Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto dell'energia, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 736 | Data di udienza: 18 Giugno 2014

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – DIRITTO DELL’ENERGIA – L.r. Lombardia n. 26/1995 – Bonus volumetrico per il risparmio energetico – Rilascio del titolo o domanda di variante in corso d’opera.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 27 Giugno 2014
Numero: 736
Data di udienza: 18 Giugno 2014
Presidente: De Zotti
Estensore: Gambato Spisani


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – DIRITTO DELL’ENERGIA – L.r. Lombardia n. 26/1995 – Bonus volumetrico per il risparmio energetico – Rilascio del titolo o domanda di variante in corso d’opera.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^  – 27 giugno 2014, n. 736


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – DIRITTO DELL’ENERGIA – L.r. Lombardia n. 26/1995 – Bonus volumetrico per il risparmio energetico – Rilascio del titolo o domanda di variante in corso d’opera.

La l. r. Lombardia 20 aprile 1995 n°26,  ai fini della richiesta del bonus volumetrico per il risparmio energetico, richiede di presentare l’apposita relazione tecnica con la domanda originaria di rilascio del titolo o con una domanda di variante in corso d’opera; non consente però di presentarla a corredo di una domanda di sanatoria: trattandosi di istituto premiale e incentivante un’edilizia di qualità, appare corretto riservarne l’applicazione a chi dall’origine si proponga di realizzarla, e non utilizzarlo come ulteriore incentivo agli abusi edilizi.


Pres. De Zotti, Est. Gambato Spisani –P.M.S. e altro (avv.ti Bini e Merlo) c. Comune di Vailate avv. De Rosa)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 1^ – 27 giugno 2014, n. 736

SENTENZA

N. 00736/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00740/2010 REG.RIC.
N. 00242/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 740 del 2010, proposto da:
Paola Medarda Sgaria, Marta Elisa Sgaria, rappresentati e difesi dagli avv. Maria Ughetta Bini, Davide Merlo, con domicilio eletto presso Maria Ughetta Bini in Brescia, via Ferramola, 14;


contro

Comune di Vailate, rappresentato e difeso dall’avv. Brunello De Rosa, con domicilio eletto presso Laura Setti in Brescia, via L. Beretta, 5;

sul ricorso numero di registro generale 242 del 2012, proposto da:
Paola Medarda Sgaria, Marta Elisa Sgaria, rappresentati e difesi dagli avv. Maria Ughetta Bini, Davide Merlo, con domicilio eletto presso Maria Ughetta Bini in Brescia, via Ferramola, 14;

contro

Comune di Vailate, rappresentato e difeso dall’avv. Brunello De Rosa, con domicilio eletto presso Laura Setti in Brescia, via L. Beretta, 5;

nei confronti di

Parrocchia Ss. Pietro e Paolo Ap, rappresentato e difeso dall’avv. Marcella Milani, con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Carlo Zima, 3;

per l’annullamento

( A – ricorso n°740/2010 R.G.)

del provvedimento 19 aprile 2010 prot. n°3380, comunicato il 21 aprile 2010, con il quale il Responsabile dell’area tecnica del Comune di Vailate ha respinto la domanda di sanatoria presentata il 18 gennaio 2010 da a Paola Medarda Sgaria e Marta Elisa Sgaria quanto ad opere ritenute abusive realizzate sugli immobili siti alla locale via Caimi angolo via Colombo, su terreno distinto al catasto comunale al foglio 5 mappali 1 e 14 ;

( B – ricorso n°242/2012 R.G.)

dell’ordinanza 15 dicembre 2011 prot. n°9993 e n°69/11 reg. ord., notificata il 17 dicembre 2011, con la quale il medesimo Responsabile ha ingiunto a Paola Medarda Sgaria e Marta Elisa Sgaria la demolizione delle opere predette;

Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Vailate e di Comune di Vailate e di Parrocchia Ss. Pietro e Paolo Ap;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2014 il dott. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Le germane Paola e Marta Sgaria, odierne ricorrenti, sono contitolari di un diritto di nuda proprietà su un compendio immobiliare sito in Vailate, all’angolo fra le vie Caimi e Colombo, acquistato per atto 18 ottobre 2001 rep. n°58.759 e racc. n°7036 Notaro De Napoli di Segrate, ivi registrato il 26 ottobre 2001 al n°31628 atti pubblici e trascritto a Bergamo il 3 novembre successivo, ai nn°44.254 e 32.765. Tale compendio, denominato “ex distretto sanitario” consta di tre corpi di fabbrica su due piani, denominati da nord verso sud “fabbricato A”, “fabbricato B”, “androne” e “fabbricato C”, poi denominato “fabbricato E”, connessi fra loro, e di un’area scoperta di pertinenza di circa 600 mq, il tutto distinto al catasto comunale di Vailate al foglio 5, mappali 1, 4, 9 14 sub 5, 6 e 7, confinante quanto al lato sud del fabbricato E, che è costruito a ridosso della chiesetta di Santa Marta, risalente al XVI secolo (doc. 2 ricorrenti in ricorso n°740/2010 R.G., copia atto e doc. 5 ricorrenti in ricorso n°740/2010 R.G., copia denuncia inizio attività – DIA, ove la planimetria è la tavola 4 allegata; doc. 10 ricorrenti in ricorso n°740/2010 R.G., ove fotografie che evidenziano il segnale turistico con l’epoca della chiesa).

Interessate a valorizzare il compendio trasformandolo, in buona sostanza, in un palazzo residenziale per la loro famiglia, le germane Sgaria presentavano già il 2 marzo 2006 una domanda di Piano di recupero in variante – PDR, in cui ne prevedevano la ristrutturazione con aumento del 10% del rapporto di copertura (doc. 4 ricorrenti in ricorso n°740/2010 R.G., copia istanza); in conformità al PDR assentito, il successivo 4 novembre presentavano quindi una prima DIA, prot. n°8740 e n°63/06, volta a realizzare le opere (doc. 5 ricorrenti in ricorso n°740/2010 R.G., copia di essa; per il numero d’ordine, v. subito avanti), poi integrata con DIA, 4 luglio 2008 prot. n°5522, concernente locali tecnici interrati (doc. 7 ricorrenti in ricorso n°740/2010 R.G., copia di essa), nonché con DIA di asserita variante in corso d’opera 5 novembre 2008 prot. n°8776 n°56/08 e prot. n°8777 n°57/08, a fronte delle quali, però, il Comune, con note 5 dicembre 2008, disponeva, alla lettera, “la sospensione dei termini per il rilascio del titolo abilitativo richiesto”, stante la pendenza di un “procedimento amministrativo relativo alla verifica della esecuzione di interventi effettuati su bene vincolato ai sensi del d. lgs. 42/2004” (doc. ti ricorrente in ricorso n°740/2010 R.G.12 e 13, copie nuove DIA, ove anche il n° della DIA oggetto di variante; 14 e 15, copie note comunali, ove i n° di protocollo).

A seguito di un sopralluogo in data 22 febbraio 2008 sul cantiere, infatti, alle ricorrenti era stata contestata una modifica non autorizzata alla copertura dell’adiacente chiesetta, bene culturale vincolato ai sensi di legge, modifica per la quale la Soprintendenza competente in data 25 marzo 2009 aveva inviato alla Procura competente denuncia penale (doc. 9 ricorrenti in ricorso n°740/2010 R.G., nota Soprintendenza in merito; doc. 1 Comune in ricorso n°740/2010 R.G., copia completa ordinanza di demolizione, ove cronistoria dei fatti).

Parallelamente, gli usufruttuari Primo Sgaria e Maria Carla Rinaldi, verosimilmente genitori delle ricorrenti (v. doc. 2 ricorrenti, cit.), presentavano ulteriore DIA, 13 febbraio 2009 prot. n°1260 e n°5/09, volta a realizzare locali di sgombero e un pergolato con posti auto scoperti, a fronte della quale però ricevevano dal Comune ulteriore nota – 12 marzo 2009 prot. n°2044, di non procedibilità, motivata con la incompatibilità con lo stato dei luoghi e con l’art. 47 lettera e) commi 5 e 6 delle norme tecniche di attuazione – NTA (doc. 1 Comune, cit.).

Le ricorrenti subivano quindi un ulteriore sopralluogo, in data 18 marzo 2009, e all’esito ricevevano l’ordinanza di demolizione 23 novembre 2009 n°71 e prot. n°9280, la quale ingiungeva loro la rimessione in pristino di tutti gli asseriti abusi riscontrati, ovvero in primo luogo, quanto al fabbricato A, “ 1. ripristino della volumetria a disposizione ricavata mediante variazione delle altezze interne derivanti dal ribassamento [testuale] del solaio del piano terra come da PDR approvato; 2. ripristino della quota dei solai interpiano come da PDR approvato; 3. ripristino delle disposizioni dei fori delle finestre/ porte finestre/porte come da PDR approvato; 4. ripristino ed osservanza delle tipologie costruttive utilizzate come da PDR approvato”; in secondo luogo, quanto al fabbricato E, a confine con la chiesetta di Santa Marta, “1. ripristino delle altezze e dimensioni planimetriche dell’edificio con conseguente ripristino delle volumetrie come da PDR approvato; 2. ripristino della quota originaria della edificazione a confine con altra proprietà (chiesa di Santa Marta) con conseguente ripristino delle volumetrie e intervento sulla struttura di copertura dell’edificio viciniore, bene vincolato…. come da PDR approvato; 3. ripristino delle partizioni delle murature interne e delle scale nonché della struttura esterna destinata all’alloggiamento dell’elevatore come da PDR approvato;4. ripristino ed osservanza delle tipologie costruttive utilizzate come da PDR approvato”” e quanto ai nuovi corpi di fabbrica, posti auto e locali sgombero, la loro eliminazione completa (doc. 1 Comune, cit.).

A fronte di ciò, le ricorrenti presentavano in data 8 gennaio 2010 richiesta di sanatoria (doc. 17 ricorrenti in ricorso n°740/2010 R.G., copia di essa), respinta con il provvedimento 19 aprile 2010 prot. n°3380, di cui meglio in epigrafe, diffusamente motivato così come segue. In primo luogo, il diniego esamina partitamente gli abusi di cui al fabbricato A. Quanto all’abuso di cui ai punti 1 e 2, integrante un incremento di volumetria, che le ricorrenti avevano chiesto di sanare avvalendosi del cd. bonus volumetrico per il risparmio energetico di cui alla l. r. Lombardia 20 aprile 1995 n°26, il diniego rileva anzitutto un errato calcolo iniziale, già nelle originarie DIA 63/06 e 57/08, della superficie e della volumetria, difformi quindi da quanto nominalmente dichiarato; il diniego rileva poi che ad avviso del Comune la normativa regionale per avvalersi del cd. bonus volumetrico richiede di presentare l’apposita relazione tecnica con la domanda originaria di rilascio del titolo o con una domanda di variante in corso d’opera; non consente però di presentarla a corredo di una domanda di sanatoria. Quanto agli abusi di cui ai punti 3 e 4, tipologie costruttive, il diniego afferma che l’edificio in base al PDR originario era soggetto all’art. 47 lettera f delle NTA di piano, che escludeva finiture e materiali non tradizionali e non coerenti con l’esistente; è ora soggetto alle norme sugli edifici storici di cui all’art. 6 del Piano delle regole, e in base a tale normativa non può recare il rivestimento di intonaco, le cornici in marmo e i serramenti in alluminio per cui è chiesta la sanatoria. In secondo luogo, il diniego esamina partitamente gli abusi di cui al fabbricato E. Quanto all’abuso di cui al punto 1, anche qui integrante un incremento di volumetria, ripete le argomentazioni di cui agli abusi 1 e 2 dell’edificio A, anche qui riscontrando un errato calcolo di volumi e superfici. Quanto all’abuso di cui al punto 2, la costruzione a confine, evidenzia l’obbligo di ripristino della chiesetta illegittimamente modificata e l’incoerenza comunque di quanto realizzato con le norme che impongono di rispettare, come si è visto, le tipologie del contesto. Quanto agli abusi di cui ai punti 3 e 4, tipologie costruttive, ripete anche in questo caso quanto detto per gli abusi 3 e 4 dell’edificio A. Infine, il diniego afferma che i posti macchina coperti realizzati nell’area di pertinenza non potevano essere realizzati né in base all’art. 47 delle previgenti norme di Piano né in base all’art. 6 del Piano delle regole, come nuove edificazioni non ammesse in zona (doc. 1 ricorrenti in ricorso n°740/2010 R.G., copia diniego di sanatoria)

Avverso tale diniego, le ricorrenti hanno proposto il ricorso n°740/2010 R.G., articolato in due motivi:

– con il primo di essi, deducono violazione dell’art. 10 bis l. 7 agosto 1990 n°241, per non aver ricevuto il preavviso di diniego, a loro dire dovuto;

– con il secondo motivo, deducono eccesso di potere per travisamento dei fatti, e sostengono che ciascuna delle ragioni addotte dal Comune a sostegno del diniego sarebbe infondata. Sostengono in dettaglio: che il conteggio delle superfici e volumi sarebbe stato corretto; che il bonus volumetrico si potrebbe ottenere anche a sanatoria; che la chiesetta confinante non sarebbe stata interessata dall’abuso, che le finiture sarebbero compatibili con le normative di zona e che i posti macchina sarebbero ammissibili.

Ha resistito in detto ricorso il Comune di Vailate, con memoria formale 22 luglio 2010 e memoria 16 maggio 2014, in cui difende, in sintesi estrema, l’operato dell’amministrazione e chiede che il ricorso sia respinto.

Con memoria 17 maggio e replica 28 maggio 2014, le ricorrenti, per parte loro, hanno riproposto le rispettive asserite loro ragioni.

Nelle more, le ricorrenti hanno altresì ricevuto l’ordinanza di demolizione 15 dicembre 2011 prot. n°9993 e n°69/11 di cui in epigrafe, motivata col diniego di sanatoria, e l’hanno impugnata con ulteriore ricorso, rubricato al n°242/2012 R.G. e articolato a sua volta in due motivi:

– con il primo di essi, deducono come vizi di illegittimità derivata i motivi già dedotti a sostegno del ricorso n°740/2010, che ritrascrivono;

– con il secondo motivo, deducono eccesso di potere per falso presupposto, negando di aver mai eseguito intervento alcuno a danno dell’adiacente chiesetta di Santa Marta;

Nel ricorso 242/2012, resistevano il Comune di Vailate, con memoria formale 12 aprile 2012 e memoria 19 aprile 2014, nonché la Parrocchia titolare della chiesa di Santa Marta, con memoria formale 31 ottobre 2012 e memoria 19 aprile 2014, e chiedevano la reiezione del ricorso stesso, con motivazioni corrispondenti a quelle di cui sopra.

Con memoria e replica 19 aprile e 30 aprile 2014, le ricorrenti chiedevano poi che il ricorso 242/2012, chiamato alla pubblica udienza del 21 maggio 2014, fosse rinviato per eventuale riunione in quanto connesso al ricorso 740/2010, all’udienza 18 giugno 2014, già fissata per la discussione di quest’ultimo.

A ciò aderendo, la Sezione, a detta udienza del giorno 18 giugno 2014, tratteneva infine i ricorsi in decisione.


DIRITTO

1. I ricorsi vanno riuniti, in quanto all’evidenza connessi sia per soggetti sia per oggetto, e vanno entrambi respinti in quanto infondati, per le ragioni di cui appresso.

2. In ordine logico, va scrutinato per primo il ricorso 740/2010, rivolto contro il diniego di sanatoria per gli abusi edilizi contestati alle ricorrenti. Di esso è infondato il primo motivo, imperniato sull’omissione dell’avviso di reiezione dell’istanza di cui all’art. 10 bis l. 241/1990, cd. prediniego. L’omissione come fatto storico è pacifica; risulta però nel caso di specie non rilevante, sulla base dell’insegnamento giurisprudenziale, espresso da ultimo da C.d.S. sez. IV 6 dicembre 2013 n°5818, secondo il quale essa di per sé non giustifica l’annullamento di un atto, precluso invece, ai sensi del successivo art. 21 octies, ove il contenuto di esso non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Per disporre l’ annullamento è viceversa necessario quanto nel caso presente non è avvenuto, ovvero che il privato non si limiti a contestare l’omessa comunicazione, ma alleghi le circostanze che avrebbe potuto sottoporre all’Amministrazione, per indurla a determinarsi diversamente.

3. Parimenti, del ricorso 740/2010 è infondato anche il secondo motivo, perché il diniego di sanatoria resiste alle censure mossegli, nei termini di cui subito in dettaglio.

4. Incominciando dall’edificio A, va ricordato che le ricorrenti si erano viste contestare i seguenti abusi, desunti a contrario dal contenuto dell’ordinanza di demolizione riportato in narrativa: (1.) ricavo di ulteriore volumetria a disposizione rispetto al PDR approvato mediante variazione delle altezze interne derivanti dall’abbassamento del solaio del piano terra nonché (2.) mediante variazione della quota dei solai interpiano; (3.) mutate disposizioni dei fori delle finestre/ porte finestre/porte rispetto al PDR approvato; (4.) mutate tipologie costruttive rispetto al PDR approvato.

5. A fronte di ciò, il diniego di sanatoria osserva, quanto all’abuso di cui ai punti (1) e (2) e alla richiesta delle ricorrenti di sanarlo avvalendosi del cd. bonus volumetrico per il risparmio energetico di cui alla l. r. Lombardia 20 aprile 1995 n°26, che vi sarebbe stato anzitutto un errato calcolo iniziale della superficie e della volumetria; rileva poi che la normativa regionale per avvalersi del bonus richiede di presentare l’apposita relazione tecnica con la domanda originaria di rilascio del titolo o con una domanda di variante in corso d’opera; non consente però di presentarla a corredo di una domanda di sanatoria. Quanto agli abusi di cui ai punti 3 e 4, il diniego osserva poi che l’edificio in base al PDR originario era soggetto all’art. 47 lettera f delle NTA di piano, che escludeva finiture e materiali non tradizionali e non coerenti con l’esistente; è ora soggetto alle norme sugli edifici storici di cui all’art. 6 del Piano delle regole, e in base a tale normativa non può recare il rivestimento di intonaco, le cornici in marmo e i serramenti in alluminio in concreto realizzati.

6. Le ricorrenti replicano quanto agli abusi (1) e (2) in sintesi che il calcolo sarebbe corretto, e che la richiesta di bonus potrebbe farsi anche in sanatoria; quanto agli abusi (3) e (4), che le prescrizioni evidenziate dal Comune sarebbero solo indicative, ma nessuna di tali censure è fondata.

7. Sul primo punto, abusi (1) e (2), le ricorrenti (ricorso, pp. 13 e 14) deducono che invece il calcolo sarebbe corretto, ma si tratta di contestazione generica, non corredata di una dimostrazione dei presunti errori compiuti dal Comune, dimostrazione che le ricorrenti avevano tutti gli elementi per fornire e dovevano quindi allegare in base al noto principio di vicinanza della prova, sul quale v. per tutte da ultimo Cass. civ. sez. III 14 gennaio 2014 n°65. L’impossibilità di richiedere il bonus volumetrico in sede di sanatoria è poi desunta non solo e non tanto dalla circolare applicativa dell’istituto, D.D.G. 7 agosto 2008 n°8935, quanto dalla logica della norma di legge che lo prevede: trattandosi di istituto premiale e incentivante un’edilizia di qualità, appare corretto riservarne l’applicazione a chi dall’origine si proponga di realizzarla, e non utilizzarlo come ulteriore incentivo agli abusi edilizi.

8. Sul secondo punto, abusi (3) e (4), si rileva poi che per lo meno l’art. 6 del Piano delle regole (doc. 22 ricorrenti in ricorso 740/2010, estratto di esso, pp. 19-20) configurano come imperativo, per la zona di che trattasi, sia il rispetto dei balconi esistenti, per cui è ammesso solo l’adeguamento a quanto imposto dal Regolamento di igiene, sia l’adozione delle tipologie costruttive elencate, per le quali è “consigliato” solo l’intonaco a calce, in alternativa al preesistente, mentre le altre finiture sono imperative, ed escludono quanto realizzato dalle ricorrenti.

9. Proseguendo con l’edificio E, le ricorrenti si erano viste contestare i seguenti abusi, desunti a contrario dal contenuto dell’ordinanza di demolizione riportato in narrativa: (1.) ricavo di ulteriore volumetria a disposizione rispetto al PDR approvato anche (2.) mediante sopraelevazione al confine, che ha comportato un intervento sul tetto della chiesetta ivi esistente, bene vincolato di proprietà della Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo Apostoli; (3.) mutate disposizioni dei fori delle finestre/ porte finestre/porte rispetto al PDR approvato; (4.) mutate tipologie costruttive rispetto al PDR approvato, esattamente come per l’edificio A.

10. A fronte di ciò, il diniego di sanatoria ripete le motivazioni già esposte in ordine all’edificio A; quanto all’abuso (2) evidenzia in più l’obbligo di ripristino della chiesetta illegittimamente modificata e l’incoerenza comunque di quanto realizzato con le norme che impongono di rispettare, come si è visto, le tipologie del contesto.

11. Le ricorrenti con argomenti del tutto simili a quanto dedotto circa l’edificio A, in più quanto all’abuso (2) negano in sostanza di avere in alcun modo alterato la chiesetta al confine (ricorso, p. 26 in fine).

12. Tali deduzioni vanno parimenti respinte con argomenti corrispondenti a quelli esposti in ordine all’edificio A; va poi aggiunto che l’intervento abusivo sulla chiesetta è stato descritto nella relazione tecnica con foto prodotta dal Comune come doc. 28 in ricorso 740/10. In base al menzionato principio della vicinanza della prova, le ricorrenti ben avrebbero potuto –e dovuto- non limitarsi ad una generica negazione del fatto, ma produrre una relazione, in ipotesi, di segno contrario. Ciò posto, la non contestata natura di bene vincolato della chiesetta rende di per sé l’abuso non sanabile senza un assenso della Soprintendenza, che è stato già negato (cfr. doc. 24 ricorrente in ricorso 740/10).

13. Da ultimo, risponde effettivamente al vero che i posti macchina coperti realizzati nell’area di pertinenza sono vietati, come nuove edificazioni non ammesse in zona, in base all’art. 6.2 del Piano delle regole, che non ammette volumi aggiuntivi e non computa a tal fine “porticati” e “logge”, ma non menziona i posti macchina, che sono evidentemente cosa diversa.

14. Dalla reiezione del ricorso 740/10, consegue anche la reiezione del primo motivo del ricorso 242/12, rivolto avverso la conseguente ordinanza di demolizione, che ripropone come censure di invalidità derivata i motivi già esaminati.

15. Da ultimo, anche il secondo motivo del ricorso 242/12 va respinto, poiché sul fatto storico dell’intervento sulla chiesetta a confine è sufficiente rinviare a quanto già detto.

16. Le spese seguono la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo, con importi che, quanto alla Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo Apostoli, si discostano motivatamente da quanto richiesto nella nota spese depositata il 18 giugno 2014, sulla base dei D.M. 2012 n°140 e 10 marzo 2014 n°55, applicati ciascuno alle attività svolte nel periodo di relativa vigenza. In particolare, si è tenuto conto del valore indeterminabile della causa, che peraltro è di bassa complessità, e dell’assenza di una fase cautelare e di un’autonoma fase istruttoria.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sui ricorsi come in epigrafe proposti, li riunisce e li respinge entrambi. Condanna in solido Paola Medarda Sgaria e Marta Elisa Sgaria a rifondere al Comune di Vailate e alla Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo Apostoli le spese del giudizio, che liquida in € 2.733/00 (duemilasettecentotrentatre/00) per il Comune di Vailate ed € 2.733/00 (duemilasettecentotrentatre/00) per la Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo Apostoli, oltre accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente
Mario Mosconi, Consigliere
Francesco Gambato Spisani, Consigliere, Estensore
        
        
L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
        
        
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/06/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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