APPALTI – PROCESSO AMMINISTRATIVO – Responsabilità precontrattuale del privato – Violazione degli obblighi di buona fede e correttezza – Domanda risarcitoria della P.A. – Giurisdizione del giudice ordinario.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Lombardia
Città: Milano
Data di pubblicazione: 12 Ottobre 2018
Numero: 2267
Data di udienza: 3 Ottobre 2018
Presidente: Di Benedetto
Estensore: Plantamura
Premassima
APPALTI – PROCESSO AMMINISTRATIVO – Responsabilità precontrattuale del privato – Violazione degli obblighi di buona fede e correttezza – Domanda risarcitoria della P.A. – Giurisdizione del giudice ordinario.
Massima
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 3^ – 12 ottobre 2018, n. 2267
APPALTI – PROCESSO AMMINISTRATIVO – Responsabilità precontrattuale del privato – Violazione degli obblighi di buona fede e correttezza – Domanda risarcitoria della P.A. – Giurisdizione del giudice ordinario.
L’attrazione della tutela risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo può verificarsi soltanto qualora il danno patito dal soggetto che agisce nei confronti della pubblica amministrazione sia conseguenza immediata e diretta della dedotta illegittimità del provvedimento che ha impugnato (cfr. Cass. civ. S.U. ordinanze nn. 17586 del 4 settembre 2015, 12799 del 22 maggio 2017, 1654 del 23 gennaio 2018, Cass. civ. sez. I n. 25644 del 27 ottobre 2017 e Cass. sez. Lavoro n. 2327 del 5 febbraio 2016). In relazione a fattispecie vertenti su una domanda risarcitoria avanzata dall’Amministrazione nei confronti di un privato a titolo di responsabilità precontrattuale, imperniata sulla violazione di obblighi di buona fede e correttezza e sull’assenza di un provvedimento da caducare, la Suprema Corte ha affermato l’attrazione nella giurisdizione dell’A.G.O. (cfr. Sez. un., 4 luglio 2017, n. 16419). In senso analogo si è espressa anche la giurisprudenza amministrativa, sul presupposto che la giurisdizione amministrativa esclusiva trova il suo limite e la sua giustificazione nelle situazioni connotate dall’esercizio di un potere pubblicistico nelle quali l’intreccio tra interessi legittimi e diritti soggettivi rende difficile individuare di volta in volta il plesso giurisdizionale competente, sicché ove l’Amministrazione si reclama danneggiata da un comportamento attuato da privati, senza alcuna inerenza ad un potere pubblico deve essere declinata la giurisdizione a favore del giudice ordinario (cfr. T.A.R. Toscana, I Sezione, sentenza 12/05/2011, n.818).
Pres. Di Benedetto, Est. Plantamura – A. s.r.l. (avv.ti Pinto, Renditiso e Persico) c. Comune di Bovisio-Masciago (avv. Gerini)
Allegato
Titolo Completo
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 3^ - 12 ottobre 2018, n. 2267SENTENZA
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 3^ – 12 ottobre 2018, n. 2267
Pubblicato il 12/10/2018
N. 02267/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00669/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 669 del 2012, proposto da
Angelino S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ferdinando Pinto, Giulio Renditiso e Rosa Persico, con domicilio eletto presso la Segreteria del TAR Lombardia in Milano, Via Corridoni, 39;
contro
Comune di Bovisio-Masciago, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesca Gerini, con domicilio eletto presso la Segreteria del TAR Lombardia in Milano, Via Corridoni, 39;
Per il risarcimento
– del danno ex artt. 30, 34 c.p.a e 2043, 2056, 2059, 1337 e 1338 c.c., derivante dalla illegittimità della determinazione n.396, del 9.11.2011, con la quale è stata revocata l’aggiudicazione definitiva alla Ditta Angelino s.r.l. dell’appalto per il trasporto scolastico per l’anno 2011-2012 ed è stata ulteriormente disposta l’irrogazione di penali all’impresa e la comunicazione all’Autorità di Vigilanza;
e, quanto alla domanda riconvenzionale proposta da parte del Comune di Bovisio Masciago:
– per il risarcimento del danno ex artt. 2043, 2056, 2059, 1337 e 1338 c.c. derivante dalla illegittimità del comportamento osservato da Angelino S.r.l., per aver coinvolto colposamente la P.A in trattative inutili.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bovisio-Masciago;
Visto la domanda riconvenzionale proposta dal Comune di Bovisio-Masciago;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 giugno 2018 la dott.ssa Concetta Plantamura e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1) Con determina del 1° giugno 2011 il Comune di Bovisio Masciago ha aggiudicato alla ricorrente il servizio di trasporto scolastico per gli alunni delle scuole dell’infanzia, della scuola primaria e di quella secondaria di primo grado del Comune medesimo, per l’anno scolastico 2011-2012.
2) Con successivo provvedimento, del 30 giugno 2011, l’Amministrazione ha chiesto all’istante di produrre la documentazione necessaria per il perfezionamento e la sottoscrizione del contratto di appalto. Tra la documentazione richiesta, è stata indicata come essenziale quella inerente l’identificazione dell’area destinata a rimessa degli autobus e a sede operativa della società, nonché quella relativa alle polizze assicurative, anche per la verifica del rispetto del prescritto massimale.
In attesa della consegna dei predetti documenti e, quindi, nelle more della stipulazione del contratto, si è resa necessaria l’esecuzione anticipata del servizio, a partire dal 12/9/2011.
3) Sennonché, con provvedimento del 9/11/2011 il Comune ha revocato in autotutela l’aggiudicazione, ritenendo non più accettabile l’offerta di Angelino S.r.l. e ha, quindi, affidato il servizio alla Ditta Toffa & Co. S.n.c., comminando penali a carico della società Angelino.
4) Con ricorso notificato tra il 6 e il 14 marzo 2012 e depositato il successivo 20 marzo 2012, la società Angelino ha proposto azione autonoma di risarcimento del danno, assumendone l’ammissibilità e la fondatezza pur in assenza della previa impugnazione del provvedimento lesivo. Si è, al riguardo, rimarcata l’inutilità dell’azione impugnatoria, a causa della limitata durata dell’appalto che mal si concilierebbe con i tempi della tutela in sede giurisdizionale in forma specifica.
4.1) Quanto alla prova dell’elemento soggettivo, l’esponente si è limitata ad allegare l’illegittimità della revoca, chiedendo, per il resto, di fare applicazione delle regole di comune esperienza e della presunzione semplice di cui all’art. 2727 cod. civ., al fine di porre a carico dell’Amministrazione l’onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile.
4.2) L’illegittimità del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione è stata argomentata, poi, sulla base di una unica censura, come di seguito rubricata:
– violazione di legge, violazione del codice degli appalti, violazione dei principi contrattuali in tema di rapporti con la pubblica amministrazione ed eccesso di potere per sviamento.
Il provvedimento impugnato, spiega l’istante, incide su una fase, quella dell’aggiudicazione definitiva, che può essere posta in dubbio soltanto per fatti che sono direttamente ad essa collegati e connessi agli obblighi assunti in sede di gara. Entrambi i problemi, sollevati da parte resistente e alla cui soluzione è stata subordinata la stipula del contratto, sono da ritenersi pacificamente superati. Ciò nondimeno, prosegue l’istante, l’Amministrazione ha ritenuto di dover revocare l’aggiudicazione definitiva, sul presupposto che si sarebbero verificati una serie di comportamenti che avrebbero minato il rapporto fiduciario tra l’Amministrazione e l’aggiudicataria, arrivando persino ad applicare penali di un contratto mai stipulato.
Si sarebbe, per tale via, costruita una tesi del tutto anomala, secondo la quale il comportamento dell’aggiudicatario risulterebbe lesivo del principio di correttezza precontrattuale, trasfondendo un comportamento che ha natura contrattuale nella fase precontrattuale che riguarda, evidentemente, la fase precedente la stipula. Ne deriverebbe, dunque, la contraddittorietà del provvedimento di revoca, sul quale affonderebbe le sue radici il diritto della ricorrente al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi.
4.3) In relazione ai danni risarcibili, la ricorrente chiede di essere ristorata del danno da mancato guadagno, quantificabile in euro 10.339,548, pari al 10% del valore dell’appalto, nonché del danno emergente, per tutte le spese sostenute, pari a euro 13.506,97, nonché, in via equitativa, del danno derivante da lesione dell’affidamento, nonché, infine, del danno all’immagine patito in ragione dell’avvenuta segnalazione all’Autorità di Vigilanza, con restituzione in ogni caso della cauzione e l’accertamento che nessuna penale è dovuta all’amministrazione.
5) Si è costituito il Comune, controdeducendo e proponendo, altresì, domanda riconvenzionale di risarcimento danni.
5.1) Preliminarmente, il Comune contesta l’ammissibilità della domanda risarcitoria autonoma, non preceduta dall’impugnazione del provvedimento che si assume illegittimamente lesivo, in quanto, da un lato, i tempi di un giudizio caducatorio ben si sarebbero potuti conciliare con le esigenze di continuità del servizio, atteso che la tutela impugnatoria si presenterebbe più semplice e meno aleatoria di quella risarcitoria, richiedendo il solo riscontro del vizio di legittimità, senza postulare la dimostrazione degli altri elementi invece necessari a fini risarcitori; dall’altro, il ricorso non risulterebbe notificato ex art. 42 c.p.a. “agli eventuali beneficiari dell’atto illegittimo, ai sensi dell’articolo 102 del codice di procedura civile”, oltre a non dimostrare la sussistenza dell’elemento soggettivo, del nesso eziologico e del danno risarcibile.
5.2) La stessa informativa avversaria, prosegue ancora la difesa dell’ente, sarebbe priva dei requisiti legislativamente previsti, come si evince da un sommario esame testuale della stessa, e dovrebbe pertanto ritenersi tamquam non esset, con ogni conseguenza in ordine alle spese del giudizio, nonché, agli effetti degli artt. 1227 c.c. e 30 c.p.a.
5.3) Il Comune afferma, quindi, la responsabilità, ex artt. 1337, 1338, 2043 c.c. della Angelino S.r.l., in quanto la stessa avrebbe, dapprima, colposamente coinvolto in trattative inutili la P.A., avendo partecipato ad una gara senza verificare, alla stregua di elementi che dovevano già essere conosciuti o conoscibili, la propria possibilità di impegnarsi contrattualmente; e, successivamente, avrebbe colposamente posto in essere comportamenti determinanti un danno ingiusto per l’amministrazione e gli utenti del servizio di trasporto scolastico. Nella stessa memoria di costituzione, dunque, il Comune avanza domanda di risarcimento del danno, patrimoniale e non, domanda che ripropone poi, il 17.5.2012, sotto forma di riconvenzionale, mediante deposito in atti di ricorso incidentale, notificato il 10.5.2012.
6) In vista dell’udienza pubblica sono state depositate memorie da entrambe le parti con replica da parte ricorrente.
7) All’udienza del 5 giugno 2018, presente l’avvocato F. Gerini per il Comune, la causa è stata trattenuta in decisione, previo avviso da parte del Presidente, ai sensi dell’art. 73 c.p.a., in relazione a possibili profili di inammissibilità della medesima causa, per difetto di giurisdizione del giudice adito.
8) Preliminarmente, il Collegio ritiene di potere soprassedere dall’esame delle questioni preliminari sollevate da parte resistente, stante l’infondatezza nel merito del ricorso.
9) Sempre in via preliminare, si rende necessario, per la soluzione della controversia in esame, qualificare il titolo di responsabilità invocato da parte ricorrente.
9.1) A tale scopo, il Collegio rammenta che la giurisprudenza, sia civile che amministrativa, ha in più occasioni affermato come, anche nello svolgimento dell’attività autoritativa, l’amministrazione sia tenuta a rispettare, non soltanto, le norme di diritto pubblico (la cui violazione implica, di regola, l’invalidità del provvedimento e l’eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell’interesse legittimo), ma, anche le norme generali dell’ordinamento civile, che impongono di agire con lealtà e correttezza; la violazione di queste ultime, quindi, può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto, che incide non sull’interesse legittimo ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illegittime frutto dell’altrui scorrettezza (cfr., fra le altre, Cons. Stato, sez. VI, 6 febbraio 2013, n. 633; id., sez. IV, 6 marzo 2015, n. 1142; id., Ad. plen., 5 settembre 2005, n. 6; Cass. civ., Sez. un., 12 maggio 2008, n. 11656; Cass. civ., sez. I, 12 maggio 2015, n. 9636; Cass. civ., sez. I, 3 luglio 2014, n. 15250).
Recentemente, anche il Consiglio di Stato, in Adunanza Plenaria, ha ribadito che: “Le regole di diritto pubblico hanno ad oggetto il provvedimento (l’esercizio diretto ed immediato del potere) e la loro violazione determina, di regola, l’invalidità del provvedimento adottato. Al contrario, la regole di diritto privato hanno ad oggetto il comportamento (collegato in via indiretta e mediata all’esercizio del potere) complessivamente tenuto dalla stazione appaltante nel corso della gara. La loro violazione non dà vita ad invalidità provvedimentale, ma a responsabilità. Non diversamente da quanto accade nei rapporti tra privati, anche per la P.A. le regole di correttezza e buona fede non sono regole di validità (del provvedimento), ma regole di responsabilità (per il comportamento complessivamente tenuto)” (così, sentenza 4/5/2018, n. 5).
9.2) Ebbene, applicando le suesposte coordinate ermeneutiche al caso di specie, è agevole ricavare come l’esponente alleghi e argomenti, in concreto, una responsabilità dell’intimato Comune da provvedimento illegittimo, la revoca, che, tuttavia, non ha impugnato, provocandone così la inoppugnabilità.
9.3) In siffatte evenienze, reputa il Collegio che, pur non essendovi preclusioni in rito in ordine all’ammissibilità dell’azione risarcitoria per lesione dell’interesse legittimo non accompagnata dall’impugnazione del provvedimento asseritamente causativo dei danni, nondimeno, occorre fare applicazione dell’art. 30, co. 3 c.p.a., a tenore del quale “Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti”.
La disposizione, pur non evocando in modo esplicito il disposto dell’art. 1227, comma 2, cod. civ., afferma che l’omessa attivazione degli strumenti di tutela previsti costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell’esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l’ordinaria diligenza (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., Sent. 23-03-2011, n. 3, per cui “… il codice del processo amministrativo sancisce la regola secondo cui la tenuta, da parte del danneggiato, di una condotta, attiva od omissiva, contraria al principio di buona fede ed al parametro della diligenza, che consenta la produzione di danni che altrimenti sarebbero stati evitati secondo il canone della causalità civile imperniato sulla probabilità relativa (secondo il criterio del "più probabilmente che non" : Cass., sezioni unite,11 gennaio 1008, n. 577; sez. III, 12 marzo 2010, n. 6045), recide, in tutto o in parte, il nesso casuale che, ai sensi dell’art. 1223 c.c., deve legare la condotta antigiuridica alle conseguenze dannose risarcibili. Di qui la rilevanza sostanziale, sul versante prettamente causale, dell’omessa o tardiva impugnazione come fatto che preclude la risarcibilità di danni che sarebbero stati presumibilmente evitati in caso di rituale utilizzazione dello strumento di tutela specifica predisposto dall’ordinamento a protezione delle posizioni di interesse legittimo onde evitare la consolidazione di effetti dannosi”).
9.4) Ebbene, nella specie, rileva il Collegio che l’esponente, che aveva già avviato d’urgenza il servizio sin dal 12 settembre 2011, ricevuta la revoca del 9 novembre 2011, i cui effetti erano differiti al successivo 14 novembre 2011, ben avrebbe potuto, onde evitare danni, promuovere tempestivamente la domanda annullatoria, con annessa tutela cautelare, anche monocratica, allo scopo di impedire – se del caso – l’interruzione del servizio, dalla stessa già in corso di espletamento. Di contro, la scelta di rimanere inerte e di attendere, dopo quasi quattro mesi dal provvedimento asseritamente lesivo, l’attivazione della tutela risarcitoria, non risulta rispettosa delle ordinarie regole di diligenza. Ciò, tanto più in quanto, come si legge nel ricorso, il predetto provvedimento assume un rilievo pregnante nella descrizione degli elementi costitutivi dell’illecito, così come operata da parte esponente, che non si premura neppure di provare l’elemento soggettivo a carico dell’Amministrazione, ritenendolo insito nell’illegittimità dell’atto non impugnato.
Risulta allora evidente, in siffatte evenienze, la mancanza del prescritto nesso eziologico fra la revoca e l’asserito danno. Detto collegamento causale, infatti, è stato irrimediabilmente reciso dal comportamento dell’esponente che, omettendo colposamente l’esperimento dei mezzi di tutela all’uopo previsti e in precedenza richiamati, non ha evitato, come avrebbe potuto, i danni qui lamentati come conseguenti alla predetta revoca.
10) Per le considerazioni sin qui esposte, il ricorso introduttivo va respinto stante l’insussistenza degli elementi costitutivi della domanda risarcitoria, come in epigrafe formulata.
11) Si può così passare all’esame della domanda riconvenzionale del Comune, sulla quale si osserva quanto segue.
11.1) La resistente fa valere la responsabilità precontrattuale del ricorrente poiché “dapprima ha colposamente coinvolto in trattative inutili la P.A., avendo partecipato ad una gara senza verificare, alla stregua di elementi che dovevano già essere conosciuti o conoscibili, la propria possibilità di impegnarsi contrattualmente e successivamente ha colposamente posto in essere comportamenti determinanti un danno ingiusto per l’amministrazione e gli utenti del servizio di trasporto scolastico di cui è causa” (cfr. domanda riconvenzionale, pagine 14-15, in atti).
Ebbene, già in sede di udienza pubblica sono stati rappresentati all’attrice riconvenzionale i possibili profili di inammissibilità della formulata domanda, per estraneità della stessa dalla giurisdizione esclusiva del Giudice adito.
Al riguardo, è noto, essendo stato ripetutamente affermato dalla Corte di Cassazione, a partire dalle ordinanze nn. 6594-6596 del 23 marzo 2011, che l’attrazione della tutela risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo può verificarsi soltanto qualora il danno patito dal soggetto che agisce nei confronti della pubblica amministrazione sia conseguenza immediata e diretta della dedotta illegittimità del provvedimento che ha impugnato (cfr. Cass. civ. S.U. ordinanze nn. 17586 del 4 settembre 2015, 12799 del 22 maggio 2017, 1654 del 23 gennaio 2018, Cass. civ. sez. I n. 25644 del 27 ottobre 2017 e Cass. sez. Lavoro n. 2327 del 5 febbraio 2016).
Con la recente ordinanza delle Sezioni unite civili del 24 settembre 2018, n. 22435, poi, la Suprema Corte ha ribadito che “si è al di fuori della giurisdizione amministrativa se viene in rilievo una fattispecie complessa in cui l’emanazione di un provvedimento favorevole, che venga successivamente annullato in quanto illegittimo, si configura solo come uno dei presupposti dell’azione risarcitoria che si fonda altresì sulla capacità del provvedimento di determinare l’affidamento dell’interessato e la lesione del suo patrimonio che consegue a tale affidamento e alla sopravvenuta caducazione del provvedimento favorevole”.
Di particolare rilievo, in relazione al caso in esame, si presenta l’ulteriore osservazione, svolta nell’ordinanza n.22435, a proposito delle materie attribuite alla giurisdizione esclusiva del G.A., rispetto alle quali si afferma che “permane la linea di discrimine fra azioni risarcitorie dipendenti dall’illegittimità dell’atto e azioni risarcitorie dipendenti dall’affidamento derivato dal comportamento della pubblica amministrazione, rimanendo privo di rilievo che tale comportamento sia più o meno direttamente connesso all’esercizio dell’attività appartenente al settore di competenza esclusiva. Nel secondo caso il soggetto leso denuncia non già la lesione del suo interesse legittimo pretensivo bensì quella della sua integrità patrimoniale derivata dall’affidamento incolpevole sulla legittimità dell’attribuzione favorevole poi caducata. Viene quindi in rilievo in questa ipotesi non solo la situazione lesa, che peraltro è riferibile a un diritto soggettivo e non a un interesse legittimo, ma anche la natura stessa del comportamento lesivo che non consiste tanto ed esclusivamente nella illegittimità dell’agire della p.a. ma piuttosto nella violazione del principio generale del neminem laedere”.
Anche in precedenza, in relazione a fattispecie vertenti, come quella in esame, su una domanda risarcitoria avanzata dall’Amministrazione nei confronti di un privato a titolo di responsabilità precontrattuale, imperniata sulla violazione di obblighi di buona fede e correttezza e sull’assenza di un provvedimento da caducare, la Suprema Corte ne aveva affermato l’attrazione nella giurisdizione dell’A.G.O. (cfr. Sez. un., 4 luglio 2017, n. 16419).
In senso analogo, del resto, si è espressa anche la giurisprudenza amministrativa, sul presupposto che la giurisdizione amministrativa esclusiva, come chiarito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 204/2004, trova “il suo limite e la sua giustificazione nelle situazioni connotate dall’esercizio di un potere pubblicistico nelle quali l’intreccio tra interessi legittimi e diritti soggettivi rende difficile individuare di volta in volta il plesso giurisdizionale competente”, sicché ove l’Amministrazione “si reclama danneggiata da un comportamento attuato da privati, senza alcuna inerenza ad un potere pubblico” deve essere declinata la giurisdizione a favore del giudice ordinario (cfr. T.A.R. Toscana, I Sezione, sentenza 12/05/2011, n.818).
11.2) Da quanto sin qui esposto si ricava che, la domanda risarcitoria proposta in via riconvenzionale dall’Amministrazione, facendo valere la responsabilità precontrattuale del privato per i danni da essa sofferti in conseguenza del coinvolgimento in trattative rivelatesi inutili, si colloca al di fuori della giurisdizione del giudice adito, rientrando in quella dell’A.G.O.
12) Conclusivamente, quindi, il ricorso introduttivo va respinto mentre la domanda riconvenzionale va dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione del G.A. adito, rientrando la stessa nella giurisdizione dell’A.G.O., dinanzi al quale potrà essere riproposta, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11 c.p.a.
13) La reciproca soccombenza giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso e sulla domanda riconvenzionale, come in epigrafe proposti, respinge il primo e dichiara inammissibile la seconda, nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nelle camere di consiglio dei giorni 5 giugno 2018, 3 ottobre 2018, con l’intervento dei magistrati:
Ugo Di Benedetto, Presidente
Stefano Celeste Cozzi, Consigliere
Concetta Plantamura, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
Concetta Plantamura
IL PRESIDENTE
Ugo Di Benedetto
IL SEGRETARIO