Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Inquinamento del suolo Numero: 489 | Data di udienza: 22 Febbraio 2012

* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Causa del’inquinamento – Prova in capo al soggetto responsabile – Presenza di altri potenziali inquinatori – Obbligo di bonifica – Permanenza – MISE – Presupposti – Art. 240, lett. t) d.lgs. n. 152/2006 – Presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda – Fattispecie.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 26 Marzo 2012
Numero: 489
Data di udienza: 22 Febbraio 2012
Presidente: Gamabto Spisani
Estensore: Russo


Premassima

* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Causa del’inquinamento – Prova in capo al soggetto responsabile – Presenza di altri potenziali inquinatori – Obbligo di bonifica – Permanenza – MISE – Presupposti – Art. 240, lett. t) d.lgs. n. 152/2006 – Presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda – Fattispecie.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 26 marzo 2012, n. 489


INQUINAMENTO DEL SUOLO – Causa del’inquinamento – Prova in capo al soggetto responsabile – Presenza di altri potenziali inquinatori – Obbligo di bonifica – Permanenza.

Prova della Una volta provata, secondo gli standard del “più probabile che non” (cfr. Cassazione civile, sez. un., 11 gennaio 2008, n. 581 e Tar Piemonte, I, 24 marzo 2010, n. 1575), la causalità dell’inquinamento in capo al soggetto responsabile, non è sufficiente a sottrarlo agli obblighi di bonifica lacircostanza  che possano esservi altri potenziali inquinatori (CdS, V, 6055/08)

Pres. Gambato Spisani, Est. Russo – I. s.r.l. (avv.ti Onofri, Tanzarella e Tanzarella) c. Provincia di Brescia (avv. Poli,  Donati e Rizzardi)

INQUINAMENTO DEL SUOLO – MISE – Presupposti – Art. 240, lett. t) d.lgs. n. 152/2006 – Presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda – Fattispecie.

la messa in sicurezza d’emergenza anche la presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda, e la contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli (fattispecie relativa alla  possibilità di transito dell’inquinamento da cromo e cromo esavalente in corso d’acqua superficiale)

Pres. Gambato Spisani, Est. Russo – I. s.r.l. (avv.ti Onofri, Tanzarella e Tanzarella) c. Provincia di Brescia (avv. Poli,  Donati e Rizzardi)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 26 marzo 2012, n. 489

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 26 marzo 2012, n. 489

N. 00489/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00430/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 430 del 2011, proposto da:
IMMOBILIARE AI CHIOSTRI Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Onofri, Giancarlo Tanzarella, Elena Tanzarella, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Onofri in Brescia, via Ferramola, 14;

contro

PROVINCIA DI BRESCIA, rappresentata e difesa dagli avv. Magda Poli, Gisella Donati, Raffaella Rizzardi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Magda Poli in Brescia, p.za Paolo Vi;

nei confronti di

COMUNE DI RONCADELLE, rappresentato e difeso dagli avv. Gianpaolo Sina, Ada Lucia De Cesaris, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gianpaolo Sina in Brescia, via Diaz, 9;

REGIONE LOMBARDIA, AGENZIA REGIONALE PROTEZIONE AMBIENTE LOMBARDIA, ASL 302 – A.S.L. DELLA PROVINCIA DI BRESCIA, LA PIETRA SPA in liquidazione, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

del provvedimento del Direttore del 12/01/2011, n. 59 e notificato il 19/01/2011, di diffida ad attivare le procedure in riferimento al sito denominato “discarica Immobiliare ai Chiostri”.

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2012 il dott. Carmine Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società ricorrente, che ha gestito – fino alla sua chiusura – una discarica nel territorio del Comune di Roncadelle cui le indagini tecniche svolte dall’amministrazione ascrivono la responsabilità per l’inquinamento da cromo e cromoesavalente rinvenuto nella falda superficiale che passa sotto la stessa, impugna il provvedimento del 12. 1. 2011 con cui la Provincia di Brescia l’ha diffidata:

– a porre in essere ogni misura di prevenzione e messa in sicurezza d’emergenza atta ad impedire l’ulteriore propagazione della contaminazione,

– a presentare documentazione tecnica recante specificazione delle attività da porre in essere,

– a presentare un piano di caratterizzazione.

I motivi che sostengono il ricorso sono i seguenti:

1. il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione degli artt. 3ter, 244, co. 2, e 242, co. 1 e 3, codice ambiente in quanto tali norme prevedono che l’ordine di predisporre la caratterizzazione e la bonifica possa essere rivolto soltanto al responsabile dell’inquinamento.

Ed in punto di individuazione del responsabile dell’inquinamento, l’istruttoria svolta sarebbe stata lacunosa perché i piezometri a valle della discarica “Ai Chiostri” intercettano anche il flusso di falda della attigua discarica “Pietra”, e nessuna indagine sarebbe stata mai svolta sui rifiuti conferiti dalla discarica Pietra.

Sempre in punto di individuazione del responsabile dell’inquinamento, sarebbe inoltre illogico accusare la “Ai Chiostri” di rilasciare cromo esavalente posto che le scorie di acciaieria trattate in discarica non rilasciano cromo.

Sempre in punto di individuazione del responsabile dell’inquinamento, non sarebbe stato inoltre approfondito se gli inquinanti rinvenuti nella falda superficiale non provengano invece dalla falda profonda;

2. il provvedimento sarebbe, inoltre, illegittimo per violazione degli artt. 242, 244, co. 2, e 240, co. 1 lett. i), m), t), codice ambiente in quanto la diffida ex art. 244 dovrebbe avere un contenuto generico lasciando al responsabile della contaminazione il compito di stabilire le misure concrete da prendere; invece, la Provincia avrebbe ordinato misure di prevenzione e messa in sicurezza di emergenza che sono sì previste dall’art. 240, ma soltanto all’accadere di minacce imminenti che nei fatti di specie non sarebbe possibile rinvenire.

Si costituivano in giudizio il Comune di Roncadelle, e la Provincia di Brescia, che deducevano l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica alla controinteressata Pietra spa, e comunque l’infondatezza dei relativi motivi.

Nessuno si costituiva per le altre parti convenute in giudizio.

All’udienza del giorno 11. 5 2011 il Tribunale ordinava l’integrazione del contraddittorio alla Pietra spa, incombente che veniva eseguito con atto del 12. 5. 2011, depositato il 17. 5. 2011. La Pietra spa, peraltro, non si costituiva in giudizio.

Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 22. 2. 2012, all’esito della quale veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Sull’eccezione di inammissibilità per mancata notifica al controinteressato Pietra spa presentata dal Comune.

Nel ricorso si sostiene che la responsabilità dell’inquinamento debba essere ascritta non alla società ricorrente, ma alla società Pietra, che gestiva la discarica adiacente a quella gestita dalla ricorrente.

La difesa del Comune ritiene a questo punto che, così stando le cose, la società Pietra deve essere individuata come controinteressata all’accoglimento del ricorso, perché ha interesse a non vedersi addossata in sentenza la responsabilità dell’inquinamento della falda ascritto alla ricorrente. E l’art. 41, co. 2, c.p.a. prevede che il ricorso debba essere notificato, a pena di decadenza, ad almeno un controinteressato individuabile dall’atto.

In realtà, peraltro, non è questa la nozione di controinteressato prevista dall’art. 41, co. 2, c.p.a.

Il controinteressato dell’art. 41, co. 2, del codice è, infatti, un soggetto che abbia interesse alla conservazione del provvedimento, che il ricorrente con l’azione di annullamento si propone invece di annullare.

L’obbligo di notifica al controinteressato, a pena di decadenza, previsto dall’art. 41, co. 2, c.p.a. è stato disposto espressamente soltanto “qualora sia proposta azione di annullamento”.

Nella congerie di azioni che ormai è possibile proporre davanti al giudice amministrativo, quindi, l’unica per cui – in deroga alle regole generali del codice di procedura civile sull’integrazione del contraddittorio e la chiamata in causa del terzo – è imposto, già a pena di ammissibilità dell’azione, l’obbligo di notifica al controinteressato è soltanto l’azione di annullamento.

Eppure, esigenze di tutela dei controinteressati dalle statuizioni di una sentenza pronunciata inter alios possono esservi anche nell’azione di accertamento o nell’azione di condanna; ciò nonostante, per tali casi, il legislatore del codice del processo ha ritenuto sufficiente la normativa generale degli artt. 102 e ss. c.p.c..

Ne consegue che il controinteressato dell’azione di annullamento cui il ricorso deve essere notificato a pena di inammissibilità dell’azione non può essere colui che genericamente è controinteressato all’accoglimento dello stesso (altrimenti un simile obbligo sarebbe stato previsto anche nelle azioni di accertamento e condanna), ma colui che è controinteressato alla rimozione del provvedimento impugnato con l’azione di annullamento.

La nozione di controinteressato ex art. 41, co. 2, pertanto si radica sull’atto, e non sul ricorso.

E, nel caso in esame, la Pietra spa non ha un interesse particolare alla conservazione del provvedimento impugnato, che non gli reca benefici di sorta, e che può definirsi neutro nei suoi confronti. Ne consegue che essa non doveva essere evocata in giudizio, a pena di decadenza ex art. 41 c.p.a., e che pertanto, la eccezione presentata sul punto deve essere respinta.

2. Sulla questione della responsabilità per l’inquinamento della falda da cromo e cromo esavalente.

La discarica “Ai Chiostri” è oggetto dell’attenzione delle autorità amministrative fin dal 4. 6. 2004 quando essa fu destinataria di un provvedimento di sospensione dell’attività, perché era stato accertato che in essa venivano conferiti rifiuti fuori dal perimetro autorizzato, ed a maggiore profondità rispetto al limite massimo previsto.

Venne inoltre accertata la presenza di rifiuti non conformi a quelli autorizzati, tra cui alcuni contenenti amianto.

Fu avviata una campagna di indagini volta a verificare se le irregolarità nella gestione della discarica avevano comportato contaminazioni ambientali, e nel contesto di tali indagini fu scoperta la contaminazione delle acque sotterranee che ha dato origine a questo giudizio.

In data 7. 4. 2009 il Comune di Roncadelle prelevava un campione di liquido dai piezometri Pz3, Pz4, e Pz5 (il Pz5 è in posizione idrogeologica di valle rispetto alla discarica, mentre i Pz3 e Pz4 sono in posizione idrogeologica di monte rispetto alla discarica; più esattamente il Pz3 ed il Pz4 sono nell’area della discarica, ma all’ingresso della falda nella stessa e quindi a monte idrogeologico, il Pz5 è fuori dal perimetro della discarica, appena a valle idrogeologica della stessa, separato dalla discarica solo dallo svincolo della tangenziale).

Il piezometro Pz5, sottoposto ad analisi, consentiva di verificare che il valore del cromo esavalente era pari a 124 microgrammi/litro (a fronte di un limite tabellare di soli 5 microgrammi/litro), ed il valore del cromo totale di 150 (a fronte di un limite tabellare di 50).

Si è detto che il piezometro Pz5 è posto a valle idrogeologica della discarica “Ai Chiostri”. Adesso si aggiunga che esso capta soltanto la falda superficiale (cioè quella a più stretto contatto con i rifiuti posti nel limite inferiore della discarica), e non quella profonda.

Le successive campagne di indagine dell’ottobre 2010 consentivano di confermare l’esistenza dell’inquinamento, ed anzi di acquisire nuovi elementi sullo stesso, perché emergeva che il Pz3 (a monte) presentava un valore di cromo esavalente di 9,7; il Pz4 (a monte) un valore di 11; il Pz5 (a valle) un valore di 63,1.

In più, si scopriva che il Pz1 (anch’esso a valle, ma che, a differenza del Pz5, capta sia la falda profonda che quella superficiale) un valore di 90,4.

La società ricorrente nega, però, che il semplice dato che l’inquinamento da cromo e cromo esavalente sia stato rinvenuto nella falda a valle idrogeologica dell’area su cui sorge la discarica (mentre è stato rinvenuto in quantità di gran lunga inferiori immediatamente a monte idrogeologico della stessa), possa significare che l’inquinamento sia ascrivibile all’attività di gestione della discarica stessa.

Sul punto, essa afferma che:

– che le scorie di acciaieria trattate nella discarica “Ai Chiostri” non rilasciano cromo (il che escluderebbe in radice la possibilità che la discarica “Ai Chiostri” possa concorrere all’inquinamento della falda);

– che comunque i piezometri a valle della discarica “Ai Chiostri” potrebbero intercettare anche il flusso di falda della attigua discarica “Pietra”;

– che in ogni caso gli inquinanti rinvenuti nella falda superficiale a valle della discarica (e non rinvenuti a monte della stessa) potrebbero provenire non dalla discarica, ma dalla falda profonda.

2.1. Va detto subito che la prima tesi (e cioè che i rifiuti trattati in discarica non rilascino cromo) è smentita dalle risultanze d’indagine.

Il 29. 1. 2010, infatti, in occasione della seconda campagna di rilevamenti, cominciarono anche sondaggi non solo nelle acque sotterranee, ma anche su campioni di rifiuto e terreno posti nel perimetro della discarica.

E’ vero, infatti, che i valori del cromo esavalente dei campioni prelevati in discarica sul tal quale rimangono al di sotto del limite di rilevabilità, e quelli sull’eluato mostrano che i rifiuti conferiti rientrano nei limiti per il conferimento in discariche di inerti (ma i limiti di contaminazione dei terreni sono meno restrittivi di quelli della falda, in ragione della diversa pericolosità della matrice-acqua rispetto alla matrice-suolo, maggiore pericolosità che giustifica una diversa scelta normativa sulla soglia di attenzione per le acque, che consente di comprendere perché le analisi della falda consentano di vedere ciò che nelle analisi sui terreni sfugge).

Ma la circostanza che, sia pur sotto il limite di rilevabilità (per i terreni), il cromo in discarica sia stato trovato, e che per di più sia stato trovato non solo in forma tal quale, ma anche nell’eluato, dimostra che i rifiuti conferiti nella discarica “Ai Chiostri” rilasciano cromo e cromo esavalente, che percolano sui terreni sottostanti la discarica e che, quindi, finiscono nella falda superficiale che la attraversa.

In particolare, il campione di rifiuto prelevato in discarica CR5R ha un contenuto in cromo pari a 0,042 mg/l, misura che come spiega il settore Ambiente della Provincia trasformata in microgrammi/litro è pari a 42 di tale unità di misura, ovvero una misura del tutto comparabile con le grandezze di cromo e cromo esavalente rinvenute in falda.

Va anche aggiunto che la rapportabilità all’inquinamento ritrovato in falda dei residui di cromo e cromo esavalente rinvenuti nei campioni di rifiuto è anche aumentata dalla circostanza che la distanza tra il limite inferiore della discarica e la falda superficiale è minimo, in quanto la ditta – che pure non era autorizzata ad interrare rifiuti per una profondità superiore ai m. 2 e 4 – ha invece superato le profondità previste.

Nella relazione del settembre 2010 di Tecnitalia servizi sull’area della discarica “Ai Chiostri” si legge, infatti, che i sondaggi nel terreno della discarica hanno confermato la presenza di rifiuti interrati fino a circa 9 metri dal piano di campagna.

La consulenza tecnica disposta nel procedimento penale a carico dei gestori della discarica ha consentito di accertare che era stato finanche violato il franco di minimo m. 1,5 tra la distanza del piano di posa dei rifiuti e la quota della falda (tanto che era stato ipotizzato anche che le acque rinvenute tra i campioni di rifiuto interrati abusivamente fossero già parte della falda, pur se successivamente ci si era invece orientati a ritenere che potessero essere residui di acque meteoriche).

Non è, pertanto, sostenibile in giudizio per quelli che sono gli atti prodotti dalle parti che – in radice – i rifiuti trattati in discarica non rilascino cromo e cromo esavalente, o che il loro rilascio sia tale da non poter interessare la falda.

2.2. La difesa della ricorrente ipotizza anche che in ogni caso gli inquinanti rinvenuti nella falda superficiale a valle idrogeologica della discarica (e non rinvenuti immediatamente a monte della stessa) potrebbero provenire non dalla discarica, ma dalla falda profonda alimentata dalle diverse portate del fiume Mella.

In definitiva, si ipotizza che il cromo e cromo esavalente rinvenuto nella falda nel tratto a valle del sito della discarica “Ai Chiostri” possa provenire non dall’alto (dalla discarica, per l’appunto), ma dal basso (dalla falda profonda alimentata dal Mella).

Le interrelazioni tra falda superficiale e falda profonda, in effetti, sono sempre molto complesse, e per questo sono spesso utilizzate nei procedimenti giudiziari per introdurre elementi di incertezza nelle indagini svolte dall’autorità amministrativa o dall’autorità giudiziaria.

Nella relazione 5. 7. 2011 dell’ARPA, depositata in giudizio dalla difesa della Provincia, si spiega che sul piano idrogeologico, nel territorio di Roncadelle vi è una falda superficiale sostenuta da un livello argilloso/limoso che si incontra a circa 15 m. di profondità, al di sotto del quale vi è una falda profonda confinata/seminconfinata.

Dalla relazione Bordini di parte ricorrente si apprende, invece, che le due falde corrono a circa 3 metri di distanza l’una dall’altra (la superficiale a 117 m. s.l.m., e la profonda a 114 m. s.l.m., cioè rispettivamente a circa 6 e 9 metri dal piano di campagna) (sulla discordanza parziale dei dati è il caso di ricordare che le esatte altezze della falda, in realtà, sono soggette a modificazione nei mesi estivi ed invernali ed in dipendenza da altri fattori esterni, quali la captazione da pozzi privati).

Esse non hanno un percorso parallelo. La falda profonda corre da Nord Nord Est verso Sud Sud Ovest; la falda superficiale corre da Nord Nord Ovest verso Sud Sud Est (in altri documenti si scrive che in realtà la falda superficiale ha direzione stabile, la falda profonda ruota in alcuni periodi di 90 gradi).

Secondo l’ARPA, le due falde sono sottoposte a diverso carico piezometrico, e quindi potrebbero, in effetti, vedere la falda superficiale drenare da quella profonda.

E’ corretta, però, l’osservazione riportata sempre nella relazione dell’ARPA secondo cui, se le acque del Mella avessero apportato alla falda profonda (e di qui alla falda superficiale per l’opera di drenaggio della stessa) il cromo esavalente rinvenuto a valle della discarica, si sarebbe riscontrato incremento dei valori anche nei pozzi Ikea e ATB Riva Calzoni (posti a breve distanza a monte del sito).

In realtà, nessuno dei piezometri di valle dell’area circostante ha evidenziato valori paragonabili a quelli di valle del sito “Ai Chiostri”.

Anzi, se si ha la possibilità di esaminare a colori la utilissima tavola 2 dell’ARPA riportante la distribuzione di cromo esavalente ad ottobre 2010, allegata alla nota prot. 128331 del 18. 11. 2010 della Provincia e depositata in giudizio dal Comune di Roncadelle, si nota che le concentrazioni di cromo esavalente sono massime in immediata prossimità dell’uscita dalla discarica e formano una sorta di cerchi concentrici in cui la concentrazione diminuisce progressivamente e rapidamente con l’allontanarsi dai confini della discarica.

Se si legge, inoltre, la tabella contenente i risultati della campagna di indagini ottobre 2010 si nota che dei 17 punti campionati nel Comune di Roncadelle soltanto quelli prossimi alla discarica “Ai Chiostri” presentano valori di cromo esavalente superiori ai 10 microgrammi/litro (con incremento fino ai 90 microgrammi del Pz1 ed ai 63 del Pz5).

In definitiva, una concentrazione dell’inquinamento così ben confinata sul piano spaziale alle immediate prossimità della discarica mal si concilia con la tesi della provenienza della sostanza inquinante dal fiume Mella (che alimenta la falda profonda, che viene forse drenata dalla falda superficiale), perché vi sarebbe una enorme sproporzione tra l’ampiezza dell’area suscettibile di essere coinvolta dal supposto veicolo inquinante costituito dalle acque del Mella e l’ampiezza dell’area effettivamente coinvolta.

2.3. La difesa della ricorrente ipotizza anche che i piezometri a valle della discarica “Ai Chiostri” potrebbero intercettare anche il flusso di falda della attigua discarica “Pietra” (peraltro chiusa nel 1999, collaudata nel 2003, gestita a suo tempo da una società oggi in liquidazione, ed oggi di proprietà della stessa ricorrente), che potrebbe essere la reale causa dell’inquinamento da cromo e cromo esavalente (da qui l’eccezione di inammissibilità per mancata notifica al controinteressato di cui si è detto al punto 1 di questa motivazione).

In ricorso a pag. 16 e 17 si sostiene che, se confermato l’andamento della direzione di falda, i piezometri Pz1 e Pz5 risulterebbero, infatti, di valle per entrambe le discariche.

Nella relazione ARPA 5. 7. 2011 si sostiene, invece, che la adiacente discarica Pietra non viene intercettata dal deflusso della falda superficiale, tenuto conto della posizione dei piezometri di monte (Pz3 e Pz4) e di valle (Pz5) rispetto alla discarica “Ai Chiostri”. Soltanto il Pz1 (che pesca sia nella falda superficiale che in quella profonda) potrebbe essere influenzato da un eventuale contributo della discarica ex Pietra, ma non il Pz5 (che è quello che capta in falda superficiale).

Questa osservazione è effettivamente riscontrata dai documenti depositati in giudizio. Se si guarda la tavola 2 dell’ARPA riportante superficie piezometrica al 18. 5. 2010 (con le direzioni di flusso della falda), e la si confronta con il doc. 4 di parte ricorrente (che riporta a colori, ed ingrandito, i confini tra le due discariche e la posizione dei piezometri rispetto a tali confini), si può notare che la direzione del flusso della falda disegnato in questi schemi è incompatibile con la tesi che il Pz5 possa essere di valle rispetto alla discarica “Pietra”.

Peraltro, sotto altro profilo, la circostanza già ricordata che il campione di rifiuto CR5R prelevato nel terreno della discarica della ricorrente abbia un contenuto in cromo pari a 0,042 mg/l, misura che – come spiega il settore Ambiente della Provincia – trasformata in microgrammi/litro è pari a 42 di tale unità di misura, ovvero una misura comparabile con le grandezze rinvenute in falda, mostra in modo immediato che la responsabilità per l’inquinamento in capo alla “Ai Chiostri” è supportata non solo da quanto rinvenuto in falda, ma anche da quanto rinvenuto nei terreni occupati dalla discarica.

Da questo punto di vista, una volta provata (secondo gli standard del “più probabile che non”; cfr. per tutti Cassazione civile, sez. un., 11 gennaio 2008, n. 581, ed, in fattispecie in termini a quella di specie, Tar Piemonte, I, 24 marzo 2010, n. 1575) la causalità dell’inquinamento in capo al ricorrente, non è sufficiente a sottrarlo agli obblighi di bonifica che possano esservi altri potenziali inquinatori (per tutte v. CdS, V, 6055/08 citata dalla difesa del Comune).

3. Sull’esistenza di una situazione di minaccia imminente.

Nel secondo motivo di ricorso si sostiene che non vi sarebbero stati comunque gli estremi per ordinare la messa in sicurezza di emergenza, in quanto tale misura è prevista dall’art. 240 soltanto all’accadere di minacce imminenti che nei fatti di specie non sarebbe possibile rinvenire.

In realtà, nella relazione ARPA 5. 7. 2011 si legge che:

– il parametro cromo esavalente è classificato come cancerogeno;

– l’Istituto superiore di sanità con nota 39021 (emessa nella nota vicenda di Porto Marghera) ha indicato che nel caso di superamento di 10 volte dei limiti tabellari occorre imporre immediate misure di messa in sicurezza di emergenza;

– nel caso in esame, il limite del superamento di 10 volte dei limiti tabellari sarebbe stato abbondantemente integrato.

Va anche rilevata la correttezza dell’argomento proposto nella memoria conclusionale dal difensore del Comune, che evidenzia che la lett. t) dell’art. 240 codice dell’ambiente individua espressamente come situazioni che possono giustificare la messa in sicurezza d’emergenza anche la presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda, e la contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli.

Nel caso in esame è dalle stesse difese proposte dalla ricorrente che si dovrebbe ricavare la possibilità di transito dell’inquinamento da cromo e cromo esavalente in corso d’acqua superficiale (ovvero il fiume Mella, posto che la ricorrente sostiene che vi siano interrelazioni tra la falda superficiale, coinvolta dall’inquinamento, e la falda profonda, il cui regime idraulico comprende anche il Mella) o nei pozzi che captano la falda.

4. Sulle spese di lite.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

RESPINGE il ricorso.

CONDANNA la ricorrente al pagamento in favore di Comune di Roncadelle e della Provincia di Brescia delle spese di lite, che determina in euro 4.000, oltre accessori, per ciascuna di esse.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2012 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Gambato Spisani, Presidente
Mara Bertagnolli, Primo Referendario
Carmine Russo, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE 

IL PRESIDENTE
        

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/03/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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