Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Inquinamento del suolo Numero: 364 | Data di udienza: 8 Marzo 2017

* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Proprietario non responsabile dell’inquinamento – Obblighi di facere  – Misure di prevenzione ex art. 240, c. 1, lett. i) d.lgs. n. 152/2006.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 13 Marzo 2017
Numero: 364
Data di udienza: 8 Marzo 2017
Presidente: Calderoni
Estensore: Tenca


Premassima

* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Proprietario non responsabile dell’inquinamento – Obblighi di facere  – Misure di prevenzione ex art. 240, c. 1, lett. i) d.lgs. n. 152/2006.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 13 marzo 2017, n. 364


INQUINAMENTO DEL SUOLO – Proprietario non responsabile dell’inquinamento – Obblighi di facere  – Misure di prevenzione ex art. 240, c. 1, lett. i) d.lgs. n. 152/2006.

Gli interventi di riparazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino gravano esclusivamente sul responsabile della contaminazione, cioè sul soggetto al quale sia imputabile l’inquinamento (cfr. art. 242, commi 2 e seguenti del D. Lgs. 152/2006); il proprietario non responsabile dell’inquinamento, ai sensi dell’art. 245 comma 2, è tenuto soltanto ad adottare le misure di prevenzione di cui all’art. 240, comma 1, lett. i), ovvero “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia (T.A.R. Piemonte, sez. I – 12/9/2016 n. 1142, che risulta appellata; Consiglio di Stato, sez. VI – 5/10/2016 n. 4119): in quest’unico caso, infatti le operazioni devono essere eseguite nell’immediatezza e senza ritardo, anche a prescindere da ogni accertamento sui ruoli rivestiti e sulle responsabilità; viceversa, per ciascuna attività successiva non sono più configurabili obblighi di facere in capo al proprietario incolpevole, pur restando salva la sua responsabilità patrimoniale nei limiti del valore venale del bene all’esito degli interventi da compiere, conformemente a quanto dispone l’articolo 253 del Codice dell’ambiente.

Pres. Calderoni, Est. Tenca – A.Z. (avv. Bini) c. Comune di Rezzato (avv. Gorlani) e altri (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ - 13 marzo 2017, n. 364

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 13 marzo 2017, n. 364

Pubblicato il 13/03/2017

N. 00364/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00195/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 195 del 2017, proposto da:
Adriano Zanotti, rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Ughetta Bini, con domicilio eletto presso il suo studio in Brescia, via Ferramola 14;

contro

Comune di Rezzato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Mario Gorlani, con domicilio eletto presso il suo studio in Brescia, via Romanino n. 16;
A.R.P.A. Lombardia, A.R.P.A. Lombardia Dipartimento di Brescia, Provincia di Brescia, non costituitesi in giudizio;

per l’annullamento

– DELL’ORDINANZA SINDACALE 21/11/2016 N. 36, RECANTE L’ORDINE DI AVVIO DELLE INDAGINI DEL SOTTOSSUOLO AI SENSI DEL D. LGS. 152/2006;

SE, E IN QUANTO OCCORRA, DEGLI ATTI PRESUPPOSTI OSSIA:

– DELLA NOTA DEL RESPONSABILE DEL SETTORE URBANISTICA, ECOLOGIA E SPORTELLO UNICO IN DATA 14/6/2016, A SEGUITO DEL RITROVAMENTO DI LIQUIDI E FANGHI PERICOLOSI PRESSO IL CAPANNONE DI PROPRIETA’, SULL’INDAGINE DI POSSIBILE CONTAMINAZIONE DEL SUOLO;

– DELLA NOTA ARPA DEL 9/6/2016;

– SE DEL CASO, DELL’ART. 8 COMMA 5 DELLE NTA DEL PDR DEL PGT.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Rezzato;
Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2017 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Evidenziato:

– che, in materia di rifiuti, assume carattere centrale nel nostro sistema giuridico la figura del “responsabile dell’inquinamento”, che rappresenta l’attuazione del principio comunitario “chi inquina paga”;

– che sulla vexata quaestio della natura della responsabilità del proprietario di un fondo oggetto di abbandono indiscriminato di rifiuti da parte di ignoti, la giurisprudenza amministrativa ha elaborato alcuni principi fondamentali sulla base dell’art. 192 del D. Lgs. 152/2006;

– che, in proposito, a carico del proprietario o di coloro che a qualunque titolo abbiano la disponibilità dell’area interessata dall’abbandono dei rifiuti, non è configurabile una responsabilità oggettiva o per fatto altrui (in solido con l’autore materiale del fatto), occorrendo che la violazione sia a questi imputabile a titolo di dolo o colpa in base agli accertamenti effettuati dagli organi ed Enti preposti al controllo (T.A.R. Puglia Bari, sez. I – 30/8/2016 n. 1089, che risulta appellata).

– che, che per quanto riguarda l’attuale assetto degli obblighi di messa in sicurezza di emergenza, bonifica e ripristino ambientale (Parte IV – Titolo V del D. Lgs. menzionato), la giurisprudenza nazionale ed euro-unitaria sono ormai sostanzialmente concordi nel riconoscerne l’insussistenza nei confronti del proprietario dell’area che risulti incolpevole delle condotte generative della contaminazione (Consiglio di Stato, sez. V – 21/11/2016 n. 4875);

– che l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (cfr. sentenza 25/9/2013 n. 21) ha chiarito che l’amministrazione non può imporre al proprietario di un’area contaminata, il quale non sia l’autore dell’inquinamento, l’obbligo di porre in essere le misure di messa in sicurezza di emergenza e di bonifica – di cui all’articolo 240, comma 1, lettere m) e p) del D. Lgs. 152/2006 – in quanto gli effetti a carico del proprietario incolpevole restano limitati a quanto espressamente previsto dall’articolo 253 del medesimo D. Lgs. in tema di oneri reali e privilegi speciali immobiliari (T.A.R. Puglia Lecce, sez. III – 22/2/2017 n. 325);

– che tale sistema di ripartizione dei compiti e delle responsabilità è stato ritenuto compatibile con le regole comunitarie in materia (cfr. sentenza Corte di Giustizia 4/3/2015 nella causa C-534/13), e al più il proprietario non responsabile dell’inquinamento “potrà essere chiamato, nel caso, a rispondere sul piano patrimoniale e a tale titolo potrà essere tenuto al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall’autorità competente nel limite del valore di mercato del sito determinato dopo l’esecuzione di tali interventi, secondo quanto desumibile dal contenuto dell’art. 253 del codice dell’ambiente” (Consiglio di Stato, sez. VI – 5/10/2016 n. 4100);

Considerato:

– che, in definitiva, gli interventi di riparazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino gravano esclusivamente sul responsabile della contaminazione, cioè sul soggetto al quale sia imputabile l’inquinamento (cfr. art. 242, commi 2 e seguenti del D. Lgs. 152/2006);

– che il proprietario non responsabile dell’inquinamento, ai sensi dell’art. 245 comma 2, è tenuto soltanto ad adottare le misure di prevenzione di cui all’art. 240, comma 1, lett. i), ovvero “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia” (T.A.R. Piemonte, sez. I – 12/9/2016 n. 1142, che risulta appellata; Consiglio di Stato, sez. VI – 5/10/2016 n. 4119);

– che recentemente anche questo T.A.R. (cfr. sentenza sez. I – 29/8/2016 n. 1161) ha riassunto i principi sopra enucleati nel modo seguente: <<In forza di quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006, recante il c.d. ‘Codice dell’ambiente’, il giudice amministrativo d’appello ha ritenuto che sia stata confermata la scelta afferente l’allocazione del titolo di responsabilità e delle conseguenze dell’inquinamento sul piano degli oneri di riparazione del danno, nel senso che la bonifica può essere imposta solo a chi abbia inquinato, optando per la responsabilità solo patrimoniale del proprietario non responsabile, salvi gli oneri relativi agli interventi di urgenza e salva la facoltà di eseguire spontaneamente gli interventi di bonifica ambientale (articolo 253 del codice dell’ambiente). Conseguentemente, il proprietario, ai sensi dell’articolo 245, comma 2, dello stesso decreto legislativo, è tenuto soltanto ad adottare le misure di prevenzione di cui all’articolo 240, comma 1, lettera 1), che le definisce come “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia”, mentre gli interventi di riparazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino gravano esclusivamente sul responsabile della contaminazione e cioè sul soggetto al quale sia imputabile, almeno sotto il profilo oggettivo, l’inquinamento (articolo 244, comma 2). Se il responsabile non sia individuabile o non provveda (e non provveda spontaneamente il proprietario del sito o altro soggetto interessato), gli interventi che risultassero necessari debbono essere adottati dalla P.A. competente (articolo 244, comma 4), che potrà recuperare quanto speso nei confronti anche del proprietario, nei limiti del valore di mercato del sito>>;

Atteso:

– che, nella fattispecie all’esame del Collegio, la scoperta dei fusti contenenti cianuro, abbandonati nel capannone di proprietà delle Società di cui il ricorrente è amministratore unico ovvero liquidatore, risale al 2013;

– che, all’epoca del ritrovamento, l’ARPA aveva suggerito di procedere – una volta terminate le operazioni di rimozione e di bonifica dei pavimenti contaminati – con “indagine analitica delle matrici ambientali al di sotto della pavimentazione per valutare l’effettivo stato di contaminazione”;

– che la necessità di eseguire un’indagine preliminare con campionamenti e analisi in contradditorio è stata ribadita anche recentemente dall’organo tecnico (cfr. nota ARPA trasmessa via pec del 9/6/2016);

– che, sotto il profilo della necessità dell’indagine, l’input di ARPA appare sufficientemente chiaro e circostanziato, e come tale non necessita di ulteriori specificazioni e argomentazioni, alla luce della natura delle sostanze inquinanti rinvenute;

– che, dunque, il parere tecnico non si fonda su un ragionamento apodittico, ma è il frutto dell’appropriata lettura della vicenda – di abbandono di materiale tossico sul pavimento del manufatto – e dell’applicazione del principio comunitario di precauzione, che hanno indotto l’autorità competente in materia ambientale a promuovere l’analisi dei campionamenti del sottosuolo;

Tenuto conto:

– che, nel caso di specie, non si controverte della responsabilità dell’abbandono dei rifiuti – pacificamente non ascrivibile alla parte ricorrente – ma dell’obbligo di provvedere all’indagine sul potenziale inquinamento del sottosuolo;

– che la questione giuridicamente rilevante investe l’ascrivibilità dei compiti – individuati dal Comune – nell’alveo delle “misure di prevenzione” ex art. 242 comma 1 lettera i del T.U., le quali possono essere demandate al proprietario anche se l’inquinamento non è a lui imputabile;

– che il proposito del Comune è quello di sviluppare un’indagine sui valori delle sostanze nocive e sul rispetto dei parametri-soglia, indispensabile per escludere una situazione di inquinamento ovvero per avviare l’attività successiva di caratterizzazione e bonifica;

– che quest’ultima è incontestabilmente posta dal legislatore a carico dell’Ente pubblico, salvo rivalsa successiva nei confronti del titolare incolpevole ai sensi dell’art. 253 commi 3 e seguenti del D. Lgs. 152/2006;

Ritenuto:

– che, ad avviso del Collegio, il proprietario dell’area inquinata (privo di responsabilità nell’operazione che ha provocato la contaminazione) non è tenuto ad assolvere le incombenze poste dall’amministrazione a suo carico, ma al contrario ha una semplice facoltà di porle in essere (cfr. art. 245 del T.U.);

– che, infatti, le misure di prevenzione consistono nelle operazioni tese a contrastare l’atto che ha provocato l’inquinamento, per neutralizzare o ridurre la minaccia imminente per la salute pubblica o per l’ambiente;

– che il legislatore ha inteso circoscrivere gli obblighi del titolare incolpevole, il quale è chiamato ad agire in proprio in un contesto emergenziale ossia nell’imminenza del fatto o della scoperta, quando occorre attivarsi senza indugio per inibire o comunque limitare le conseguenze dannose provocate dall’abbandono di sostanze nocive;

– che il proprietario privo di responsabilità ha l’obbligo di intervenire direttamente in quest’unico caso, in quanto le operazioni devono essere eseguite nell’immediatezza e senza ritardo, anche a prescindere da ogni accertamento sui ruoli rivestiti e sulle responsabilità;

– che, viceversa, per ciascuna attività successiva non sono più configurabili obblighi di facere in capo al proprietario incolpevole, pur restando salva la sua responsabilità patrimoniale nei limiti del valore venale del bene all’esito degli interventi da compiere, conformemente a quanto dispone l’articolo 253 del Codice dell’ambiente del quale già si è dato conto;

– che, nel caso esaminato, le analisi che il Comune chiede oggi di compiere traggono origine da una situazione di inquinamento scoperta nell’agosto 2013 e affrontata con la rimozione dei fusti nei mesi successivi, e dunque non sono riconducibili a un evento o un atto “che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente” ai sensi dell’art. 242 del D. Lgs.;

– che non si rinvengono le condizioni (ossia: il carattere ravvicinato degli eventi) che impongono un’azione sollecita, per cui l’operazione suggerita da ARPA rientra tra gli interventi demandati dal legislatore all’autorità pubblica;

– che, in conclusione, il gravame introduttivo risulta fondato e meritevole di positivo apprezzamento sotto il profilo appena esaminato;

– che può essere assorbita la censura afferente al difetto di legittimazione passiva del ricorrente quale amministratore unico della Società La Vela Immobiliare Srl (e liquidatore dell’Immobiliare Cavour);

– che possono essere assorbite anche le ulteriori doglianze, peraltro di natura formale ovvero dedotte in via subordinata;

– che le spese di giudizio possono essere compensate, alla luce della natura interpretativa e della novità della concreta vicenda sottesa (ascrivibilità o meno delle analisi da effettuare nel genus delle “misure di prevenzione”);

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando accoglie il ricorso introduttivo in epigrafe, e per l’effetto annulla i provvedimenti comunali impugnati (ordinanza sindacale n. 36/2016 e nota del Responsabile del Settore del 14/6/2016).

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere
Stefano Tenca, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Stefano Tenca
        
IL PRESIDENTE

Giorgio Calderoni
        
        
IL SEGRETARIO
 

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