Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto dell'energia, VIA VAS AIA Numero: 222 | Data di udienza: 29 Gennaio 2014

* DIRITTO DELL’ENERGIA – VIA, VAS E AIA – Impianto di produzione di energia elettrica da combustione di reflui zootecnici – Verifica preventiva dell’assoggettabilità a VIA – Future e ipotetiche iniziative – Irrilevanza – Rilascio dell’autorizzazione unnica ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Adeguamento automatico dello strumento urbanistico – Profili urbanistici – Parametri edilizi – Regione Lombardia – Art. 29 bis, c. 7 l.r. n. 26/2003 – Infrastrutture elettriche non facenti parte della Rete di Trasmissione Nazionale contestuali e funzionali agli impianti – Autorizzazione con procedimento unico.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 26 Febbraio 2014
Numero: 222
Data di udienza: 29 Gennaio 2014
Presidente: Calderoni
Estensore: Tenca


Premassima

* DIRITTO DELL’ENERGIA – VIA, VAS E AIA – Impianto di produzione di energia elettrica da combustione di reflui zootecnici – Verifica preventiva dell’assoggettabilità a VIA – Future e ipotetiche iniziative – Irrilevanza – Rilascio dell’autorizzazione unnica ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Adeguamento automatico dello strumento urbanistico – Profili urbanistici – Parametri edilizi – Regione Lombardia – Art. 29 bis, c. 7 l.r. n. 26/2003 – Infrastrutture elettriche non facenti parte della Rete di Trasmissione Nazionale contestuali e funzionali agli impianti – Autorizzazione con procedimento unico.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ – 26 febbraio 2014, n. 222


DIRITTO DELL’ENERGIA – VIA, VAS E AIA – Impianto di produzione di energia elettrica da combustione di reflui zootecnici – Verifica preventiva dell’assoggettabilità a VIA – Future e ipotetiche iniziative – Irrilevanza.

Ai fini della verifica preventiva dell’assoggettabilità a VIA (cd. screening) di un progetto per la realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica da combustione di reflui zootecnici, il progetto va valutato per quello che è al momento in cui viene presentato, senza che possano su tale valutazione assumere rilievo future, incerte, ipotetiche, ulteriori iniziative (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV – 28/10/2013 n. 5180)

Pres. Calderoni, Est. Tenca – Azienda Agricola F. e altri (avv.ti Zanvettor e Bruschi) c. Provincia di Brescia (avv.ti Poli, Donati e Rizzardi)

DIRITTO DELL’ENERGIA – Rilascio dell’autorizzazione unnica ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Adeguamento automatico dello strumento urbanistico – Profili urbanistici – Parametri edilizi.

Il rilascio dell’autorizzazione unica ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003 adegua automaticamente lo strumento urbanistico locale alle clausole in essa contemplate, e le deroghe possono investire sia i profili strettamente urbanistici che i parametri edilizi (come per esempio i limiti di altezza). La stessa destinazione agricola di zona non costituisce elemento ostativo e al riguardo l’art. 12 comma 7 del medesimo D. Lgs. 387/2003 dispone che “Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e c) – tra i quali rientrano gli impianti alimentati da biomasse – possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici”.

Pres. Calderoni, Est. Tenca – Azienda Agricola F. e altri (avv.ti Zanvettor e Bruschi) c. Provincia di Brescia (avv.ti Poli, Donati e Rizzardi)
 

DIRITTO DELL’ENERGIA – Regione Lombardia – Art. 29 bis, c. 7 l.r. n. 26/2003 – Infrastrutture elettriche non facenti parte della Rete di Trasmissione Nazionale contestuali e funzionali agli impianti – Autorizzazione con procedimento unico.

Le disposizioni di cui alla L.r. Lombardia 52/82 risultano superate per effetto dell’art. 29-bis comma 7 della L.r. 26/2003, il quale – rubricato “Infrastrutture per la distribuzione di energia elettrica” – statuisce che le infrastrutture elettriche non facenti parte della Rete di Trasmissione Nazionale contestuali e funzionali agli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, sono autorizzate con il procedimento unico ex D. Lgs. 28/2011: dunque l’autorizzazione unica realizza l’effetto sostitutivo anche con riguardo all’autorizzazione alla costruzione ed esercizio della linea elettrica e opere accessorie. L’ultimo comma dell’art. 29-bis poi precisa che le disposizioni della L.r. 52/82, incompatibili con le previsioni dell’articolo, sono abrogate dall’entrata in vigore di apposito regolamento: ciò significa che in ogni caso lo jus novum può ritenersi da subito applicabile, salvo il successivo intervento di aggiornamento e coordinamento normativo.

Pres. Calderoni, Est. Tenca – Azienda Agricola F. e altri (avv.ti Zanvettor e Bruschi) c. Provincia di Brescia (avv.ti Poli, Donati e Rizzardi)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ - 26 febbraio 2014, n. 222

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ – 26 febbraio 2014, n. 222

N. 00222/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01416/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1416 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Azienda Agricola Fratelli Stabiumi di Stabiumi Onorato, Amato e Caterina Snc, Agri Pan Snc di Stabiumi Ginevra e C., Luigi Angelo Prestini, rappresentati e difesi dagli avv.ti Romina Zanvettor e Maria Bruschi, con domicilio eletto presso lo studio della prima in Brescia, Via Dei Mille n. 26/B;

contro

Provincia di Brescia, rappresentata e difesa dagli avv.ti Magda Poli, Gisella Donati e Raffaella Rizzardi, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura provinciale in Brescia, Piazza Paolo VI n. 29;

nei confronti di

Società Agricola Bioner Brescia Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Soncini, Alfredo Bassi e Andrea Paolucci, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Brescia, Via Vittorio Emanuele II n. 1;
Fert-Bio Società Coop. Agricola, non costituitasi in giudizio;
Marchini Domenico e C. Società Agricola S.S., rappresentata e difesa dagli avv.ti Fiorenzo Bertuzzi, Silvano Venturi e Giampaolo Sina, con domicilio eletto presso il loro studio in Brescia, Via Diaz n. 9;

per l’annullamento

– DELL’AUTORIZZAZIONE ALLA COSTRUZIONE ED ESERCIZIO DI UN IMPIANTO DI ENERGIA ELETTRICA E CALORE ALIMENTATO DA FONTI RINNOVABILI, RILASCIATA DALLA PROVINCIA DI BRESCIA IL 20/7/2012;

– DI OGNI ALTRO ATTO PRESUPPOSTO E/O CONSEGUENTE E COMUNQUE CONNESSO, INCLUSI ATTI E PARERI DELLE CONFERENZE DI SERVIZIO TENUTE IN SEDE ENDOPROCEDIMENTALE E DEGLI ORGANI ED ENTI PREPOSTI;

Motivi aggiunti:

– DEL PROVVEDIMENTO DEL SETTORE AMBIENTE DELLA PROVINCIA DI BRESCIA IN DATA 16/11/2012, DI VOLTURAZIONE E MODIFICA DELL’AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE IN DATA 20/7/2012 A FAVORE DELLA DITTA MARCHINI DOMENICO E C. SOCIETA’ AGRICOLA S.S.;

– DI OGNI ALTRO ATTO PRESUPPOSTO E CONSEQUENZIALE, COMPRESI GLI ATTI ENDOPROCEDIMENTALI.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Brescia e delle controinteressate;
Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2014 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I ricorrenti sono proprietari e conduttori di un compendio immobiliare nel Comune di Capriano del Colle, ove svolgono attività di coltivazione dei fondi, silvicoltura, produzione, lavorazione e vendita di prodotti agricoli e allevamento. Riferiscono che il compendio è formato da appezzamenti di terreno e aggregati rurali, oltre alla cascina “Movico” di pregio storico e archeologico.

L’insediamento descritto è in immediata prossimità al lotto interessato dalla costruzione di un impianto per la produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili (biogas da biomasse extraziendali – reflui zootecnici). La zona interessata dall’intervento è di vaste dimensioni (20.500 mq. circa), è classificata dal PGT in parte “A” (zona agricola) e in parte “AM” (aree di mitigazione e protezione ambientale paesistica), e alcuni mappali rientrano nel raggio di salvaguardia del vincolo ambientale (distanza inferiore a 150 metri dal fiume Mella). Ad avviso dei ricorrenti l’ambito, di valenza tipicamente agricola e con possibilità di realizzare limitate opere edilizie, manifesta fragilità sotto ulteriori profili, in quanto l’area è classificata “classe 3” di rischio sismico ed è collocata nella fascia fluviale “C” del PAI (art. 31 NTA Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico – art. 9 NTA Piano delle regole), caratterizzandosi per un serio rischio idrogeologico.

Osservano gli esponenti che l’impianto di digestione anaerobica per la produzione di biogas, cogenerazione e produzione di energia elettrica ha una potenza dichiarata di 999 Kw, ed è alimentato da biomasse di origine zootecnica e agricola extra-aziendali, con matrici in ingresso per un totale di 54.750 t/anno. Negli allegati dell’autorizzazione unica sez. A è riportato il valore di 56.575 t/anno pari a 155 t/d, superiore a 150 t/die che è la soglia limite per la verifica di assoggettabilità a VIA.

L’istanza di titolo abilitativo inoltre è stata presentata da soggetto (Bionener Srl poi trasformata in Azienda agricola Bioener Srl), non iscritto all’anagrafe delle Aziende agricole e con oggetto sociale che esula da quello di imprenditore agricolo a titolo principale.

Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione parte ricorrente impugna l’atto in epigrafe, deducendo i seguenti motivi in diritto:

a) Violazione dell’art. 6 della L.r. 5/2010, dell’allegato B punto 1 lett. g) e dell’allegato IV parte II del D. Lgs. 152/2006, per mancato espletamento della verifica di assoggettabilità a VIA, violazione dell’art. 14-ter comma 4 della L. 241/90, eccesso di potere per carenza dei presupposti e travisamento dei fatti, dato che nella Conferenza di Servizi del 10/5/2010 i soggetti pubblici si sono limitati a evidenziare che il proponente dichiara l’esclusione dall’obbligo di verifica perché impianto è inferiore a 50.000 abitanti equivalenti o a 150 t/g di materie in ingresso (pur non prendendo in considerazione i quantitativi di biomassa vegetale) e senza effettuare ulteriori approfondimenti;

b) Violazione dell’art. 6 comma 5 del D. Lgs. 152/2006 e dell’allegato IV parte II del D. Lgs. 152/2006 per mancato espletamento della verifica di assoggettabilità a VIA, eccesso di potere per carenza dei presupposti e travisamento dei fatti, dato che il progetto ha una significativa incidenza sull’ambiente per il notevole impatto visivo e paesistico che rivela la dissonanza con il contorno (nota comunale 4/6/2012);

c) Violazione dell’art. 146 comma 5 del D. Lgs. 42/2004 per mancata acquisizione del parere obbligatorio della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici, visto che l’intervento ricade nella fascia di 150 metri dal fiume Mella;

d) Violazione dell’art. 39 delle NTA del Piano Territoriale Paesaggistico Regionale e della D.G.R. 8/11/2002 n. 7/11045 “linee guida per l’esame paesistico dei progetti”, eccesso di potere per contraddittorietà in atti, travisamento dei fatti e dei presupposti;

e) Violazione dell’art. 2 della L.r. 11/2007 sull’istituzione del Parco regionale del Monte Netto e dell’art. 2 della D.G.R. IX/2659 del 14/12/2011, poiché l’impianto è molto vicino al perimetro del Parco (1 Km a sud) e pertanto l’Ente preposto alla sua tutela doveva essere coinvolto nella Conferenza, per l’acquisizione del relativo parere;

f) Violazione della D.G.R. 30/12/2009 n. 8/10974 “Linee guida per la progettazione paesistica di reti tecnologiche e impianti di produzione energetica in aggiornamento dei Piani di sistema del Piano Territoriale Paesistico Regionale”;

g) Violazione della direttiva 91/676 CE, dell’art. 92 del D. Lgs. 152/2006 e della normativa regionale di recepimento (D.G.R. 21/11/2007 n. 8/5868 e D.G.R. 14/9/2011 n. IX/2208 che hanno introdotto disposizioni per le zone non vulnerabili e vulnerabili); violazione degli artt. 19 e ss. del D.M. 7/4/2006 sull’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, poiché la Società istante è priva dei requisiti di Azienda agricola e non può rendere comunicazioni e produrre documenti utili ai fini dell’utilizzazione agronomica degli effluenti;

h) Violazione sotto altro profilo della direttiva 91/676 CE, degli artt. 91 e 92 del D. Lgs. 152/2006 e della normativa regionale di recepimento (D.G.R. 21/11/2007 n. 8/5868 e D.G.R. 14/9/2011 n. IX/2208 che hanno introdotto disposizioni per le zone non vulnerabili e vulnerabili); violazione degli artt. 19, 20 e 21 del D.M. 7/4/2006 sull’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, violazione del D. Lgs. 75/2010 sui fertilizzanti, del regolamento CE 1069/2009, poiché la provenienza dei reflui non è certa e non si conosce la destinazione finale del digestato;

i) Eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione, violazione della normativa in materia di gestione di rifiuti, della parte IV del D. Lgs. 152/2006 e degli artt. 183, 184, 185 e ss., in quanto il digestato prodotto da Bioener non è conforme al quadro normativo citato e non può essere utilizzato per scopi agronomici; la Società non è un’Azienda agricola, non è indicato l’impiego del prodotto a fini agronomici, il PUA non è redatto nei termini di legge e dunque non si può evitare di applicare la normativa sui rifiuti;

j) Violazione dell’art. 12 del D. Lgs. 387/2003 per mancanza dei presupposti, inosservanza della normativa in materia di emissioni in atmosfera:

k) Violazione dell’art. 17 del P.R.G. e degli artt. 40, 41 e 45 del PGT, carenza di istruttoria e contraddittorietà;

l) Violazione del PGT sotto il profilo della componente idrogeologica, geologica e sismica del territorio e dell’art. 12 comma 3 del D. Lgs. 387/2003, poiché l’area ricade nella classe “b” di fattibilità geologica, che comprende aree con problematiche di falda molto alte;

m) Omessa acquisizione dell’autorizzazione all’impianto della linea elettrica, mai trasmessa al competente Genio civile.

Si sono costituite in giudizio l’amministrazione e le controinteressate, chiedendo la reiezione del gravame.

Nel frattempo l’Azienda Agricola Marchini Domenico e C. s.s. è subentrata nell’autorizzazione unica in precedenza concessa a Bioner, previa presentazione di una variante progettuale.

Riferisce parte ricorrente che il nuovo progetto volturato prevede l’eliminazione di alcune matrici extra-aziendali a favore di matrici prevalentemente aziendali, con una quantità invariata di biogas, che garantisce una produzione di energia del cogeneratore pari a 988 kWe. Sotto il profilo paesaggistico l’istante ha osservato di aver eliminato opere edilizie nella fascia di vincolo (salvo alcuni arbusti a scopo mitigativo) e evitato lo scarico nelle acque del fiume. Il nuovo soggetto avrebbe i requisiti di imprenditore agricolo principale. L’impianto tuttavia assumerebbe dimensioni ben maggiori rispetto al precedente (sia in sagoma che in pianta), con la realizzazione di tre silos aggiuntivi e serbatoi alti 7 metri (dotati di diametro variabile tra i 25 e 34 metri). Il Comune ha formulato parere negativo alla costruzione e all’esercizio della struttura oggetto di proposta di variante, che offrirebbe insufficienti garanzie sulle soluzioni tecnologiche: ha quindi chiesto la riduzione della potenza per renderlo più compatibile all’esigenza dell’allevamento di abbattere il carico d’azoto dei propri reflui.

Con motivi aggiunti depositati il 14/2/2013 parte ricorrente contesta il provvedimento provinciale 16/11/2012 di volturazione dell’autorizzazione a favore di ditta Marchini Domenico e c., (reputata “variante sostanziale”) e argomenta sui seguenti profili:

n) Illegittimità derivata dai vizi esposti nel ricorso introduttivo;

o) Eccesso di potere per carenza di istruttoria, violazione dell’art. 5 del D. Lgs. 28/2011, degli artt. 2 e ss. della D.G.R. 18/4/2012 n. IX/3298 “linee guida regionali dell’autorizzazione degli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili (FER) mediante recepimento della normativa nazionale in materia”, violazione dell’art. 12 del D. Lgs. 387/2003, in quanto il nuovo progetto presentato è totalmente differente dal precedente già autorizzato;

p) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, violazione dell’art. 1 della L. 241/90 e dell’art. 12 del D. Lgs. 387/2003, poiché la Provincia ha controdedotto in maniera carente sul parere contrario e sui puntuali rilievi espressi dal Comune nelle Conferenze di servizio del 5/11/2012 e del 13/11/2012;

q) Eccesso di potere per difetto di istruttoria, violazione dell’art. 39 delle N.T.A. del P.P.R. regionale e della D.G.R. 8/11/2002 n. 7/11045 “linee guida per l’esame paesistico dei progetti”, eccesso di potere per contraddittorietà in atti, travisamento dei fatti e dei presupposti, in quanto non è stato adeguatamente apprezzato il parere comunale negativo in data 13/11/2012, che ravvisa una valutazione di incidenza paesistica sottostimata riguardo all’analisi dell’importanza simbolica e identitaria dei luoghi e dei percorsi di interesse turistico/paesaggistico;

r) Violazione della D.G.R. 30/12/2009 n. 8/10974 “Linee guida per la progettazione paesistica di reti tecnologiche e impianti di produzione energetica in aggiornamento dei Piani di sistema del Piano Territoriale Paesistico Regionale”;

s) Violazione dell’art. 6 comma 5 del D. Lgs. 152/2006 e dell’allegato IV parte II, nonché dell’art. 1 lett. a) elenco B allegato III del medesimo D. Lgs., per omessa verifica di assoggettabilità a VIA, che deve riguardare i progetti che possono avere significativi impatti negativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale (comma 5), ed è obbligatoria per impianti industriali non termici per produzione di energia con potenza superiore a 1 MW;

t) Violazione della direttiva 91/676 CE, dell’art. 92 del D. Lgs. 152/2006 e della normativa regionale di recepimento (D.G.R. 21/11/2007 n. 8/5868 e D.G.R. 14/9/2011 n. IX/2208 che hanno introdotto disposizioni per le zone non vulnerabili e vulnerabili); violazione degli artt. 19, 20 e 21 del D.M. 7/4/2006 sull’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, dato che il Comune rientra nell’elenco regionale delle zone vulnerabili e l’art. 14 della D.G.R. 14/9/2011 stabilisce che la quantità di effluenti di allevamento nella SAU non deve superare il carico di azoto di 170 Kg/ha;

u) Violazione dell’art. 12 del D. Lgs. 387/2003 per mancanza dei presupposti e della normativa sulle emissioni in atmosfera, dato che si registra un’alterazione significativa del traffico locale con aumento di 2177 trasporti l’anno (pagina 11 relazione Azienda Marchini – doc. 21);

v) Violazione della strumentazione urbanistica locale ossia dell’art. 17 del P.R.G. e degli artt. 40, 41 e 45 del P.G.T., dal momento che nelle aree destinate alla produzione agricola sono ammessi interventi edilizi limitati, strettamente e funzionalmente connessi all’attività agricola, e alcuna deroga è ammessa per gli indici di zona e le destinazioni d’uso incompatibili;

w) Violazione del PGT sotto il profilo della componente idrogeologica, geologica e sismica del territorio e dell’art. 12 comma 3 del D. Lgs. 387/2003, poiché parte delle opere ricadono nella fascia di 150 metri dal fiume Mella, e l’intervento è a distanza molto ravvicinata (pochi metri) dal corso d’acqua Roggia Movica;

x) Violazione degli artt. 111 e 112 del R.D. 11/12/1933 n. 1975 e della L.r. 52/82 per omessa acquisizione dell’autorizzazione all’impianto della linea elettrica, mai trasmessa al competente Genio civile.

Con ordinanza n. 505, depositata il 24/5/2013 questa Sezione, nel bilanciamento dei contrapporti interessi, ha ravvisato la prevalenza di quello del gestore dell’impianto a proseguire l’attività, salvo l’approfondimento della dedotta violazione del carico di azoto ai sensi della Direttiva nitrati, con acquisizione di una relazione ad opera di ARPA. Con ordinanza n. 309 del 27/6/2013 questo Tribunale ha respinto la domanda cautelare, dopo aver acclarato il rispetto della percentuale stabilita per le zone vulnerabili secondo la relazione dell’autorità regionale.

Alla pubblica udienza del 29/1/2014 il gravame introduttivo e i motivi aggiunti sono stati chiamati per la discussione e trattenuti in decisione.


DIRITTO

La ricorrente censura l’autorizzazione che ha assentito la costruzione e l’esercizio di un impianto di energia elettrica e calore alimentato da fonti rinnovabili, e di seguito la volturazione e modifica del titolo abilitativo a favore della diversa ditta Marchini Domenico e c. Società Agricola s.s.

0.0 Le parti resistenti hanno sollevato l’eccezione di improcedibilità del ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse, poiché la seconda autorizzazione ridefinirebbe gli interessi in gioco e sostituirebbe la prima che ha cessato di produrre i suoi effetti: alcuna utilità deriverebbe dall’accoglimento del ricorso originario poiché l’atto nuovo è innovativo e autonomamente pregiudizievole, mentre il titolo rilasciato il 20/7/2012 è definitivamente venuto meno.

L’eccezione non è condivisibile in termini assoluti, ma esige la trattazione dei singoli profili di gravame, rispetto ai quali potrà essere effettuato un confronto della nuova situazione di fatto rispetto a quella preesistente.

Il Collegio può viceversa disattendere le numerose ulteriori eccezioni in rito, poiché i ricorsi sono infondati nel merito.

0.1 Ritiene il Collegio di svolgere alcune brevi considerazioni preliminari.

In linea generale l’art. 2 del Protocollo di Kyoto (ratificato in Italia con L. 1/6/2002 n. 120), statuisce al comma 1 che “Ogni Parte inclusa nell’allegato I, nell’adempiere agli impegni di limitazione quantificata e di riduzione delle emissioni previsti all’articolo 3, al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile, tra l’altro Applicherà e/o elaborerà politiche e misure, in conformità con la sua situazione nazionale”, come in particolare “ricerca, promozione, sviluppo e maggiore utilizzazione di forme energetiche rinnovabili, di tecnologie per la cattura e l’isolamento del biossido di carbonio e di tecnologie avanzate ed innovative compatibili con l’ambiente”. L’accordo internazionale – recepito dal legislatore – introduce pertanto un accentuato favor per la crescente espansione e la diffusione delle fonti di energia alternativa, come quella di cui si controverte.

La direttiva 2009/28/CE fissa tra gli obiettivi nazionali obbligatori la definizione di una quota percentuale complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia (art. 1), e in particolare stabilisce per il 2020 una quota minima europea del 20% (per l’Italia del 17%), con l’esplicitazione della necessità di mantenere i meccanismi di sostegno nazionali, ossia gli aiuti di Stato, per il perseguimento dello scopo.

Detti rilievi hanno riflessi sotto il versante procedimentale, dato che il rilascio dell’autorizzazione degli impianti destinati alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è regolato da una speciale disciplina legislativa. Come ha evidenziato la giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. VI – 15/3/2013 n. 1562) in questa materia, la legge, nel dare attuazione alla direttiva 2001/77/CE del 27/9/2001 (Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, poi sostituita con la direttiva 2009/28/CE), finalizzata a disciplinare uniformemente e ad incentivare tali forme di produzione di energia anche a mezzo della semplificazione dei procedimenti autorizzatori, è intervenuta con una disciplina procedimentale ad hoc che culmina con il rilascio (o con il diniego) della c.d. autorizzazione unica (cfr. art. 12 del D. Lgs. 29/12/2003 n. 387).

Nello specifico della presente causa, il nuovo provvedimento del 16/11/2012 non contempla più un impianto con emissioni in atmosfera, dato che la pollina in ingresso non verrà stoccata ma immediatamente immessa nella tramoggia di carico del fermentatore. Inoltre viene abbandonato lo scarico di acque reflue industriali in corpo idrico superficiale con l’unica previsione dello scarico delle acque di seconda pioggia. Va sottolineato, infine, l’utilizzo quasi esclusivo di matrici di natura aziendale, e più in generale che l’impianto è alimentato da biogas (pollina di galline ovaiole e/o tacchinelle, liquame bovino e suino, biomasse come insilato di mais e di triticale, granella di mais, glicerina di origine vegetale) con espressa esclusione di materiali qualificabili giuridicamente come rifiuti (cfr. punto 12 dell’autorizzazione).

1. Con il primo e il secondo motivo parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 6 della L.r. 5/2010, dell’allegato B punto 1 lett. g) e dell’allegato IV parte II del D. Lgs. 152/2006 – per mancato espletamento della verifica di assoggettabilità a VIA – nonché la violazione dell’art. 14-ter comma 4 della L. 241/90, l’eccesso di potere per carenza dei presupposti e travisamento dei fatti, dato che nella Conferenza di Servizi del 10/5/2010 ci si è limitati a evidenziare che il proponente dichiara l’esclusione dall’obbligo di verifica perché impianto è inferiore a 50.000 abitanti equivalenti o a 150 t/g di materie in ingresso, pur non prendendo in considerazione i quantitativi di biomassa vegetale e senza effettuare ulteriori approfondimenti; nella documentazione fornita, Bioener dà conto di una potenza di 1 Mwe e non di 999 Kw; i reflui in ingresso sono superiori al limite normativo (l’autorizzazione unica a pagina 17 doc. 2 indica 54.750 t/anno mentre le relazioni tecniche danno conto di 56.575 t/anno e dunque 155 t/d, destinati a aumentare per l’apporto del ricircolo immesso in ingresso, giungendo a 196,7 t/d); inoltre vi è un terzo soggetto (Azienda agricola Tomasoni e Migliorati) che trasporta biomassa (mais e triticale) all’impianto (doc. 19 e 19/bis). Sotto altro profilo, l’Azienda esponente lamenta la violazione dell’art. 6 comma 5 del D. Lgs. 152/2006 e dell’allegato IV parte II del D. Lgs. 152/2006 e l’eccesso di potere per carenza dei presupposti e travisamento dei fatti, dato che il progetto ha una significativa incidenza sull’ambiente per il notevole impatto visivo e paesistico che rivela la dissonanza con il contorno (nota comunale 4/6/2012); si realizzerebbe un nuovo isolato urbanizzato, avulso da un contesto ove domina lo spazio aperto; inoltre vi sono potenzialità oggettive di ampliamento, potendosi facilmente superare il Mwe (che secondo la perizia dell’Ing. Scarpulla è in realtà già superato – doc. 24 secondo paragrafo).

L’articolata censura è priva di pregio.

1.1 Come implicitamente ammette parte ricorrente, il progetto originario non rientra in una fattispecie per la quale l’ordinamento prevede in via automatica la sottoposizione a valutazione di impatto ambientale, ossia nell’elenco racchiuso negli allegati II e III alla parte seconda del D. Lgs. 152/2006. Neppure è integrata una delle ipotesi indicate all’allegato IV, che originano a carico dell’autorità regionale l’obbligo di verifica preventiva dell’assoggettabilità a VIA (cd. screening). Per il resto l’esame del motivo si deve necessariamente trasferire sul nuovo progetto, così come modificato, tenendo presente – sotto il profilo delle potenzialità dell’impianto – che la nota regionale 8/5/2012 (doc. 3 ricorrente) fa esplicitamente riferimento ai reflui zootecnici in ingresso (liquami e letami) con esclusione delle biomasse agricole e dei rifiuti biodegradabili. Si deve altresì rilevare in via generale – condividendo sul punto le obiezioni mosse dalla controinteressata Società Marchini – come il giudizio tecnico ai fini del rilascio dell’autorizzazione unica investa i dati progettuali così esposti dall’istante nei suoi elaborati, mentre il superamento della soglia da cui discende la necessità di compiere lo screening è evento successivo ed eventuale, che può essere verificato mediante i costanti controlli sull’impianto che le autorità preposte sono chiamate a svolgere, anche attraverso il monitoraggio in continuo dei dati. Possono essere evocate sul punto le statuizioni della sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV – 17/9/2012 n. 4926 (sulla quale lo stesso Consiglio di Stato, sez. IV – 28/10/2013 n. 5180 ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione), secondo la quale un progetto “va valutato per quello che è al momento in cui viene presentato, senza che possano su tale valutazione assumere rilievo future, incerte, ipotetiche, ulteriori iniziative”. La doglianza sull’impatto estetico – poiché il nuovo isolato urbanizzato si inserirebbe in un contesto ove domina lo spazio aperto – può essere affrontata congiuntamente al quarto motivo.

2. Con il motivo aggiunto di cui al paragrafo s) dell’esposizione in fatto, i ricorrenti deducono nuovamente la violazione dell’art. 6 comma 5 del D. Lgs. 152/2006 e dell’allegato IV parte II, nonché dell’art. 1 lett. a) elenco B allegato III del medesimo D. Lgs., per omessa verifica di assoggettabilità a VIA, che deve investire i progetti che possono avere impatti significativi negativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale (comma 5), ed è obbligatoria per gli impianti industriali non termici per produzione di energia con potenza superiore a 1 MW (allegato IV lett. c) punto 2); l’intervento ha un impatto significativo sull’ambiente come ha evidenziato il Comune nella seduta del 13/11/2012; se si considera la potenzialità oggettiva di ampliamento si supera il limite di 1 Mw, visto che l’Azienda detiene 2.815.900 m² di superficie fondiaria (di cui oltre 1 milione nel Comune di Capriano del Colle in corrispondenza dell’area dell’impianto) e inoltre la stessa fornirà un ingente quantitativo di liquame suino (i quantitativi delle deiezioni sono sottostimati in quanto sono dichiarate 700 scrofe con carico annuo di suinetti di 16.000/17.000 in luogo dei 5.000 dichiarati nei POA-PUA previsionali in atti): così si supera la soglia di legge di 150 t/giorno; vi è un’elusione della normativa del Codice dell’Ambiente progettando un impianto che nei fatti ha una potenzialità produttiva ben maggiore rispetto a quella dichiarata nell’istanza; infine l’art. 1 lett. a) elenco B allegato III prevede la VIA per cambiamento d’uso di arre non coltivate, semi naturali o naturali per la loro coltivazione agraria intensiva con superficie superiore a 10 ettari, e detto limite è superato di 10 volte (la fertirrigazione è attuata su 99 ettari sui quali vengono spanti 43.000 t/anno di digestato liquido).

2.1 Anche detta prospettazione non merita condivisione.

Ferma restando la mancata sussunzione del progetto nell’elenco delle opere assoggettabili a VIA o a verifica preventiva, la ricorrente insiste sulle “potenzialità oggettive di ampliamento”. In proposito la nuova autorizzazione (allegato tecnico – sezione A, pag. 19) stabilisce che l’impianto verrà munito di un PLC (programmable logic controller) e di un software per la gestione automatizzata dello stesso, con un sistema che permette l’acquisizione in continuo dei dati di funzionamento e la modifica di stato delle apparecchiature, con l’obiettivo “di mantenere la stabilità del processo e massimizzare la produzione di biogas”. In secondo luogo è impartita alla Società (allegato tecnico, sez. E, pag. 24) la prescrizione di utilizzare un flussometro per misurare i liquami in entrata all’impianto provenienti dal liquamodotto dell’allevamento. Ciò significa che le tecnologie applicate all’opera di cui si controverte sono in grado di assicurare la trasmissione costante di informazioni, di cui le autorità pubbliche di controllo potranno in ogni momento avvalersi per accertare il rispetto della potenza dichiarata. Per il resto, l’autorizzazione dà esplicitamente conto della potenza elettrica attiva a carico dell’alternatore pari a 988 Kwe, con obbligo di invarianza anche in caso di modifica delle matrici in ingresso, le quali a loro volta non dovranno determinare il superamento dei valori massimi ai fini dell’assoggettabilità a VIA (cfr. pagina 16 titolo abilitativo). Analogo ragionamento può essere compiuto per il liquame suino (asseritamente sovrabbondante), tenuto anche conto del dato stimato dalla ricorrente circa il numero complessivo di capi, esorbitante rispetto ai dati inseriti nel fascicolo aziendale di Marchini (doc. 13 Provincia) ove si riporta a pagina 2 un numero di capi pari a 8.815: in questo senso appare chiaro che i quantitativi esibiti nell’istanza facciano riferimento a un valore medio, e nei fatti sul calcolo non può non incidere anche l’attività di commercializzazione.

Non è infine degna di apprezzamento l’ulteriore asserzione circa la riconducibilità del progetto all’art. 1 lett. a) elenco B allegato III parte II del Codice dell’Ambiente, nella parte in cui prevede l’obbligo di VIA per cambiamento d’uso di arre non coltivate, semi naturali o naturali per la loro coltivazione agraria intensiva con superficie superiore a 10 ha. Il superamento del limite (di 10 volte) per l’attività di fertirrigazione che interessano 99 ettari non interferisce in realtà con una destinazione di area che è sempre stata di tipo agricolo.

3. In ordine logico si ritiene di esaminare il secondo motivo aggiunto afferente all’eccesso di potere per carenza di istruttoria, violazione dell’art. 5 del D. Lgs. 28/2011, degli artt. 2 e ss. della D.G.R. 18/4/2012 n. IX/3298 “linee guida regionali dell’autorizzazione degli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili (FER) mediante recepimento della normativa nazionale in materia”, violazione dell’art. 12 del D. Lgs. 387/2003, poiché il progetto presentato è totalmente differente dal precedente già autorizzato (per le soluzioni tecnologiche-impiantistiche, per le diverse matrici in ingresso, per tipologie e provenienza, per i profili architettonici e planivolumetrici, con maggiori volumetrie e altezze. Parte ricorrente evoca le tavole di progetto e la documentazione di raffronto (doc. 7-11) in atti, che attesterebbero una variante di tipo sostanziale al progetto originario, mentre la Provincia si è limitata a volturare l’autorizzazione originaria e ad approvare le modifiche citate, acquisendo pareri ministeriali resi in precedenza nell’altro procedimento: l’amministrazione avrebbe dovuto revocare la precedente (illegittima) autorizzazione unica e avviare ex novo il procedimento sul nuovo progetto, con ri-acquisizione dei pareri ed emissione di un nuovo titolo abilitativo.

L’assunto non è meritevole di apprezzamento.

3.1 L’art. 5 comma 3 del D. Lgs. 28/2011 statuisce che “Per gli impianti a biomassa, bioliquidi e biogas non sono considerati sostanziali i rifacimenti parziali e quelli totali che non modifichino la potenza termica installata e il combustibile rinnovabile utilizzato”. L’art. 2.1 lett. e) della deliberazione della Giunta regionale 18/4/2012 n. 9/3298 “Linee guida regionali per l’autorizzazione degli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili (FER) mediante recepimento della normativa nazionale in materia” dispone che “Per gli impianti alimentati a biomasse, bioliquidi e biogas sono considerati sostanziali i rifacimenti parziali o totali che modifichino la potenza termica installata o il combustibile rinnovabile utilizzato, oppure, ai sensi dell’art. 268 Parte V del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., quegli interventi che comportino una modifica qualitativa delle emissioni o un’alterazione della convogliabilità delle stesse. La modifica sostanziale comporta un nuovo procedimento autorizzativo”.

3.2 Rileva il Collegio che la potenza termica immessa con il combustibile (100% del carico del motore) è pari a 2462 Kwt, mentre la potenza elettrica attiva del carico dell’alternatore è pari a 988 KWe, identica nei 2 atti autorizzativi (pagina 16 dell’autorizzazione 20/7/2012 e pagina 15 dell’autorizzazione 16/11/2012). L’impianto a biogas utilizza combustibile rinnovabile, le cui matrici in ingresso sono – per ciascuno dei 2 titoli abilitativi – liquami provenienti da allevamenti ossia liquame bovino e suino, pollina agricola, oltre a insidiato di mais e glicerina di origine vegetale, con la sola aggiunta di “insilato di triticale” nella seconda autorizzazione. In tal modo si registra una pressoché totale uniformità di tipologia, senza interferenza alcuna sul regime delle emissioni. In aggiunta, si sottolinea che l’autorizzazione 16/11/2012 non prevede più emissioni dal biofiltro con conseguente venir meno della necessità di acquisire il titolo abilitante per le emissioni in atmosfera.

4. Nei motivi aggiunti i ricorrenti contestano l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, la violazione dell’art. 1 della L. 241/90 e dell’art. 12 del D. Lgs. 387/2003, poiché la Provincia avrebbe controdedotto in maniera carente sul parere contrario e sui puntuali rilievi espressi del Comune nelle Conferenze di servizi del 5/11/2012 e del 13/11/2012: mancherebbe ogni riflessione sulle osservazioni dell’Ente locale che ha lamentato la difformità della destinazione d’uso ex art. 41 del piano delle regole e ha richiesto la riduzione della potenza a 300 Mw; inoltre l’impianto di fertirrigazione è autorizzato per un’estensione ridotta rispetto a quanto dichiarato.

Il motivo è infondato.

4.1 Sotto un profilo d’ordine generale, va rilevato che questo Tribunale (cfr. sentenza sez. I – 9/1/2013 n. 4 che ha richiamato ex multis Consiglio di Stato, sez. IV – 18/2/2010 n. 944) ha affermato che deve ritenersi assolto l’obbligo della motivazione del provvedimento, purché risulti in ogni caso idonea a disvelare l’iter logico e procedimentale che consenta di inquadrare la fattispecie nell’ipotesi astratta considerata dalla legge.

4.2 Con riguardo al caso in esame, in un quadro procedimentale connotato da particolare complessità risulta pienamente intelligibile il percorso intrapreso dalla Provincia per pervenire all’atto finale favorevole, come risulta dai verbali delle Conferenze di servizio indette e dalle stesse diffuse argomentazioni racchiuse nell’autorizzazione. Circa gli specifici aspetti che sarebbero stati trascurati nelle repliche, va rilevato come non sia indispensabile sottoporre in via immediata a puntuale confutazione ciascuna obiezione sollevata da un partecipante alla Conferenza, purché dagli atti emerga un’istruttoria esaustiva su tutte le principali questioni tecnico-giuridiche sollevate nel corso degli incontri. Peraltro le specifiche rimostranze (sulla compatibilità urbanistica, sull’eccesso di potenza e sulla spandimento dei liquami) sono state ulteriormente dettagliate in diversi motivi di censura che si andranno ad affrontare.

5. Deve essere dichiarata la sopravvenuta carenza di interesse all’esame del motivo che lamenta la violazione dell’art. 146 comma 5 del D. Lgs. 42/2004 per mancata acquisizione del parere obbligatorio della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici, dato che con la variante sono state eliminate le opere da realizzare all’interno della fascia di tutela di 150 metri dal fiume Mella, con l’eccezione di arbusti e piante da mettere a dimora a scopo mitigativo.

6. Il Collegio ravvisa, altresì, la sopravvenuta carenza di interesse sulla censura, mossa contro l’autorizzazione originaria, di violazione delle NTA del Piano Territoriale Paesaggistico Regionale e delle “linee guida per l’esame paesistico dei progetti”, potendosi esaminare direttamente la doglianza parimenti sviluppata contro l’autorizzazione del 16/11/2012. Con quest’ultima i ricorrenti deducono l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, la violazione dell’art. 39 delle NTA del P.P.R. regionale e della D.G.R. 8/11/2002 n. 7/11045 “linee guida per l’esame paesistico dei progetti”, l’eccesso di potere per contraddittorietà in atti, travisamento dei fatti e dei presupposti poiché non è stato adeguatamente apprezzato il parere comunale negativo in data 13/11/2012, che ravvisa una valutazione di incidenza paesistica sottostimata riguardo all’analisi dell’importanza simbolica e identitaria dei luoghi e dei percorsi di interesse turistico paesaggistico; vi sarebbe un appiattimento sullo studio presentato dall’Azienda Marchini, ove nella relazione espone un grado di incidenza paesistica “medio”, dissonante con quanto emerge dagli elaborati: si registra infatti un incremento dei volumi (mc. 49.952,5 su una superficie di 9.415 mq) e delle altezze degli edifici; il paesaggio circostante è totalmente agricolo, con aggregati agricoli di pregio; le linee guida chiariscono che è altamente improbabile un impatto neutro quando il punteggio si discosta dalla soglia di tolleranza e nel caso di specie è (sia pur di poco) superiore a 5.

6.1 La doglianza non è passibile di positivo scrutinio.

E’ anzitutto pacifico che l’area di cui si discute non è sottoposta a vincolo paesaggistico, e al contempo il PGT la classifica come destinata alla produzione agricola, ubicata in ambito territoriale extraurbano connotato da modesto valore paesistico. In questo contesto il giudizio di impatto neutro (doc. 4 ricorrente nel deposito documentale del 14/2/2013) – diffusamente motivato e accompagnato da prescrizioni – appare immune da vizi di irragionevolezza o evidente illogicità. In particolare la Provincia ha affermato che le nuove opere sviluppano un impianto produttivo caratterizzato da “coerenza compositiva, creando un complesso edilizio ordinato con adeguate tonalità cromatiche di finiture ai manufatti … L’impianto… non comporta significativi rimodellamenti alla morfologia dei terreni né apporta modifiche ai caratteri della trama infrastrutturale agricola (strade interponderali, reticolo agricolo, vegetazione arborea, ecc.)…. La trasformazione del paesaggio locale e del suo colore percettivo … è attenuata dalle opere di mitigazione … l’ubicazione del sito non interferisce con punti di vista panoramici e con ambiti e con percorsi di fruizione paesistico-ambientale ancorché di interesse storico e artistico”. Dette asserzioni sono in sintonia con quanto delineato dalle planimetrie e dai prospetti in atti (cfr. tavole di raffronto doc. 7 e 8 ricorrente) e soprattutto dall’ampio rendering fotografico prodotto (doc. 10). Peraltro la sezione D del titolo abilitativo reca articolate e minuziose prescrizioni circa le opere di mitigazione da realizzare, con schermature lungo i confini mediante piante e vegetazione arbustiva. Inoltre, la difesa provinciale ha messo in luce come il nuovo progetto migliori la superficie filtrante, che giunge a coprire il 50% della superficie del lotto, e che in luogo dei capannoni sono collocati i digestori di tipo tradizionale con grosse vasche circolari in cemento armato (si può vedere sul punto la simulazione fotografica).

7. Con il quinto motivo del ricorso introduttivo parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2 della L.r. 11/2007 sull’istituzione del Parco regionale del Monte Netto e dell’art. 2 della D.G.R. IX/2659 del 14/12/2011: l’impianto è molto vicino al perimetro del Parco (1 Km a sud) e pertanto l’Ente preposto alla sua tutela doveva essere coinvolto nella Conferenza, per l’acquisizione del relativo parere.

7.1 La doglianza è priva di fondamento, sia perché la collocazione all’esterno del perimetro del Parco abilitava in linea di principio i partecipanti alla Conferenza a procedere alle valutazione di competenza anche senza il diretto coinvolgimento dell’Ente di tutela, sia perché parte ricorrente non ha introdotto specifiche problematiche – anche riflesse – che investirebbero le aree oggetto di protezione.

8. L’esponente ravvisa una violazione della D.G.R. 30/12/2009 n. 8/10974 “Linee guida per la progettazione paesistica di reti tecnologiche e impianti di produzione energetica in aggiornamento dei Piani di sistema del Piano Territoriale Paesistico Regionale”. La doglianza, superata con riguardo al progetto (e al titolo abilitativo) originario, è stata riproposta nei motivi aggiunti, ove parte ricorrente invoca la nota comunale 13/11/2012 che ha chiesto il ridimensionamento dell’impianto.

8.1 Sul punto è sufficiente richiamare quanto sviluppato al precedente paragrafo 6.1, visto che l’amministrazione provinciale ha provveduto a esaustivi approfondimenti su tali aspetti.

9. La ricorrente lamenta la violazione della direttiva 91/676 CE, dell’art. 92 del D. Lgs. 152/2006 e della normativa regionale di recepimento (D.G.R. 21/11/2007 n. 8/5868 e D.G.R. 14/9/2011 n. IX/2208 che hanno introdotto disposizioni per le zone non vulnerabili e vulnerabili), nonché la violazione degli artt. 19 e ss. del D.M. 7/4/2006 sull’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, poiché la Società istante è priva dei requisiti di Azienda agricola e non può rendere comunicazioni e produrre documenti utili ai fini dell’utilizzazione agronomica degli effluenti. Invoca poi i medesimi riferimenti normativi (oltre al D. Lgs. 75/2010 sui fertilizzanti e al regolamento CE 1069/2009) poiché la provenienza dei reflui non è certa e non si conosce la destinazione finale del digestato: Bioner non ha alcuna autorizzazione a produrre e commercializzare il fertilizzante che esce dall’impianto.

9.1 Deve essere dichiarata la sopravvenuta carenza di interesse all’esame delle censure, per il rilascio del nuovo titolo abilitativo a una diversa Società agricola e per le modifiche del processo produttivo, dato che le biomasse provengono pressoché integralmente dall’allevamento gestito dalla stessa azienda. A identiche conclusioni si deve pervenire con riferimento alla censura di cui alla lett. i) dell’esposizione in fatto, poiché investe la Società Bioeneer che non è più la titolare dell’autorizzazione.

10. Con la doglianza riassunta alla lett. t) dell’esposizione in fatto (motivi aggiunti) i ricorrenti rappresentano di nuovo la violazione della direttiva 91/676 CE, dell’art. 92 del D. Lgs. 152/2006 e della normativa regionale di recepimento (D.G.R. 21/11/2007 n. 8/5868 e D.G.R. 14/9/2011 n. IX/2208 che hanno introdotto disposizioni per le zone non vulnerabili e vulnerabili) nonché la violazione degli artt. 19, 20 e 21 del D.M. 7/4/2006 sull’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento: il Comune rientra nell’elenco regionale delle zone vulnerabili, e l’art. 14 della D.G.R. 14/9/2011 stabilisce che la quantità di effluenti di allevamento nella SAU non deve superare il carico di azoto di 170 Kg/ha; il sistema di fertilizzazione esistente nei terreni dell’azienda agricola Marchini è attuato tramite il cosiddetto sistema ombelicale, per l’estensione dichiarata pari a 99 ettari, inidoneo a smaltire il quantitativo indicato dalla stessa Azienda in circa 43.000 t/anno; il sistema è già di per sé sottostimato e neppure tutto autorizzato e non rileva il conferimento di 200 ettari all’impianto quando poi tutto il digestato prodotto sarà spanto su soli 99 ettari dell’ombelicale.

L’articolata impostazione non merita condivisione.

10.1 L’utilizzazione agronomica del residuo dall’esercizio dell’impianto è sottoposta alle regole sullo spandimento dei reflui (POA/PUA), che ricadono sotto la sfera di controllo dell’Ente preposto, ossia la Provincia. In particolare il sistema è strutturato per la cessione degli effluenti all’impianto di biogas, e la frazione solida e liquida del digestato – dopo il trattamento con l’impianto SBR di abbattimento dell’azoto – vengono avviate a spandimento sui terreni di proprietà e affitto della ditta che ha presentato la domanda (Marchini). Come ha evidenziato l’ARPA in esito all’istruttoria disposta da questo Tribunale, la seconda “comunicazione preventiva nitrati” 2013 rispetta la direttiva 91/676/CEE, dando conto di un carico di azoto al campo di origine zootecnica pari a circa 120 Kg. per ettaro di superficie utilizzata (inferiore al limite massimo per le zone vulnerabili, pari a 170 Kg/ettaro). La nota ARPA del 19/6/2013 mette in luce che la superficie interessata dal cd. sistema ombelicale rappresenta solo una parte di superficie agricola complessiva a disposizione dell’Azienda, che è pari a 264,9655 ettari. Si ribadisce quindi che l’utilizzo agronomico degli effluenti è retto da normativa specifica e apposite autorizzazioni, il cui rispetto è demandato al POA/PUA aggiornato e ai controlli della stessa Provincia: la correttezza dei dati e delle operazioni di spandimento (attività “a valle” del processo produttivo) è sottoposta alle verifiche dell’autorità preposta.

11. La censura afferente alla violazione dell’art. 12 del D. Lgs. 387/2003 per mancanza dei presupposti e all’inosservanza della normativa in materia di emissioni in atmosfera può essere affrontata in relazione ai motivi aggiunti, poiché il progetto è stato modificato e le deduzioni si trasferiscono sui nuovi dati ed elaborati posti a fondamento dell’autorizzazione del 16/11/2012. Può essere dichiarata la sopravvenuta carenza di interesse all’esame dei profili connessi al progetto originario.

Rispetto al titolo abilitativo in essere, espone parte ricorrente che si registra un’alterazione significativa del traffico locale con aumento di 2.177 trasporti l’anno (pagina 11 relazione Azienda Marchini – doc. 21); inoltre osserva che al punto 2.2. pagina 6 del bilancio energetico (doc. 32) vi è un errore di misurazione della distanza media del trasporto di biomassa in ingresso e di digestato in uscita: ne deriva una maggiore quantità di viaggi di mezzi pesanti per la vendita e commercializzazione dei 17.000 suini per anno esistenti, considerata la viabilità che incide su strade interpoderali inidonee a sopportare una tale intensità di traffico.

La doglianza è infondata.

11.1 Il Piano viabilistico correlato all’istanza di Bioener (doc. 7) riporta un numero di trasporti (entrata e uscita) pari a 1.190 viaggi (rispetto ai 1.935 in precedenza preventivati), alla luce della diversa composizione delle matrici in ingresso. Nella relazione “analisi dei percorsi” e “valutazione dei flussi settimanali” del 24/5/2012 il numero dei trasporti scende da 38 a 21,4 alla settimana. Il liquame bovino e suino proviene dalle strutture di stabulazione dell’allevamento dell’Azienda Marchini ed è trasferito all’impianto tramite condotte interrate (liquamodotti) evitando il trasporto su gomma: la stima di riduzione del traffico veicolare è ulteriormente ridotta a 1.060 come risulta dall’autorizzazione a pagina 17 (per insilato di mais 577 viaggi/anno, insilato di triticale 337 viaggi/anno, pollina avicola 122 viaggi/anno, glicerina vegetale 24 viaggi/anno) e dall’ipotesi C di pagina 10 della relazione sull’incidenza del traffico in data 7/11/2012 (doc. 21 ricorrenti). La stessa relazione dà conto di 309 viaggi per i prodotti in uscita, per un totale di 1.369. Non si ravvisa pertanto la paventata incongruenza tra ampiezza della superficie dedicata allo spandimento dei reflui e incidenza del traffico veicolare, sottolineata dai ricorrenti nella memoria finale, poiché l’estensione dell’area destinata allo spandimento è pari a 264,9655 ettari già nell’analisi della situazione attuale (pagine 1 e 2). Resta salvo – a carico dell’amministrazione provinciale – il dovuto monitoraggio dei reali flussi di traffico e l’adozione delle misure dirette ad affrontare eventuali criticità. Quanto alla stima di 2.177 trasporti annui, la medesima si riferisce agli effetti di una normativa non ancora in vigore per mancanza di decreti attuativi, e dunque il suo impatto dovrà essere affrontato a partire dalla sua reale operatività con l’adeguamento degli strumenti pianificatori.

12. Con ulteriore doglianza la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 17 del PRG e degli artt. 40, 41 e 45 del PGT. Anche in questo caso l’interesse all’esame della censura è depotenziato rispetto al titolo abilitativo volturato, cosicché la stessa va associata alla nuova autorizzazione. I ricorrenti deducono in particolare che:

• l’area ricade in zona E1A del PRG (zone agricole di valore paesistico-ambientale);

• il PGT, entrato in vigore con pubblicazione sul BURL 12/11/11, conferma l’inserimento in parte in zona AA “aree agricole” regolata dall’art. 41 delle NTA e parte in zona AM “aree di mitigazione/protezione ambientale-paesistica” normata dall’art. 45;

• il PGT specifica per le zone AA che si tratta di aree destinate a produzione agricola in ambiti territoriali extraurbani connotati da modesto valore paesistico, nei quali sono ammessi interventi edilizi limitati;

• le zone AM assumono funzione strategica di mitigazione e contenimento dell’urbanizzato rispetto al sistema naturale e/o rurale;

• vengono mantenuti i limitati parametri quantitativi legati agli interventi sul preesistente edificato, strettamente e funzionalmente connessi all’attività agricola;

• la deroga ex art. 12 del D. Lgs. 387/2003 non può operare per gli indici di zona, e il Comune ha sottolineato che le destinazioni d’uso dell’impianto sono incompatibili con lo strumento urbanistico.

L’articolata doglianza è priva di fondamento.

12.1 L’art. 12 del D. Lgs. 387/2003 statuisce al comma 1 che “Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti”. Il successivo comma 3 stabilisce che “La costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico”. Dal tenore delle disposizioni riportate si evince chiaramente che il rilascio dell’autorizzazione unica adegua automaticamente lo strumento urbanistico locale alle clausole in essa contemplate, e le deroghe possono investire sia i profili strettamente urbanistici che i parametri edilizi (come per esempio i limiti di altezza). La stessa destinazione agricola di zona non costituisce elemento ostativo e al riguardo l’art. 12 comma 7 del medesimo D. Lgs. 387/2003 dispone che “Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e c) – tra i quali rientrano gli impianti alimentati da biomasse – possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici”.

13. Anche le ultime 2 censure – sostanzialmente identiche nel ricorso introduttivo e nei motivi aggiunti – devono essere affrontate tenendo presente il progetto così come modificato e volturato a favore dell’Azienda Agricola Marchini.

Parte ricorrente si duole della violazione del PGT sotto il profilo della componente idrogeologica, geologica e sismica del territorio, dell’art. 12 comma 3 del D. Lgs. 387/2003, poiché una parte delle opere ricade nella fascia di 150 metri dal fiume Mella, e l’intervento è a distanza molto ravvicinata (pochi metri) dal corso d’acqua Roggia Movica. Inoltre l’area è classificata dallo strumento urbanistico in classe “3” di rischio sismico e insiste nella fascia fluviale “C” del PAI, oltre a essere inserita in classe “3b” di fattibilità geologica dal nuovo PGT, che comprende aree a vulnerabilità elevata.

13.1 La prospettazione non merita condivisione poiché:

I) il Consorzio Roggia Movica ha trasmesso nota 5/11/2012 nella quale conferma che l’impianto non interferisce con i vasi consortili né con l’attività del Consorzio irriguo (cfr. verbale Conferenza servizi 5/11/2012 – doc. 2 ricorrenti); di identico tenore era stato il parere formulato sul progetto originario;

II) la zona sismica “3” è propria delle aree a rischio medio, che non preclude l’edificazione, e in ogni caso il punto 4 dell’autorizzazione prescrive l’obbligo di garantire la conformità alla vigente normativa antisismica;

III) il rischio idrogeologico è ridimensionato dalla relazione tecnica (doc. 5), la quale sostiene che “gli acquiferi intermedi e profondi sono ragionevolmente protetti da inquinanti di superficie da strati argillosi impermeabili”;

IV) la zona “C” del PAI è di media pericolosità, con moderata probabilità di essere interessata da fenomeni alluvionali.

14. Infondato è infine il motivo afferente alla violazione degli artt. 111 e 112 del R.D. 11/12/1933 n. 1775 e della L.r. 52/82 per omessa acquisizione dell’autorizzazione all’impianto della linea elettrica, che non sarebbe stata trasmessa al competente Genio civile. Infatti, le disposizioni di cui alla L.r. 52/82 risultano superate per effetto dell’art. 29-bis comma 7 della L.r. 26/2003, il quale – rubricato “Infrastrutture per la distribuzione di energia elettrica” – statuisce che le infrastrutture elettriche non facenti parte della Rete di Trasmissione Nazionale contestuali e funzionali agli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, sono autorizzate con il procedimento unico ex D. Lgs. 28/2011: dunque l’autorizzazione unica realizza l’effetto sostitutivo anche con riguardo all’autorizzazione alla costruzione ed esercizio della linea elettrica e opere accessorie. L’ultimo comma dell’art. 29-bis poi precisa che le disposizioni della L.r. 52/82, incompatibili con le previsioni dell’articolo, sono abrogate dall’entrata in vigore di apposito regolamento: ciò significa che in ogni caso lo jus novum può ritenersi da subito applicabile, salvo il successivo intervento di aggiornamento e coordinamento normativo.

15. L’infondatezza di tutte le doglianze esaminate esclude la configurazione di vizi di illegittimità derivata dell’atto impugnato con motivi aggiunti.

In conclusione il ricorso introduttivo è in parte infondato e in parte improcedibile. I motivi aggiunti sono infondati.

Le spese di lite possono essere equamente compensate, per la complessità delle questioni dedotte in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

– dichiara il ricorso introduttivo in parte improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse e in parte infondato;

– dichiara infondati i motivi aggiunti, e definitivamente pronunciando li respinge.

Spese compensate.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2014 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente
Stefano Tenca, Consigliere, Estensore
Mara Bertagnolli, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
        
  
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/02/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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