* RIFIUTI – Abbandono – Disciplina organica in materia di rifiuti – Introduzione, in Italia con il d.P.R. n. 915/1982 –Rifiuti abbandonati nel lasso di tempo compreso tra il 1950 e il 1970 – Condotta non vietata – Inconfigurabilità – Ordinanza di recupero e smaltimento – Legittimità.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Marche
Città: Ancona
Data di pubblicazione: 21 Novembre 2012
Numero: 739
Data di udienza: 8 Novembre 2012
Presidente: Morri
Estensore: Morri
Premassima
* RIFIUTI – Abbandono – Disciplina organica in materia di rifiuti – Introduzione, in Italia con il d.P.R. n. 915/1982 –Rifiuti abbandonati nel lasso di tempo compreso tra il 1950 e il 1970 – Condotta non vietata – Inconfigurabilità – Ordinanza di recupero e smaltimento – Legittimità.
Massima
TAR MARCHE, Sez. 1^ – 21 novembre 2012, n. 739
RIFIUTI – Abbandono – Disciplina organica in materia di rifiuti – Introduzione, in Italia con il d.P.R. n. 915/1982 –Rifiuti abbandonati nel lasso di tempo compreso tra il 1950 e il 1970 – Condotta non vietata – Inconfigurabilità – Ordinanza di recupero e smaltimento – Legittimità.
Una disciplina organica sui rifiuti è stata introdotta, in Italia, solo con il DPR 10.9.1982 n. 915: ciò non significa, tuttavia, che, anteriormente a tale data, fosse consentito il libero e incontrollato abbandono di rifiuti su suolo altrui, essendo tale condotta sanzionata dall’art. 674 c.p. e dalla Legge 20.3.1941 n. 366 (art. 17). I principi espressi da tali disposizioni, inoltre, non di rado, hanno poi trovato attuazione e specificazione anche attraverso le discipline locali, come i Regolamenti comunali di Igiene e di Polizia urbana. L’ordinanza di recupero e smaltimento, riferita a rifiuti abbandonati in un’epoca compresa tra il 19520 e il 1970, pertanto, non va intesa come atto sanzionatorio riconducibile in toto all’attuale ordinamento (al cui riguardo occorrerebbe anche interrogarsi sulla natura istantanea o permanente dell’illecito costituito dall’abbandono di rifiuti) ma, in primis, come ordine, rivolto alla ricorrente e disposto dall’autorità amministrativa (quantomeno connaturato all’esistenza di un divieto che era, ed è, tenuta a far rispettare ai propri cittadini e utenti), di riprendersi il materiale abbandonato, senza titolo e su terreno altrui (nella specie, demaniale) e, conseguentemente, di provvedere al relativo smaltimento secondo le norme al momento vigenti.
Pres. f.f. ed Est. Morri – F. s.p.a. (avv.ti Tanzarella e Galvani) c. Comune di Ancona (avv. Fraticelli), Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Avv. Stato) e altri (n.c.)
Allegato
Titolo Completo
TAR MARCHE, Sez. 1^ - 21 novembre 2012, n. 739SENTENZA
TAR MARCHE, Sez. 1^ – 21 novembre 2012, n. 739
N. 00739/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00178/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 178 del 2012, proposto da:
Fincantieri – Cantieri Navali Italiani Spa, rappresentata e difesa dagli avv. Giancarlo Tanzarella, Andrea Galvani, con domicilio eletto presso Avv. Andrea Galvani in Ancona, corso Mazzini, 156;
contro
Comune di Ancona, rappresentato e difeso dall’avv. Gianni Fraticelli, con domicilio eletto presso Avv. Gianni Fraticelli in Ancona, piazza XXIV Maggio – Ufficio Legale;
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distr. dello Stato, domiciliata in Ancona, piazza Cavour, 29;
Corpo Forestale dello Stato,
Corpo Forestale dello Stato – Comando Stazione Forestale Ancona,
Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) – Marche,
Agenzia del Demanio,
Agenzia del Demanio – Filiale Marche;
per l’annullamento
– dell’ordinanza sindacale 12.1.2012 n. 4 con cui, in applicazione dell’art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006, viene disposta, a carico della Soc. Fincantieri Cantieri navali Spa, la rimozione e l’avvio a recupero o allo smaltimento, dei rifiuti (consistenti in materiali da demolizioni e scarti di fonderia) depositati sul suolo a ridosso della battigia, su un’area nella zona del litorale retrostante lo stabilimento Fincantieri, distinta al catasto terreni Fg. 2 particella n. 21 di proprietà del Demanio dello Stato.:
– degli atti connessi del procedimento;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Ancona e di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 novembre 2012 il dott. Gianluca Morri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Viene impugnata l’ordinanza sindacale 12.1.2012 n. 4 con cui, in applicazione dell’art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006, viene disposta, a carico della Soc. Fincantieri Cantieri navali Spa, la rimozione e l’avvio a recupero o allo smaltimento, dei rifiuti (consistenti in materiali da demolizioni e scarti di fonderia) depositati sul suolo a ridosso della battigia, su un’area nella zona del litorale retrostante lo stabilimento Fincantieri, distinta al catasto terreni Fg. 2 particella n. 21 di proprietà del Demanio dello Stato.
A giudizio dell’Amministrazione, tale deposito è riconducibile alle attività svolte, in epoche diverse, nello stabilimento del cantiere da parte dell’allora insediata Soc. Cantieri Navali Riuniti Spa, successivamente fusasi (nell’anno 1983) nella Soc. Finanziaria Cantieri Navali Fincantieri Spa ed ora Soc. Fincantieri Cantieri navali Spa.
Si è costituito in giudizio il Comune di Ancona per contestare, nel merito, le deduzioni di parte ricorrente chiedendone il rigetto.
Si è altresì costituito il Ministero per le Politiche agricole con riferimento all’intervenuta impugnazione degli atti istruttori eseguiti dal Corpo Forestale dello Stato (da cui scaturiva l’ordinanza sindacale oggetto dell’impugnazione principale). In relazione a tali atti vengono contestate le deduzioni di parte ricorrente chiedendone il rigetto.
2. Con il primo motivo di gravame viene dedotta violazione degli artt. 192 del D.Lgs. n. 152/2006 e 10 della Legge n. 241/1990, nonché eccesso di potere per violazione dei principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa. In particolare viene dedotta violazione delle garanzie partecipative, poiché gli accertamenti istruttori non sono stati effettuati in contraddittorio con la ricorrente, ed inoltre non le è stato garantito il diritto di accesso e neppure la possibilità di presentare memorie e scritti difensivi.
La censura non pare condivisibile.
In punto di fatto occorre rammentare che:
– in data 30.8.2011 il Comune di Ancona comunicava formalmente l’avvio del procedimento di cui all’art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006;
– seguiva l’incontro del 12.9.2011 (cui partecipavano la ricorrente, il Comune e la Provincia di Ancona), per illustrare la problematica e la documentazione istruttoria disponibile, con particolare riferimento agli atti formati dal Corpo Forestale dello Stato titolare delle indagini. L’incontro si chiudeva con la riserva, da parte di Fincantieri Spa, a presentare una nota per richiesta di ulteriori chiarimenti e approfondimenti;
– tale nota veniva presentata in data 20.10.2011, con cui si lamentava l’insufficienza della documentazione messa a disposizione, chiedendo chiarimenti e ulteriori documenti;
– seguiva la risposta del Comune in data 17.11.2011, da intendersi anche quale formale chiusura della fase in contraddittorio di cui all’art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006.
A giudizio del Collegio non emergono elementi per rilevare la denunciata violazione delle garanzie partecipative.
Con memoria depositata in data 5.10.2012, in vista dell’udienza di merito, la stessa ricorrente afferma che i fatti, accertati nel corso dell’istruttoria procedimentale, sono pacifici in quanto non contestati dalle parti, e ciò con particolare riferimento alle seguenti circostanze:
– i materiali oggetto dell’ordine di rimozione provengono dallo stabilimento di Ancona, quali residui di produzione della fonderia interna e materiali provenienti dalla demolizione di vecchie strutture interne allo stesso cantiere;
– il deposito veniva effettuato in un’epoca compresa tra gli anni 1950 e 1970, quando nello stabilimento era insediata la Società Cantieri Navali Riuniti Spa;
– Fincantieri Spa acquisiva lo stabilimento soltanto nell’anno 1984, ossia dopo il compimento dei fatti da cui è scaturita l’ordinanza impugnata.
Va poi osservato che la Società ricorrente era a conoscenza delle indagini fin dal loro inizio, ossia dalla data del sopralluogo effettuato il giorno 16.10.2009 dagli Agenti della Forestale con l’ausilio di un tecnico Arpam. In tale occasione rinvenivano i materiali in questione e interpellavano prontamente il personale della stessa ricorrente (presente al sopralluogo), che escluse la responsabilità dell’azienda affermando che trattavasi di materiale presente nell’area da moltissimo tempo (cfr. Nota interna agli uffici di Fincantieri Spa – doc. 4 Fasc. ricorrente).
Non si intravedono quindi ragioni che possano giustificare i maggiori approfondimenti o l’acquisizione degli ulteriori documenti di cui alla nota del 20.10.2011, a fronte di una fase istruttoria durata oltre due anni (di cui la ricorrente era comunque informata) e una formale fase partecipativa durata oltre 4 mesi.
3. Con il secondo motivo viene dedotta violazione dell’art. 3 della Legge n. 241/1990 nonché eccesso di potere per difetto di motivazione. Nella sostanza la ricorrente lamenta l’omessa indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato l’ordine, ad essa rivolto, di provvedere alla rimozione e all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti in questione.
La censura va disattesa.
Il provvedimento impugnato è motivato, riguardo ai fatti di causa (peraltro non contestati), “per relationem” agli atti di indagine eseguiti dal Corpo Forestale dello Stato espressamente citati nello stesso; atti precedentemente illustrati e consegnati alla ricorrente nel corso della riunione svoltasi il giorno 12.9.2011 (con particolare riferimento alle comunicazioni CFS 6.4.2011 prot. 557 e 15.12.2009 n. 2280).
Quanto ai profili di diritto, va osservato che tale provvedimento richiama espressamente l’art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006 e il principio di responsabilità nella successione di persone giuridiche.
Tali elementi motivazionali non hanno quindi impedito, alla ricorrente, di comprendere le ragioni fattuali e giuridiche che hanno provocato l’azione amministrativa qui contestata, come dimostrano le ampie e diffuse censure di merito dedotte con il successivo motivo di ricorso.
4. Da ultimo viene dedotta violazione dell’art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006, dell’art. 29 del D.Lgs. n. 231/2001, dell’art. 1 della Legge n. 689/1981, nonché eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà. In particolare la ricorrente pone in evidenza un duplice profilo di ritenuta illegittimità:
– al momento in cui i materiali vennero abbandonati a ridosso della battigia, nessuna norma lo vietava. Di conseguenza la ricorrente non può rispondere per fatti commessi dall’ente incorporato (Società Cantieri Navali Riuniti Spa) che, al momento, non erano vietati, poiché la disciplina generale dei rifiuti entrava in vigore solo con il DPR n. 915/1982, ossia in epoca successiva ai fatti contestati;
– in ogni caso le norme sulla responsabilità dell’ente subentrante risalgono all’art. 14 del D.Lgs. n. 22/1997 (ora art. 192 comma 4 del D.Lgs. n. 152/2006), per cui non possono essere applicate a fatti antecedenti.
Anche tale articolata censura non può trovare condivisione.
4.1 Relativamente al primo profilo è vero che, in Italia, una disciplina organica sui rifiuti è stata introdotta solo con il DPR 10.9.1982 n. 915, in attuazione delle direttive comunitarie in materia.
Questo, tuttavia, non consente di affermare che, prima di tale data, ciascuno fosse libero di smaltire i propri rifiuti come riteneva più opportuno e conveniente, compreso il libero e incontrollato abbandono sul suolo altrui.
Al riguardo è sufficiente ricordare le seguenti norme nazionali:
– l’art. 674 del Codice penale che sanzionava (e continua a sanzionare) chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o privato ma di comune o di altrui uso, cose atte ad offendere o imbrattare o molestare persone ovvero provoca emissioni di gas di vapori o di fumo atti a cagionare tali effetti;
– la Legge 20.3.1941 n. 366 disciplinante la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (tra cui le immondizie e, in genere, gli ordinari rifiuti dei fabbricati a qualunque uso adibiti), che vietava il gettito dei rifiuti ed il temporaneo deposito di essi nelle pubbliche vie e piazze, nei pubblici mercati coperti e scoperti, e nei terreni pubblici e privati, prescrivendo, nel contempo, che le aree scoperte entro i fabbricati, od interposte ad essi, come pure le strade praticabili d’ogni genere ed i tratti di spiagge prospicienti gli abitati, o adibiti a pubblico passeggio, o annessi a stabilimenti balneari, dovevano essere tenuti sgombri da ogni rifiuto a cura dei rispettivi proprietari, amministratori e conduttori (art. 17).
Tali principi hanno poi trovato attuazione e specificazione anche attraverso le discipline locali, come i Regolamenti comunali di Igiene e di Polizia urbana depositati dal Comune che, per quanto non contengano disposizioni particolareggiate come la disciplina vigente, lasciano comunque estrapolare l’esistenza di un generalizzato divieto di abbandono dei rifiuti su suolo pubblico e privato, compreso l’abbandono dei residui industriali espressamente contemplati dall’art. 165 del Regolamento di Igiene.
L’ordinanza qui gravata, pertanto, non va intesa come atto sanzionatorio riconducibile in toto all’attuale ordinamento (al cui riguardo occorrerebbe anche interrogarsi sulla natura istantanea o permanente dell’illecito costituito dall’abbandono di rifiuti) ma, in primis, come ordine, rivolto alla ricorrente e disposto dall’autorità amministrativa (quantomeno connaturato all’esistenza di un divieto che era, ed è, tenuta a far rispettare ai propri cittadini e utenti), di riprendersi il materiale abbandonato, senza titolo e su terreno altrui (demaniale), dalla propria dante causa e, conseguentemente, di provvedere al relativo smaltimento secondo le norme al momento vigenti.
4.2 Così qualificata la natura del provvedimento impugnato, va disatteso anche l’ultimo profilo di doglianza, poiché la responsabilità della ricorrente, per fatto commesso dall’incorporata Soc. Cantieri Navali Riuniti Spa, va ricondotta ai principi generali di cui agli artt. 2504 (nel testo antecedente alle riforme del diritto societario in attuazione delle direttive comunitarie) e 2504-bis del Codice Civile in materia di subentro, della società incorporante o di quella che risulta dalla fusione, nei diritti ed obblighi delle società estinte.
5. Il ricorso va quindi respinto.
6. La complessità della vicenda costituisce, tuttavia, giustificata ed eccezionale ragione per disporre la compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
La presente sentenza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Gianluca Morri, Presidente FF, Estensore
Tommaso Capitanio, Consigliere
Giovanni Ruiu, Primo Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)