previsto dal D. Lgs. 36/2003 con caratteristiche tecniche superiori alla tipologia di discarica richiesta e soddisfa inoltre i requisiti stabiliti dalla D.G.R 7/10/2014 n. X/2461;
• le conclusioni della relazione sulle singole componenti (pag. 35 e 36 allegato A al decreto VIA) sono le seguenti =
“Atmosfera: i valori di concentrazione di inquinanti dovuti alla realizzazione e gestione dell’opera in oggetto, predetti ai recettori sensibili mediante gli studi presentati, per PM10, NOX e CO risultano tali da non apportare aggravi significativi della qualità dell’aria.
Salute pubblica: dalla applicazione delle linee guida di impatto sanitario dalla Regione Lombardia con DGR 4792 del 8/02/2016 il progetto non risulta interessare direttamente popolazione a fronte dei valori bassi di concentrazione di inquinante predetti ai recettori sensibili. Dalla valutazione di rischio di tossicità per le sostanze pertinenti effettuate il rischio risulta sempre accettabile. Nullo anche il rischio cancerogeno per le PM 2,5.
Paesaggio: per questa componente, le attività di mitigazione previste durante lo svolgimento dell’attività e lo specifico progetto di recupero a verde per la fase di post gestione, risulta una sostanziale compatibilità dell’intervento proposto rispetto al contesto territoriale di riferimento.
Rumore: mediante la modellizzazione degli scenari Ante operam e Post operam, è stato verificato il rispetto dei limiti assoluti di immissione, di emissione e differenziali presso i ricettori antropici individuati. Nelle indagini e stime condotte, introducendo le sorgenti sonore dell’impianto, nonché il traffico indotto dallo stesso, non si è mai verificato il passaggio dal rispetto del limite al superamento dello stesso.
Viabilità: con la realizzazione e apertura della nuova viabilità previste per l’ATEg25, il traffico viario da e per la discarica non graverà direttamente con i centri abitati e recettori sensibili. Il traffico veicolare previsto non modificherà in maniera sostanziale il grado di servizio della grande viabilità (tangenziale SP11 e Autostrada A4).
Suolo e sottosuolo ed acque sotterranee: Le indagini effettuate nel corso dell’istruttoria dal proponente in contraddittorio con Arpa e Comune di Rezzato evidenziano una conformità della qualità dei suoli dell’area di studio. Le modalità di gestione dell’opera prevede che l’eventuale produzione di percolato sarà captata e smaltita durante la gestione attiva della discarica e per i 10 anni successivi alla chiusura dell’impianto. Il percolato raccolto in appositi serbatoi di stoccaggio, interrati a lato dell’area servizi, e inviato periodicamente ad idoneo impianto di depurazione. Dagli accertamenti tecnici effettuati da Arpa, e dalle rilevazioni e studi effettuati dal proponente emerge il rispetto del franco falda previsto dalle quote di imposta dell’opera.
Vegetazione, Vegetazione, flora, fauna ed ecosistemi: l’area dell’ATE G25n risulta a “debole naturalità”, dato che è un ambito nel quale la pressione antropica si è manifestata con intensità. L’area in oggetto presenta habitat differenti create dalla forti azioni antropiche dove da diverse indagini ornitologiche disponibili risultano presenti alcune specie considerate prioritarie e rientranti nei disposti di cui alla Direttiva 2009/147 quali Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus) e la Garzetta (Egretta garzetta). Tali specie sono legate prevalentemente a zone umide, quindi più affini all’area dell’ATE G25 non ricadenti in quelle di progetto. La progressione del piano di escavazione dell’ATEg25 permetterà il permanere di zone umide”.
I. Le parti intervenienti hanno sviluppato prospettazioni associandosi alle doglianze formulate dal Comune di Rezzato.
I. Alla pubblica udienza del 5/6/2019 il gravame introduttivo è stato chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il Comune ricorrente censura i provvedimenti autorizzatori emessi dalla Provincia, con i quali è stato assentito il progetto di una discarica di rifiuti non pericolosi sita in località Cascina Castella nel Comune di Rezzato (BS).
0. Come ha sottolineato la stessa parte ricorrente, la valutazione di impatto ambientale non si sostanzia in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità ambientale di un’opera, ma implica una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio – economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione – zero (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV – 18/5/2018 n. 3011, che ha richiamato il precedente della sez. V – 2/10/2014 n. 4928 e ha precisato che “… nel rendere il giudizio di valutazione ambientale, l’amministrazione esercita un’amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti, con conseguenti limiti al sindacato giurisdizionale sulla determinazione finale emessa (Cons. Stato, sez. V, 27 marzo 2013, n. 1783)”.
1. Il primo motivo è infondato.
1.1 In materia ambientale assume un valore determinante il principio di precauzione, in omaggio al quale l’amministrazione deve intervenire anche in presenza di una mera probabilità di incidenze significative sulla salute pubblica. La stessa Corte di Giustizia ha ritenuto legittima l’adozione di misure restrittive, “qualora risulti impossibile determinare con certezza l’esistenza o la portata del rischio asserito a causa della natura insufficiente, non concludente o imprecisa dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per la salute nell’ipotesi in cui il rischio si realizzasse (Corte Giust., 8 luglio 2010, C-343/09)” (Consiglio di Stato, sez. V – 4/2/2015 n. 533). Nella sentenza n. 153/2017 – più volte evocata dalla parte ricorrente – questo T.A.R. ha affermato che il principio di precauzione “permea di per se il diritto Europeo e nazionale in materia di protezione ambientale e fa obbligo alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, ponendo una tutela anticipata rispetto alla fase dell’applicazione delle migliori tecniche proprie del principio di prevenzione (Consiglio di Stato, sez. IV – 28/6/2016 n. 2921 che richiama sez. V – 18/5/2015 n. 2495). Esso è pacificamente applicabile alla materia del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti, eppure deve essere armonizzato, nella sua concreta attuazione, con quello di proporzionalità, nella ricerca di un equilibrato bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV – 12/1/2017 n. 60)”. Si veda sul punto anche il recente T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. II – 20/12/2018 n. 1006.
1.2 Con riferimento al precedente progetto presentato da Castella Srl il Collegio ha ritenuto che <<i plurimi rilievi e dubbi insorti nel corso del procedimento siano avvalorati con l’esperimento della verificazione, per cui la delicatissima e fragilissima situazione del territorio coinvolto e le lacune progettuali (talune anche consistenti) rendano la scelta compiuta sufficientemente ponderata alla luce dei pregnanti valori in gioco (produzione e smaltimento rifiuti, da un lato, e ambiente salubre e conservazione delle risorse naturali, dall’altro). Sul punto, si può riportare un passaggio reso dai verificatori (che hanno agito quali soggetti imparziali) sulla qualità dell’acqua: "Secondo l’opinione degli scriventi, in contesti naturali quali quelli in oggetto dovrebbero essere autorizzati progetti ineccepibili da un punto di vista tecnico e per i quali non sia possibile individuare un’ubicazione in grado di garantire una maggiore tutela della risorsa idrica sotterranea". Ebbene, nella fattispecie tali garanzie non sono state raggiunte>>.
1.3 Come ha osservato T.A.R. Marche, sez. I – 5/2/2018 n. 91 (che risulta appellata, ma non sospesa), “il principio di precauzione non costituisce di per sé un parametro di legittimità dei provvedimenti in materia di V.A.S./V.I.A./A.I.A., trattandosi di un concetto giuridico indeterminato che non può essere ovviamente applicato nel senso patrocinato in ricorso, pena il sostanziale blocco di qualsiasi attività umana potenzialmente idonea ad incidere sulla salute umana. Il principio de quo diviene invece un utile parametro di valutazione laddove esistano documentati rischi per la salute umana derivanti da attività in grado di produrre emissioni nocive per le matrici ambientali sensibili o direttamente per l’uomo … Dal punto di vista più strettamente processuale va poi osservato che le valutazioni in parola sono riservate all’amministrazione competente, mentre al giudice spetta il compito di verificare se tali valutazioni sono congruamente motivate, alla luce dei presupposti di fatto emersi in sede di istruttoria e delle censure svolte in ricorso”.
1.4 Questa Sezione (cfr. sez. I – 24/1/2019 n. 76) ha sottolineato di recente che “Data come presupposta la caratterizzazione idrogeologica del terreno, la deroga è legittima qualora sia dimostrata l’irrilevanza del rischio aggiuntivo costituito dai più elevati limiti di concentrazione nell’eluato. Deve quindi essere stimata l’incidenza marginale della deroga sul rischio presente. Se l’aumento del rischio è trascurabile, per la situazione dei luoghi o per l’effetto delle prescrizioni imposte alla gestione operativa della discarica, il principio di precauzione si può considerare rispettato”.
1.5 Alla luce delle suesposte premesse, ritiene il Collegio che il principio evocato vada applicato nella realtà concreta, e debba essere vagliato dall’autorità preposta alla luce del progetto presentato. La sentenza di rigetto di questo T.A.R. ha riguardato il diniego regionale sulla proposta di occupare un’area (diversa ancorché contermine) collocata a sud rispetto a quella di cui si controverte in questa sede, per ospitarvi quantitativi maggiori. L’odierna controversia investe la messa a dimora permanente (D1) di rifiuti non pericolosi, per una volumetria pari a 905.000 mc (pari a circa 905.000 tonnellate, di cui 120.000 per anno, ossia 470 per giorno per 250 giorni/anno), in luogo del precedente progetto di impianto per una volumetria di 1.890.000 mc. I profili di cautela valorizzati nella sentenza di primo grado citata devono essere rapportati ai connotati propri della nuova iniziativa economica promossa dalla parte controinteressata, dotata di caratteristiche disomogenee rispetto a quella pregressa.
1.6 Certamente il parere ARPA 7/5/2018 (doc. 30 B ricorrente, parte relativa alle “Osservazioni generali”), evocato in modo specifico dalla difesa del Comune di Brescia, sottolinea che “La localizzazione prescelta, sebbene coerente rispetto alle indicazioni della normativa di settore, ricade in un contesto territoriale caratterizzato dalla presenza diversi fattori di pressione (tra cui gli impatti derivanti da altri impianti di smaltimento e trattamento rifiuti, da un sistema viario caratterizzato da elevati flussi di traffico, dalle aree produttive, dagli ambiti estrattivi, etc.), che gravano sul comparto ambientale e contribuiscono a delineare un quadro caratterizzato da diverse criticità (rilevanti livelli di inquinamento atmosferico, presenza di siti contaminati, etc.) e a incrementare la vulnerabilità del territorio. In tale contesto, il progetto in esame genera ulteriori elementi di pressione e la sua realizzazione potrebbe ostacolare o quantomeno ritardare la messa in atto di misure di risanamento e risoluzione delle conflittualità territoriali e ambientali in essere, posticipando nel tempo la possibilità d’intervenire in termini di recupero, o risultando in contrasto con i progetti di riqualificazione già avviati in prossimità del sito (tra cui ad es. quello del Parco delle Cave di Brescia, ubicato tra i quartieri di Buffalora e San Polo)”.
Anche il parere ATS del settembre 2018 (doc. 16 Provincia), a pagina 3, avverte che “Per quanto riguarda il contesto nel quale andrebbe ad inserirsi l’impianto di discarica, si richiamano le criticità già descritte da ATS sullo scenario dove, in qualche km2 , convivono cascine con porzione residenziale, spazi destinati ad attività zootecnica e di coltivazione dei fondi, un centro sportivo natatorio, impianti di smaltimento rifiuti e di escavazione: realtà con vocazioni ed esigenze difficilmente armonizzabili. L’area inoltre è interclusa tra autostrada A4 e Tangenziale, due arterie di traffico intenso che per inquinamento atmosferico ed acustico rappresentano elementi di grave pressione. La possibile collocazione nel luogo indicato del nuovo impianto di discarica è attuabile soltanto per la non retroattività della DGR del 02.10.2017 n. X/7144 Regione Lombardia, che ha definito il valore soglia comunale ed il valore soglia areale riferito quest’ultimo al buffer di 5 Km dal sito di intervento. Il valore soglia areale di 64.000m3/Km2, risulta superato già allo stato attuale. Per quanto sopra, il contenimento degli impatti che comporterà l’opera è fondamentale per il contesto critico nel quale la stessa andrebbe a collocarsi, descritto nella nota ATS del 20.04.2017”.
1.7 Gli abitanti del quartiere Buffalora (nell’atto di intervento) lamentano di dover sopportare, allo stato attuale, numerose attività di rilevante impatto ambientale e chiedono che le valutazioni su un nuovo insediamento – che si può definire quantomeno come pericoloso – vengano effettuate in modo ineccepibile nel rispetto di un’istruttoria non solo completa, ma anche ulteriormente prudenziale.
1.8 Quest’ultima riflessione può rappresentare un utile parametro di riferimento, che deve accompagnare l’attività degli Enti preposti alla cura dei plurimi interessi collettivi sui quali il progetto interferisce. E’ innegabile, sul piano oggettivo, l’impatto dell’iniziativa su una situazione già fortemente precaria (in particolare, con riferimento alla qualità dell’aria). Ciò significa che gli effetti sull’ambiente devono essere approfonditi in modo rigoroso, in un contesto “al limite” della soglia di accettabilità, rispetto alle specifiche soluzioni individuate nel nuovo progetto depositato nel dicembre 2016. Come statuito in sede di cognizione sommaria (ma con motivazione puntuale), questa Sezione (cfr. ordinanza 18/9/2018 n. 361) ha richiamato la propria precedente ordinanza n. 281 del 18/7/2018, per cui “l’aumento delle emissioni inquinanti in un territorio dove sono già presenti situazioni di inquinamento non determina il divieto di avviare nuove attività se gli incrementi restano entro le soglie di rilevanza, mentre se fossero superiori occorrerebbe una seconda valutazione per la quantificazione del rischio”.
2. Anche la seconda censura non è passibile di positivo scrutinio.
2.1 Anzitutto va osservato come il sotto-paragrafo 6.2.1 della relazione tecnico istruttoria alla VIA allegato “A” – rubricato “Alternative progettuali e Osservazioni” – affronta il tema della possibile “alternativa zero”, con l’attuazione del progetto di ripristino a fondo cava approvato contestualmente all’autorizzazione all’escavazione. Le motivazioni a sostegno dell’esclusione dell’opzione zero sono enucleate puntualmente nella relazione (presenza di una cavità permanente nella porzione di territorio, con scarsa protezione della falda – elemento di vulnerabilità – e ridotta fruibilità dell’opera e mancato inserimento dell’area cavata nel contesto agricolo circostante; corretta gestione dei rifiuti a livello provinciale legata all’impossibilità di soddisfare le esigenze di smaltimento di tali tipologie come da analisi riportata nel SIA; fabbisogno impiantistico evidenziato al paragrafo 16 del Piano Regionale di Gestione Rifiuti [P.R.G.R.] approvato dalla Giunta Regionale con DGR 1990 del 20/6/2014, in quanto la non realizzazione dell’impianto non permetterebbe di soddisfare alcune delle specifiche richieste per la copertura del fabbisogno regionale (vedasi, ad esempio, tipologie di rifiuti quali il car fluff); l’eventuale realizzazione di altri impianti similari necessari a soddisfare tale richiesta potrebbe coinvolgere altre aree, aventi caratteristiche di maggior pregio rispetto a quella scelta o servite in modo peggiore dalla viabilità esistente).
2.2 Come ha messo in evidenza il Comune ricorrente nella memoria finale, con DGR n. 7860 del 12/2/2018 le norma tecniche di attuazione del Programma Regionale Gestione Rifiuti (PRGR) sono state aggiornate recependo tra l’altro le disposizioni del "Programma di Tutela e uso delle Acque (PTUA)" e del "Piano di Gestione Rischio Alluvioni (PGRA)". La difesa comunale riporta la riflessione racchiusa nel PRGR, relativamente ai rifiuti speciali, per cui “Le difficoltà maggiori sono legate a diverse concause, innanzitutto la gestione dei rifiuti speciali è soggetta alle regole del “libero mercato” e pertanto, a differenza dei rifiuti urbani per cui esistono alcuni vincoli territoriali relativamente al destino dei rifiuti non differenziati, gli stessi possono essere inviati ad impianti di trattamento ubicati anche al di fuori della regione senza alcuna particolare restrizione” e “I rifiuti speciali non sono soggetti, diversamente dai rifiuti urbani, ad una pianificazione finalizzata al raggiungimento dell’autosufficienza nello smaltimento e non hanno limitazioni nella libertà di movimento sul territorio nazionale”. Posta questa premessa, per cui si riconosce libertà di impresa nel settore dei rifiuti speciali, il Comune di Rezzato (cfr. pagg. 9 e 10 memoria finale) si diffonde in un’analisi comparativa di dati per dimostrare che – per le macro-famiglie di codici EER 17 e 19 (trattati nella discarica di cui si controverte) – si registra una sostanziale autosufficienza e un difetto di “situazione di emergenza” nel territorio regionale lombardo. Questo Collegio ritiene di disattendere l’eccezione di tardività del deposito delle tabelle, in quanto le conclusioni (sfavorevoli alla prospettazione del ricorrente) non mutano. 2.3 Intanto, è incontestata la non autosufficienza regionale per il car fluff (cfr. pag. 15 della memoria conclusionale del Comune, mentre nella propria memoria di replica la controinteressata evoca il capitolo 16.3.4 del PRGR che indicherebbe una copertura del fabbisogno teorico regionale pari a solo al 26%. In ogni caso l’argomento decisivo, rimarcato dal difensore di La Castella in sede di trattazione pubblica, è che il fabbisogno non è un presupposto di fatto o di diritto del provvedimento in quanto (come già sottolineato dallo strumento pianificatorio di settore) il trattamento dei rifiuti speciali non si inserisce un mercato sottoposto a restrizione/regolazione, salvo il dovuto analitico approfondimento di tutti gli aspetti di salvaguardia ambientale e sanitaria.
2.4 Posto che non è stato argomentato il mancato rispetto di criteri escludenti o penalizzanti, ARPA nel parere del 14/5/2018 (doc. 30 B ricorrente) ha puntualizzato che “Secondo quanto descritto nella Relazione Integrazioni (gen. 2018), la scelta del sito d’intervento discende da un’analisi di diverse alternative localizzative ubicate all’interno della provincia di Brescia (in quanto identificata come bacino preferenziale di provenienza dei rifiuti destinati all’impianto in progetto). Tale analisi è basata sull’utilizzo dei criteri escludenti e preferenziali desunti dal Piano Regionale di Gestione Rifiuti, nonché sull’esame della presenza di infrastrutture viarie a servizio dell’impianto”. L’amministrazione ha esaminato e sottoposto a valutazione la cd. opzione zero respingendola, e la decisione risulta immune da vizi, deducibili nella sede giurisdizionale esclusivamente sotto i profili dell’illogicità o dell’irrazionalità della scelta amministrativa (Consiglio di Stato, sez. IV – 12/1/2019 n. 505). Naturalmente, una tale scelta deve essere assistita da un’istruttoria appropriata sul piano tecnico-scientifico (circostanza da appurare affrontando i successivi motivi di gravame).
2.5 Quanto alla soluzione alternativa del Termovalorizzatore, la Provincia e la controinteressata hanno evidenziato da un lato che i rifiuti con codice EER coincidente sono solo 8 sui 45 richiesti dal proponente, e dall’altro che la discarica potrà ospitare rifiuti speciali, mentre nel termovalorizzatore sono conferibili solo gli urbani e gli speciali assimilati agli urbani. La Castella ha rilevato come la prescrizione IV) del Paragrafo E.5.2 dell’AIA vigente del termovalorizzatore (allegato 3 alla produzione 7/2/2019, pagina 50) chiarisca la limitazione delle tipologie di rifiuti in ingresso: “I tipi di rifiuti sottoposti alle operazioni di deposito preliminare ed incenerimento con recupero energetico di rifiuti speciali non pericolosi sono:
– RSU [Rifiuti Solidi Urbani] (così come indicati in Tab. B3);
– rifiuti speciali non pericolosi assimilabili agli urbani (riportati in Tab. B3).”
In virtù di tale prescrizione, i rifiuti non assimilabili agli urbani non possono avere accesso al Termoutilizzatore di Brescia, in disparte l’ulteriore questione della saturazione di tale impianto.
2.6 In replica alla dedotta inosservanza dei principi in materia di gestione dei rifiuti (cd. “gerarchia comunitaria”), la difesa della Provincia ha correttamente rilevato come nell’allegato tecnico AIA “B” (paragrafo B.5, pagg. 27 e 28) siano state impartite condizioni e prescrizioni tese al rispetto dei principi comunitari relativi alla gestione dei rifiuti (accettazione in discarica dei codici EER 191001, 191002, 191202 e 191203 191215, 191209 e dei rifiuti prodotti da frantumazione di rifiuti metallici e dal trattamento meccanico dei rifiuti – aventi CER: 191001, 191002, 191202, 191203, 191215, 191209 – nei soli casi di non percorribilità tecnica o economica dell’operazione di recupero, adeguatamente motivata). Da ultimo, si sottolinea che lo smaltimento in discarica è una scelta residuale rispetto alle altre finalizzate al recupero, e tuttavia la normativa comunitaria e nazionale non escludono a priori l’operazione nel caso in cui risulti necessario.
3. Il terzo motivo è privo di pregio giuridico.
3.1 Il procedimento intrapreso ha avuto origine con l’atto di impulso del 2 e del 5/12/2016 e si è concluso il 24/10/2018, con tre sedute di Conferenze di Servizi molto distanziate tra loro (21/4/2017, 21/6/2018 e 20/9/2018). L’iter si è rivelato particolarmente complesso – con il coinvolgimento di diverse autorità preposte alla cura di delicati interessi di natura collettiva – e oltre alle numerosi integrazioni del proponente ha contemplato plurimi contributi dei soggetti interessati, pubblici e privati. Il Comune di Rezzato ha avuto ampia possibilità di interloquire, come si evince alla pagina 34 della relazione di VIA allegato “A” ove sono enumerate ben 23 produzioni (nell’arco temporale dal 23/3/2017 al 25/9/2018). A fronte della complessità della tematica e della necessità di aggiornamenti e approfondimenti, non è illegittima la decisione di consentire al proponente di rassegnare integrazioni anche oltre le scansioni e i termini enucleati dall’art. 27-bis del D. Lgs. 152/2006, i quali rivestono ragionevolmente natura non perentoria. Detta impostazione ha recato beneficio anche a coloro che assumono una posizione contraria alla realizzazione del progetto, i quali sono potuti intervenire più volte nel corso del procedimento (e detta possibilità è stata in particolare garantita al Comune di Rezzato).
3.2 Per il resto il Collegio sottolinea quanto segue:
– il Comune ricorrente non indica per quali specifici aspetti i documenti depositati avrebbero meritato approfondimenti e prese di posizione;
– l’accampata eccessiva “celerità” della conclusione del procedimento è apodittica, in quanto non sono illustrati i profili che sarebbero stati introdotti in extremis dall’autorità procedente e sui quali non si sarebbe sviluppato il necessario contraddittorio;
– la sottoposizione del progetto alla normativa vigente all’atto di presentazione della domanda obbedisce alla regola generale del diritto amministrativo “tempus regit actum”, e non possono essere valorizzati i sospetti di una sua elusione attraverso un’istanza “largamente incompleta e insufficiente”, peraltro in difetto della specificazione delle componenti essenziali che si sarebbero rivelate carenti sin dall’inizio; l’esame degli atti attesta senz’altro plurime “correzioni del tiro”, che sono state sollecitate dagli Enti competenti (ARPA, ATS ed altri) per ridurre nella massima misura possibile l’incidenza dell’iniziativa sul territorio;
– l’argomento delle compensazioni non può insinuare da solo un vizio di legittimità, inserendosi le stesse in una valutazione comparativa che individua benefici idonei a mitigare, anche parzialmente, l’interferenza provocata;
– non è illegittimo neppure l’eccesso di prescrizioni denunciato da Legambiente Onlus, poiché esse hanno lo scopo di contenere nella massima misura possibile (entro una soglia fisiologica di tolleranza) gli effetti dell’iniziativa sull’ambiente, e dunque non rivelano in sé la debolezza del progetto ma al contrario l’attenzione degli Enti preposti alle molteplici conseguenze per la salute;
– i rifiuti radioattivi non sono ammissibili in discarica e sono state impartite prescrizioni ad hoc ai fini del controllo della radioattività per tutti i rifiuti in ingresso (cfr. Allegato tecnico “B”, paragrafo F “Piano di monitoraggio” sotto-paragrafo F.3.8 “Radiazioni”, pagina 96, ove è prescritto che “Su ogni mezzo in entrata all’impianto verrà effettuato un controllo in loco finalizzato alla verifica di assenza di radioattività, mediante apparecchiatura posta prima della pesa. Sarà inoltre messa a disposizione un’apposita piazzola per i mezzi che non superano il controllo radiometrico”;
– la questione del Bitumificio sarà esaminata con i successivi motivi di ricorso;
4. La quarta censura non merita positivo apprezzamento.
4.1 La tesi della collocazione della discarica “all’interno” del PLIS è infondata in fatto, in quanto dalla planimetria depositata (cfr. doc. 11 controinteressata, allegato n. 8 della produzione del 7/2/2019) e dallo stesso decreto del Presidente della Provincia n. 97/2018 in atti (allegato 9 alla relazione tecnica – produzione La Castella) si evince una perimetrazione che non comprende il territorio del Comune di Rezzato (cfr. l’oggetto del provvedimento è il “Riconoscimento del Parco Locale di Interesse Sovracomunale (PLIS) delle Cave di Buffalora e di San Polo, in Comune di Brescia”). La controinteressata ha anche obiettato che la “II Variante al PGT” approvata dal Comune di Rezzato con deliberazione consiliare 19/7/2018 n. 33 si limita all’individuazione di massima di un perimetro di possibile espansione del PLIS delle Cave.
4.2 La Relazione tecnico-istruttoria allegato “A”, par. 5.5, alle pagine 24 e 25 affronta il tema della “vegetazione, flora e fauna”. In esso si osserva che “il sito destinato all’impianto in progetto non è collocato in alcuna area soggetta a vincoli e/o prescrizioni paesistico-naturali che ne escludono l’attività a priori … il sito non ricade in alcuna area protetta né se ne riscontra presenza nel raggio di 2,0 km … nell’intorno del sito non si riscontra la presenza di siti appartenenti a “Natura 2000”… l’area non ricade in aree con presenza di comunità e specie della Lombardia, di Anfibi e Rettili e di flora spontanea da proteggere in modo rigoroso … l’ambito di progetto è stato interessato dalla VAS relativa alla proposta del Documento di Piano del PGT del Comune di Rezzato, per il quale il parere motivato della VAS non ha espresso condizioni e osservazioni né azioni di monitoraggio riconducibili alla componente Biodiversità dell’ambito territoriale considerato”. Premesso che lo Studio di Impatto Ambientale e la contestuale richiesta di AIA risalgono a data (dicembre 2016) anteriore a quella di riconoscimento del PLIS, il proponente ha affermato la coerenza del progetto con l’istituzione del Parco, elencando comunque le sorgenti impattanti e le mitigazioni e compensazioni previste (Allegato “A”, pagina 25).
4.3 Sul profilo dell’impatto paesaggistico, il par. 5.9 dell’Allegato “A” (pag. 27) riporta il contenuto della relazione sull’esame paesistico ai sensi della D.G.R. 7/11045 dell’8/11/2002, rilevando una sensibilità del sito di tipo medio (3) e un’incidenza del progetto bassa (2) con un valore complessivo pari a 6 (3×2), maggiore della soglia di rilevanza ma inferiore alla soglia di tolleranza (cfr., per i dettagli, le pag. 88 e 89 del documento Esame paesistico del progetto – doc 13 Provincia). La collocazione nel range di “rilevanza” comporta la realizzazione di opere di mitigazione ambientale, descritte analiticamente al par. 6 del documento suddetto e comprendenti “Paesaggio, beni architettonici e ambientali” (par. 6.7) per i quali sono previsti “messa a dimora di componenti vegetali, quali siepe e un doppio filare di alberi ad alto fusto, a presidio delle cascine sparse e della zona residenziale di Buffalora, più prossima al sito … recupero ambientale del sito per una sua completa riqualificazione e inserimento nell’ambiente circostante”. Si ribadisce che il sito non è assoggettato a vincoli o prescrizioni paesaggistico-naturalistiche ostative all’esercizio dell’impianto (pag. 62), né vi insistono immobili o aree di notevole interesse pubblico o ambiti di interesse paesaggistico (pag. 68), mentre la stessa relazione tecnico-istruttoria Allegato “A” racchiude una serie di prescrizioni anche in materia paesaggistica (cfr. par. 10.5, pagine 37 e 38).
E’ dunque ridimensionato il paventato rallentamento del processo di naturalizzazione dell’area, alle luce delle attenuazioni e mitigazioni previste sugli impatti negativi.
4.4 Sull’obbligo convenzionale di ripristino della cava al termine delle operazioni di estrazione, è evidente che gli atti autorizzatori della discarica sono intervenuti su un progetto di tipo diverso che si innesta sull’area e come tale deve essere sottoposto a valutazione.
5. Il quinto motivo racchiude plurime questioni tecniche.
5.1 Il primo profilo di cui al punto sub. a) – afferente all’omessa valutazione delle alternative possibili meno impattanti ed allo stato esistenti (cfr. Termovalorizzatore di Brescia) – è già stato affrontato (e ritenuto non meritevole di accoglimento) al precedente paragrafo 2, al quale si fa rinvio.
5.2 Il secondo profilo investe l’omesso apprezzamento, nella valutazione degli impatti in loco, dell’autorizzazione rilasciata per la realizzazione di un nuovo bitumificio nell’area limitrofa (impianto produttivo per la lavorazione di inerti e per la produzione di materia prima secondaria della ditta Gaburri S.p.a), sul lato ovest della discarica di cui al progetto di La Castella. La carenza è messa in luce anche dai cittadini intervenuti in giudizio, i quali hanno ribadito che, se è vero che il bitumificio non è ancora stato costruito e non è perciò in funzione, è altrettanto vero che esso può essere costruito in ogni momento, tenuto conto che la ditta è già in possesso di tutti i titoli autorizzativi richiesti.
5.2a Al di là della formale inclusione nell’elenco delle “attività o strutture esistenti che possono produrre impatti cumulativi sull’ambiente intorno alla zona in esame” – di cui al punto 2.5 della Relazione tecnico istruttoria Allegato “A” (pag. 7), ovvero alla tabella del punto 3.1 (sempre a pag. 7) – il parere ARPA del settembre 2018 (doc. 15 Provincia – par. 3 Osservazioni generali, pag. 9) ha avvertito che “Va tra l’altro considerato che nell’area limitrofa a quella di progetto, il vigente PGT del comune di Brescia individua un ambito destinato al trasferimento dell’impianto di produzione di conglomerati bituminosi attualmente ubicato a Buffalora (a nord della tangenziale). Come recentemente appreso dai competenti Uffici del Comune di Brescia, le complicazioni che avevano frenato il processo di trasferimento dell’impianto nel sito indicato dal PGT sono state nel frattempo risolte. Pertanto è opportuno considerare che l’area di studio sarà interessata anche dalla presenza di tale impianto e dai potenziali impatti ad esso connessi”.
5.2b La questione, in punto di fatto, è stata definitivamente chiarita dalla Provincia nella memoria conclusionale depositata il 2/5/2019, con la quale ha sostenuto – sulla base della nota del Comune di Brescia del 18/1/2018 sulla proroga dell’autorizzazione in corso sino al 31/12/2019 (doc. 2 deposito 19/4/2019 della Provincia) che:
– l’impianto per asfalti a caldo “Panni” di Via Buffalora n. 54 dovrà essere dismesso entro la fine del 2019, in quanto di pertinenza all’attività autorizzata nell’ATE g24 in fase di chiusura;
– l’impianto è a oltre 1 Km e in altra area (cfr. triangolino rosso nella planimetria esplicativa, doc. 3 del deposito del 19/4/2019);
– il nuovo impianto denominato “bitumificio” non potrà essere realizzato perché sprovvisto di autorizzazione provinciale, e il procedimento di valutazione ambientale risulta archiviato nell’aprile 2018, per cui non necessitava di valutazione.
5.2c Viene dunque meno un elemento potenzialmente ostativo alla corretta valutazione (“somma”) degli impatti sul territorio, in quanto la relativa attività (nell’area SUAP Gaburri evidenziata in giallo nella planimetria suddetta) non risulta in fase di avvio poiché non è neppure pendente la relativa procedura. Sul punto, non merita apprezzamento la deduzione della difesa comunale – esplicitata nella memoria di replica e riproposta in sede di discussione pubblica – per cui i dovuti approfondimenti avrebbero dovuto essere eseguiti nel corso del procedimento (fase istruttoria) e non possono essere sostituiti da integrazioni rese in sede difensiva. Il Collegio si limita a rilevare che l’arresto dell’iniziativa produttiva (con relativa archiviazione della pratica) è un elemento di fatto che si ripercuote ex se sulla correttezza dell’iter per la realizzazione della discarica, essendo eliminato “oggettivamente” un possibile elemento di ulteriore disturbo e impatto sotto il profilo dell’ambiente e della salute. Un’eventuale carenza procedimentale sarebbe comunque sanata, per il definitivo venir meno dell’elemento di disturbo in uno stadio temporale successivo.
5.3 Il profilo ulteriore (lettera c) investe l’omessa adeguata considerazione della criticità della qualità dell’aria nella zona interessata dalla nuova discarica. Il Comune di Rezzato, nell’articolare la propria censura, ha in particolare rimarcato l’irrilevanza del fatto che l’incidenza in sé del nuovo impianto sia complessivamente modesta, perché ciò che conta non è la percentuale di aumento della presenza di PM10, ma il dato assoluto, che vede un numero di superamenti per anno assolutamente insostenibile (già 87 giorni al 10/12/2018, ben oltre la soglia massima di 35). La situazione estremamente critica della qualità dell’aria nel Comune di Rezzato è stata messa in luce anche da Co.Di.S.A. Onlus.
L’articolata prospettazione non merita condivisione.
5.3a Anzitutto, si è già rilevato al precedente paragrafo 1.5 che il progetto assentito prevede una volumetria di rifiuti conferiti pari a 905.000 mc., a fronte del quantitativo di 1.890.000 mc. del precedente. Inoltre, come ha messo in evidenza la difesa provinciale, l’attuale proposta non prevede più l’impianto di trattamento di rifiuti non pericolosi (in aggiunta alla discarica), interessa una superficie di circa 120.000 mq. – dimezzata rispetto ai precedenti 245.000 mq. – e beneficia di una viabilità estremamente favorevole grazie all’apertura del nuovo svincolo di Rezzato sulla Tangenziale Sud, proprio all’altezza dell’impianto in progetto, così come messo in evidenza nella relazione tecnico istruttoria Allegato “A” (par. 5 “Quadro ambientale”, 5.1 “Viabilità”, pag. 19, per cui “I mezzi per il conferimento dei rifiuti raggiungeranno l’impianto senza attraversare alcun centro abitato, senza lambire alcuna abitazione (anche singola) e senza creare interferenza con il traffico urbano, in quanto il percorso attraversa aree adibite per lo più a cave o a aree agricole ….”. Pertanto, la dedotta contraddittorietà delle conclusioni raggiunte dalla Provincia rispetto alle riflessioni sfavorevoli della Regione due anni prima non coglie nel segno in quanto – posta una condizione di partenza di estrema criticità – il giudizio si è focalizzato su un progetto diverso e ridimensionato rispetto a quello rigettato con il decreto regionale 8/2/2016.
5.3b Nel proprio parere di settembre 2018 (ultimo in ordine cronologico – doc. 15 Provincia) a pagina 10 ARPA rileva che <<Nel documento “Precisazioni ai pareri della seconda conferenza dei servizi” di luglio 2018 il proponente presenta i risultati di una nuova simulazione della dispersione delle emissioni da traffico indotto dall’attività. In questa seconda simulazione i fattori di emissione sono stati correttamente attribuiti ad auto e mezzi pesanti. All’NO2 è stato attribuito lo stesso fattore di emissione degli NOx, ipotesi estremamente cautelativa in quanto presuppone che le concentrazioni di NO2 costituiscano la totalità delle concentrazioni di NOx. Si ritiene quindi adeguata la simulazione eseguita. Dalla nuova simulazione condotta, emerge che le ricadute imputabili al traffico indotto presso i 14 recettori individuati dal proponente possono essere considerate non significative per i parametri considerati (PM10, CO, NO2), secondo l’approccio dell’Agenzia Ambientale britannica (UK Environmental Agency), ripreso anche dalle Linee Guida di ISPRA, che considera non significativi impatti inferiori all’1% del corrispondente valore limite long term o inferiori al 10% del valore limite short term>>. Nella propria relazione di settembre 2018 (doc. 16 Provincia), ATS a pag. 2 osserva che “Le ricadute di PM10 e NO2 imputabili alla discarica calcolate dal proponente con simulazione sono state giudicate da ARPA non significative secondo, l’approccio dell’Agenzia Ambientale Britannica, ripreso dalle linee guida di ISPRA presso i 14 recettori. In merito alle ricadute complessive derivanti dalla sommatoria dell’impatto previsto da traffico indotto e di quello imputabile alla discarica ARPA prende atto dei valori riportati dal proponente che appaiono inferiori alle soglie delle Linee guida ISPRA, indicando tuttavia che la valutazione potrebbe essere stata influenzata almeno per quanto riguarda le emissioni dei mezzi di trasporto e di lavoro interni alla discarica dal valore dei fattori di emissione usati. ATS prende atto del parere ARPA sulla conferma di validità e rappresentatività del modello utilizzato dal proponente per lo studio sull’inquinamento atmosferico da polveri sottili, che ha mostrato una stima del contributo del nuovo impianto di discarica inferiore al 5% e, in una situazione già critica caratterizzata da superamenti dei limiti di legge, non contribuirebbe ad innalzare in misura sensibile la frequenza e la entità dei superamenti. Facendo riferimento alle Linee guida V.I.A. MATT 18.06.2001 curate da ANPA, il nuovo impianto produrrebbe un impatto ambientale non significativo ed il suo contributo risulterebbe scarsamente influente sullo stato di salute della popolazione”.
5.3c Nelle proprie difese, La Castella ha evidenziato come lo studio delle ricadute dovute al traffico indotto dall’impianto restituisca una massima ricaduta potenziale di PM10 presso il recettore più esposto (R11) pari a 0,32 μg/m3, risultando quindi ben oltre un ordine di grandezza inferiore alla ricaduta di PM10 presso il Recettore C.na Goz nella condizione determinata dal progetto precedente del 2011. Inoltre, la massima ricaduta (media giornaliera) di 0,32 μg/m3 del nuovo progetto è ampiamente inferiore alla soglia di significatività definita dalle Linee Guida ISPRA pari al 10% del limite short term per la qualità dell’aria, che nel caso del PM10 è pari a 50 μg/m3 (media giornaliera). Infatti, la massima ricaduta di PM10 presso il Recettore R11 risulta pari allo 0,64% del limite giornaliero, quindi oltre un ordine di grandezza sotto la soglia di significatività del 10%. Segnala altresì che l’impatto derivante dall’intervento sarebbe notevolmente inferiore a quello determinato dal prosieguo dell’attività di coltivazione della cava: infatti, mentre nel SIA redatto dalla ditta Gaburri per l’estensione dell’ATE di riferimento (il n. 25) veniva dichiarato un apporto di polveri pari a 6 ton/anno, l’intervento di cui si discorre, secondo lo scenario indicato da ARPA, genera un apporto di polveri pari a 0,385 ton/anno.
5.3d Come ammette la parte ricorrente, sulla base del modello presentato dal proponente la nuova discarica ha un’incidenza modesta sul valore di fondo delle polveri sottili e del PM10, ed è questo l’elemento che è stato preso correttamente in considerazione dalle autorità competenti nelle valutazioni di impatto ambientale e sanitario. Sulla scelta della centralina per il modello di analisi, nell’elaborato “Relazione di chiarimenti giugno 2018” (doc. 3 controinteressata, allegato 12, pagina 21) La Castella precisa che “In seguito alle richieste degli enti nelle precedenti procedure che interessavano la medesima area, nel periodo che intercorre tra il 22/12/2014 e il 02/02/2015, è stata eseguita una campagna di monitoraggio dell’aria nel periodo più critico, ossia i 3 mesi invernali in cui si registrano i valori maggiori. I risultati di tale indagine rispondono alle richieste di ATS e sono risultati essere cautelativi. Tali dati rilevati dalle due stazioni mobili sono stati posti a confronto con quelli registrati, nel medesimo periodo di riferimento, dalla stazione di Rezzato. Come già riportato a pagina 16 dello “Studio degli impatti complessivi in atmosfera”, da tale confronto si è evinto che i valori registrati dalla stazione risultano essere superiori a quelli rilevati in prossimità del sito in esame, ciò anche perché tale centralina è di tipo industriale e quindi risente direttamente del contesto produttivo in cui è localizzata. Alla luce del fatto che la centralina A.R.P.A. di Rezzato, oltre a distare appena 300 metri circa in direzione ovest dal confine della Cementeria Italcementi, è collocata in un contesto caratterizzato da una serie di attività produttive sito-specifiche, è del tutto presumibile che i dati rilevati dalla stessa siano ampiamente influenzati dalle emissioni caratteristiche di quel contesto territoriale. Per tale ragione si può affermare che la stazione di Rezzato non è rappresentativa della qualità dell’aria nel contesto valutato in questa sede. … Per tutto quanto sopra esposto, al fine di definire le concentrazioni ante-operam degli inquinanti simulati, sono stati utilizzati i dati rilevati dalla centralina di Brescia Broletto. Tale stazione di rilevamento è stata scelta perché si tratta di una stazione di tipo” traffico”, quindi influenzata dalla presenza degli assi viari come lo è il contesto territoriale in cui si inserisce l’impianto – caratterizzato dalla presenza dell’autostrada A4 e della Tangenziale Sud SP11 – ed è l’unica che prevede il monitoraggio di tutti e tre gli inquinanti simulati”.
5.3e Già si è dato atto dell’avvenuta archiviazione della pratica di autorizzazione per il bitumificio Gaburri.
5.4 Successivamente parte ricorrente (lett. d) lamenta errori ed omissioni nella valutazione dell’impatto odorigeno, ma le deduzioni avanzate non si rivelano persuasive.
5.4a Nel parere ATS del settembre 2018 (doc. 16 Provincia, pag. 2), si dà atto che “ARPA si è espressa favorevolmente anche sulla validità e rappresentatività del modello utilizzato per la stima dell’inquinamento olfattivo e per l’andamento della diffusione degli odori derivanti dal nuovo impianto rispetto ai siti sensibili che risulterebbero esterni al limite di 1UO/m3, corrispondente alla soglia olfattiva delle sostanze odorigene, percepita dal 50% della popolazione, stimando con ciò un impatto odorigeno non significativo”.
5.4b Nel parere ARPA del maggio 2018 (doc. 30A ricorrente, pagina 8) alla rubrica “Impatto olfattivo” si osserva che <<In merito all’impatto odorigeno, si deve tenere presente che, come messo in evidenza dalla DGR della Regione Lombardia n.IX/3018, Allegato A, paragrafo 5:
• a 1 UOE/m3 (soglia di rilevabilità) il 50% della popolazione percepisce l’odore;
• a 3 UOE/m3 il 85% della popolazione percepisce l’odore;
• a 5 UOE/m3 il 90 â€� 95% della popolazione percepisce l’odore.
Si fa notare che il dato peggiore presentato è pari a 0,8 OUe/m3 presso i recettori R9 e R10 (Cascina Goiz e Fieniletto dei frati), come si può evincere dalla tabella dei valori del 98° percentile simulati presso i 14 recettori (tab. 26 presentata a pag. 65 dello “Studio di impatto atmosferico”). Si rileva che tale dato (0,8 OUe/m3), riferito al 98° percentile, significa che una percentuale inferiore al 50% (1 UO/m3) della popolazione presente in tale recettore avvertirà la presenza di odore per un periodo pari a 175 ore/anno (2% delle ore dell’anno)>>.
5.4c Nella relazione tecnico istruttoria Allegato “A” (par. 5 “Quadro ambientale”, 5.2 “Atmosfera”, punto 2 “Odore” ultima parte di pag. 20) sono riassunte le fonti emissive e le stime dell’impatto odorigeno. Peraltro, la difesa provinciale ha anche dato conto delle prescrizioni racchiuse nell’allegato B (doc. 3) quadro F paragrafo F.3.3 – F.3.3.2 rubricato “Monitoraggio olfattometrico”, per cui “Si prevede l’attivazione del monitoraggio olfattometrico conforme alle Linee Guida della Regione Lombardia pubblicate sul BURL del 15/02/2012 n° IX/3018, nel caso giungano al Comune segnalazioni relativamente ad odori verosimilmente riconducibili alla discarica, come previsto dalla DGR citata”.
In conclusione, i profili dedotti appaiono immuni da incongruenze.
5.5.1 Sulla massima escursione della falda, lamenta l’Ente locale ricorrente che la verifica del franco falda – alla luce della variazione dei deflussi sotterranei e della superficie piezometrica indotti dalla realizzazione del lago di falda (punto 35) – non è argomentata in modo esaustivo.
5.5.1a La controinteressata ha messo in evidenza che la quota di massima escursione della falda definita dai verificatori del TAR nel documento “Chiarimenti sui punti Ordinanza 505 del 2016” Modena 16/11/2016 in riferimento al precedente progetto della discarica “Castella S.r.l.” è pari a 119,79 metri s.l.m.. A fronte di tale dato di partenza (che sarebbe confermato anche da ARPA), la quota di massima risalita della falda determinata nello studio idrogeologico del progetto è stata definita con basi ulteriormente cautelative, come compresa tra 120,50 m s.l.m. nella porzione sud-ovest e 121,20 m s.l.m. nella porzione Nord-est (calcolata con tempo di ritorno pari a 100 anni). A partire da questo dato, ulteriormente cautelativo rispetto a quanto già stabilito dai verificatori del precedente giudizio, è stato definito un “Piano di Riferimento”, cioè una base che verrà formata esclusivamente lavorando in asciutta e mediante rimodellamento del materiale inerte vergine già presente in sito. Questo “Piano di Riferimento” verrà ricaricato con sabbia e ghiaia provenienti dall’interno dell’ATEg25 sino a realizzare il “piano di fondo”, quello su cui verrà costruita la barriera di confinamento. In questo modo la quota minima del “fondo vasca” si troverà a 122,80 m s.l.m., a più di 3 metri dalla quota massima di risalita della falda definita dai verificatori del TAR, e il piano di posa dei rifiuti avrà così una quota minima di 126,30 m s.l.m., con una distanza dalla falda di ben 6,5 metri.
5.5.1b L’analisi del rischio prodotta dalla Società è stata sottoposta alla valutazione del Dipartimento di Ingegneria civile, Architettura, Territorio, Ambiente e Matematica (Dicatam) dell’Università di Brescia – organismo dotato di competenza tecnica – che ha elaborato un documento (doc. 17 Provincia). Alle pagine 7 e seguenti, il Dipartimento ha rielaborato i dati rassegnati, e ha concluso (pagina 44) che “il rischio per la risorsa idrica sotterranea al punto di conformità (POC) e le concentrazioni di inquinanti al punto di esposizione (POE) calcolati dalla società proponente differiscono leggermente da quelli ottenuti dagli scriventi in seguito a quanto esposto al punto precedente. Nonostante ciò, sia l’elaborazione effettuata dalla società proponente che il calcolo condotto dagli scriventi hanno avuto come risultato valori di rischio per la risorsa idrica sotterranea al POC e concentrazioni al POE accettabili per ciascuna sostanza”. Come si evince dalla tabella 6 di pagina 18 dello studio, il rischio per la risorsa idrica – valutato da Società proponente ed esperti dell’Università dal punto di conformità (POC, posto immediatamente sotto la discarica) e definito come rapporto tra la concentrazione dell’inquinante in falda e la concentrazione più restrittiva tra quelle previste dalla normativa per le acque sotterranee – “risulta inferiore a 1 per tutti i parametri oggetto della richiesta di deroga”.
5.5.1c A supporto, il Collegio richiama l’ordinanza di questa Sezione 18/9/2018 n. 361, nella quale si è affermato che “nello specifico, per quanto riguarda la falda, il rischio è considerato accettabile se il rapporto tra l’inquinante atteso al punto di conformità immediatamente sotto la discarica (tenendo conto dell’attenuazione subita durante la migrazione nel suolo insaturo) e la concentrazione più restrittiva ammessa in falda è inferiore a 1. Il vincolo è rispettato sia dai calcoli del DICATAM sia da quelli di Gedit spa, pur non essendovi piena corrispondenza”.
5.5.1d La questione della massima escursione della falda e del contenimento del rischio risultano in definitiva adeguatamente affrontati e approfonditi nel corso del procedimento. Restano un paio di profili, attinenti alla corretta esecuzione dell’attività di predisposizione della discarica, per i quali ARPA ha segnalato criticità (cfr. pareri 7/5/2018 e 26/9/2018): si tratta dell’eventualità che le operazioni di realizzazione del “Piano di riferimento” siano condotte in condizioni di falda affiorante (la quale non è stata oggetto di trattazione nella documentazione prodotta) e della scarsa chiarezza del materiale da utilizzare per il medesimo “Piano di riferimento”. Premesso che si tratta di aspetti non specificamente censurati con il gravame introduttivo, la Società resistente ha chiarito che i lavori si svolgeranno in asciutta, escludendo pertanto l’eventualità di operare in condizioni di falda affiorante, e che il materiale sarà reperito all’interno del perimetro della cava. Le autorità preposte hanno l’onere di garantire il rispetto di tali impegni nella sede esecutiva.
5.5.2 Il Comune di Rezzato si duole dell’inadeguatezza della modellizzazione sulla diffusione dei contaminanti. A suo avviso le linee che delimitano l’areale sono state tracciate come semplici linee di flusso, come se i contaminanti si muovessero solo per flusso avvettivo, mentre si propagano anche per flusso diffusivo e dispersivo, per cui il pennacchio nel suo avanzare verso valle idrogeologico si allarga lateralmente rispetto alla sorgente, passando da una contaminazione puntuale ad una diffusa, su un areale molto più ampio.
5.5.2a Sul punto, il Collegio osserva che l’Analisi di Rischio presentata dal proponente ricomprende la tematica relativa al pericolo di diffusione dei contaminanti nelle acque e dei relativi effetti. Nel paragrafo delle conclusioni (3.5, pagina 21) della relazione del DICATAM del settembre 2018, si sottolinea che “la metodologia di valutazione del rischio adottata dalla società è risultata coerente con quanto indicato dai dettami normativi (D.M. 27 settembre 2010, “Criteri metodologici per l’applicazione dell’analisi di rischio applicata ai siti contaminati e alle discariche” dell’ APAT, nota n. 36365 del 31 ottobre 2011 dell’ISPRA, “Atto tecnico di indirizzo per l’istruttoria alle deroghe del D.M. 03/08/05” del 16 ottobre 2009 della Provincia di Brescia)”.
5.5.2b Rispetto alla prossimità di un laghetto affiorante, si nota che l’insediamento è stato spostato verso nord, e il Collegio ha già rilevato che la questione della falda sottostante è stata oggetto di indagini e approfondimenti delle amministrazioni e degli esperti designati nella verificazione svoltasi nel procedente giudizio innanzi questo T.A.R. (e la controinteressata le ha valorizzate nel nuovo progetto, cfr. Studio di impatto ambientale – doc. 8 Provincia – pag. 187 e 188). L’analisi è dunque frutto di una serie di analisi – reiterate nel tempo – sul possibile innalzamento della falda.
Il profilo è pertanto privo di fondamento.
5.5.3a Il Comune di Rezzato sottolinea inoltre l’inadeguatezza della modellizzazione geologica e (cfr. memoria finale) mette in evidenza che la modellazione idrogeologica numerica trova applicazione in diversi campi, a supporto della gestione della risorsa idrica, tra cui la valutazione dell’impatto sulle acque sotterranee di cave, miniere e discariche: costituisce, pertanto, procedura distinta e diversa rispetto alla modellazione ricompresa nell’ambito della procedura di analisi del rischio.
L’impostazione non è condivisibile.
5.5.3b Questo Collegio, nel ribadire le riflessioni già sviluppate in precedenza sugli ampi approfondimenti del rischio di affioramento della falda (validati dall’Università di Brescia), richiama le difese delle parti resistenti sull’esteso monitoraggio delle acque sotterranee – che prevede la realizzazione di 27 piezometri (9 a monte e 18 a valle) – in grado di intercettare il flusso idrico sotterraneo e di individuare l’eventuale immissione di inquinante – secondo un analitico “Piano di monitoraggio” di cui al paragrafo F, punto F.3.5, pagg. 83-93). Riferiscono le resistenti che i piezometri fungeranno anche da barriera idraulica, qualora si registri una dispersione di contaminanti.
5.5.3c La memoria di replica della Provincia è stata accompagnata dalla relazione tecnica di un proprio dipendente geologo datata 10/5/2019, nella quale si ripercorre l’attività istruttoria e si segnala:
– che il proponente ha individuato le acque sotterranee interessate dalla discarica, e ha dimostrato che la falda coinvolta è quella già vagliata da ARPA in altri impianti esistenti (discariche di inerti) e nel procedimento di VIA della precedente “istanza Castella” che non è stata approvata;
– che l’istruttoria dello studio idrogeologico del proponente ha confermato la presenza di una falda principale freatica con andamento NE SW (in coerenza con gli studi già effettuati), e la direzione trova conferma nella componente geologica del PGT di Rezzato; Inoltre, “i dati reali raccolti in decine di anni di controllo piezometrico, provenienti dai monitoraggi dei pozzi ….. e contenuti nelle relazioni annuali delle discariche all’intorno confermano direzione e massima escursione”, con “dati concordi, coerenti e sovrapponibili tra loro” (cfr. discarica RSU di Buffalora e Pozzo A2A di Buffalora); tali dati sarebbero sufficienti per comprovare l’attendibilità del quadro idrogeologico proposto.
5.5.4a L’esponente ravvisa lacune sui limi di lavaggio degli inerti presenti in cumulo presso il sito (mancata risposta sulla richiesta di chiarimenti sul materiale, osservato durante il sopralluogo del 21/12/2017).
5.5.4b La Provincia ha chiarito che è stata effettuata un’indagine specifica, che ha originato le integrazioni di gennaio 2018 (doc. 18), e che le analisi chimiche hanno evidenziato la mancanza di contaminazione e l’assenza di flocculanti cancerogeni quali l’acrilamide. La conclusione è nel senso che tutti i campioni sono risultati essere conformi con i limiti vigenti per i parametri analizzati. Infatti, “le analisi effettuate sui campioni prelevati hanno portato a verificare il rispetto:
– dei valori di concentrazione limite accettabili nel suolo riferiti alla destinazione d’uso residenziale o a verde (Colonna A, Tab 1) di tutti i parametri previsti nella Proposta operativa di indagine matrice suolo;
– dei limiti dell’eluato secondo il test di cessione di cui al D.M. 05/02/1998 e ss.mm.ii., comprensivo del parametro acrilamide, espressamente richiesto dall’amministrazione provinciale sui campioni di terreno contenenti limo”.
5.5.4c Nella memoria finale parte ricorrente recrimina che i campioni citati dalle difese resistenti non riguardano il cumulo di limi di lavaggio degli inerti osservati nel sopralluogo del 21/12/2017, ma campioni limosi C10T e C15T definiti nella documentazione integrativa di gennaio 2018 provenienti da 2 trincee esplorative della parte centrale del sito e a sud est in prossimità del cumulo dei limi di lavaggio. Alla contestazione, obietta in modo convincente il geologo della Provincia nella relazione tecnica datata 10/5/2019 (allegata alla memoria di replica, pagina 4), per cui le terre giacenti in cava non sono risultate contaminate, i limi sono stati campionati alla presenza dei tecnici e analizzati anche per l’acrilammide, e infine che la condizione per il rilascio dell’autorizzazione è stata la rimozione (e “verifica sul sedime delle CSC se necessario”) di tutti i materiali presenti sul sedime di progetto, prima dell’inizio dell’allestimento della discarica (prescrizione paragrafo E, punto E.4.1 dell’allegato tecnico AIA “B”).
Quanto alle ulteriori deduzioni tecniche, il Collegio ritiene le medesime insuscettibili di positivo apprezzamento per le ragioni che seguono:
5.5.5 Sulle lacune (mancata simulazione modellistica di flusso/trasporto, carenze informative sulle opere civili e impiantistiche) afferenti alla barriera idraulica, la controinteressata si è richiamata al paragrafo 5.3 della Relazione tecnico-istruttoria Allegato “A” relativamente alle caratteristiche progettuali della barriera idraulica dei pozzi di spurgo, mentre il loro dimensionamento completo e accurato è riportato alla pag. 5 dell’elaborato “OSSERVAZIONI Comm. 12697I342/16_OSS” di Giugno 2018. La replica può reputarsi persuasiva.
5.5.6 Sulle caratteristiche della copertura provvisoria (per la realizzazione e gestione nella fase di coltivazione), la controinteressata ha obiettato che la questione è affrontata nella relazione tecnica del progetto allegata all’istanza di VIA al paragrafo 5.5.3.3; nella proposta di allegato tecnico facente parte anch’essa della documentazione progettuale allegata al SIA (ultima versione aggiornata con le Integrazioni di Luglio 2018) al paragrafo B.1.2; nello Studio di Impatto Ambientale allegato all’istanza di VIA al paragrafo 8.2.1.3 del Vol. II; nello Studio di Impatto Atmosferico al par.7.2 e nel Piano di Gestione Operativa (ultima versione aggiornata con le Integrazioni di Luglio 2018) al paragrafo 2.15.
5.5.6a La copertura provvisoria sarà realizzata mediante posa di telo impermeabile in LDPE (polietilene a bassa densità) sopra le aree già occupate dai rifiuti contestualmente all’avanzamento del fronte di coltivazione. In proposito il geologo della Provincia, nella relazione tecnica datata 10/5/2019 (allegata alla memoria di replica, pagina 4), ha chiarito che la posa del telo LDPE per la copertura provvisoria è considerato da anni il miglior compromesso in termini di gestione, durabilità, resistenza ed efficacia, economicità. La Provincia ne ha prescritto l’uso (cfr. allegato “B” par. E.1.6 par. 4, che rinvia al par. 1.3).
5.5.7 Sulla captazione del gas di discarica (mancata illustrazione dei dettagli tecnici sufficienti a risolvere le potenziali criticità e le perplessità), il geologo espone le proprie repliche a pagina 6, e descrive le caratteristiche del biogas e del suo utilizzo energetico ai fini di un miglior sfruttamento.
5.5.8 Sulla “Rete di monitoraggio delle concentrazioni di biogas nei gas interstiziali dei terreni insaturi presenti nell’intorno del bacino, all’esterno delle vasche”, i punti di campionamento, le frequenze in fase di gestione operativa e post operativa, le soglie di allarme, i limiti di guardia e i limiti di esposizione sono riportati in modo esaustivo nel paragrafo F.3.11 (pagina 98) dell’allegato tecnico AIA “B” (verificati e validati anche da ARPA Lombardia).
5.6 Il Comune di Rezzato si duole dell’omessa o insufficiente valutazione della presenza di cumuli di terre e rocce da scavo in sito, che devono essere trattati come rifiuti.
Il profilo è privo di pregio giuridico.
5.6a La difesa provinciale ha efficacemente messo in luce che – con ordinanza comunale – è stata intimata la rimozione dei rifiuti, che (come già visto) rappresenta la condizione preliminare per l’inizio delle attività di realizzazione della discarica. Peraltro, l’ordinanza del Consiglio di Stato prodotta (doc. 21 Provincia) attesta l’avvenuta esecuzione del provvedimento, il quale era stato impugnato dalla Società La Castella e questo T.A.R. aveva emesso sentenza breve di rigetto 19/11/2018 n. 1087. Una dichiarazione di avvenuta rimozione completa di tutti i rifiuti è stata emessa dal Comune di Rezzato il 9/1/2019 (doc. 12 Castella), a seguito di un sopralluogo in loco.
5.6b Già si è sottolineato al precedente paragrafo 5.5.4b che è stata effettuato un prelievo di materiali nel settembre 2017 (doc. 22), con esito negativo per la contaminazione delle terre depositate in cava (concentrazioni inferiori ai valori limite della tabella 1, colonna A per i siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale, previsti dalla parte IVa, Titolo V°, allegato 5 del d.lgs. 152/06 e s.m.i. – docc. 18-19). Si ribadisce il contenuto della prescrizione paragrafo E, punto E.4.1 dell’allegato tecnico AIA “B”, per cui “1. La realizzazione dell’opera è condizionata all’asportazione dei materiali/rifiuti presenti nell’area e verifica sul sedime delle CSC se necessario”.
6. Con ulteriore doglianza, il Comune di Rezzato (al quale si è associata Legambiente Onlus) segnala una situazione di conflitto di interessi in capo all’amministrazione provinciale e lamenta la violazione del principio di imparzialità dell’azione amministrativa, in quanto il proponente risulta essere detenuto al 100% da Garda Uno S.p.a., Società di capitali a totale partecipazione pubblica di proprietà della Provincia di Brescia per il 9,76%.
6.1 La censura è infondata. La titolarità della funzione in materia di autorizzazioni alla realizzazione della discarica è affidata dal legislatore all’autorità provinciale (di concerto con numerosi altri Enti preposti alla tutela di interessi pubblici), senza possibilità di sottrarsi dalle relative incombenze. Peraltro, non si registra un autentico conflitto, sia per la misura della partecipazione (piuttosto ridotta), sia per l’articolazione della struttura e degli uffici della Provincia, presso la quale operano funzionari e dirigenti chiamati ad agire con imparzialità e senso del dovere ai sensi dell’art. 98 della Costituzione.
7. In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere respinto, potendosi disattendere le eccezioni sollevate dalla controinteressata nella memoria di replica.
8. Le spese di giudizio possono essere compensate, per l’estrema complessità della vicenda, per la delicatezza degli interessi pubblici sottesi (anche afferenti alla salute umana), e per la presenza di Enti pubblici su posizioni contrapposte.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
La presente sentenza è depositata in forma telematica, e la Segreteria della Sezione provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Politi, Presidente
Stefano Tenca, Consigliere, Estensore
Elena Garbari, Referendario
L’ESTENSORE
Stefano Tenca
IL PRESIDENTE
Roberto Politi
IL SEGRETARIO