* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Regione Lombardia – Cessione perequativa e cessione compensativa – Differenza – L.r. Lombardia n. 12/05.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Lombardia
Città: Milano
Data di pubblicazione: 30 Giugno 2017
Numero: 1468
Data di udienza: 30 Marzo 2017
Presidente: Mosconi
Estensore: Di Mauro
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Regione Lombardia – Cessione perequativa e cessione compensativa – Differenza – L.r. Lombardia n. 12/05.
Massima
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 2^ – 30 giugno 2017, n. 1468
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Regione Lombardia – Cessione perequativa e cessione compensativa – Differenza – L.r. Lombardia n. 12/05.
La cessione perequativa è prevista dall’art. 11 comma 1 e 2 della L.R. Lombardia 12/05 ed è alternativa all’espropriazione perché non prevede l’apposizione di un vincolo preespropriativo sulle aree destinate a servizi pubblici ma prevede che tutti i proprietari, sia quelli che possono edificare sulle loro aree sia quelli i cui immobili dovranno realizzare la città pubblica, partecipino alla realizzazione delle infrastrutture pubbliche attraverso l’equa ed uniforme distribuzione di diritti edificatori indipendentemente dalla localizzazione delle aree per attrezzature pubbliche e dei relativi obblighi nei confronti del Comune. La cessione compensativa invece si caratterizza per l’individuazione da parte del pianificatore di aree, destinate alla costruzione della città pubblica, rispetto ai quali l’amministrazione non può rinunciare a priori al vincolo ed alla facoltà imperativa ed unilaterale di acquisizione coattiva delle aree (TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 17 settembre 2009, n. 4671). Da tali indicazioni si evince chiaramente che il primo e fondamentale tratto distintivo tra la cessione perequativa e quella compensativa attiene alla circostanza che solo la seconda presuppone l’imposizione di una destinazione del suolo al soddisfacimento di esigenze di interesse pubblico, che è invece estranea alla prima (TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 2 marzo 2015, n. 596).
Pres. Mosconi, Est. Di Mauro – G.B. e altri (avv.ti Dal Molin e Dal Molin) c. Comune di Nova Milanese (avv.ti Quiroz Vitale e Beratto)
Allegato
Titolo Completo
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 2^ – 30 giugno 2017, n. 1468SENTENZA
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 2^ – 30 giugno 2017, n. 1468
Pubblicato il 30/06/2017
N. 01468/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01578/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1578 del 2011, proposto da:
Giancarlo Brioschi, Vittorio Nava, Marisa Confalonieri, Antonio Belluschi, Guido Alberto Mauri e Marina Mauri eredi di Giuseppe Mauri, Ermenegildo Mauri, rappresentati e difesi dagli avvocati Graziano Dal Molin e Alessandro Dal Molin, con domicilio eletto presso lo studio dei difensori in Milano, via M. A. Bragadino, 2;
contro
Comune di Nova Milanese, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Marco Alberto Quiroz Vitale e Miriam Beratto, con domicilio eletto presso lo studio dei difensori in Milano, Via Nino Bixio, 12;
per l’annullamento
– della delibera del Consiglio comunale di Nova Milanese n. 43 del 24 settembre 2010, recante “Esame e controdeduzione delle osservazioni e dei pareri pervenuti al Piano di Governo del Territorio adottato – approvazione definitiva – seduta del 24.09.2010”;
– di ogni atto preordinato, conseguente e/o comunque connesso ed in particolare della delibera del Consiglio comunale di Nova Milanese n. 11 del 20 marzo 2010 di adozione del Piano di Governo del Territorio.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Nova Milanese;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 marzo 2017 la dott.ssa Floriana Venera Di Mauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso portato alla notifica il 9 maggio 2011 e depositato il successivo 27 maggio, i signori Giancarlo Brioschi, Vittorio Nava, Marisa Confalonieri, Antonio Belluschi, Giuseppe Mauri ed Ermenegildo Mauri hanno impugnato la delibera del Consiglio comunale di Nova Milanese n. 43 del 24 settembre 2010, recante l’approvazione del Piano di Governo del Territorio (PGT), in una con la precedente delibera n. 11 del 20 marzo 2010 di adozione del piano.
2. I ricorrenti hanno allegato di essere proprietari di aree incise dalle previsioni pianificatorie. In particolare:
– i signori Giancarlo Brioschi, Vittorio Nava, Marisa Confalonieri e Antonio Belluschi sono comproprietari delle aree identificate al catasto terreni al foglio 8, mappale 232 e al foglio 9, mappale 81;
– il signor Giuseppe Mauri era proprietario, al momento della proposizione del ricorso, dell’area identificata al catasto terreni al foglio 10, mappale 18; a seguito del suo decesso, si sono costituiti in giudizio gli eredi, signori Guido Alberto Mauri e Marina Mauri, con atto di riassunzione depositato in data 17 novembre 2016;
– il signor Ermenegildo Mauri è proprietario dell’area identificata al catasto terreni al foglio 10, mappale 10.
3. Le aree di proprietà dei ricorrenti sono state incluse dal PGT nell’ambito del “Verde di valore paesaggistico-ambientale e di connessione” e nel perimetro proposto in ampliamento del Parco Locale di Interesse Sovracomunale (PLIS) Grugnotorto-Villoresi (v. Relazione al Piano dei Servizi – doc. 9 dei ricorrenti, p. 39).
I terreni dei ricorrenti sono, inoltre, tutti interessati da previsioni di acquisizione da parte del Comune, in quanto inclusi tra le “Aree a servizi da acquisire a patrimonio pubblico attraverso esproprio o compensazione”, quali “Aree a verde di connessione tra territorio rurale ed edificato” (tabella 7.2 alle pp. 48 e 49 della Relazione al Piano dei Servizi – doc. 9 dei ricorrenti). Più in dettaglio, essi ricadono nella sub-classificazione del “Verde di connessione” (v. primo prospetto della tabella 7.2, ora richiamata), salvo l’area di cui al mappale 10, foglio 10 e parte dell’area di cui al mappale 10, foglio 18, che ricadono nell’altra sub-classificazione del “Verde di connessione in zona di rispetto del Canale Villoresi” (v. secondo prospetto della stessa tabella).
Quanto alla disciplina delle modalità di acquisizione delle aree, lo strumento urbanistico ha stabilito che questa possa avvenire “mediante espropriazione o mediante cessione volontaria a fronte dell’attribuzione di diritti (crediti) edificatori in misura pari a:
– 0,11 m2 di Slp per ogni m2 di superficie del terreno volontariamente ceduto, ove il titolare intenda utilizzare i diritti (crediti) con destinazione residenziale e/o con destinazione complementare, accessoria o compatibile rispetto a quella residenziale;
– 0,44 m2 di Slp per ogni m2 di superficie del terreno volontariamente ceduto, ove il titolare intenda utilizzare i diritti (crediti) con destinazione produttiva e/o con destinazione complementare, accessoria o compatibile rispetto a quella produttiva.” (così l’articolo 3, comma 3a, delle Norme di attuazione del Documento di Piano – doc. 8 dei ricorrenti; nello stesso senso anche la Relazione al Documento di Piano – doc. 7 dei ricorrenti, p. 216).
4. Le suddette previsioni, già contenute nel PGT adottato, sono state contrastate dagli odierni ricorrenti con la proposizione di osservazioni (doc. 4 dei ricorrenti), con le quali essi hanno chiesto:
– in via principale, lo stralcio delle aree dal perimetro del PLIS Grugnotorto-Villoresi e l’inserimento tra le aree a prevalente destinazione residenziale;
– in subordine, la previsione della corresponsione di diritti edificatori nella misura di 0,44 mq di superficie lorda di pavimento (slp) per ogni metro quadro di terreno volontariamente ceduto, senza vincolo ad una specifica destinazione urbanistica e liberamente commerciabili.
5. L’osservazione è stata, tuttavia, rigettata dal Comune, che ha conseguentemente approvato in via definitiva il PGT recante la disciplina delle aree sopra descritta.
6. Le previsioni contenute nel PGT sono state, quindi, impugnate con la proposizione del presente ricorso, mediante il quale i ricorrenti hanno allegato la violazione dell’articolo 11 della legge regionale n. 12 del 2005, nonché il vizio di eccesso di potere per erronea e contraddittoria applicazione dei principi di compensazione e perequazione previsti dalla legge regionale n. 12 del 2005. E ciò in quanto, secondo l’avviso dei ricorrenti, il nuovo strumento urbanistico:
(a) avrebbe determinato un’indebita commistione tra gli istituti della perequazione e della compensazione, avendo stabilito – da un lato – che le volumetrie edificabili costituiscono il corrispettivo della cessione volontaria di aree che sarebbero altrimenti espropriate (secondo lo schema della compensazione) e – dall’altro – che tali diritti possano essere spesi solo negli ambiti di trasformazione (tratto che sarebbe proprio della figura della perequazione); inoltre, i diritti volumetrici avrebbero carattere aleatorio, poiché il proprietario che li accetta in cambio della cessione volontaria del terreno non avrebbe la certezza di poterli effettivamente “spendere” in un ambito di trasformazione;
(b) avrebbe fissato i diritti edificatori spettanti in caso di utilizzazione residenziale della slp in una misura (0,11 mq di slp edificabile per ogni mq ceduto) esigua e inidonea a realizzare la finalità perequativa;
(c) avrebbe, inoltre, operato in modo irragionevole e immotivato, laddove ha stabilito in misura diversa (0,44 mq di slp edificabile per ogni mq ceduto) i diritti edificatori spettanti (solo) in caso di utilizzazione produttiva, così violando i principi in materia di compensazione, in quanto i diritti edificatori avrebbero dovuto essere commisurati al valore di esproprio delle aree, e non all’utilizzazione futura delle volumetrie compensative.
7. Si è costituito, per resistere al ricorso, il Comune di Nova Milanese.
8. All’udienza pubblica del 30 marzo 2017 la causa è passata in decisione.
9. Vanno, anzitutto, disattese le eccezioni in rito proposte dalla difesa comunale.
9.1 Non può, anzitutto, trovare accoglimento la tesi secondo la quale il ricorso sarebbe inammissibile, perché i ricorrenti avrebbero inteso impugnare esclusivamente la delibera di controdeduzione alle osservazioni presentate nell’iter del piano; atto che avrebbe una mera valenza interna e che sarebbe quindi privo di carattere lesivo.
Il provvedimento impugnato consiste, infatti, nella deliberazione con la quale il Consiglio comunale, dopo aver controdedotto alle osservazioni, è pervenuto all’approvazione definitiva del PGT, e contro tale complessivo atto sono articolate le doglianze contenute nel ricorso. Non può quindi dubitarsi né della rilevanza esterna della deliberazione, né dell’interesse dei ricorrenti a censurarla.
9.2 Parimenti infondata è l’ulteriore eccezione, con la quale si allega che le censure proposte nel ricorso sarebbero dirette contro previsioni di contenuto definitorio e di portata generale, che non sarebbero impugnabili se non con l’atto che ne fa applicazione nel caso concreto.
Al riguardo, è sufficiente osservare che i ricorrenti hanno censurato la disciplina di piano laddove essa reca la destinazione urbanistica impressa alle aree di loro proprietà. Si tratta di previsioni che hanno un diretto effetto sul regime giuridico dei suoli e, come tali, immediatamente impugnabili (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 16 aprile 2014, n. 1955).
Neppure può accedersi alla prospettazione dell’Amministrazione resistente, ove essa afferma che i ricorrenti avrebbero inteso, in realtà, ottenere dal giudice amministrativo una certa interpretazione delle disposizioni pianificatorie e degli istituti della perequazione e della compensazione, senza esibire la lesione di un interesse sostanziale. Come detto, i ricorrenti sono certamente titolari di un interesse concreto e attuale a impugnare le previsioni di piano concernenti la destinazione urbanistica delle aree di loro proprietà e, nel censurare il piano, hanno indubbiamente anche la facoltà di sottoporre al giudice la loro interpretazione del quadro normativo vigente e della portata delle previsioni di cui chiedono l’annullamento.
9.5 In definitiva, tutte le eccezioni sollevate dall’Amministrazione resistente vanno rigettate.
10. Nel merito, il ricorso è infondato, per le ragioni che si espongono di seguito.
11. Con un primo ordine di censure i ricorrenti affermano che lo strumento urbanistico avrebbe operato una indebita commistione tra gli istituti della perequazione e della compensazione.
11.1 Al riguardo, occorre ricordare anzitutto che i suddetti istituti sono disciplinati dall’articolo 11 della legge regionale della Lombardia n. 12 del 2005.
Più in dettaglio, il comma 1 del predetto articolo si riferisce alla perequazione, prevista nell’ambito di “piani attuativi e (…) atti di programmazione negoziata con valenza territoriale”, e consistente nella “ripartizione tra tutti i proprietari degli immobili interessati dagli interventi i diritti edificatori e gli oneri derivanti dalla dotazione di aree per opere di urbanizzazione mediante l’attribuzione di un identico indice di edificabilità territoriale”.
Il comma 2 prefigura, invece, un diverso tipo di perequazione, attuato con l’attribuzione “a tutte le aree del territorio comunale, ad eccezione delle aree destinate all’agricoltura e di quelle non soggette a trasformazione urbanistica, un identico indice di edificabilità territoriale, inferiore a quello minimo fondiario, differenziato per parti del territorio comunale, disciplinandone altresì il rapporto con la volumetria degli edifici esistenti, in relazione ai vari tipi di intervento previsti”.
Il comma 3 concerne, poi, propriamente l’istituto della compensazione, prevedendo che “alle aree destinate alla realizzazione di interventi di interesse pubblico o generale, non disciplinate da piani e da atti di programmazione, possono essere attribuiti, a compensazione della loro cessione gratuita al comune, aree in permuta o diritti edificatori trasferibili su aree edificabili previste dagli atti di PGT anche non soggette a piano attuativo. In alternativa a tale attribuzione di diritti edificatori, sulla base delle indicazioni del piano dei servizi il proprietario può realizzare direttamente gli interventi di interesse pubblico o generale, mediante accreditamento o stipulazione di convenzione con il comune per la gestione del servizio”.
La Sezione ha da tempo chiarito quale sia la distinzione intercorrente tra gli istituti della “cessione perequativa” e della “cessione compensativa”.
Si è, in particolare, affermato che “la cessione perequativa è prevista dall’art. 11 comma 1 e 2 della L.R. 12/05 ed è alternativa all’espropriazione perché non prevede l’apposizione di un vincolo preespropriativo sulle aree destinate a servizi pubblici ma prevede che tutti i proprietari, sia quelli che possono edificare sulle loro aree sia quelli i cui immobili dovranno realizzare la città pubblica, partecipino alla realizzazione delle infrastrutture pubbliche attraverso l’equa ed uniforme distribuzione di diritti edificatori indipendentemente dalla localizzazione delle aree per attrezzature pubbliche e dei relativi obblighi nei confronti del Comune.
La cessione compensativa invece si caratterizza per l’individuazione da parte del pianificatore di aree, destinate alla costruzione della città pubblica, rispetto ai quali l’amministrazione non può rinunciare a priori al vincolo ed alla facoltà imperativa ed unilaterale di acquisizione coattiva delle aree” (TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 17 settembre 2009, n. 4671).
Da tali indicazioni si evince chiaramente che il primo e fondamentale tratto distintivo tra la cessione perequativa e quella compensativa attiene alla circostanza che solo la seconda presuppone l’imposizione di una destinazione del suolo al soddisfacimento di esigenze di interesse pubblico, che è invece estranea alla prima (TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 2 marzo 2015, n. 596).
11.2 Ciò posto, il Collegio ritiene che, nel caso oggetto del presente giudizio, non sia stata realizzata una commistione tra i due istituti della perequazione (articolo 11, commi 1 e 2 della legge regionale n. 12 del 2005) e della compensazione (articoli 11, comma 3 della stessa legge), poiché la disciplina impressa alle aree dei ricorrenti è integralmente riconducibile al secondo schema, e non invece al primo.
Si tratta, infatti, di aree “non disciplinate da piani e da atti di programmazione”, e che sono “destinate alla realizzazione di interventi di interesse pubblico o generale”, secondo il paradigma del richiamato articolo 11, comma 3, come emerge chiaramente dalle previsioni del Documento di Piano già sopra richiamate. Tuttavia, avvalendosi della facoltà prevista dalla legge regionale, il PGT ha previsto la possibilità per i proprietari, in alternativa all’espropriazione, di cedere volontariamente le aree al Comune, ricevendo in cambio diritti edificatori.
Sussistono, quindi, tutti i tratti propri dell’istituto della compensazione.
Non assume rilievo, in senso contrario, né determina una commistione tra gli istituti, la mera circostanza che la Relazione al Documento di Piano abbia trattato nello stesso paragrafo sia della perequazione, che della compensazione, e abbia indicato la facoltà di compensazione tra le modalità dirette ad attuare la perequazione tra i proprietari (v. doc. 7 dei ricorrenti, p. 216). E infatti, la mera circostanza che il Comune abbia inteso eventualmente avvalersi dello strumento della compensazione anche allo scopo di realizzare “la maggiore indifferenza possibile dei proprietari rispetto alla disciplina urbanistica” (v. ancora doc. 7 dei ricorrenti, p. 216) costituisce una finalità legittima, che di per sé non snatura l’istituto, né infirma le relative previsioni, laddove non emergano specifici vizi attinenti all’effettivo contenuto delle previsioni di piano.
11.3 Venendo, quindi, alla concreta disciplina dettata dal PGT, deve rilevarsi che la circostanza che i diritti edificatori conseguiti in caso di cessione volontaria delle aree debbano essere spesi esclusivamente all’interno di aree soggette a piano attuativo non dà luogo a un’indebita commistione con l’istituto della perequazione, trattandosi di una tra le possibilità consentite al Comune dalla legge regionale.
L’articolo 11, comma 3 della legge n. 12 del 2005 stabilisce, infatti, che i diritti edificatori compensativi debbano essere “trasferibili su aree edificabili previste dagli atti di PGT anche non soggette a piano attuativo”, lasciando così aperta la scelta del Comune in ordine alla determinazione delle c.d. “aree di atterraggio” dei suddetti diritti, le quali possono essere individuate in porzioni del territorio comunale soggette a pianificazione attuativa – come nel caso oggetto del presente giudizio – ovvero essere poste al di fuori di tali ambiti.
11.4 I ricorrenti si dolgono, poi, della circostanza che sia rimessa agli interessati la ricerca di proprietari delle aree di potenziale atterraggio con i quali negoziare la spendita dei loro diritti edificatori, e che siano anche stabiliti dei limiti all’utilizzazione di tali diritti. Quanto a quest’ultimo profilo, il PGT stabilisce, infatti, che “I diritti (crediti) edificatori possono essere usati nei diversi ambiti di trasformazione e nelle aree del Piano delle Regole sino a concorrenza delle specifiche quantità massime per essi previste” (v. Relazione al Documento di Piano – doc. 7 dei ricorrenti, p. 216). E’, inoltre, fissata una quantità massima di diritti utilizzabili con destinazione residenziale nell’intero territorio comunale (v. p. 217 della stessa Relazione).
Secondo gli interessati, tali previsioni renderebbero aleatoria la spendita dei diritti edificatori, e sarebbero perciò illegittime.
Il Collegio, tuttavia, non concorda con questa prospettazione.
Deve, infatti, tenersi presente che – non determinando specificamente le aree di atterraggio, ma consentendo l’utilizzazione dei diritti edificatori su diverse porzioni del territorio comunale – il PGT ha consentito agli interessati un amplissimo ventaglio di possibilità di spendere le volumetrie loro attribuite in caso di cessione delle aree, negoziando tale spendita con i proprietari delle aree di potenziale atterraggio.
A fronte di tali ampie opportunità, è ragionevole che siano stati previsti dei limiti specifici alla possibilità di “accogliere” i diritti eventualmente sviluppati dalla cessione delle aree dei ricorrenti, nonché dei limiti massimi alla destinazione residenziale. E ciò in quanto l’Amministrazione deve pur sempre assicurare la sostenibilità complessiva dell’assetto urbanistico derivante dal piano e la rispondenza della quantità di nuove edificazioni residenziali alle concrete esigenze abitative riscontrate sul territorio, non potendo essa abdicare al governo di tali aspetti, che costituisce il proprium della funzione pianificatoria.
I ricorrenti non hanno censurato la eventuale non rispondenza delle regole di utilizzazione dei diritti compensativi alle suddette finalità, ma solo la previsione in sé di limitazioni alla spendita dei diritti. Tale previsione però – per le ragioni sopra dette – va ritenuta immune dalle doglianze articolate nel ricorso.
11.5 Non è neppure ravvisabile un’illegittimità delle previsioni di piano dovuta alla ritenuta aleatorietà dei diritti compensativi.
11.5.1 Deve tenersi presente, al riguardo, che questi diritti non sono attribuiti in via immediata e diretta dal piano, e non si configurano quindi come un’utilità attuale facente parte del patrimonio dei ricorrenti, ma costituiscono il corrispettivo della eventuale futura cessione volontaria delle aree al Comune. In questa prospettiva, la valutazione circa la convenienza economica dell’accettazione dei diritti edificatori è rimessa ai privati interessati, i quali possono pur sempre preferire che l’acquisizione da parte del Comune sia remunerata mediante l’indennizzo espropriativo (cfr. sul punto, in relazione a una fattispecie simile per alcuni profili, TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 30 settembre 2016, n. 1765).
11.5.2 D’altro canto, lo strumento urbanistico risulta essersi fatto carico della necessità di assicurare che, laddove gli interessati ritengano di avvalersi della cessione compensativa, i diritti edificatori loro attribuiti siano effettivamente spendibili.
L’articolo 3, comma 3d, delle Norme di attuazione del Documento di Piano stabilisce, infatti, che “la cessione volontaria di aree a servizi a fronte dell’attribuzione di diritti (crediti) edificatori è convenuta per atto pubblico nel quale interviene anche il proprietario dei terreni o delle aree su cui, previa approvazione di specifico piano attuativo, potranno essere realizzati i diritti (crediti) medesimi esprimendo al riguardo il proprio consenso. Ove però la cessione medesima avvenga in occasione dell’approvazione del piano attuativo nel quale è disciplinata anche la realizzazione dei relativi diritti (crediti) edificatori, cessione ed attribuzione dei diritti (crediti) saranno oggetto della medesima convenzione volta a regolare l’attuazione del piano. I piani attuativi nei quali è prevista la realizzazione anche di diritti (crediti) edificatori debbono essere presentati anche dai proprietari delle aree cui sono attribuiti i diritti (crediti) medesimi.” (doc. 8 dei ricorrenti, p. 9).
Il PGT quindi dà bensì agli interessati un’ampia facoltà di negoziare con i proprietari delle aree di potenziale destinazione la spendita dei diritti edificatori, ma subordina l’attribuzione di tali diritti, e la correlativa cessione delle aree, alla certezza della possibilità di utilizzare le capacità edificatorie, assicurata dalla partecipazione all’accordo tra il Comune e il soggetto che cede le aree anche del proprietario dell’ambito di atterraggio dei diritti edificatori stessi.
Ove, invece, non sia raggiunto un accordo con alcuno dei proprietari delle aree di potenziale atterraggio, nessun danno potrà derivare ai ricorrenti, i quali per la cessione al Comune avranno comunque diritto a percepire l’indennizzo espropriativo.
Anche sotto questo profilo, le censure articolate nel ricorso non possono, quindi trovare accoglimento.
12. Con le ulteriori censure dedotte, i ricorrenti affermano che l’indice attribuito ai diritti edificatori spendibili nella destinazione residenziale sarebbe esiguo e inidoneo ad assicurare la finalità perequativa, perché non consentirebbe agli interessati di trarre alcuna utilità dalla cessione delle aree al Comune (censura sopra riportata sub b); inoltre, la previsione di un indice maggiore per i soli diritti da utilizzare nella destinazione produttiva non sarebbe sorretta da adeguata motivazione e contrasterebbe con la necessità di parametrare tali diritti al valore del vincolo espropriativo, e non alla scelta sulla destinazione di utilizzazione degli stessi diritti (censura sub c).
12.1 Le doglianze non possono essere accolte.
12.2 Quanto al primo profilo, deve ricordarsi che, in linea di principio, “L’istituto della compensazione, a differenza di quello della perequazione, non ha quale precipua finalità quella di mitigare le disuguaglianze che si producono con la pianificazione urbanistica: esso semplicemente mira ad individuare una forma di remunerazione alternativa a quella pecuniaria per i proprietari dei suoli destinati all’espropriazione, consistente nell’attribuzione di diritti edificatori che potranno essere trasferiti, anche mediante cessione onerosa (cfr. comma 4 dell’art. 11 cit.), ai proprietari delle aree destinate all’edificazione.” (TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 11 giugno 2014, n. 1542).
E’ poi vero che – come sopra ricordato – nel caso oggetto del presente giudizio risulta che il Comune si sia prefisso di “realizzare la maggiore indifferenza possibile dei proprietari rispetto alla disciplina dei rispettivi beni immobili” e che abbia inteso avvalersi a questo scopo non solo della perequazione, ma anche della compensazione (v. doc. 7 dei ricorrenti, p. 216). Tuttavia, il tenore di questa enunciazione non può essere di per sé inteso come un autovincolo in capo all’Amministrazione ad assicurare la totale indifferenza fra tutti proprietari, con riferimento all’intero territorio comunale, ma solo una linea di indirizzo generale, consistente nella volontà di perseguire, ove possibile, la riduzione delle sperequazioni.
In ogni caso, i ricorrenti non hanno dimostrato concretamente, al di là dell’enunciazione generica contenuta nel ricorso, l’assoluta inadeguatezza dei diritti edificatori attribuibili alle loro aree, in caso di cessione, al perseguimento di finalità perequative.
12.3 Sotto altro profilo, non è stato dimostrato neppure – e si viene così all’altro profilo di censura sopra richiamato – che tali diritti siano manifestamente non rispondenti al valore di esproprio delle aree.
Sin dalla proposizione dell’osservazione al piano adottato, gli odierni ricorrenti hanno infatti chiesto di poter beneficiare di una capacità edificatoria di 0,44 metri quadri per metro quadro di superficie ceduta utilizzabile anche per la destinazione residenziale, oltre che per quella produttiva. Come detto, il Comune ha invece confermato, in sede di approvazione del PGT, una capacità edificatoria di 0,11 metri quadri per metro quadro ceduto in caso di utilizzazione residenziale, e di 0,44 metri quadri per metro quadro in caso di utilizzazione produttiva. La determinazione è stata giustificata, in sede di controdeduzione alle osservazioni, evidenziando che “La determinazione dei diritti edificatori da attribuire alle aree da acquisire a patrimonio comunale a fronte dell’utilizzo della compensazione è stata effettuata tenendo conto della diversità degli indici edificatori che tradizionalmente contraddistingue le aree residenziali da quelle produttive; si è inoltre tenuto conto dei diversi valori economici di mercato delle aree in dipendenza della loro vocazione funzionale” (v. doc. 5 dei ricorrenti).
Il Collegio ritiene che la scelta di attribuire, in cambio della cessione delle aree, una diversa quantità di diritti edificatori in base alla destinazione delle volumetrie da realizzare non sia di per sé irragionevole e che le relative ragioni emergano dalla pur succinta motivazione del rigetto delle osservazioni dei ricorrenti. Costituisce, infatti, un dato di comune esperienza che le edificazioni produttive richiedano la realizzazione di volumetrie ben maggiori rispetto a quelle residenziali e che, correlativamente, gli edifici produttivi abbiano un valore per metro quadro inferiore rispetto a quelli residenziali.
Ciò posto, i ricorrenti hanno bensì correttamente affermato che la cessione compensativa comporta – in linea di principio – l’attribuzione di diritti edificatori parametrati in relazione al valore di esproprio delle aree, ma non hanno concretamente dimostrato che gli indici individuati dal Comune siano arbitrari e irragionevoli rispetto a tale parametro. Peraltro, deve anche qui ricordarsi che i diritti edificatori non sono imposti ai proprietari delle aree da cedere, poiché questi ultimi possono pur sempre scegliere di percepire l’indennizzo espropriativo, sulla base di proprie valutazioni di convenienza economica.
13. In definitiva, per tutte le ragioni sin qui esposte, il ricorso deve essere respinto.
14. La complessità delle questioni affrontate sorregge, tuttavia, l’integrale compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 30 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:
Mario Mosconi, Presidente
Antonio De Vita, Consigliere
Floriana Venera Di Mauro, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
Floriana Venera Di Mauro
IL PRESIDENTE
Mario Mosconi
IL SEGRETARIO