* DIRITTO DELL’ENERGIA – Misure di compensazione ambientale – Presupposti – Mera realizzazione di un impianto di energia da fonti rinnovabili – Non dà luogo a misura compensativa – D.M. 10.9.2010, all. 1, punto 14.15 e 2
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 4 Giugno 2018
Numero: 536
Data di udienza: 30 Maggio 2018
Presidente: Farina
Estensore: Bertagnolli
Premassima
* DIRITTO DELL’ENERGIA – Misure di compensazione ambientale – Presupposti – Mera realizzazione di un impianto di energia da fonti rinnovabili – Non dà luogo a misura compensativa – D.M. 10.9.2010, all. 1, punto 14.15 e 2
Massima
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ – 4 giugno 2018, n. 536
DIRITTO DELL’ENERGIA – Misure di compensazione ambientale – Presupposti – Mera realizzazione di un impianto di energia da fonti rinnovabili – Non dà luogo a misura compensativa – D.M. 10.9.2010, all. 1, punto 14.15 e 2
In ragione del combinato disposto D.M. 10.09.2010, attuativo dell’art. 12 D.Lgs. 387/2003, recante “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”, allegato 1, punto 14.15, e allegato 2, la legittima applicazione di una misura di compensazione ambientale e territoriale non può prescindere dall’esistenza di concentrazioni di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale, al che accede che non dà luogo a misura compensativa, in modo automatico, la semplice circostanza che venga realizzato un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili, a prescindere da ogni considerazione sulle sue caratteristiche e dimensioni e dal suo impatto sull’ambiente.
Pres. Farina, Est. Bertagnolli – Comune di Castenedolo (avv. Ballerini) c. Provincia di Brescia (avv.ti Donati, Poli e Rizzardi)
Allegato
Titolo Completo
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ - 4 giugno 2018, n. 536SENTENZA
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ – 4 giugno 2018, n. 536
Pubblicato il 04/06/2018
N. 00536/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01173/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1173 del 2011, proposto da
Comune di Castenedolo, rappresentato e difeso dall’avvocato Mauro Ballerini, con domicilio eletto ai sensi dell’art. 25 c.p.a.;
contro
Provincia di Brescia, rappresentata e difesa dagli avvocati Gisella Donati, Magda Poli e Raffaella Rizzardi, con domicilio eletto presso lo studio Magda Poli in Brescia, ai sensi dell’art. 25 c.p.a.;
nei confronti
Imca S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Maria Ughetta Bini, con domicilio eletto in Brescia, ai sensi dell’art. 25 c.p.a.;
per l’annullamento
del provvedimento n. 2279 del 27/06/2011 di autorizzazione alla costruzione ed esercizio di impianto fotovoltaico, nella parte in cui ha indicato le misure compensative a favore del Comune;
– di ogni altro atto connesso;
e per la condanna
della IMCA s.r.l. al pagamento di misure compensative, a favore del Comune, per un importo pari al 3 % dei proventi derivanti dalla valorizzazione energetica dell’impianto per ciascun anno di produzione, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Brescia e della società Imca S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 maggio 2018 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Nel corso dell’iter per il rilascio dell’autorizzazione richiesta da IMCA s.r.l. per la costruzione e l’esercizio di un impianto fotovoltaico, il Comune di Castenedolo frapponeva, rappresentandola in sede di Conferenza di servizi, la propria opposizione, in ragione dell’esigenza di tutelare il patrimonio agricolo, inciso dalla notevole riduzione delle aree destinate all’attività agricola verificatosi nel periodo compreso tra il 1990 e il 2008.
Nella seduta del 15 maggio 2011, il Comune, nella denegata ipotesi del rilascio dell’autorizzazione, chiedeva alla Conferenza di servizi di imporre ad IMCA srl, oltre all’obbligo di realizzare delle barriere visive mitigative, di pagare al Comune le misure compensative previste dal decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 10 dicembre 2010 “ per tutti gli anni di esercizio dell’impianto stesso”.
Il provvedimento autorizzativo, invece, si limitava, sia nelle premesse, che nella parte dispositiva, a dare atto che “il soggetto interessato si è impegnato a destinare in unica soluzione al Comune di Castenedolo, a titolo di donazione e in aggiunta all’intervento di mitigazione concordato, una somma di 10.000 euro, pari a circa il 3 % dei proventi di un anno che presume di realizzare dalla valorizzazione energetica dell’impianto”.
Il provvedimento sarebbe, in tale sua parte illegittimo e il Comune ne ha, dunque, chiesto l’annullamento, per violazione e falsa applicazione del decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 10 dicembre 2010, in quanto, nell’Allegato 2 delle linee guida approvate dal Ministero, all’art. 2, lettera h) si dispone che “eventuali misure di compensazione ambientale e territoriale definite nel rispetto dei criteri di cui alle lettere precedenti non può comunque essere superiore al 3 per cento dei proventi, comprensivi degli incentivi vigenti, derivanti dalla valorizzazione dell’energia elettrica prodotta annualmente dall’impianto”. L’autorizzazione censurata sarebbe, dunque, illegittima, sia perché la misura compensativa è stata prevista come “una tantum” e non commisurata agli introiti di ogni anno di attività dell’impianto, sia perché essa non è stata formalmente imposta al destinatario dell’autorizzazione, che parrebbe, invece, essersi assoggettato sua sponte al versamento della somma stabilita, definita come “donazione”.
Inoltre, l’interpretazione della disposizione fatta propria dalla Provincia nel caso di specie consentirebbe la quantificazione della misura compensativa commisurandola a un anno qualsiasi della vita dell’impianto (rendendo, dunque, molto incerta la sua misura, variabile di anno in anno).
Si è costituita in giudizio la Provincia, che, in vista della pubblica udienza, ha depositato una memoria nella quale ha rappresentato come l’impianto sia stato ritenuto realizzabile, nonostante il dissenso del Comune, in quanto la zona interessata era inquadrata, dal PRG allora vigente, tra le Aree Agricole, classificata E1 agricola di salvaguardia e non risultava soggetta ad alcun vincolo paesaggistico, come da certificato rilasciato dallo stesso Comune di Castenedolo, né erano emersi particolari vincoli territoriali o ambientali ostativi alla realizzazione di un impianto fotovoltaico.
La Provincia ha, inoltre, sostenuto l’infondatezza della pretesa alla luce della normativa allora vigente e degli atti ministeriali attuativi.
Anche IMCA ha eccepito l’infondatezza della pretesa fatta valere dal ricorrente alla luce della specifica disciplina che regola la materia e che esclude che misure compensative a favore dei Comuni, peraltro eventualmente di natura non monetaria, siano dovute a prescindere dalla dimostrazione di un particolare impatto ambientale che le giustifichi.
In assenza di memorie di parte ricorrente, alla pubblica udienza del 30 maggio 2018, la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso in esame non può trovare positivo apprezzamento.
Esso tende a far valere la pretesa del Comune di Castenedolo all’imposizione, a carico di IMCA, di misure compensative, a fronte della realizzazione di un impianto fotovoltaico, per un importo pari al 3 % annuo della somma corrispondente alla valorizzazione dell’energia prodotta dall’impianto, previo annullamento dell’autorizzazione alla costruzione e gestione dell’impianto stesso, in quanto inficiata nella sua legittimità dalla mancanza di tale previsione.
Invero, il provvedimento impugnato dà atto di come l’opposizione del Comune alla realizzazione dell’impianto sia stata superata alla luce della carenza di preclusioni normative e ambientali, in assenza di qualsiasi vincolo specifico ed essendo l’area individuata compatibile, in quanto agricola e di come, nel rispetto della legge, sia stata imposta la realizzazione di misure di mitigazione ambientale.
Nessuna misura compensativa è stata, dunque, imposta, avendo la Provincia ritenuto che non ne ricorressero le condizioni, per le ragioni che meglio si espliciteranno nel prosieguo e che hanno condotto all’attribuzione della natura volontaria e caratterizzata da spirito di liberalità alla scelta della ditta IMCA di effettuare una donazione una tantum a favore del Comune.
Il convincimento che nessun’altra prescrizione potesse essere imposta alla IMCA è stato tratto da una ricostruzione della vigente normativa che il Collegio ritiene di poter condividere. Essa prende le mosse dal D.M. 19.09.2010, attuativo dell’art. 12 D.Lgs. 387/2003, recante “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”, il quale, all’allegato 1, punto 14.15, dispone: “Le amministrazioni competenti determinano in sede di riunione di conferenza di servizi eventuali misure di compensazione a favore dei Comuni, di carattere ambientale e territoriale e non meramente patrimoniali o economiche, in conformità ai criteri di cui all’Allegato 2 delle presenti linee guida”.
L’allegato 2 del DM 10 settembre 2010, invocato dallo stesso Comune ricorrente, prevede: “Fermo restando, anche ai sensi del punto 1.1 e del punto 13.4 delle presenti linee-guida, che per l’attività di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili non è dovuto alcun corrispettivo monetario in favore dei Comuni, l’autorizzazione unica può prevedere l’individuazione di misure compensative, a carattere non meramente patrimoniale, a favore degli stessi Comuni e da orientare su interventi di miglioramento ambientale correlati alla mitigazione degli impatti riconducibili al progetto, ad interventi di efficienza energetica, di diffusione di installazioni di impianti a fonti rinnovabili e di sensibilizzazione della cittadinanza sui predetti temi, nel rispetto dei seguenti criteri”…omissis… “d) secondo l’articolo 1, comma 4, lettera f) della legge n. 239 del 2004, le misure compensative sono solo «eventuali», e correlate alla circostanza che esigenze connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale; e) possono essere imposte misure compensative di carattere ambientale e territoriale e non meramente patrimoniali o economiche solo se ricorrono tutti i presupposti indicati nel citato articolo 1, comma 4, lettera f) della legge n. 239 del 2004;”.
In ragione del combinato disposto delle norme disciplinanti la fattispecie, dunque, come chiarito nella sentenza T.A.R. Lazio Roma, sez. II 29/04/2013 n. 4275: “La legittima applicazione di una misura di compensazione ambientale e territoriale non può prescindere dall’esistenza di concentrazioni di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale, al che accede che non dà luogo a misura compensativa, in modo automatico, la semplice circostanza che venga realizzato un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili, a prescindere da ogni considerazione sulle sue caratteristiche e dimensioni e dal suo impatto sull’ambiente (in tal senso e con riguardo a fattispecie analoga, Cons. St., III^, parere n. 2849 del 14.10.2008)”.
Alla luce di tutto ciò si deve ritenere legittima la mancata imposizione di specifiche misure compensative, che parte ricorrente ha invocato facendo riferimento alla ben diversa fattispecie propria dell’attività di escavazione, caratterizzata da una differente tipologia di attività e da una diversa disciplina normativa.
Precisato, dunque, che la misura del 3 % annuo è rappresentata dal limite massimo del controvalore delle misure compensative, nella fattispecie in esame non è stata affatto dimostrata la ricorrenza delle condizioni necessarie per ritenere dovuta la compensazione a favore del Comune ricorrente, subordinata all’accertamento della sussistenza di specifiche condizioni di impatto ambientale/territoriale dell’impianto, non riscontrate nella fattispecie.
Ne deriva che l’illegittimità dedotta in relazione all’autorizzazione, rilasciata senza imporre alcuna misura compensativa a favore del Comune, non può essere ravvisata e, conseguentemente, non può trovare accoglimento la domanda volta ad ottenere la condanna di IMCA, a prescindere dalla ammissibilità della stessa.
Le spese del giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Comune ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida, a favore dell’Amministrazione provinciale e della ditta IMCA, nella somma di euro 1.500,00 ciascuna, per un totale di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre ad accessori, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 30 maggio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Alessandra Farina, Presidente
Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore
Alessio Falferi, Consigliere
L’ESTENSORE
Mara Bertagnolli
IL PRESIDENTE
Alessandra Farina
IL SEGRETARIO