* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abusi – Difformità – Immobili non residenziali – Commisurazione della sanzione – Art. 34, c. 2 d.P.R. n. 380/2001 – Riferimento alla superficie complessiva dell’edificio dove gli abusi sono stati realizzati.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Molise
Città: Campobasso
Data di pubblicazione: 2 Maggio 2018
Numero: 252
Data di udienza: 7 Marzo 2018
Presidente: Silvestri
Estensore: De Falco
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abusi – Difformità – Immobili non residenziali – Commisurazione della sanzione – Art. 34, c. 2 d.P.R. n. 380/2001 – Riferimento alla superficie complessiva dell’edificio dove gli abusi sono stati realizzati.
Massima
TAR MOLISE, Sez. 1^ – 2 maggio 2018, n. 252
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abusi – Difformità – Immobili non residenziali – Commisurazione della sanzione – Art. 34, c. 2 d.P.R. n. 380/2001 – Riferimento alla superficie complessiva dell’edificio dove gli abusi sono stati realizzati.
L’art 34, c. 2 del d.P.R. 380/2001 distingue l’ipotesi di immobili destinati ad uso abitativo, per i quali vale il criterio del calcolo riferito alla parte abusiva dell’immobile, e immobili non residenziali, per il quali tale criterio non è ribadito con una scelta che non può non implicare una maggiore severità nel trattamento sanzionatorio. Più in dettaglio, in quest’ultimo caso, la determinazione della sanzione pecuniaria deve avvenire avendo riguardo non soltanto alle parti ritenute abusive, ma alla superficie complessiva dell’edificio dove gli abusi sono stati realizzati. L’elemento su cui si applica la sanzione ed a cui fa riferimento il legislatore non è, quindi, limitato al solo segmento spaziale modificato, atteso che la norma non si riferisce alla modificazione planivolumetrica, ma si riferisce ai diversi concetti di opere o interventi, con palese riferimento alle tipologie edilizie previste nello stesso testo unico all’art. 3. È, pertanto, corretto riferire la nozione di parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso ad un ambito diverso, ossia all’intero manufatto, separatamente individuabile all’interno dell’intervento dove gli abusi insistono, e che da questi ultimi è inciso e modificato, e non al solo incremento dimensionale determinatosi (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 18 settembre 2013, n. 2178 confermata da Cons. Stato, sez. VI, 4 luglio 2016, n. 2964).
Pres. Silvestri, Est. De Falco – L. s.r.l. (avv.ti Di Pardo e Venditti) c. Comune di Campodipietra (avv. Liberatore)
Allegato
Titolo Completo
TAR MOLISE, Sez. 1^ - 2 maggio 2018, n. 252SENTENZA
TAR MOLISE, Sez. 1^ – 2 maggio 2018, n. 252
Pubblicato il 02/05/2018
N. 00252/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00427/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 427 del 2017, proposto da
LGB Invest S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Salvatore Di Pardo e Carmen Venditti, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Campobasso, Traversa via Crispi, n.70/a;
contro
Comune di Campodipietra, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Lucia Liberatore, con domicilio eletto presso il suo studio in Campobasso, via Roma, n. 48;
per l’annullamento
del provvedimento registro ordinanze n. 24/2017 adottato dal Comune di Campodipietra – Area Tecnica in data 16/08/2017 avente ad oggetto : "Piano Urbanistico Preventivo Borgo Nuovo – edificio 1 Variante a sanatoria al Permesso di Costruire n. 03 del 02/02/2010 sanzione pecuniaria per la realizzazione di opere abusive alla C.da Cannafischia "ed allegata alla relazione tecnica del 20/07/2017 entrambi a firma del Responsabile U.T.C. Geometra Salvatore Giorgio;
nonchè di tutti gli atti presupposti consequenziali o comunque connessi, inclusa la comunicazione prot. n. 3237 del 24/07/2017 del Comune di Campodipietra di richiesta di osservazione e chiarimenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Campodipietra;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 marzo 2018 il dott. Domenico De Falco e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La società LGB Invest s.r.l. (di seguito LGB) espone di essere proprietaria di un terreno sito nel Comune di Campodipietra alla C/da Cannafischia, identificato catastalmente al foglio 11, particelle 69 e 70, dell’estensione complessiva di mq 8.950, ricadente nella zona omogenea C del Piano di fabbricazione.
La società in data 28.10.2009, presentava allo Sportello unico per l’edilizia del Comune di Campodipietra la richiesta di rilascio del permesso di costruire per la realizzazione del fabbricato identificato come “edificio 1a” del su citato Piano Urbanistico Preventivo “Borgo Nuovo”; il Consiglio comunale con delibera del 29 settembre 2009 approvava il progetto urbanistico preventivo cosicchè veniva stipulata apposita convenzione urbanistica a cui seguiva il rilascio alla LGB del Permesso di costruire per la realizzazione dell’edificio.
Avendo realizzato alcune opere in difformità, la LGB presentava richiesta di variante in corso d’opera del Permesso poi trasformata in richiesta di sanatoria di opere difformi già realizzate, ma il Comune di Campodipietra, prosegue l’esponente società, comunicava l’impossibilità di concludere il procedimento per il rilascio del Permesso in sanatoria a causa della mancata corrispondenza della documentazione tecnica prodotta rispetto allo stato dei luoghi verificato in sede di sopralluogo e intimava pertanto la sospensione dei lavori.
La società impugnava il provvedimento di sospensione che veniva sospeso in via cautelare da questo Tribunale in considerazione della pendenza del procedimento di sanatoria.
Con nota del 14 gennaio 2013 (prot. 181) relativa al procedimento di sanatoria, l’Amministrazione comunale riscontrava la sussistenza di due difformità che rendevano la sanatoria non concedibile (violazione delle norme sull’altezza e sulla distanza).
Con ordinanza n. 03 del 16.03.2013, il Comune convenuto, emetteva il provvedimento conclusivo del procedimento di sanatoria avviato dalla LGB Invest srl così disponendo:
1. rigettava la richiesta di sanatoria ex art. 36 TU Edil. in relazione alle seguenti difformità: altezza massima del fabbricato e distanza dai confini di proprietà;
2. ingiungeva per i due richiamati profili di difformità, vista l’impossibilità dell’abbattimento in ragione del pregiudizio arrecabile alla parte del fabbricato realizzato in conformità al rilasciato titolo edilizio, la sanzione pecuniaria di € 174.290,20 determinata ai sensi e per gli effetti dell’art. 34, comma 2, del DPR 380/2001;
3. infine, in relazione alle opere ritenute sanabili ai sensi dell’art. 36 del TU Edil., ingiungeva la sanzione pecuniaria di € 1.277,40.
L’importo complessivo ingiunto all’attuale ricorrente era quindi pari ad € 175.567,60.
Questo Tribunale accoglieva il ricorso frattanto proposto con sentenza n. 264/2015, individuando i criteri per la riedizione del potere sanzionatorio e la nuova quantificazione della sanzione ex art. 34, stabilendo che l’aumento di altezza che non si traduceva in maggiore carico urbanistico non era sanzionabile in assenza di previsioni punitive specifiche, mentre la sanzione per i garage andava rideterminata tenendo conto del criterio dettato dallo stesso art. 34 del d.P.R. n. 380/2001 per le aree non destinate a residenza.
In sede di riedizione del potere il Comune di Campodipetra, preso atto delle pronunce di questo Tribunale, ha adottato l’ordinanza 16 agosto 2017, n. 24 con la quale ha ingiunto alla LGB ai sensi dell’art. 34 del d.P.R. n. 380/2001 il pagamento della sanzione pecuniaria relativa alla realizzazione dei garage in violazione delle distanze minime, fissata in euro 97.904,30.
La LGB ha impugnato anche tale statuizione con ricorso notificato in data 2 novembre 2017 e depositato il successivo 6 novembre, chiedendone l’annullamento previa sospensione cautelare sulla base dell’unico articolato motivo così sintetizzato.
I) Violazione e falsa applicazione degli artt. 34 e 36 del d.p.r. 380/2001; violazione e falsa applicazione della legge n. 241/1990; eccesso di potere; travisamento di fatti; errore nei presupposti; difetto di motivazione; ingiustizia manifesta; difetto di istruttoria; illogicità.
L’art. 34 predetto prevede l’irrogazione della sanzione pecuniaria qualora venga realizzata un’opera in parziale difformità rispetto al Permesso di costruire e la parte irregolare non possa essere demolita in considerazione del pregiudizio che ne deriverebbe in relazione alla parte conforme del fabbricato, di modo che l’importo della sanzione, secondo la ricorrente, andrebbe commisurato alla sola parte dell’opera realizzata in difformità e non anche alla restante parte, come invece fatto dall’Amministrazione.
Ne conseguirebbe che la sanzione effettivamente dovuta andrebbe individuata in euro 3.360,42. Dovrebbe altresì rilevarsi l’erroneità dell’istruttoria in quanto l’accertamento dei luoghi sarebbe stato espletato nell’ambito di un procedimento che ha condotto l’adozione di provvedimenti annullati da questo Tribunale.
Peraltro nella perizia di parte sarebbe stato chiarito univocamente che i locali garage realizzati dalla LGB Invest srl sono perfettamente rispondenti alle prescrizioni del Permesso di costruire originario e a quelle del Permesso in sanatoria rilasciati dal Comune di Campodipietra, sicchè sussisterebbe la doppia conformità.
Con atto depositato in data 21 novembre 2017 si è costituito in giudizio il Comune di Campodipietra che, con successiva memoria difensiva, ha preliminarmente rilevato l’inammissibilità del ricorso nella parte in cui contesta l’effettiva sussistenza degli abusi relativi alla superficie a destinazione garage, atteso che con la sentenza non definitiva di questo Tribunale n. 86/2014 era stata accertata l’effettiva sussistenza delle difformità sia con riguardo alla violazione dell’altezza massima (in relazione alla parte destinata ad abitazione), sia per la violazione della distanza minima dal confine, con riguardo alla parte dei garage.
In sostanza, l’Amministrazione intimata si sarebbe limitata a ricalcolare la sanzione rispetto a quanto già accertato, quantificandola mediante l’utilizzo del metodo indicato dal TAR nella sentenza n. 264/2015, con la conseguenza che ogni altra questione relativa alla accertata abusività dei garage per essere a distanza non regolamentare, allo stato di fatto del manufatto e alla superficie da calcolare ai fini della quantificazione, resterebbe preclusa.
Nel merito l’Amministrazione ritiene che non sarebbe stato essenziale alcun ulteriore sopralluogo, atteso che la circostanza che i manufatti siano stati successivamente interrati non avrebbe rilievo.
Sulla quantificazione della sanzione l’Amministrazione comunale rileva che la violazione della distanza rilevata debba essere calcolata con riguardo all’intera superficie del garage che andrebbe, quindi, considerato unitariamente.
In prossimità della discussione le parti hanno insistito nelle rispettive deduzioni e conclusioni e all’udienza pubblica del 7 marzo 2018, la causa è stata introitata per la decisione.
Occorre preliminarmente individuare il thema decidendum del presente giudizio che si incentra sulla quantificazione della sanzione irrogata alla società ricorrente per la violazione della distanza minima, dovendosi ribadire che tale violazione risulta già accertata con la sentenza non definitiva n. 87/2014 di questo Tribunale e non può essere rimessa in discussione in questa sede, come anche rilevato nella sentenza n. 264/2015 di questo stesso Tribunale.
Ne consegue che lo scrutinio di legittimità oggi devoluto al Tribunale concerne i criteri di commisurazione della sanzione pecuniaria ex art. 34 applicata nella fattispecie, in quanto, da un lato, l’Amministrazione intimata con il provvedimento gravato ha ritenuto di tenere conto dell’intera superficie dei garage realizzati, ivi inclusa la parte che non eccede la distanza minima; d’altra parte, la società ricorrente insiste che l’art. 34 del d.P.R. n. 380/2001 andrebbe interpretato nel senso che la sanzione deve essere riferita alla sola parte/segmento del manufatto che viola la distanza minima.
Giova riportare il contenuto dell’art. 34, co. 2, del d.p.r. n. 380/2001: <<Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale>>.
Sulla portata di tale disposizione è intervenuta la giurisprudenza amministrativa, rilevando che la disposizione appena citata distingue gli abusi realizzati in relazione ad immobili ad uso abitativo da quelli su immobili destinati ad uso diverso da quello residenziale. In particolare il Supremo consesso della Giustizia amministrativa ha affermato che: <<in caso di abusi su immobili non aventi destinazione residenziale… la determinazione della sanzione pecuniaria deve avvenire avendo riguardo non soltanto alle parti ritenute abusive, ma alla superficie complessiva dell’edificio dove gli abusi sono stati realizzati. Si tratta, come di recente chiarito dal Consiglio di Stato (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, Sent. 30-07-2012, n. 4304), di un’applicazione della disciplina contenuta nel testo unico dell’edilizia che appare connotata da criteri di razionalità e, soprattutto, appare aderente alla ratio sanzionatoria espressa dalla normativa primaria e regionale. Infatti, l’art. 34, comma secondo, cit. prevede che, qualora gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire non possano venire demoliti "senza pregiudizio della parte eseguita in conformità", allora l’ente competente "applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla L. 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale". L’elemento su cui si applica la sanzione ed a cui fa riferimento il legislatore non è, quindi, limitato al solo segmento spaziale modificato, atteso che la norma non si riferisce alla modificazione planivolumetrica, ma si riferisce ai diversi concetti di opere o interventi, con palese riferimento alle tipologie edilizie previste nello stesso testo unico all’art. 3. È, pertanto, “corretto riferire la nozione di parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso ad un ambito diverso, ossia all’intero manufatto, separatamente individuabile all’interno dell’intervento dove gli abusi insistono, e che da questi ultimi è inciso e modificato, e non al solo incremento dimensionale determinatosi” (così Cons. Stato sent. cit.). Su tali premesse, si ricava in primo luogo l’infondatezza del primo motivo, atteso che l’amministrazione non avrebbe potuto scomputare dalla superficie del capannone interessata dalla parziale difformità la parte oggetto della domanda di sanatoria, essendo stata quest’ultima, come vedremo esaminando il motivo seguente, denegata col medesimo atto qui contestato. L’elemento su cui si applica la sanzione ed a cui fa riferimento il legislatore non è, quindi, limitato al solo segmento spaziale modificato, atteso che la norma non si riferisce alla modificazione planivolumetrica, ma si riferisce ai diversi concetti di opere o interventi, con palese riferimento alle tipologie edilizie previste nello stesso testo unico all’art. 3. È, pertanto, corretto riferire la nozione di parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso ad un ambito diverso, ossia all’intero manufatto, separatamente individuabile all’interno dell’intervento dove gli abusi insistono, e che da questi ultimi è inciso e modificato, e non al solo incremento dimensionale determinatosi>> (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 18 settembre 2013, n. 2178 confermata da Cons. Stato, sez. VI, 4 luglio 2016, n. 2964).
Il Collegio condivide l’impostazione della giurisprudenza appena riportata, dovendosi inoltre rilevare che l’art 34 del d.P.R. 380/2001 distingue chiaramente l’ipotesi di immobili destinati ad uso abitativo, per i quali vale il criterio del calcolo riferito alla parte abusiva dell’immobile, e quelli ad uso diverso da quello abitativo, per il quali effettivamente tale criterio non è ribadito con una scelta che non può non implicare una maggiore (legittima) severità del legislatore nel trattamento sanzionatorio relativo agli abusivismi relativi ad immobili non residenziali.
Né può censurarsi la mancata effettuazione di un nuovo sopralluogo, atteso che non può rilevare la circostanza che successivamente al sopralluogo che ha determinato l’avvio del procedimento da cui è scaturita l’irrogazione della sanzione urbanistica, la ricorrente abbia poi provveduto all’interramento parziale dei garage, dovendosi avere riguardo alla situazione cristallizzata al momento del sopralluogo quando è stato rilevato che i locali destinati a rimesse auto erano in parte scoperti; altrimenti, dando cioè rilevanza all’interramento successivo, si offrirebbe un comodo espediente per eliminare l’illecito urbanistico senza eliminare l’abuso, potendo poi successivamente procedersi facilmente ad un nuovo sbancamento.
In definitiva deve ritenersi che l’operato dell’Amministrazione intimata sia immune dai vizi censurati con la conseguenza che il ricorso deve essere respinto.
In considerazione della novità di alcune delle questioni di fatto della fattispecie le spese del presente giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 7 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Luca Monteferrante, Consigliere
Domenico De Falco, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
Domenico De Falco
IL PRESIDENTE
Silvio Ignazio Silvestri
IL SEGRETARIO