Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto demaniale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 388 | Data di udienza: 11 Aprile 2018

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – DIRITTO DEMANIALE – Ordinanza di demolizione di opera edilizia abusiva – Opere realizzate senza titolo su area demaniale – Destinatario – Proprietario attuale – Soggetto avente la disponibilità dell’opera abusiva – Occupazione sine titulo di un bene demaniale – Pretesa indennitaria – Prescrizione decennale.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Marche
Città: Ancona
Data di pubblicazione: 21 Maggio 2018
Numero: 388
Data di udienza: 11 Aprile 2018
Presidente: Morri
Estensore: De Mattia


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – DIRITTO DEMANIALE – Ordinanza di demolizione di opera edilizia abusiva – Opere realizzate senza titolo su area demaniale – Destinatario – Proprietario attuale – Soggetto avente la disponibilità dell’opera abusiva – Occupazione sine titulo di un bene demaniale – Pretesa indennitaria – Prescrizione decennale.



Massima

 

TAR MARCHE, Sez. 1^ – 21 maggio 2018, n. 388


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – DIRITTO DEMANIALE – Ordinanza di demolizione di opera edilizia abusiva – Opere realizzate senza titolo su area demaniale – Destinatario – Proprietario attuale – Soggetto avente la disponibilità dell’opera abusiva.

 Fermo restando, in linea generale, l’obbligo di emanare le ordinanze di demolizione di opera edilizia abusiva nei confronti del proprietario attuale, indipendentemente dall’essere o non responsabile delle opere abusive, detto ordine deve comunque essere rivolto anche nei confronti di chi utilizzi o abbia la disponibilità dell’opera abusiva quale soggetto in grado di porre fine alla situazione antigiuridica, indipendentemente dal coinvolgimento o meno nella realizzazione dell’abuso, in considerazione del carattere ripristinatorio della disposta demolizione; ciò vale anche nelle ipotesi di opere realizzate senza titolo abilitativo su area demaniale, dovendo i provvedimenti repressivi, adottati dall’Amministrazione pubblica, essere rivolti nei confronti di chi abbia in concreto una relazione giuridica o anche materiale con il bene” (TAR Puglia, Lecce, I, 28 luglio 2017, n. 1304; negli stessi termini, TAR Campania, Napoli, VIII, 24 maggio 2016 n. 2638; TAR Calabria, Reggio Calabria, I, 4 febbraio 2016, n. 127; TAR Umbria, Perugia, I, 29 gennaio 2014, n. 66; TAR Trentino-Alto Adige, Trento, I, 17 aprile 2013, n. 119).
 

DIRITTO DEMANIALE – Occupazione sine titulo di un bene demaniale – Pretesa indennitaria – Prescrizione decennale.

La pretesa indennitaria dovuta all’occupazione sine titulo di un bene demaniale è soggetta alla prescrizione decennale e non a quella quinquennale, non trattandosi del pagamento di canoni relativi a una concessione, da effettuarsi periodicamente ad anno, bensì del pagamento di una somma, in un’unica soluzione, a titolo di reintegrazione per la subita diminuzione patrimoniale (Cass. Civ., Sez. Unite, 18 novembre 1992, n. 12313; Tribunale civile di Bari, I, 29 settembre 2015, n. 4084).

Pres. f.f. Morri, Est. De Mattia – Società immobiliare A. (avv. Gusella) c. Comune di Ancona (avv. Sgrignuoli)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR MARCHE, Sez. 1^ - 21 maggio 2018, n. 388

SENTENZA

 

TAR MARCHE, Sez. 1^ – 21 maggio 2018, n. 388

Pubblicato il 21/05/2018

N. 00388/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00809/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 809 del 2015, proposto da:
Società Immobiliare Alberghiera Turistica – S.I.A.T. – s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Gabriele Gusella, con domicilio eletto presso il suo studio in Ancona, viale della Vittoria, 2;

contro

Comune di Ancona, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Massimo Demetrio Sgrignuoli, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale del Comune in Ancona, piazza XXIV Maggio, 1;
Agenzia del Demanio – Direzione Regionale delle Marche, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

– dell’ordinanza dirigenziale n. 6/2015, prot. 127521 del 19 ottobre 2015, adottata dal Comune di Ancona;

– di ogni altro atto presupposto, conseguente e comunque connesso e, segnatamente:

– la comunicazione del 24/2/2015, prot. n. 16282 con cui la Direzione dello Sportello Unico ha segnalato alla Direzione Patrimonio del medesimo Comune l’occupazione di un’area demaniale marittima censita al C.T. Foglio 150, part. 1, antistante le particelle 59, 61 e 220 di proprietà della ricorrente con i manufatti abusivi sopra descritti;

– il rilievo strumentale del 12/5/2015 con cui il predetto Comune ha riscontrato la presenza in area demaniale marittima della piattaforma e della recinzione sul lato ovest della proprietà della S.I.A.T. s.r.l.;

– la comunicazione della Direzione Patrimonio di avvio del procedimento prot. n. 58084 del 15/5/2015 circa la volontà di provvedere ai sensi degli artt. 54, 84, 1161 c.nav., art. 8 d.l. 400/1993;

– l’ordinanza della Direzione dello Sportello Unico n. 14 del 2015 emessa in data 11/6/2016, prot. n. 71447;

– l’intimazione di pagamento per l’importo di € 21.713,78 emessa dalla Direzione Patrimonio del Comune di Ancona in data 3/11/2015, prot. n. 135407 ed allegati;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Ancona;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 aprile 2018 la dott.ssa Simona De Mattia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

I. L’odierna controversia trova origine dall’ordinanza dirigenziale n. 6/2015 del 19 ottobre 2015, con cui la Direzione Patrimonio del Comune di Ancona, sul presupposto che le opere appresso menzionate siano state realizzate su area demaniale marittima, ha intimato alla S.I.A.T. s.r.l., proprietaria dell’immobile denominato “Fortino Napoleonico”, di demolire la piattaforma di cemento di mt 50 x 3,00 x 0,50, posta in adiacenza del confine est della sua proprietà, nonché la recinzione lunga mq 48,90, di larghezza media pari a mt 0,90 e di larghezza massima pari a mt 1,40, posta sul lato ovest, con l’avvertimento che, in caso di mancato adempimento nel termine di 90 giorni, avrebbe provveduto l’Amministrazione a spese dell’intimata, ex art. 54 del codice della navigazione. Con lo stesso atto, l’ente ha altresì comunicato che si sarebbe proceduto al recupero della somma di € 21.712,17 a titolo di indennità per l’occupazione abusiva di beni del demanio marittimo.

Di qui il presente ricorso, con cui la ricorrente impugna gli atti indicati in epigrafe lamentandone l’illegittimità per i seguenti motivi:

1. quanto alla parte del provvedimento impugnato contenente l’ordine di demolire la piattaforma, esso sarebbe affetto da eccesso di potere sotto ogni profilo ed emesso in violazione di legge con riferimento all’art. 54 del codice della navigazione. Tale disposizione contemplerebbe una ipotesi di illecito a carattere istantaneo, per il quale dovrebbe rispondere solamente chi realizza l’opera senza autorizzazione e non colui che acquista la disponibilità del bene successivamente. Il Comune, invece, non avrebbe provato l’identità dell’esecutore della piattaforma e, non potendo individuare con esattezza la data di realizzazione, avrebbe attribuito la responsabilità dell’illecito alla ricorrente sull’unico presupposto dell’asserita contiguità tra il bene e la proprietà. Né sarebbe dimostrato l’utilizzo esclusivo ed escludente della piattaforma da parte della società intimata (detto utilizzo esclusivo, anzi, sarebbe smentito dalla fruizione collettiva della stessa da parte del pubblico e dei bagnanti);

2. violazione di legge con riferimento all’art. 32 del codice della navigazione ed eccesso di potere sotto ogni profilo, nella parte in cui il provvedimento intima la demolizione della recinzione sul lato ovest della proprietà. La Direzione Patrimonio del Comune di Ancona avrebbe errato sia nel ritenere demaniale l’area su cui è edificato tale manufatto, sia nell’omettere di valutare le risultanze fornite da S.I.A.T. s.r.l. e dirette a confutare tale circostanza. Dai tipi di frazionamento relativi all’area prodotti durante il procedimento, infatti, emergerebbe che la recinzione rientra all’interno della proprietà della ricorrente (il muro di recinzione, peraltro, sarebbe stato ritenuto insistente su area privata dalla stessa Amministrazione comunale, che, nel dicembre del 2001, ha concesso la sanatoria del cordolo di recinzione). Illegittimo sarebbe anche il rifiuto opposto dall’Amministrazione rispetto alla richiesta dell’interessata del 26 ottobre 2015 volta a instaurare il procedimento di delimitazione dei confini ex art. 32 del codice della navigazione, che, invece, sarebbe stato opportuno nel caso di specie, soprattutto avuto riguardo all’obiettiva incertezza nell’individuazione della linea del demanio marittimo;

3. illegittimità dell’atto impugnato anche nella parte in cui contiene la determinazione della sanzione pecuniaria di € 21.713,78 a titolo di indennità per occupazione abusiva di area demaniale, sia per illegittimità derivata, sia per violazione di legge con riferimento agli artt. 54 e 32 del codice della navigazione, all’art. 8 del DL n. 400 del 1993 e agli artt. 2947 e 2498, n. 5, c.c., oltre che per eccesso di potere sotto ogni profilo. In particolare, la sanzione sarebbe illegittima nell’an, in quanto fondata sugli errati presupposti che hanno originato l’ordine di demolizione impugnato, ma anche nel quantum; in particolare, sotto tale ultimo aspetto, l’Amministrazione avrebbe calcolato l’importo nel triplo del canone anziché nel doppio, contravvenendo a quanto disposto dall’art. 8 del DL n. 400 del 1993, e, inoltre, avrebbe posto a base del calcolo un periodo di dieci anni anteriore, ignorando che la legge stabilisce una prescrizione estintiva quinquennale per il risarcimento del danno (art. 2947 c.c.) e per le somme che debbono pagarsi periodicamente ad un anno (art. 2948 c.c.).

Si è costituito in giudizio il Comune di Ancona formulando le seguenti difese:

– in rito, eccepisce l’inammissibilità del ricorso per intervenuta acquiescenza derivante dalla mancata impugnativa dell’ordinanza di demolizione n. 14 del 2015, emessa in riferimento a contestate violazioni edilizie per i medesimi manufatti oggetto del presente gravame, in relazione ai quali la ricorrente ha presentato, peraltro, istanza di sanatoria;

– nel merito, eccepisce l’infondatezza del primo motivo di ricorso, per avere la ricorrente fatto confusione tra riduzione in pristino ex art. 54 del codice della navigazione e responsabilità penale per il delitto di realizzazione abusiva, senza considerare che pure sotto il profilo penale risponde anche chi protrae l’occupazione da altri iniziata. La documentazione fotografica, inoltre, permetterebbe di attribuire a S.I.A.T. sia l’esecuzione che l’esclusivo utilizzo del manufatto;

– con riguardo al secondo motivo di ricorso, ribadisce la demanialità dell’area sulla quale è edificata la recinzione lato ovest. Anche in questo caso le fotografie smentirebbero le argomentazioni della controparte;

– sul quantum dell’ingiunzione, rileva che la contestazione della somma costituirebbe un’implicita ammissione circa l’an debeatur.

Con ordinanza n. 39 del 2016 il Tribunale ha accolto l’istanza cautelare, fissando, per la trattazione del merito, l’udienza pubblica del 7 ottobre 2016.

Con ordinanze n. 609 del 2016 e n. 99 del 2018 il Tribunale ha, quindi, disposto istruttoria, al fine di acquisire elementi circa l’effettivo posizionamento dei manufatti in questione rispetto all’area demaniale marittima che si assume occupata e di acquisire copia della concessione edilizia in sanatoria n. 159 del 2001 (richiamata in ricorso), differendo la trattazione, da ultimo, alla pubblica udienza dell’11 aprile 2018.

Le istanze istruttorie sono state eseguite dal Comune di Ancona.

Alla pubblica udienza dell’11 aprile 2018 la causa, sulle conclusioni delle parti, è stata posta in decisione.


DIRITTO

II. Tanto premesso in fatto, in diritto si osserva quanto segue.

II.1. Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa del Comune, dal momento che l’ordinanza di demolizione n. 14 del 2015 è stata impugnata innanzi a questo Tribunale con ricorso separato, iscritto al R.G. n. 616 del 2015, anch’esso trattenuto per la decisione alla pubblica udienza dell’11 aprile 2018.

II.2. Nel merito, il ricorso va accolto in parte, nei termini che si vanno ad esporre.

Va innanzitutto premesso che, come precisato dalla stessa ricorrente a pagina 10 del ricorso e come si evince dall’articolazione dei relativi motivi, l’ordinanza n. 6 del 2015 è stata impugnata, nella parte in cui ha ad oggetto l’intimazione della demolizione della piattaforma, per i vizi di cui al primo motivo di ricorso e, nella parte in cui ha ad oggetto l’intimazione della demolizione della recinzione, per i vizi di cui al secondo motivo di ricorso.

II.3. Ciò posto, quanto all’ordine di demolizione della piattaforma, si osserva che la ricorrente non contesta in alcun punto del primo motivo l’assunto comunale secondo cui l’opera è stata realizzata su area demaniale, né la ritenuta abusività di essa. Pertanto, in assenza di specifiche contestazioni al riguardo e prescindendo dai profili strettamente edilizi che saranno esaminati nell’ambito del giudizio n. 616 del 2015 – avente appunto ad oggetto l’ordinanza di demolizione per violazioni edilizie n. 14 del 2015 – la circostanza dell’avvenuto sconfinamento della piattaforma in area demaniale va data, in questa sede, per accertata.

Ciò che la ricorrente contesta nel motivo in esame, invece, è unicamente il fatto che il Comune avrebbe errato nell’imputarle la responsabilità della realizzazione della piattaforma senza un previo accertamento sull’autore materiale di essa; di qui l’illegittimità, in parte qua, dell’ordinanza qui gravata, stante la natura istantanea dell’illecito di cui all’art. 54 del codice della navigazione e stante il fatto che detti manufatti sarebbero stati realizzati da un soggetto diverso.

La censura è priva di pregio.

Sul punto è sufficiente richiamare il principio giurisprudenziale pressoché costante e pacifico, secondo cui “fermo restando, in linea generale, l’obbligo di emanare le ordinanze di demolizione di opera edilizia abusiva nei confronti del proprietario attuale, indipendentemente dall’essere o non responsabile delle opere abusive, detto ordine deve comunque essere rivolto anche nei confronti di chi utilizzi o abbia la disponibilità dell’opera abusiva quale soggetto in grado di porre fine alla situazione antigiuridica, indipendentemente dal coinvolgimento o meno nella realizzazione dell’abuso, in considerazione del carattere ripristinatorio della disposta demolizione; ciò vale anche nelle ipotesi di opere realizzate senza titolo abilitativo su area demaniale, dovendo i provvedimenti repressivi, adottati dall’Amministrazione pubblica, essere rivolti nei confronti di chi abbia in concreto una relazione giuridica o anche materiale con il bene” (TAR Puglia, Lecce, I, 28 luglio 2017, n. 1304; negli stessi termini, TAR Campania, Napoli, VIII, 24 maggio 2016 n. 2638; TAR Calabria, Reggio Calabria, I, 4 febbraio 2016, n. 127; TAR Umbria, Perugia, I, 29 gennaio 2014, n. 66; TAR Trentino-Alto Adige, Trento, I, 17 aprile 2013, n. 119).

Sulla base dei suesposti principi, l’Amministrazione ha correttamente emanato l’ordine di demolizione nei confronti del proprietario attuale dei beni in questione, non rilevando che questi lo sia diventato dopo la realizzazione degli stessi.

II.4. Con riferimento, invece, all’impugnazione dell’ordinanza n. 6 del 2015 nella parte in cui ha ad oggetto l’ordine di demolizione della recinzione, il Collegio reputa che il ricorso sia da accogliere per le stesse ragioni già evidenziate dal Tribunale nella sentenza n. 353 del 7 maggio 2018, pronunciata sul ricorso n. 351 del 2016 (anch’esso trattenuto per la decisione all’esito della pubblica udienza dell’11 aprile 2018) e pubblicata nelle more della redazione del presente provvedimento.

Come infatti emerso a seguito dell’istruttoria disposta dal Tribunale con ordinanza n. 99 del 2018, la dedotta contraddittorietà dell’operato del Comune, nella parte in cui non ha tenuto conto del fatto che con concessione edilizia in sanatoria n. 159 del 2001 S.I.A.T. era stata autorizzata ad eseguire opere di ripristino del muretto sul quale è appoggiata la recinzione metallica, è stata confermata dall’esame della documentazione versata in atti dall’ente in esecuzione del predetto incombente istruttorio; ed invero, la concessione ha per oggetto, testualmente, la “…sanatoria del cordolo di fondazione realizzato…”, dal che si ricava che nel 2001 il Comune ha espressamente autorizzato la realizzazione del cordolo su cui poggia la recinzione metallica oggetto del presente giudizio e, in tale senso, ha anche implicitamente verificato che l’opera non ricadesse su area demaniale.

Viene dunque a cadere il presupposto principale sul quale si fonda, in parte qua, l’ordinanza n. 6 del 2015, ossia il fatto che la recinzione insiste su area demaniale. “In effetti, la stessa amministrazione, intesa ovviamente nel suo complesso, non può venire contra factum proprium e considerare abusiva un’opera regolarmente assentita, sia pure per sanatoria, dallo stesso ente (e non importa se si tratta di uffici diversi). La via maestra che il Comune avrebbe dovuto eventualmente percorrere era quella di annullare preventivamente in autotutela la c.e. n. 159/2001, ma a ciò ostava presumibilmente il decorso del tempo dalla data di rilascio del titolo (elemento che, alla luce dell’attuale formulazione dell’art. 21-nonies della L. n. 241/1990, risulta attualmente vieppiù insuperabile)” (cfr. sentenza n. 353 del 2018, citata).

II.5. Passando, infine, all’esame dell’ultimo motivo, si osserva che sussiste il presupposto per l’applicazione della sanzione pecuniaria (an debeatur) solo in relazione all’occupazione abusiva di area demaniale ad opera della piattaforma (circostanza che, si ribadisce, non è stata fatta oggetto di specifica contestazione, come sopra già argomentato). Invece, l’implicito accertamento, svolto dal Comune in occasione del rilascio della concessione edilizia in sanatoria n. 159 del 2001, che la recinzione non ricade su area demaniale e la conseguente illegittimità, in parte qua, dell’ordinanza n. 6 del 2015, determina l’insussistenza del presupposto per l’irrogazione della sanzione pecuniaria rispetto all’avvenuta realizzazione di detta recinzione.

II.6. Sulla base delle superiori premesse in ordine all’an debeatur, sicuramente l’Amministrazione dovrà procedere a rideterminare il quantum della sanzione dovuta, il che esime il Collegio dall’esame delle censure sollevate, in via subordinata, al punto 3.3. del ricorso.

Giova, solamente precisare, in termini generali, che gli indennizzi dovuti per le utilizzazioni senza titolo di beni e pertinenze del demanio marittimo e di zone del mare territoriale, ovvero per le utilizzazioni difformi dal titolo concessorio, sono determinati dall’art. 8 del DL n. 400 del 1993 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 494 del 1993) in misura pari ai canoni di concessione, con una maggiorazione del duecento per cento, per il caso di utilizzazioni sine titulo, e del cento per cento, per il caso di utilizzazioni difformi; l’applicazione di detta norma è automatica e disposta per legge con finalità sanzionatorie, sicché è esclusa qualsiasi valutazione discrezionale del giudice fondata sulla maggiore o minore gravità della singola fattispecie (Cass. Civ., III, 5 luglio 2017, n. 16491).

Inoltre, in giurisprudenza è stato sostenuto che la pretesa indennitaria dovuta all’occupazione sine titulo di un bene demaniale è soggetta alla prescrizione decennale e non a quella quinquennale, non trattandosi del pagamento di canoni relativi a una concessione, da effettuarsi periodicamente ad anno, bensì del pagamento di una somma, in un’unica soluzione, a titolo di reintegrazione per la subita diminuzione patrimoniale (Cass. Civ., Sez. Unite, 18 novembre 1992, n. 12313; Tribunale civile di Bari, I, 29 settembre 2015, n. 4084).

II.7. In conclusione, il ricorso va accolto in parte, con conseguente annullamento degli atti impugnati limitatamente all’ordine di demolizione della recinzione e alla determinazione della somma a titolo di sanzione ex art. 8 del DL n. 400 del 1993, la quale andrà quindi rideterminata, tenendo anche conto di quanto esposto nella presente pronuncia.

III. La parziale reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi e nei limiti precisati in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 11 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:

Gianluca Morri, Presidente FF
Tommaso Capitanio, Consigliere
Simona De Mattia, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Simona De Mattia
        
IL PRESIDENTE
Gianluca Morri
        
        
IL SEGRETARIO
 

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