Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 1454 | Data di udienza: 13 Dicembre 2017

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Rilascio di un  titolo edilizio –  Apposizione di condizioni – Limiti – Diversa ipotesi del rilascio del titolo in sanatoria – Apposizione di prescrizioni – Preclusione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 18 Dicembre 2017
Numero: 1454
Data di udienza: 13 Dicembre 2017
Presidente: Politi
Estensore: Politi


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Rilascio di un  titolo edilizio –  Apposizione di condizioni – Limiti – Diversa ipotesi del rilascio del titolo in sanatoria – Apposizione di prescrizioni – Preclusione.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 18 dicembre 2017, n. 1454


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Rilascio di un  titolo edilizio –  Apposizione di condizioni – Limiti – Diversa ipotesi del rilascio del titolo in sanatoria – Apposizione di prescrizioni – Preclusione.

 In base al principio di buona amministrazione, quando un progetto edilizio presenta elementi ostativi alla sua approvazione di modesta rilevanza e tali da poter essere individuati e corretti o attraverso la modifica del progetto o il meccanismo della concessione condizionata, l’amministrazione non deve negare il titolo richiesto ma deve invitare l’interessato a modificare il progetto o rilasciare la concessione sub condicione (cfr. T.R.G.A. Trentino Alto Adige, Trento, 27 luglio 2011 n. 204), in tal modo tutelando sia l’interesse pubblico al pieno rispetto della normativa urbanistica, sia l’interesse privato alla rapidità ed efficienza della pubblica amministrazione (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 25.10.2006, n. 1960;  T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 17.6.2010, n. 232). L’apposizione di condizioni al rilascio di un titolo edilizio è ammissibile, dunque, soltanto quando si vada ad incidere su aspetti legati alla realizzazione dell’intervento costruttivo, sia da un punto di vista tecnico che strutturale; e ciò trovi un fondamento diretto o indiretto in una norma di legge o regolamento (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. I, 22 maggio 2013 n. 617), mentre è preclusa  con riferimento alla sola formulazione di condizioni “atipiche” rispetto al titolo edilizio (quali quelle che si pongano al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge; ovvero, che non riguardino la fase di realizzazione dell’intervento edilizio; o, ancora, che non trovino fondamento in prescrizioni dello strumento urbanistico).  Ben diversa è la problematica, laddove venga in considerazione la apponibilità di “prescrizioni” al titolo edilizio rilasciato in sanatoria, ovvero conseguente ad accertamento di conformità (art. 36 del D.P.R. 380/2001): il permesso di costruire in sanatoria non può contenere alcuna prescrizione, poiché altrimenti, in contrasto appunto con il citato art. 36, postulerebbe non già la “doppia conformità” delle opere abusive richiesta dalla disposizione in parola,  ma una sorta di conformità ex post, condizionata all’esecuzione delle prescrizioni e quindi non esistente né al momento della realizzazione delle opere, né al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, bensì – eventualmente – solo alla data futura e incerta in cui il ricorrente abbia ottemperato a tali prescrizioni (cfr. T.A.R. Liguria 15 gennaio 2016 n. 45 e 16 dicembre 2015 n. 1003; T.A.R. Campania, Napoli 12 marzo 2015 n. 1527; T.A.R. Campania, Salerno 28 maggio 2014 n. 1017; T.A.R. Lazio, Latina 20 dicembre 2012 n. 1004; T.A.R. Lombardia, Milano 22 novembre 2010 n. 7311).

Pres. ed Est. Politi – B.M. (avv. Ballerini) c. Comune di Botticino (avv.ti Fontana, Ferrari e Fontana)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ - 18 dicembre 2017, n. 1454

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 18 dicembre 2017, n. 1454

Pubblicato il 18/12/2017

N. 01454/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00886/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso n. 886 del 2009, proposto da Busi Massimiliano, elettivamente domiciliato in Brescia, viale della Stazione n. 37, presso lo studio dell’avv. Mauro Ballerini, che lo rappresenta e difende


contro

il Comune di Botticino, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Gianfranco Fontana, Italo Ferrari e Francesco Fontana ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Brescia, alla via Armando Diaz n. 28

per l’annullamento

del provvedimento 30 giugno 2009 n. 9348 prot., mediante il quale il Responsabile dell’Area Territorio del Comune di Botticino invitava ad eseguire interventi di rivestimento di un muro e di posa di piante nonché degli atti tutti presupposti, connessi e conseguenziali, ivi compresa la comunicazione di avvio del procedimento 16 febbraio 2009 n. 2583 prot.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2017 il dott. Roberto Politi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

In data 4 agosto 1997, veniva rilasciata al ricorrente concessione avente ad oggetto "opere di recinzione e costruzione di muro di sostegno” recante l’indicazione "si prescrive la posa di piante tappezzanti".

La realizzazione del muro, nel progetto, veniva ipotizzata con uso di materiale di rivestimento in pietra.

Il muro veniva eseguito in conformità alla concessione edilizia (per quanto attiene al sedime, alle misure dimensionali e quant’altro), anche se non veniva eseguito il rivestimento in pietra.

Con comunicazione 16 febbraio 2009 n. prot. 2583, il Responsabile dell’Area Territorio del Comune di Botticino dava inizio a procedimento amministrativo, rilevando che il muro oggetto di concessione nel 1997 non sarebbe stato eseguito in conformità al contenuto del titolo abilitativo in quanto "allo scopo di mitigare l’impatto visivo il muro in calcestruzzo avrebbe dovuto essere rivestito da pietra rustica, mentre allo stato attuale non presenta alcun rivestimento".

Inoltre, la comunicazione contestava, in difformità da prescrizione contenuta nella concessione edilizia, la mancata posa di piante tappezzanti.

Avverso l’impugnata determinazione vengono articolate le seguenti censure:

A) Sull’ordine di realizzare il rivestimento in pietra:

A1) Violazione di legge per errata e falsa applicazione di legge (artt. 11 e 22 del D.P.R. 380/2001). Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti, falsa e carente motivazione

Il provvedimento comunale muove dal presupposto che sia configurabile, in capo al ricorrente, uno specifico obbligo di realizzare il rivestimento in pietra del muro di contenimento e recinzione.

Non esisterebbe, al contrario, alcuna prescrizione al riguardo contenuta nella originaria concessione edilizia, atteso che la soluzione costruttiva e l’indicazione del materiale costituirono a suo tempo il frutto della libera scelta del concessionario, scelta non solo mai espressamente imposta, ma neppure contemplata od imposta da alcuna norma.

In sede esecutiva, quindi, il proprietario era assolutamente libero di realizzare il manufatto ricorrendo ai materiali e/o alle finiture preferiti, no ricadendo il manufatto in zona soggetta a vincolo paesaggistico, con esclusa cogenza delle soluzioni costruttive che lo stesso concessionario aveva indicativamente illustrato nella tavola progettuale allegata all’istanza di rilascio della concessione edilizia.

A2) Violazione di legge per errata e falsa applicazione di legge (artt. 22 e 31 e ss. D.P.R. 380/2001; art. 1 legge n. 689/1981). Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti

Il provvedimento impugnato, nell’“invitare” alla realizzazione del rivestimento in pietra, prospetta un intervento comunale sostitutivo; ipotizzando, a dire del ricorrente, una sanzione di tipo reale e ripristinatorio.

Tale conclusione, anche laddove si versi in una ipotesi di violazione di una prescrizione cogente, deve escludersi in quanto la violazione non può essere ascritta al genus delle violazioni soggette a sanzione reale.

B) Sull’ordine di posare piante tappezzanti:

B1) Violazione di legge per errata e falsa applicazione di legge (artt. 11 e 22 del D.P.R. 380/2001). Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti, falsa e carente motivazione; assoluta genericità

Seppure deve darsi atto che la originaria concessione edilizia conteneva siffatta prescrizione, esclude peraltro parte ricorrente che tale indicazione potesse rivestire contenuto vincolante, avuto riguardo alla inesistenza di norme, anche di rango regolamentare, che imponessero di provvedere alla piantumazione.

Inoltre, la annotazione contenuta nella concessione edilizia sarebbe inapplicabile in ragione della sua assoluta genericità, attesa l’impossibilità di comprendere cosa significhi la dicitura "si prescrive la posa di piante tappezzanti", quando non esiste alcuna indicazione afferente alla localizzazione delle piante, alle loro caratteristiche, al loro numero.

B2) Violazione di legge per errata e falsa applicazione di legge (artt. 22 e 31 e ss. del D.P.R. 380/2001; art. 1 legge n. 689/1981). Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti

Anche per quanto attiene alla posa delle piante tappezzanti, il relativo invito formulato dalla resistente Amministrazione configura una misura sanzionatoria di tipo reale che non può in alcun modo essere configurata, dal momento che non sussiste violazione alcuna e, in ogni caso, essa dovrebbe essere qualificata come difformità soggetta a mera sanzione pecuniaria.

Conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell’impugnativa.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 13 dicembre 2017.


DIRITTO

1. Va precisato, ad integrazione di quanto esposto in narrativa, che la concessione edilizia rilasciata all’odierno ricorrente, n. 172 in data 1° agosto 1997, espressamente contemplava la presenza di una prescrizione così espressa: “si prescrive la posa di piante tappezzanti”.

Gli elaborati progettuali dal ricorrente medesimo presentati a sostegno della richiesta di rilascio di titolo ad aedificandum, recavano, inoltre, l’indicazione della realizzazione del muro di contenimento completamente rivestito in pietra.

Come osservato dall’Amministrazione comunale resistente in sede di comunicazione di avvio del procedimento (conclusosi, poi, con l’adozione della gravata determinazione):

– “allo scopo di mitigare l’impatto visivo il muro di calcestruzzo avrebbe dovuto essere rivestito da pietra rustica (come da elaborati progettuali allegati alla concessione edilizia n. 172 del 1° agosto 1997), mentre allo stato attuale non presenta alcun rivestimento”;

– “la concessione edilizia … è stata rilasciata con la prescrizione di provvedere alla posa di piante tappezzanti, le quali non sono mai state posate”.

2. Parte ricorrente non contesta, in punto di fatto, la materialità delle circostanze come sopra rappresentate.

Confuta, peraltro, il carattere cogente dell’impegno dal medesimo assunto all’atto della richiesta di concessione edilizia mediante presentazione di elaborati progettuali recanti (fra l’altro) l’indicazione della tecnica realizzativa del muro di contenimento.

Così come nega che rivesta carattere vincolante la prescrizione come sopra apposta all’atto del rilascio del titolo edificatorio.

3. Quanto all’esigenza di individuazione del presupposto a fondamento della posizione assunta dal Comune intimato, è opportuno rammentare come, in attuazione del Piano di Governo del Territorio, adottato dal Comune di Botticino ai sensi della legge regionale 11 marzo 2005 n. 12, la zona nella quale si trova l’area edificata dall’odierno ricorrente ricada in classe di sensibilità paesistica “media”; riguardante, ai sensi del punto 5.6.7.3 della Relazione al Documento di Piano dello stesso P.G.T., quelle “porzioni di territorio comunale d’interesse geomorfologico, naturalistico, o storico-insediativo”.

Ne consegue che non può, ex se, ritenersi preclusa all’Amministrazione una valutazione in termini di verifica dell’impatto ambientale, purché – ovviamente – il conseguente precipitato effettuale si mantenga nell’ambito di una fondamentale coerenza con le finalità tutelative dell’ambiente che la suindicata classificazione suggerisca; e purché, parimenti, non venga a delinearsi per il privato, titolare di concessione edilizia, l’ (esigenza di) adozione di interventi eccessivamente onerosi e/o non commisurati ad un equilibrato contemperamento fra la suindicata esigenza pubblica e l’espansione dello jus aedificandi, vieppiù ove assistito dal rilascio di titolo autorizzativo.

4. Quanto alla sottoposta vicenda contenziosa:

– se la realizzazione del muro di contenimento con rivestimento di pietra rustica consegue a indicazione promanante dallo stesso elaborato progettuale dal sig. Busi presentato a corredo della richiesta di rilascio di titolo edificatorio;

– la prescrizione circa la posa di “piante tappezzanti” è stata dall’Amministrazione esplicitamente apposta all’atto dell’adozione di quest’ultimo.

Ferma la vincolatività dell’impegno assunto in sede di presentazione del progetto – di talché, in difetto dell’osservanza di esso, la realizzazione posta in essere viene a configurare una “difformità” rispetto al titolo edificatorio formatosi in relazione ed in conseguenza della configurazione progettuale dell’intervento – deve escludersi che l’apposizione della prescrizione anzidetta riveli profili di illegittimità, per come dalla parte ricorrente sostenuto.

4.1 Va, innanzi tutto, escluso che la natura vincolata del titolo edilizio costituisca elemento insuperabilmente ostativo al fine di imporre modalità esecutive, di ordine essenzialmente tecnico, per adeguare il progetto a determinate esigenze, anche prettamente estetiche e/o di decoro.

Un condivisibile insegnamento giurisprudenziale ha, infatti, ammesso la configurabilità del permesso di costruire “condizionato”, quale strumento idoneo a consentire un equilibrato contemperamento dell’interesse pubblico al pieno rispetto della normativa urbanistica con l’interesse privato alla rapidità ed efficienza della pubblica Amministrazione.

Come sottolineato da T.R.G.A. Trentino Alto Adige, Trento, 27 luglio 2011 n. 204:

– “in base al principio di buona amministrazione, quando un progetto edilizio presenta elementi ostativi alla sua approvazione di modesta rilevanza e tali da poter essere individuati e corretti o attraverso la modifica del progetto o il meccanismo della concessione condizionata, il sindaco non deve negare il titolo richiesto ma deve invitare l’interessato a modificare il progetto o rilasciare la concessione sub condicione, “in tal modo tutelando sia l’interesse pubblico al pieno rispetto della normativa urbanistica, sia l’interesse privato alla rapidità ed efficienza della pubblica amministrazione” (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 25.10.2006, n. 1960)”;

– “se alla semplice alternativa approvare/non approvare si aggiunge, infatti, anche la possibilità di approvare con prescrizioni, si ampliano i poteri conformativi dell’Amministrazione che ha la possibilità in questo modo di modellare meglio la propria decisione alle particolarità del caso di specie” (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 17.6.2010, n. 232);

– “la violazione delle prescrizioni ha l’effetto di privare di titolo ciò che è stato realizzato sulla base del provvedimento cui era apposta la condizione non rispettata (cfr., T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 2.11.2010, n. 4520)”.

4.2 L’apposizione di condizioni al rilascio di un titolo edilizio è ammissibile, dunque, soltanto quando si vada ad incidere su aspetti legati alla realizzazione dell’intervento costruttivo, sia da un punto di vista tecnico che strutturale; e ciò trovi un fondamento diretto o indiretto in una norma di legge o regolamento (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. I, 22 maggio 2013 n. 617).

In altri termini, la preclusione al rilascio di una concessione edilizia recante “prescrizioni” va astretta alla sola formulazione di condizioni “atipiche” rispetto al titolo edilizio (quali quelle che si pongano al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge; ovvero, che non riguardino la fase di realizzazione dell’intervento edilizio; o, ancora, che non trovino fondamento in prescrizioni dello strumento urbanistico).

La preclusa apponibilità di condizioni al titolo edilizio estranee alla fase di realizzazione dell’intervento edilizio, stante la natura di accertamento costitutivo a carattere non negoziale della concessione stessa, è agevolmente arguibile dalla considerazione per cui, laddove si ammettesse la perseguibilità di finalità estranee a quelle sottese al potere esercitato – legato allo svolgimento dell’attività edificatoria – si finirebbe per funzionalizzare l’attività amministrativa ad interessi avulsi rispetto a quelli tipizzati dal Legislatore (cfr., in tal senso, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 10 settembre 2010 n. 5655; T.R.G.A. Trentino Alto Adige, Trento, 4 gennaio 2011 n. 2; T.A.R. Puglia, Lecce sez. III, 28 settembre 2012 n. 1623).

4.3 Ben diversa è la problematica (e specularmente difformi le conclusioni della giurisprudenza), laddove venga in considerazione la apponibilità di “prescrizioni” al titolo edilizio rilasciato in sanatoria, ovvero conseguente ad accertamento di conformità, per come definito dall’art. 36 del D.P.R. 380/2001.

Esso (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 28 ottobre 2016 n. 5010) muove dall’assunto che il presupposto espressamente richiesto dalla norma da ultimo citata, per potersi conseguire il permesso di costruire in sanatoria per opere realizzate senza il previo rilascio del necessario titolo edilizio, sia che “l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda” (cd. “doppia conformità”).

Corollario di tanto è che il permesso di costruire in sanatoria non può contenere alcuna prescrizione, poiché altrimenti, in contrasto appunto con l’art. 36 del D.P.R. 380/2001, postulerebbe:

– non già la “doppia conformità” delle opere abusive richiesta dalla disposizione in parola

– ma una sorta di conformità ex post, condizionata all’esecuzione delle prescrizioni e quindi non esistente né al momento della realizzazione delle opere, né al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, bensì – eventualmente – solo alla data futura e incerta in cui il ricorrente abbia ottemperato a tali prescrizioni (cfr. T.A.R. Liguria 15 gennaio 2016 n. 45 e 16 dicembre 2015 n. 1003; T.A.R. Campania, Napoli 12 marzo 2015 n. 1527; T.A.R. Campania, Salerno 28 maggio 2014 n. 1017; T.A.R. Lazio, Latina 20 dicembre 2012 n. 1004; T.A.R. Lombardia, Milano 22 novembre 2010 n. 7311).

Omogeneamente, Cons. Stato, sez. IV, 8 settembre 2015 n. 4176, secondo cui “alla luce del vigente ordinamento giuridico, non è ammissibile il rilascio di una concessione in sanatoria subordinata alla esecuzione di opere edilizie, anche se tali interventi sono finalizzati a ricondurre il manufatto nell’alveo della legalità”, atteso che “contrasterebbe ontologicamente con gli elementi essenziali dell’accertamento di conformità, i quali presuppongono la già avvenuta esecuzione delle opere e la loro integrale conformità alla disciplina urbanistica”.

5. Le svolte considerazioni appieno persuadono della legittimità della contestata prescrizione – afferente, di ribadisce, rilascio di titolo edilizio non in sanatoria – laddove si consideri la stretta inerenza di essa alla peculiare connotazione paesistica della zona, per come sopra descritta; nonché all’assenza di alcun profilo di irragionevolezza e/o di abnormità della prescrizione stessa rispetto alla finalità perseguita dall’Amministrazione, risolvendosi l’obbligo di che trattasi nella mera apposizione, a cura del privato, di “piante tappezzanti”.

6. Se, alla stregua di quanto precedentemente esposto, si dimostrano incondivisibili le doglianze dalla parte ricorrente esposte con riferimento alla inosservanza di prescrizioni omogeneamente refluite (ancorché eterogeneamente promananti) nel rilascio del titolo edificatorio, parimenti infondata è la doglianza con la quale la parte lamenta l’illegittimità dell’applicazione di una sanzione ripristinatoria, in luogo di quella pecuniaria.

Se il ripristino dello stato dei luoghi rileva laddove venga in considerazione la presenza di una zona, come nella fattispecie, normata con rilevante sensibilità paesistica, va rammentato come, ai sensi dell’art. 34 del D.P.R. 380/2011:

– “gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire sono rimossi o demoliti a cura e spese dei responsabili dell’abuso entro il termine congruo fissato dalla relativa ordinanza del dirigente o del responsabile dell’ufficio. Decorso tale termine sono rimossi o demoliti a cura del comune e a spese dei medesimi responsabili dell’abuso” (comma 1);

– “quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale” (comma 2).

Alla stregua di quanto sopra, l’applicazione della sanzione pecuniaria viene, dunque, in considerazione laddove la misura ripristinatoria non possa trovare attuazione senza pregiudizio della parte legittimamente posta in essere.

La vicenda all’esame pone, in proposito, all’attenzione peculiari modalità realizzative circa la riconduzione dell’intervento edilizio nell’alveo determinato dal titolo ad aedificadum rilasciato al ricorrente.

Infatti:

– se l’intervento ripristinatorio de quo non trova attuazione mediante “sottrazioni” di porzioni dell’opera, ma nell’implementazione della stessa mediante realizzazione di quegli interventi (rivestimento in pietra del muro di contenimento; posa di piante tappezzanti) che, pur previsti nella concessione, non sono stati spontaneamente posti in essere dal ricorrente;

– ne consegue che il ripristino delle condizioni da quest’ultima stabilite transita attraverso l’adozione di misure necessariamente “reali” (e sostanziate dalla realizzazione degli interventi “mitigatori” di che trattasi), affatto inidonee a pregiudicare la rimanente parte dell’intervento edilizio legittimamente posto in essere.

7. Quanto sopra esposto persuade il Collegio dell’infondatezza delle esaminate doglianze, alla qual accede la reiezione dell’impugnativa all’esame.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente Busi Massimiliano al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’Amministrazione comunale di Botticino, costituitasi in giudizio, in ragione di € 2.000,00 (Euro duemila), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Roberto Politi, Presidente, Estensore
Mauro Pedron, Consigliere
Stefano Tenca, Consigliere

IL PRESIDENTE, ESTENSORE       
Roberto Politi 

IL SEGRETARIO
 

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