Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto dell'energia, VIA VAS AIA Numero: 621 | Data di udienza: 16 Maggio 2018

VIA, VAS E AIA – DIRITTO DELL’ENERGIA – Procedimento di autorizzazione alla realizzazione di un impianto di produzione di energia eolica – VIA – Provvedimento conclusivo – Inconfigurabilità – Preavviso di rigetto (art. 10-bis l. n. 241/1990) – Non è dovuto – Impatti pregiudizievoli per le matrici ambientali – Adozione di un approccio maggiormente conservativo rispetto a quanto suggerito dall’ARPA in sede istruttoria (mera adozione di misure di mitigazione) –  Principio di precauzione – Indirizzo politico amministrativo generale – Sottrazione al sindacato giurisdizionale – Giudizio di VIA – Profili di discrezionalità amministrativa – VIA Regionale – Rilievo politico – Competenza della Giunta in luogo di quella dirigenziale – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Conferenza di servizi – Amministrazione preposta alla tutela paesaggistica – Presenza fisica alla conferenza – Non è richiesta – Parere riversato agli atti – Concentrazione in via cartolare – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Conferenza di servizi – Manifestazione di dissenso espressa in forma irrituale da parte di un’autorità preposta alla tutela di un interesse sensibile – Rilievo – Ministero per i beni e le attività culturali – Funzione di tutela del paesaggio – Bilanciamento e comparazione con altri interessi – Vanno esclusi – Proiezione spaziale più ampia di quella rinveniente dalla perimetrazione del vincolo – Aree contermini – Art. 152 d.lgs. n. 42/2004 – Progetto per un impianto per la produzione di energia eolica – Profili di radicale incompatibilità – Amministrazione – Individuazione delle soluzioni progettuali e allocative per rendere il progetto assentibile – Non è tenuta.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Molise
Città: Campobasso
Data di pubblicazione: 24 Ottobre 2018
Numero: 621
Data di udienza: 16 Maggio 2018
Presidente: Ciliberti
Estensore: Monteferrante


Premassima

VIA, VAS E AIA – DIRITTO DELL’ENERGIA – Procedimento di autorizzazione alla realizzazione di un impianto di produzione di energia eolica – VIA – Provvedimento conclusivo – Inconfigurabilità – Preavviso di rigetto (art. 10-bis l. n. 241/1990) – Non è dovuto – Impatti pregiudizievoli per le matrici ambientali – Adozione di un approccio maggiormente conservativo rispetto a quanto suggerito dall’ARPA in sede istruttoria (mera adozione di misure di mitigazione) –  Principio di precauzione – Indirizzo politico amministrativo generale – Sottrazione al sindacato giurisdizionale – Giudizio di VIA – Profili di discrezionalità amministrativa – VIA Regionale – Rilievo politico – Competenza della Giunta in luogo di quella dirigenziale – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Conferenza di servizi – Amministrazione preposta alla tutela paesaggistica – Presenza fisica alla conferenza – Non è richiesta – Parere riversato agli atti – Concentrazione in via cartolare – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Conferenza di servizi – Manifestazione di dissenso espressa in forma irrituale da parte di un’autorità preposta alla tutela di un interesse sensibile – Rilievo – Ministero per i beni e le attività culturali – Funzione di tutela del paesaggio – Bilanciamento e comparazione con altri interessi – Vanno esclusi – Proiezione spaziale più ampia di quella rinveniente dalla perimetrazione del vincolo – Aree contermini – Art. 152 d.lgs. n. 42/2004 – Progetto per un impianto per la produzione di energia eolica – Profili di radicale incompatibilità – Amministrazione – Individuazione delle soluzioni progettuali e allocative per rendere il progetto assentibile – Non è tenuta.



Massima

 

TAR MOLISE, Sez. 1^ – 24 ottobre 2018, n. 621


VIA, VAS E AIA – DIRITTO DELL’ENERGIA – Procedimento di autorizzazione alla realizzazione di un impianto di produzione di energia eolica – VIA – Provvedimento conclusivo – Inconfigurabilità – Preavviso di rigetto (art. 10-bis l. n. 241/1990) – Non è dovuto.

La Valutazione di Impatto Ambientale non é il provvedimento conclusivo del procedimento di autorizzazione alla realizzazione dell’impianto di produzione di energia eolica, rispetto al quale si configura l’obbligo del preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10-bis della legge n° 241/1990 (TAR Sicilia, sez. II, 4 giugno 2012, n. 1177). La garanzia procedimentale offerta dall’art. 10-bis l. n. 241/1990 deve essere infatti riferita al solo preavviso in ordine alle ragioni su cui si fonderebbe un provvedimento di rigetto dell’istanza che ha dato avvio al procedimento, ma non può essere “moltiplicata” in ordine ad ogni singolo subprocedimento innestato in un più ampio e complesso procedimento (Cons. Stato, IV, 11 gennaio 2018, n. 132)
 

VIA, VAS E AIA – Impatti pregiudizievoli per le matrici ambientali – Adozione di un approccio maggiormente conservativo rispetto a quanto suggerito dall’ARPA in sede istruttoria (mera adozione di misure di mitigazione) –  Principio di precauzione – Indirizzo politico amministrativo generale – Sottrazione al sindacato giurisdizionale.

Nell’ambito del procedimento di VIA, il principio generale di precauzione che governa il settore della tutela paesaggistica e ambientale legittima la Giunta all’adozione di un approccio maggiormente conservativo – rispetto alla mera adozione di misure di mitigazione (che, nella specie, era stata proposta dall’ARPA, in sede di V.INC.A e in sede di relazione istruttoria) –  in presenza di oggettive circostanze di fatto che evidenziano in modo incontroverso aspetti spiccatamente problematici. L’intensità, maggiore o minore, del grado di protezione, in presenza di circostanze che evidenziano impatti pregiudizievoli per le matrici ambientali, è questione che impinge nel merito della decisione amministrativa e, come tale, si sottrae al sindacato giurisdizionale; ciò anche in ragione del carattere ampiamente discrezionale delle decisioni della Giunta in materia di VIA le cui ponderazioni comparative di interessi non avvengono solo su di un piano strettamente tecnico ma involgono valutazioni afferenti all’indirizzo politico amministrativo generale della Regione.
 


VIA, VAS E AIA – Giudizio di VIA – Profili di discrezionalità amministrativa.

Nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, l’amministrazione esercita una amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti; la natura schiettamente discrezionale della decisione finale risente dunque dei suoi presupposti sia sul versante tecnico che amministrativo (cfr. Cons. Stato, V, 22 marzo 2012, n. 1640).
 


VIA, VAS E AIA – VIA Regionale – Rilievo politico – Competenza della Giunta in luogo di quella dirigenziale.

Nella VIA regionale, a verifiche di natura tecnica circa la compatibilità ambientale del progetto, che rientrano nell’attività di gestione in senso stretto e che vengono realizzate nell’ambito della fase istruttoria, possono affiancarsi e intrecciarsi complesse valutazioni che – nel bilanciare fra loro una pluralità di interessi pubblici quali la tutela dell’ambiente, il governo del territorio e lo sviluppo economico – assumono indubbiamente un particolare rilievo politico che giustificano la competenza della Giunta in luogo di quella dirigenziale (cfr. Corte Cost. n. 81/2013)
 

DIRITTO DELL’ENERGIA – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Conferenza di servizi – Amministrazione preposta alla tutela paesaggistica – Presenza fisica alla conferenza – Non è richiesta – Parere riversato agli atti – Concentrazione in via cartolare.

Il rappresentante dell’amministrazione preposta alla tutela paesaggistica o ambientale può anche non essere fisicamente presente alla Conferenza di servizi indetta per il rilascio dell’autorizzazione ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003, a condizione però che il relativo parere sia riversato agli atti della stessa e in tale sede esaminato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 18 dicembre 2015, nr. 5749; Cons. Stato, IV, 21 agosto 2015, n. 3971; idem 13 aprile 2016, n. 1454; idem. 9 luglio 2018, n. 4191; Cons. Stato, sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5921; TAR Umbria, Perugia, 16 gennaio 2013, n. 16; T.A.R. L’Aquila, sez. I, 06 febbraio 2017, n. 55). In tal modo risulta realizzata, sebbene in via cartolare, la concentrazione nell’unica sede ed in un unico momento, della manifestazione degli interessi di cui è portatore ciascuno dei soggetti partecipanti, i quali nella sede della conferenza manifestano e discutono le reciproche posizioni maturate sulla base delle istruttorie svolte da ciascuna Amministrazione e che, nel caso della VIA, presentano un grado di notevole complessità che impone la predisposizione del relativo documento al di fuori della sede conferenziale.
 

 

VIA, VAS E AIA – DIRITTO DELL’ENERGIA – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Conferenza di servizi – Manifestazione di dissenso espressa in forma irrituale da parte di un’autorità preposta alla tutela di un interesse sensibile – Rilievo.

 La conferenza di servizi è il luogo, fisico e giuridico, dove devono confluire, per le evidenziate finalità di concentrazione perseguite dal legislatore nella materia, tutte le manifestazioni di volontà delle autorità coinvolte nel procedimento funzionale all’adozione, ai sensi dell’art. 12 del d.lg. n. 387 del 2003, dell’autorizzazione unica; ciò nondimeno, non può considerarsi “tamquam non esset” una manifestazione di dissenso espressa in forma irrituale (e cioè fuori dalla sede conferenziale) da parte di un’autorità preposta alla tutela di un interesse sensibile (come è quello al paesaggio). Pertanto, se per un verso il principio di leale collaborazione impone indubbiamente alle parti pubbliche di cooperare in vista del perseguimento dell’interesse di cui ciascuna risulti attributaria e di rispettare anzitutto le forme previste dalla legge per la manifestazione della volontà di ciascun soggetto coinvolto nel procedimento (dovendosi quindi ritenere irrituale il dissenso espresso fuori dalla conferenza di servizi), per altro verso, ove l’Ente preposto alla tutela di un interesse sensibile esprima comunque il proprio (irrituale) dissenso nell’ambito del procedimento funzionale all’adozione dell’autorizzazione unica, la Regione non può omettere di dare rilievo a tale dissenso espresso rilasciando (illegittimamente) l’autorizzazione unica (Cons. Stato, Sez. VI, 10 marzo 2014, n. 1144).
 


BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Ministero per i beni e le attività culturali – Funzione di tutela del paesaggio – Bilanciamento e comparazione con altri interessi – Vanno esclusi.

Il Ministero per i beni e le attività culturali, nell’esercitare la sua funzione di tutela del paesaggio (nel caso di specie, attraverso la manifestazione del parere obbligatorio nell’ambito del procedimento di compatibilità ambientale), non può attenuare la tutela del bene alla cui cura è predisposto per effetto del bilanciamento o della comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, in quanto il parere da esso reso in ordine alla compatibilità paesaggistica non è espressione di discrezionalità amministrativa, ma di discrezionalità tecnica, e deve perciò limitarsi alla valutazione tecnico-professionale di compatibilità dell’intervento sul territorio con il tutelato interesse pubblico paesaggistico, riservando l’attività di bilanciamento alle Amministrazioni cui tale funzione compete; infatti, diversamente dalla discrezionalità amministrativa, la discrezionalità tecnica si concentra su un solo interesse e non può dare luogo ad alcuna forma di comparazione e valutazione di interessi eterogenei, risultando in caso contrario l’atto viziato per eccesso di potere. (Cons. Stato, sez. VI, 23 luglio 2015 n. 3652).
 

BENI CULTURALI E AMBIENTALI   – Proiezione spaziale più ampia di quella rinveniente dalla perimetrazione del vincolo – Aree contermini – Art. 152 d.lgs. n. 42/2004.

 Il paesaggio, quale bene potenzialmente pregiudicato dalla realizzazione di opere di rilevante impatto ambientale, si manifesta in una proiezione spaziale più ampia di quella riveniente dalla sua semplice perimetrazione fisica consentita dalle indicazioni contenute nel decreto di vincolo (cd. effetto di irradiamento del regime vincolistico che assiste i beni paesaggistici, nel caso specifico di opere di rilevante impatto visivo). In materia di impianti eolici, peraltro, la considerazione generale sopra indicata è anche concretamente richiamata dai contenuti delle Linee-guida nazionali (approvate con d.m. 10 settembre 2010, parte III, punto 14.9, lettera c), secondo cui il Soprintendente, chiamato a partecipare al procedimento funzionale all’adozione dell’autorizzazione unica, ha facoltà di esercitare i poteri previsti dall’art. 152 del Codice dei beni culturali e del paesaggio anche quando l’intervento ricada “in aree contermini” a quelle espressamente vincolate ex lege ai sensi dell’art. 142 del d.lgs 142/2004 (cfr. TAR Puglia, 1204/2015 cit. che richiama TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 30 luglio 2014, n. 1238 in termini Consiglio di Stato, Sez. VI, 26 marzo 2013 n. 1674; con sepcifico riferimento alla tutela delle aree boschive, cfr. Cons. Stato, VI, 4 febbraio 2014, n. 1144).
 


DIRITTO DELL’ENERGIA – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Progetto per un impianto per la produzione di energia eolica – Profili di radicale incompatibilità – Amministrazione – Individuazione delle soluzioni progettuali e allocative per rendere il progetto assentibile – Non è tenuta.

 A fronte di profili di radicale incompatibilità del progetto per un impianto per la produzione di energia da fonte rinnovabile eolica, sia con l’ambiente che con il paesaggio, implicanti la necessità di riformularlo integralmente,  l’amministrazione non è tenuta ad individuare le concrete soluzioni progettuali e allocative o le altre modalità con cui eventualmente rimodulare il progetto per renderlo assentibile (cfr. in tal senso da ultimo TAR Lazio, sez. II quater, 9 febbraio 2015, n. 2338; in tal senso anche TAR Molise, 4 giugno 2013, n. 398 e TAR Molise 6 novembre 2015, n. 423 punto III.5 della motivazione confermata anche sul punto da Cons. Stato, IV, 11 gennaio 2018, n. 132).

Pres. Ciliberti, Est. Monteferrante – R. s.r.l. (avv.ti Viola, Neri, Bucello e Tonoletti) c. Regione Molise e altro (Avv. Stato) e altri (n.c.)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR MOLISE, Sez. 1^ - 24 ottobre 2018, n. 621

SENTENZA

Pubblicato il 24/10/2018

N. 00621/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00375/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 375 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da Re Plus S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Simona Viola, Claudio Neri, Mario Bucello, Bruno Emilio Tonoletti, con domicilio eletto presso lo studio Claudio Neri in Campobasso, via Mazzini 107;

contro

Regione Molise, Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo (MIBACT) – Direzione (ora Segretariato) Regionale per i Beni Culturali e paesaggistici del Molise in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Campobasso con domicilio eletto ex lege presso i suoi uffici alla via Garibaldi n. 124;
Agenzia Regionale per la protezione dell’ambiente del Molise in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;
Provincia di Campobasso in persona del presidente della Giunta Provinciale p.t., non costituita in giudizio;
Comuni di San Biase, Sant’Angelo Limosano, Limosano, Matrice, Ripalimosani, Montagano, Campolieto, Ripabottoni, Sant’Elia a Pianisi, Bonefro, San Giuliano di Puglia, Santa Croce di Magliano, Montelongo, Montorio nei Frentani e Larino in persona dei rispettivi sindaci p.t. non costituiti in giudizio;

per l’annullamento,

oggetto del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti integrativi depositati il 22.1.2016:

– della Nota Prot. 2268 del 17 giugno 2015 rilasciata dal Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo (MIBACT) – Direzione Regionale per i Beni Culturali e paesaggistici del Molise, avente ad oggetto “Ditta Re Plus S.r.l. Intervento per la realizzazione di un impianto per la produzione di energia da fonte rinnovabile eolica, della potenza di 14 MW, costituito da 7 Torri Eoliche, da ubicare nelle località ‘Macchia del Sorbo’, ‘Lago del Corvo’ e ‘Montagna’ nel territorio del Comune di S.Biase (CB), con relative opere ed infrastrutture per la connessione alla RTN in agro del Comune di S. Angelo Limosano, Limosano, Montagnano e Matrice (CB)”, con la quale è stato espresso parere radicalmente negativo alla costruzione e all’esercizio dell’impianto eolico nel corso del procedimento di Valutazione di Impatto ambientale attivato ai sensi del D.lgs. n. 152/2006 e della L.R. n. 21/2000 (Doc. n. 1), conosciuta nei lavori della Conferenza di Servizi convocata in data 25 giugno 2015 presso il Settore Politiche Energetiche della Regione Molise nel procedimento unico di cui all’art. 12 del D.lgs. 387/20013 e allegata al Verbale della Conferenza (Doc. n. 2);

– della Delibera di Giunta Regionale del Molise n. 373 del 27 luglio 2015, avente ad oggetto “Procedura di Valutazione di Impatto ambientale, comprensiva della Valutazione di incidenza ambientale relativa al progetto per la realizzazione di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonte eolica costituito da n. 6 aerogeneratori di potenza ognuno pari a 2 MW nel Comune di S. Biase (CB) e n. 1 aerogeneratore di potenza pari a 2 MW nel Comune di Sant’Angelo Limosano (CB), con opere di connessione alla RTN nei Comuni di S. Biase, Limosano, Sant’Angelo Limosano, Matrice, Ripamolisani, Montagano, Campolieto, Ripabottoni, S. Elia a Pianisi, Bonefro, San Giuliano di Puglia, Santa Croce di Magliano, Montelongo, Montorio nei Frentani e Larino – Giudizio di compatibilità ambientale”, recante giudizio negativo di compatibilità ambientale del progetto della società Re Plus S.r.l. (Doc. n. 3), conosciuta nel corso dei lavori della Conferenza di Servizi del 30 luglio 2015, convocata presso il Settore Politiche Energetiche della Regione Molise nel procedimento unico di cui all’art. 12 del D.lgs. 387/20013, e allegata al Verbale della Conferenza (Doc. n. 4);

– della Relazione Istruttoria sottoscritta dal Segretario Regionale del MIBACT, letta nel corso della Conferenza di Servizi del 30 luglio 2015 (Doc. n. 5) e depositata agli atti della Conferenza, con la quale è stato espresso parere negativo alla realizzazione dell’impianto eolico del progetto della società Re Plus S.r.l., a meno di una delocalizzazione integrale dell’impianto al di fuori dell’area di tutela di prossimità, ovvero, in subordine, di una delocalizzazione degli aerogeneratori da posizioni sommitali o di crinale e di una riduzione della loro altezza massima a 20-25 metri;

e per quanto riguarda i motivi aggiunti del 6.6.16:

– della Determinazione Dirigenziale Direzione Generale della Giunta Area Seconda – Servizio Programmazione Politiche Energetiche n. 988 del 24 marzo 2016, trasmessa a mezzo PEC in data 24 marzo 2016, avente ad oggetto “Istanza per la realizzazione ed esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica nei Comuni di San Biase e Sant’Angelo Limosano della potenza di 20 MW e relative opere di connessione alla RTN nel Comune di Matrice – Ditta Re Plus Srl – Diniego”, recante diniego al rilascio del provvedimento di Autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio dell’impianto ai sensi dell’art. 12 del D.lgs. n. 387/2003 (Doc. n. 20);

nonché, per quanto occorrere possa: della Comunicazione dell’Autorità di Bacino dei Fiumi Trigno, Biferno e Minori, Saccione e Fortore, acquisita dalla Regione Molise con prot. n. 85579 del 29 luglio 2015, di conferma della Nota già espressa in data 24 giugno 2015 prot. n. 788 (Doc. n. 21 ); del parere reso nella Conferenza di Servizi del 30 luglio 2015 del Servizio Regionale Tutela e Valorizzazione della Montagna e delle Foreste – Ufficio Vincolo Idrogeologico e dell’ivi richiamato parere del Corpo Forestale dello Stato reso con Nota Prot. n. 2305 dell’11 febbraio 2015 (Doc. n. 22); del parere del Comune di Matrice espresso nella Conferenza di Servizi del 30 luglio 2015 (Doc. n. 23).

e per quanto riguarda i motivi aggiunti del 19.12.16:

– della Comunicazione di Avvio del procedimento di dichiarazione di interesse archeologico particolarmente importante della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio del Molise n. 432 del 3 ottobre 2016, pubblicata il successivo 10 ottobre 2016 sull’Albo Pretorio del Comune di Sant’Angelo Limosano (CB), avente ad oggetto "Comune di Sant’Angelo Limosano (CB) – Località Lago del Corvo – foglio n. 1, p.lle nn. 56, 57 – Comunicazione di avvio del procedimento di dichiarazione di interesse archeologico particolarmente importante a termini degli art. 10 e 13 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i, nonchè‚ ai sensi della L. 07.08.1990, n. 241" (Doc. A);

– della Comunicazione di Avvio del procedimento di dichiarazione di interesse archeologico particolarmente importante della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio del Molise n. 429 del 3 ottobre 2016, pubblicata il successivo 11 ottobre 2016 sull’Albo Pretorio del Comune di San Biase (CB), avente ad oggetto "Comune di San Biase (CB) – Località Lago del Corvo – foglio n. 16, p.lla n. 11 (parte) – Comunicazione di avvio del procedimento di dichiarazione di interesse archeologico particolarmente importante a termini degli art. 10 e 13 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i, nonchè‚ ai sensi della L. 07.08.1990, n. 241" (Doc. A-bis);

– della Comunicazione di Avvio del procedimento di dichiarazione di interesse archeologico particolarmente importante della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio del Molise n. 430 del 3 ottobre 2016, pubblicata il successivo 11 ottobre 2016 sull’Albo Pretorio del Comune San Biase (CB), avente ad oggetto "Comune di San Biase (CB) – Località Colle fosse – foglio n. 9, p.lle nn. 137, 149 (parte), 150 e 151 – Comunicazione di avvio del procedimento di dichiarazione di interesse archeologico particolarmente importante a termini degli art. 10 e 13 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i, nonchè‚ ai sensi della L. 07.08.1990, n. 241" (Doc. A-ter);

– degli allegati degli atti di cui sopra;

– dell’art. 16.1, lett. a), della DGR 4 agosto 2011, n. 621, recante "Linee Guida per lo svolgimento del procedimento unico di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003 per l’autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sul territorio della Regione Molise", pubblicata sul BUR Molise 16 settembre 2011, n. 25, nella parte in cui impone la localizzazione degli impianti eolici ad una distanza minima di 500 metri dal perimetro delle aree archeologiche (Doc. B);

e per quanto riguarda i motivi aggiunti del 4.4.17:

del Decreto Dirigenziale n. 87 del 30 gennaio 2017, con cui la Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale del Molise, ai sensi dell’art. 10, co. 1 e co. 3 lett. A) del d.lgs. n. 42 del 2004, ha dichiarato di interesse archeologico particolarmente importante l’area archeologica denominata “Lago del Corvo”, del Comune di San Biase (CB), distinta catastalmente al foglio n. 16, p.lla n. 11 (parte) (all. 5 memoria del MIBACT);

– del Decreto Dirigenziale n. 88 del 30 gennaio 2017, con cui la Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale del Molise, ai sensi dell’art. 10, co. 1 e co. 3 lett. A) del d.lgs. n. 42 del 2004, ha dichiarato di interesse archeologico particolarmente importante l’area archeologica denominata “Colle Fosse”, del Comune di San Biase (CB), distinta catastalmente al foglio n. 9, p.lle nn. 137, 149 (parte), 150 e 151 (all. 6 memoria del MIBACT);

– del Decreto Dirigenziale n. 90 del 30 gennaio 2017, con cui la Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale del Molise, ai sensi dell’art. 10, co. 1 e co. 3 lett. A) del d.lgs. n. 42 del 2004, ha dichiarato di interesse archeologico particolarmente importante l’area archeologica denominata “Lago del Corvo”, del Comune di Sant’Angelo Limosano (CB), distinta catastalmente al foglio n. 1, p.lle nn. 56 e 57 (all. 7 memoria del MIBACT);

– degli allegati degli atti di cui sopra;

– dell’art. 16.1, lett. a), della DGR 4 agosto 2011, n. 621, recante “Linee Guida per lo svolgimento del procedimento unico di cui all’art. 12 del D. Lgs. n. 387/2003 per l’autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sul territorio della Regione Molise”, pubblicata sul BUR Molise 16 settembre 2011, n. 25, nella parte in cui impone la localizzazione degli impianti eolici ad una distanza minima di 500 metri dal perimetro delle aree archeologiche (Doc. B);

– di ogni altro atto, anche non conosciuto, antecedente, conseguente o comunque connesso

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Molise e del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo (MIBACT) – Direzione Regionale (ora Segretariato regionale) per i Beni Culturali e paesaggistici del Molise;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 novembre 2017 il dott. Luca Monteferrante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società ricorrente Re Plus S.r.l. riferisce di aver presentato tra i mesi di novembre e dicembre 2008 tre domande di Autorizzazione unica per la realizzazione e l’esercizio di tre parchi eolici nei Comuni di San Biase (16 aerogeneratori), Limosano (12 aerogeneratori) e Sant’Angelo Limosano (16 aerogeneratori).

I progetti sono stati adattati sia alle sopravvenute linee giuda regionali di cui alla DGR n. 621/2011, sia alle indicazioni provenienti dalla precedente fase di screening ambientale ai fini della sottoposizione alla Valutazione di Impatto ambientale (V.I.A.).

A seguito dei rilievi critici emersi nel corso delle procedure di V.I.A., i progetti di San Biase e Limosano sono stati ulteriormente modificati riducendo gli aerogeneratori rispettivamente a 7 e 5, mentre il progetto di Sant’Angelo Limosano è stato rinunciato.

All’istruttoria per la V.I.A., condotta dall’ARPA Molise, ha partecipato anche il MIBACT che ha reso pareri negativi sotto i profili della tutela del paesaggio e dei beni culturali.

La Società ha avuto conoscenza di tali pareri in occasione della Conferenza di servizi del 25.06.2015, aggiornata al 30.07.2015.

L’ARPA il 22.07.2015 ha concluso le due istruttorie di V.I.A. con pareri positivi corredati da prescrizioni per entrambi i progetti.

In vista della conferenza del 30 luglio 2015, la Società ha presentato controdeduzioni ai pareri del MIBACT.

Tuttavia, il 27.07.2015 la Giunta regionale ha assunto la delibera n. 373 con la quale ha espresso giudizio negativo di compatibilità ambientale sul progetto da localizzare nel Comune di San Biase condividendo la valutazione del MIBACT, senza motivare in merito al parere positivo espresso dalla relazione istruttoria dell’ARPA e senza considerare le controdeduzioni inviate dalla ricorrente.

In occasione della conferenza di servizi del 30 luglio 2015 sono state rese note ed acquisite agli atti la delibera di Giunta regionale n. 373/2015 recante la VIA negativa ed il parere paesaggistico negativo del MIBACT, che riprendeva i contenuti del parere precedente reso in sede di VIA, integrato con nuovi argomenti, senza tuttavia tener conto delle controdeduzioni inviate dalla Re Plus S.r.l. e contenente una proposta di modifiche progettuali ritenute inattuabili (dislocazione dell’impianto al di fuori di qualsiasi area soggetta a tutela di prossimità, o, in subordine, spostamento degli aerogeneratori dai crinali e abbassamento della loro altezza a non più di 25 m).

Con ricorso notificato il 29.09.2015 e depositato il 9.10.2015 la società Re Plus S.r.l., con specifico riferimento al parco eolico da localizzare nel Comune di San Biase e, in parte, in quello di Sant’Angelo Limosano, ha impugnato:

– la Nota Prot. 2268 del 17.06.2015 del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo (MIBACT) – Direzione Regionale per i Beni Culturali e paesaggistici del Molise, avente ad oggetto “Ditta Re Plus S.r.l. Intervento per la realizzazione di un impianto per la produzione di energia da fonte rinnovabile eolica, della potenza di 14 MW, costituito da sette Torri Eoliche, da ubicare nelle località ‘Macchia del Sorbo’, ‘Lago del Corvo’ e ‘Montagna’ nel territorio del Comune di San Biase (CB), con relative opere ed infrastrutture per la connessione alla RTN in agro del Comune di S. Angelo Limosano, Limosano, Montagano e Matrice (CB)” con la quale è stato espresso parere radicalmente negativo alla costruzione e all’esercizio dell’impianto eolico nel corso del procedimento di Valutazione di Impatto ambientale, conosciuta nel corso dei lavori della Conferenza di Servizi convocata in data 25.06.2015 ed allegata al verbale della Conferenza;

– la Delibera di Giunta della Regione Molise n. 373 del 27.07.2015 avente ad oggetto “Procedura di Valutazione di Impatto ambientale, comprensiva della Valutazione di incidenza ambientale relativa al progetto per la realizzazione di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonte eolica costituito da n. 6 aerogeneratori di potenza ognuno pari a 2 MW nel Comune di San Biase (CB) e n. 1 aerogeneratore di potenza pari a 2 MW nel Comune di S. Angelo Limosano (CB) con opere di connessione alla RTN nei Comuni di San Biase, Limosano, S. Angelo Limosano, Matrice, Ripalimosani, Montagano, Campolieto, Ripabottoni, Sant’Elia a Pianisi, Bonefro, San Giuliano di Puglia, Santa Croce di Magliano, Montelongo, Montorio nei Frentani e Larino – Giudizio di compatibilità ambientale” recante giudizio negativo di compatibilità ambientale del progetto della società Re Plus S.r.l., conosciuta nel corso dei lavori della Conferenza di Servizi del 30.07.2015;

– la Relazione Istruttoria sottoscritta dal Segretario Regionale del MIBACT con la quale, nell’ambito del procedimento di autorizzazione unica, è stato espresso parere negativo alla realizzazione dell’impianto eolico del progetto della società Re Plus S.r.l., a meno di una delocalizzazione integrale dell’impianto al di fuori dell’area di tutela di prossimità, ovvero, in subordine, di una delocalizzazione degli aerogeneratori da posizioni sommitali o di crinale e di una riduzione della loro altezza massima a 20-25 metri.

Ne ha chiesto l’annullamento, previa sospensione, per i seguenti motivi di censura:

1. Violazione dell’art. 10 bis della L. 241/1990.

La Giunta regionale avrebbe portato a conclusione la V.I.A. senza comunicare preventivamente alla ricorrente i motivi ostativi al rilascio di un parere positivo, non consentendole di presentare per iscritto osservazioni ed eventuali documenti a sostegno delle proprie ragioni.

2. Violazione degli artt. 3 e 10 della predetta legge, nonché dei principi del contraddittorio, di trasparenza, imparzialità, correttezza e buona fede oggettiva.

La Giunta regionale nella propria determinazione finale non ha preso in considerazione le controdeduzioni tecniche presentate dalla Re Plus S.r.l. al parere reso dal MIBACT nel sub procedimento di VIA; così facendo non ha ottemperato all’obbligo di legge di valutare le osservazioni presentate dai soggetti intervenuti nel procedimento con l’effetto che la motivazione del provvedimento non è stata resa in relazione alle risultanze dell’istruttoria come invece prescritto dal combinato disposto degli artt. 3 e 10 della legge n. 241 del 1990. Inoltre la Giunta ha operato un giudizio di prevalenza dell’interesse culturale rispetto alle esigenze energetiche del tutto nuovo nell’ambito della procedura di VIA, pertanto avrebbe dovuto comunicare tempestivamente alla ricorrente le ragioni per consentirle di controdedurre prima dell’assunzione della finale determinazione discrezionale.

3. Violazione dell’art. 14-ter comma 4 della L. 241/90 e dell’art. 12 del D.lgs. 387/2003, dato che la Giunta regionale aveva perso il potere di esprime il giudizio di compatibilità ambientale al di fuori della conferenza dei servizi, essendo abbondantemente trascorso il termine per la conclusione del procedimento di V.I.A..

4. Violazione e falsa applicazione degli artt. 4, comma 4 e 26, comma 1, del D.lgs. n. 152/2006 e degli artt. 1, 6 e 8 della L.R. Molise n. 21/2000, nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria, errore e travisamento dei fatti, mancanza di presupposti, inattendibilità e insufficienza della motivazione.

Il giudizio negativo di compatibilità paesaggistica espresso dal MIBACT e recepito integralmente dalla Giunta sarebbe il risultato di carenze istruttorie, della mancata considerazione della documentazione tecnica prodotta dalla ricorrente e di errori in fatto relativi sia alla determinazione del valore naturalistico-paesaggistico e culturale del territorio, sia agli impatti naturalistici e percettivi del progetto parco-eolico e della mancata valutazione obiettiva dell’incidenza percettiva del parco eolico in base ai criteri dettati dal D.P.C.M. del 2005.

5. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3-quater, 4, comma 4 e 26, comma 1 del d.lgs. n. 152/06 e degli artt. 1, 6 e 8 della legge regionale del Molise n. 21/2000; violazione degli artt. 3 e 6 della legge n. 241/90 e dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/03; eccesso di potere per carenza di motivazione, manifesta illogicità e irragionevolezza, nonché violazione del principio di proporzionalità, in quanto gli interessi in conflitto sono stati definiti in maniera del tutto sbilanciata a favore dell’interesse conservativo compromettendo l’equilibrio e l’obiettività che devono sempre essere assicurati nel giudizio di compatibilità ambientale e non vi è nessuna considerazione né dell’interesse pubblico ambientale alla realizzazione degli impianti eolici – nonostante la politica di promozione delle fonti rinnovabili per contrastare il cambiamento climatico – né del parere positivo dell’ARPA che determina l’illegittimità del giudizio finale reso dalla Giunta anche perché ai sensi dell’art. 6 della legge n. 241/90 sulla Giunta gravava un rafforzato onere motivazionale, siccome si è discostata dalla proposta del responsabile del procedimento.

6. Sviamento di potere sia da parte della Direzione regionale del MIBACT che della Giunta regionale. Vi sarebbe una reiterata e intransigente opposizione degli organi regionali del MIBACT rispetto a tutte le proposte di installazioni eoliche e in genere di impianti da fonti rinnovabili a partire dal 2010; quanto alla Giunta, essa ha violato l’ultimo comma dell’art. 12 del D.lgs. n. 387/03 rinviando con la delibera impugnata ad una pianificazione energetica regionale nella quale saranno indicate le aree idonee alla localizzazione di impianti eolici.

7. Violazione degli artt. 14-ter e quater della legge n. 241/90 e dell’art. 12 del D.lgs. n. 387/03 in quanto il successivo parere paesaggistico dal MIBACT reso ai fini del rilascio dell’autorizzazione dell’impianto sarebbe stato portato in conferenza di servizi da un funzionario dichiaratosi non legittimato a parteciparvi e che ha rifiutato di interagire dialetticamente con le altre amministrazioni presenti in conferenza. Inoltre il parere sarebbe affetto dai medesimi vizi di difetto di istruttoria, errore e travisamento dei fatti, insufficienza della motivazione già allegati in relazione all’analogo parere espresso in sede di VIA.

8. Violazione e falsa applicazione dell’art. 152 del D.lgs. n. 42/04 anche in relazione all’art. 14.9 lett. C del D.M. 10/09/2010, eccesso di potere per manifesta illogicità e irragionevolezza, nonché violazione del principio di proporzionalità, per la mancata dimostrazione della necessarietà delle prescrizioni contenute nel parere paesaggistico, in relazione a valori tutelati solo indirettamente; inoltre, tali prescrizioni sarebbero palesemente inattuabili e tali da comportare un sacrificio dell’interesse imprenditoriale non proporzionato all’effettiva rilevanza dei valori asseritamente da tutelare.

Con atto depositato il 19.10.2015 si sono costituiti in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo – Direzione Regionali per i Beni Culturali e Paesaggistici e la Regione Molise, eccependo l’inammissibilità del ricorso a causa della mancanza della decisione finale dell’Amministrazione regionale sull’istanza di rilascio della autorizzazione unica e la sua infondatezza per le seguenti ragioni:

– erronea lettura dei commi 5 dell’art. 14-ter e 3 dell’art. 14-quater della legge n. 241/90, considerando che la ricorrente intende sovvertire l’esito non favorevole della VIA attraverso una pronuncia giudiziale che invada la sfera riservata di attribuzioni sia dell’Autorità procedente che di quella chiamata a dirimere eventuali dissensi, peraltro nel caso di specie inesistenti;

– il parere dell’ARPA esprimendo solo valutazioni tecniche, istruttorie e preparatorie non destinate ad essere pedissequamente recepite dall’esecutivo secondo la normativa vigente non è idoneo a concludere la procedura di VIA;

– il parere della Giunta non è carente di motivazione in quanto quest’ultima ha fatto proprie le argomentazioni del MIBACT a seguito di un’autonoma valutazione ambientale e richiamando anche il principio dello sviluppo sostenibile, in base al quale nell’ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità, gli interessi alla tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione in ossequio al principio comunitario di precauzione; inoltre, come risulta da costante giurisprudenza, nel rendere il giudizio di impatto ambientale l’amministrazione esercita un’amplissima discrezionalità tecnica, censurabile solo per macroscopici vizi logici, per errori di fatto o per travisamento dei presupposti;

– le risultanze della relazione istruttoria del MIBACT non possono essere superate dalle generiche ed infondate allegazioni di controparte;

– secondo le precisazioni fornite dal Consiglio di Stato, l’estensione ed incisività delle prescrizioni di cui all’art. 152, comma 1, D.Lgs. n. 42/2004, quando si tratta di opere infrastrutturali di grande impatto visivo sul paesaggio, si manifesta in una proiezione spaziale più ampia di quella riveniente dalla sua semplice perimetrazione fisica consentita dalle indicazioni contenute nel decreto di vincolo e parimenti le Linee Guida Nazionali prevedono tra le aree incompatibili con l’installazione di impianti eolici le "aree contermini ad emergenze di particolare interesse culturale, storico e/o religioso";

– dalle argomentazioni di parte ricorrente sui temi paesaggistici appare evidente il tentativo di interferire con le valutazioni tecnico-discrezionali della P.A. che sono insindacabili in sede di legittimità come risulta dal costante orientamento giurisprudenziale;

– non sussiste la dedotta violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, poichè nel caso di specie rileva la disciplina speciale sull’adozione della VIA che non impone alla Giunta di interpellare il richiedente e di fornire specifica risposta alle osservazioni endoprocedimentali di parte, dato che quest’ultima può interloquire durante la fase istruttoria, tanto più che la ricorrente già dal 2011 era a conoscenza dei valori culturali che quel determinato territorio era in grado di esprimere;

– il percorso logico seguito dal MIBACT è ben articolato e adeguatamente esposto e risulta conforme a quanto richiesto per le attività di verifica che la legge attribuisce agli uffici del Ministero;

– il territorio, così come descritto sia dalla esponente, ma anche dallo stesso MIBACT (presentato come territorio sommitale di alta collina, in cui la presenza infrastrutturale è minima e le componenti rurali del territorio sono ben evidenti), non può che risultare notevolmente alterato dalla realizzazione di un parco eolico.

Con successivi motivi aggiunti (per brevità primi motivi aggiunti) depositati il 22.1.2016 la società Re Plus S.r.l. ha altresì dedotto:

9. la illegittimità del provvedimento giuntale conclusivo del procedimento di VIA per violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/90 con specifico riferimento alla ponderazione dell’interesse paesaggistico-culturale, in quanto la Giunta non avrebbe tenuto conto delle valutazioni tecniche espresse nei pareri positivi resi nel giugno 2012 dal Servizio Pianificazione e Gestione Territoriale e Paesaggistica della Regione Molise in ordine all’impatto territoriale e paesaggistico del progetto; ciò anche a conferma dello sviamento di potere in cui sarebbe incorsa la Giunta regionale a motivo dell’accettazione acritica dell’apporto istruttorio del MIBACT così assecondando la volontà dell’organo statale di opporsi sistematicamente all’installazione di impianti eolici perseguita a partire dal 2010.

Poichè le note del Servizio Pianificazione e Gestione Territoriale e Paesaggistica richiamano Relazioni Tecnico-Illustrative mai trasmesse dagli uffici regionali, la ricorrente chiede di ordinare alla Regione Molise la loro esibizione in giudizio.

Con memoria di replica depositata il 29.01.2016 le amministrazioni resistenti hanno sostenuto l’inammissibilità delle deduzioni avversarie circa la mancata valutazione dei pareri favorevoli espressi dal competente servizio regionale e risalenti al 2012, in quanto espressi su proposte di localizzazione successivamente superate a seguito delle modifiche apportate ai progetti nel corso dell’istruttoria in sede di VIA.

Con ulteriori motivi aggiunti depositati il 6.06.2016 (per brevità secondi motivi aggiunti) la ricorrente ha chiesto l’annullamento:

– della Determinazione Dirigenziale Direzione Generale della Giunta Area seconda – Servizio Programmazione Politiche Energetiche n. 988 del 24.03.2016, recante diniego al rilascio dell’Autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio dell’impianto ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003;

– della comunicazione dell’Autorità di Bacino dei fiumi Trigno, Biferno e Minori, Saccione e Fortore acquisita dalla Regione Molise con prot. n. 85579 del 29.07.2015, di conferma della Nota prot. n. 788 già espressa il 24.06.2015;

– del parere reso nella Conferenza di servizi del 30.07.2015 del Servizio Regionale Tutela e Valorizzazione della Montagna e delle Foreste – Ufficio vincolo idrogeologico e dell’ivi richiamato parere del Corpo Forestale dello Stato reso con nota prot. n. 2305 dell’11.02.2015;

– del parere del Comune di Matrice espresso nella Conferenza di servizi del 30.07.2015.

Con riferimento alla impugnazione di tali provvedimenti ha ribadito, in via derivata, le medesime censure già articolate nell’atto introduttivo del ricorso in relazione al procedimento di VIA assunto a presupposto del diniego di autorizzazione unica.

Con specifico riferimento al nuovo parere negativo reso dal MIBACT nella conferenza di servizi conclusiva del 30 luglio 2015 ha reiterato i motivi di impugnazione già sviluppati nel ricorso introduttivo e in particolare:

10. Violazione degli artt. 14 ter e quater della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003.

Il parere sarebbe stato reso in modo irrituale in quanto portato in conferenza di servizi da un funzionario non legittimato a parteciparvi che si è rifiutato di interloquire con gli altri partecipanti vanificando la finalità di confronto dialettico della conferenza di servizi.

11. Violazione e falsa applicazione degli artt. 4, comma 4 e 26, comma 1 del d. lgs. n. 152/2006 e degli artt. 1, 6, 8 della l. r. Molise n. 21/2000. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, errore e travisamento dei fatti, mancanza di presupposti, inattendibilità e insufficienza della motivazione.

L’esponente reitera le critiche già indirizzate all’analogo parere espresso dal MIBACT in sede di VIA per evidenziarne la inattendibilità.

12. Violazione e falsa applicazione dell’art. 152 del d. lgs. n. 42/2004 anche in relazione all’art. 14.9 lett. c) delle linee guida nazionali di cui al D.M. 10 settembre 2010. Eccesso di potere per manifesta illogicità e irragionevolezza. Violazione del principio di proporzionalità. Sviamento di potere.

Il parere sarebbe caratterizzato da una sopravvalutazione enfatica dei valori paesaggistici da tutelare accompagnato da un apriorismo critico nei confronti degli impianti eolici.

Le prescrizioni imposte poi (dislocazione al di fuori di qualsiasi area soggetta a tutela di prossimità o, in subordine, spostamento degli aerogeneratori dai crinali e abbassamento della loro altezza a non più di 25 metri) non sarebbero coerenti con i caratteri della tutela indiretta che viene in rilievo nel caso di specie in quanto non strettamente funzionali alla conservazione dei valori protetti e sarebbero sproporzionate in quanto inattuabili.

Inoltre l’art. 152 del d. lgs. n. 42/2004 non sarebbe applicabile ai beni vincolati ex lege, quali sono i boschi, ma solo alle bellezze naturali individuate da provvedimenti puntuali.

Con un’ulteriore serie di doglianze la ricorrente censura la determinazione regionale conclusiva del procedimento per:

13. Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 quater della legge n. 241 del 1990. Violazione e falsa applicazione dell’art. 14.9 lett. c) del DM 10 settembre 2010.

L’organo regionale avrebbe errato nel riconoscere una posizione prevalente al dissenso espresso in conferenza di servizi dal MIBACT sino a riconoscergli un potere di veto atteso che nel caso di specie la tutela concerne aree contermini a immobili vincolati, non soggette come tali a disciplina di tutela diretta.

14. Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 ter comma 6 bis della legge n. 241 del 1990. Erronea qualificazione degli ulteriori apporti procedimentali e istruttori delle amministrazioni partecipanti. Difetto di istruttoria. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990.

L’organo regionale procedente, nell’assumere la decisione conclusiva del procedimento, avrebbe erroneamente attribuito carattere ostativo a meri contributi istruttori contenenti prescrizioni da attuare in fase esecutiva; ciò avrebbe inficiato il giudizio sulle posizioni prevalenti emerso in sede di conferenza decisoria.

Inoltre i profili di criticità introdotti da taluni pareri (Autorità di Bacino, Comune di Matrice, autorità preposta al vincolo idrogeologico) non sarebbero stati rappresentati con la comunicazione preventiva dei motivi ostativi inviata ai sensi dell’art. 10 bis.

15. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003. Violazione della direttiva CE 2001/77 e 2009/28 sulla promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili. Violazione dell’art. 14 quater della legge n. 241 del 1990. Omesso bilanciamento degli interessi: violazione e falsa applicazione dell’art. 14 ter, comma 6 bis, della legge n. 241 del 1990. Omesso bilanciamento degli interessi, anche sotto il profilo della violazione del principio di proporzionalità. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza di motivazione, manifesta irragionevolezza. Violazione e falsa applicazione del punto 14.5, del D.M. 10 settembre 2010.

In presenza del dissenso qualificato espresso dal MIBACT l’organo regionale procedente avrebbe dovuto comunque rimettere la decisione al Consiglio dei ministri; in ogni caso l’organo regionale procedente avrebbe errato nel valutare le risultanze istruttorie ed avrebbe abdicato alla ponderazione dell’interesse specifico allo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile riconoscendo una prevalenza ingiustificata all’interesse ambientale ed a quello paesaggistico anziché porli in comparazione con l’interesse pubblico primario sotteso al procedimento di autorizzazione unica. La mancata ponderazione comparativa non potrebbe nemmeno giustificarsi con l’imminente raggiungimento degli obiettivi regionali di incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili stabiliti dal D.M. 15 marzo 2012 (cd. Burden sharing).

Il MIBACT e la Regione Molise con successive memorie hanno controdedotto alle censure ex adverso articolate evidenziando che:

– come risulta da costante giurisprudenza, il dissenso manifestato dalla Soprintendenza e formalizzato in atto depositato in Conferenza non è superabile dalla Regione e se ciò avvenisse la contraria determinazione sarebbe nulla;

– sull’area interessata dal progetto sussistono vincoli paesaggistici, culturali, storici ed archeologici, oltre che la presenza di formale dichiarazione di interesse pubblico e pertanto, nemmeno il dissenso costruttivo è esigibile, dato che il diniego è il risultato della valutazione del complesso dei valori del territorio e quindi nessuna eventuale modifica progettuale potrebbe determinare un giudizio diverso; – il provvedimento finale non è illegittimo per difetto di istruttoria e motivazione per l’omessa considerazione del parere favorevole rilasciato dalla Commissione regionale per il Paesaggio nel 2012 dato che di tale valutazione non vi è nessuna traccia nella deliberazione della Giunta regionale n. 373/2015 mentre tale parere è stato considerato nel procedimento preliminare di screening conclusosi con Determinazione n. 162 del 11.10.2016 con cui il progetto è stato assoggettato a VIA.

Con successiva memoria la società Re Plus S.r.l.:

– ha invocato a proprio favore i principi di diritto, sulla ponderazione comparativa degli interessi in sede di procedimento ex art. 12 del d. lgs. n. 387/2003, espressi con la sentenza del TAR Molise n. 281 del 23.06.2016;

– ha eccepito l’esistenza di un conflitto tra gli interessi rappresentati dal MIBACT e quello tutelato dalla Regione Molise in seno al procedimento di autorizzazione unica che determinerebbe la violazione della preclusione all’avvalimento cumulativo del patrocinio erariale;

– ha altresì dedotto l’inammissibilità della perizia stragiudiziale commissionata dal MIBACT nel corso del giudizio perché non acquisita rispettando le formalità previste per i mezzi di prova costituendi; ha precisato sul punto che il suo contenuto rappresenterebbe un’illegittima integrazione postuma della motivazione dei provvedimenti impugnati e sarebbe inattendibile considerando l’assoluta incertezza che se ne ritrae circa il valore archeologico dell’area prescelta per la realizzazione del progetto.

Quanto alle eccezioni sollevate dalle amministrazioni resistenti, ne ha argomentato l’infondatezza dato che:

– l’eccezione di inammissibilità del ricorso per l’impugnazione di atti non immediatamente lesivi sarebbe stata superata con l’impugnazione del provvedimento finale di diniego della autorizzazione unica con la proposizione dei secondi motivi aggiunti;

– vi sarebbe concordanza sul fatto che la Giunta aveva perso il potere di esprimere la VIA al di fuori della Conferenza di servizi;

– il sindacato giurisdizionale sui presupposti di fatto e sull’attendibilità delle valutazioni tecniche compiute dall’Amministrazione deve essere effettuato in modo attento e penetrante al fine di evitare che trascenda in mero arbitrio, come risulta da costante giurisprudenza; il rifiuto di qualsiasi confronto scientifico sul progetto costituisce un ulteriore elemento rivelatore del carattere precostituito del giudizio espresso dal Ministero;

– non sussisterebbe alcuna interferenza diretta del progetto sulle aree boscate;

– la valutazione dell’incidenza sui valori archeologici, contenuta nella relazione allegata al SIA, avrebbe escluso la presenza di beni archeologici vincolati nell’area prescelta;

– il parco non inciderebbe sulle visuali storiche percepibili lungo i tratturi considerandone la distanza; – sull’area d’impianto non graverebbe alcuno specifico vincolo paesaggistico o archeologico, quindi gli aerogeneratori non sarebbero in grado di compromettere in alcun modo la fruibilità di eventuali reperti storici rinvenuti nelle zone circostanti.

Con successiva memoria il MIBACT ha evidenziato che a seguito dell’indagine svolta da un archeologo esterno su incarico della Soprintendenza Archeologia del Molise nella località Lago del Corvo, la Soprintendenza ha provveduto a perimetrare l’area da sottoporre a tutela archeologica ed ha avviato il relativo procedimento. Da quanto emerso, risulta che l’ubicazione di alcuni aerogeneratori era tale da violare l’ambito distanziale di inedificabilità di 500 metri dalle aree archeologiche e che i progetti dovrebbero essere realizzati all’interno di un ambito territoriale sottoposto a tutela paesaggistica, di conseguenza è necessaria l’espressione del parere vincolante da parte del MIBACT. Inoltre, sostiene che:

– non sussiste alcuna aprioristica chiusura alla realizzazione di impianti eolici da parte del Ministero in quanto nei pareri finora emessi è sempre presente una dettagliata analisi delle interferenze dei progetti sulle caratteristiche tutelate dell’ambito territoriale di riferimento;

– il richiamo alla sentenza n. 281/2016 sarebbe discutibile per l’erronea applicazione del comma 6-bis dell’art. 14 ter della legge n. 241/90;

– la ditta per valutare l’ammissibilità del progetto avrebbe utilizzato metodi arbitrari rispetto ai quali non indica idonea bibliografia scientifica;

– la presenza di ritrovamenti nell’area in questione sarebbe di per sé condizione sufficiente, secondo la costante giurisprudenza, per considerarla zona di interesse archeologico anche se non ancora dichiarato;

– non sussisterebbe alcun conflitto di interessi considerando i comportamenti tenuti dal MIBACT e dalla Regione in sede amministrativa, gli intenti manifestati ai fini della difesa giudiziale e le concordi valutazioni sui progetti di cui si discute.

Con il deposito di ulteriori motivi aggiunti in data 19.12.2016 (terzi motivi aggiunti) la ricorrente ha chiesto l’annullamento della comunicazione di avvio del procedimento di dichiarazione di interesse archeologico della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio del Molise n. 432 del 3.10.2016 avente ad oggetto la località Lago del Corvo rientrante nel Comune di Sant’Angelo Limosano; della Comunicazione di Avvio del procedimento di dichiarazione di interesse archeologico particolarmente importante della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio del Molise n. 429 del 3.10.2016 avente ad oggetto la località Lago del Corvo rientrante nel Comune di San Biase; della Comunicazione di Avvio del procedimento di dichiarazione di interesse archeologico particolarmente importante della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio del Molise n. 430 del 3.10.2016 avente ad oggetto località Colle fosse rientrante nel Comune di San Biase; dell’art. 16.1, lett. a) della DGR n. 621 del 4.08.2011 recante “Linee guida per lo svolgimento del procedimento unico di cui all’art. 12 del D.lgs. n. 387/03 per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sul territorio della Regione Molise” nella parte in cui impone la localizzazione degli impianti eolici ad una distanza minima di 500 metri dal perimetro delle aree archeologiche.

Assume che:

– il progetto definitivo sottoposto all’approvazione della Conferenza non prevede la realizzazione di opere all’interno delle aree che la Soprintendenza ipotizza di sottoporre a vincolo archeologico;

– l’art. 16 delle linee guida regionali sarebbe illegittimo in quanto si pone in contrasto con i precetti contenuti nel D.M. del 10.9.2010 e, più in generale, con la disciplina nazionale in materia di localizzazione degli impianti eolici e con il principio di massima diffusione delle energie rinnovabili, nonché con la normativa comunitaria. Infatti, come si evince dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, pur essendo riconosciuto alle Regioni il potere di individuare le aree e i siti non idonei alla localizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, esse non possono prescrivere limiti generali valevoli sull’intero territorio regionale;

– la comunicazione di avvio del procedimento per l’apposizione del vincolo sarebbe illegittima per violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 13 e 14 del D.lgs. n. 42/04, eccesso di potere per irragionevolezza e sviamento, violazione del principio del legittimo affidamento, degli artt. 3 e 10 della legge n. 241/90, del principio di proporzionalità, nonché per difetto di istruttoria e motivazione, atteso che il procedimento è stato avviato a distanza di più di otto anni dal deposito dell’istanza per il rilascio dell’autorizzazione unica, motivo per cui la ricorrente aveva ragione di confidare nell’adeguatezza della scelta localizzativa effettuata; inoltre l’avvio del procedimento sarebbe affetto da sviamento in quanto successivo al deposito della sentenza del TAR Molise n. 281/2016, la quale lasciava presagire il possibile accoglimento del presente ricorso alla luce delle motivazioni ivi espresse. Aggiunge che nessuna spiegazione del contrasto tra la lunga inerzia serbata e l’improvvisa iniziativa procedimentale sarebbe stata fornita; e, considerando che la dichiarazione di interesse archeologico è uno strumento destinato alla tutela di beni specifici puntualmente individuati, non sarebbe ammissibile che vengano qualificate come zone direttamente interessate dalla presenza di beni archeologici intere particelle catastali, rispetto alle quali non è stata dimostrata la possibilità di nuovi ritrovamenti. Ulteriore profilo di sviamento consisterebbe nel fatto che la Soprintendenza avrebbe privato la ricorrente di un confronto costruttivo con l’Amministrazione al fine di concordare le eventuali ulteriori modifiche da apportare al progetto per renderlo realizzabile, a causa del ritardo con cui la Soprintendenza ha svolto le verifiche sulle aree interessate.

Con successiva memoria il MIBACT e la Regione contestano quanto argomentato dalla ricorrente nei precedenti motivi aggiunti, evidenziando innanzitutto l’inammissibilità dell’impugnativa dei provvedimenti n. 429, 430 e 432 in quanto atti di mero impulso procedimentale e la mancata impugnazione dei provvedimenti definitivi di tutela n. 87, 88 e 90 emessi il 30.01.2017.

Ha poi sostenuto che già nel 2011 aveva comunicato alla Re Plus S.r.l. che la località incisa dal progetto proposto era a rischio archeologico, come da nota prot. n. 5699/2011 con cui la Soprintendenza aveva invitato la Ditta a collaborare con proprie risorse per effettuare idonee indagini conoscitive dell’area in questione; ha aggiunto che la Re Plus non ha mai prodotto nessuna idonea indagine archeologica; inoltre, sulla scorta di quanto emerso dai sopralluoghi preliminarmente eseguiti dai funzionari dell’Amministrazione, è stata confermata la presenza di materiale archeologico e tali dati sono stati resi noti alla ricorrente sia nel novembre 2014 durante il procedimento di VIA, che durante la Conferenza di servizi del 30.07.2015; e ancora, la relazione conclusiva dell’archeologo esterno incaricato dalla Soprintendenza nel 2015 che conferma la presenza di ritrovamenti di interesse archeologico è stata resa nota con apposito atto difensivo. Infine, il Ministero giustifica la qualificazione di intere particelle catastali quali aree interessate dalla presenza di beni archeologici richiamando una sentenza del Consiglio di Stato.

Quanto all’impugnazione dell’art. 16.1 delle linee guida regionali di cui alla DGR n. 621/2011 ne sostiene la tardività e l’inammissibilità, in quanto conosciuta dalla ricorrente sin dal 16.9.2011 a seguito della pubblicazione nel BURM n. 25.

Con il deposito di ulteriori motivi aggiunti in data 4.4.2017 (per brevità quarti motivi aggiunti) la Re Plus S.r.l. ha chiesto l’annullamento:

– del Decreto Dirigenziale n. 87 del 30.01.2017 con cui la Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale del Molise ha dichiarato di interesse archeologico particolarmente importante l’area archeologica denominata Lago del Corvo nel Comune di San Biase;

– del Decreto Dirigenziale n. 88 del 30.01.2017 con cui la Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale del Molise ha dichiarato di interesse archeologico particolarmente importante l’area archeologica denominata Colle Fosse del Comune di San Biase;

– del Decreto Dirigenziale n.90 del 30.01.2017 con cui la Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale del Molise ha dichiarato di interesse archeologico particolarmente importante l’area archeologica Lago del Corvo del Comune di Sant’Angelo Limosano e dei relativi allegati;

– dell’art. 16.1, lett. a) della DGR n. 621 del 4.08.2011 recante “Linee guida per lo svolgimento del procedimento unico di cui all’art. 12 del D.lgs. n. 387/03 per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sul territorio della Regione Molise” nella parte in cui impone la localizzazione degli impianti eolici ad una distanza minima di 500 metri dal perimetro delle aree archeologiche; nonché di ogni altro atto connesso e dei provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo integrato dai precedenti motivi aggiunti.

La Re Plus S.r.l., oltre a ribadire le censure articolate nei terzi motivi aggiunti, ha precisato che solo il 7.03.2017, a seguito di istanza di accesso agli atti, il MIBACT le ha consentito di avere conoscenza del contenuto dei Decreti Dirigenziali n. 87, 88, 89, 90 e che controparte li ha depositati nel termine stabilito per la memoria di replica (14 marzo) nonostante l’assenza di memorie di Re Plus a cui replicare, mostrando disinteresse per il termine imposto alle produzioni documentali.

Inoltre, ha contestato l’eccezione di tardività ed inammissibilità dell’impugnazione dell’art. 16.1 eccepita da controparte atteso che, trattandosi di atto a carattere generale ed astratto, l’interesse ad impugnare sarebbe venuto ad esistenza solo dopo l’apposizione dei vincoli archeologici; ha evidenziato la irragionevolezza dell’assunto circa l’assoluta preclusione degli impianti eolici nelle vicinanze di aree archeologiche.

Nel merito ha sostenuto la illegittimità dei Decreti Dirigenziali appositivi del vincolo archeologico per violazione degli artt. 10, 13 e 14 del D.lgs. n. 42/04, eccesso di potere per difetto di istruttoria, in quanto sono stati adottati senza lo svolgimento di alcuna attività istruttoria procedimentale diretta a valutare la sussistenza di un interesse archeologico particolarmente importante dei beni sottoposti a vincolo; ha aggiunto che, a differenza di quanto sostenuto dalla controparte, in realtà nel 2011 il MIBACT aveva confermato l’insussistenza di vincoli archeologici e che ricorrerebbe l’ipotesi dello sviamento di potere dato che l’apposizione del vincolo risulta essere sorretta dalla finalità di evitare la realizzazione del progetto proposto.

Il Ministero in successiva memoria ha precisato che costituisce principio cardine dell’ordinamento la circostanza che i pareri espressi dalla Soprintendenza in materia di valutazione di impatto ambientale siano obbligatori ed abbiano natura vincolate e che quindi siano destinati ad imporsi all’Autorità procedente; inoltre ha ribadito che la società non ha affatto considerato gli aspetti archeologici dell’area interessata dal progetto, dato che già da semplici ricerche bibliografiche risultava evidente l’interesse archeologico dell’area interessata dal progetto.

A tale memoria la ricorrente ha replicato che:

– il MIBACT intende esercitare un sostanziale potere di veto sulla realizzazione dei progetti eolici che, tuttavia, non possiede considerando che le previsioni di legge disciplinanti il rilascio dell’autorizzazione unica prevedono che spetti in via esclusiva alla Regione la decisione circa l’opportunità di realizzare o meno un determinato impianto eolico sul proprio territorio a seguito di un ponderato bilanciamento tra i diversi interessi coinvolti;

– nel caso di provvedimenti adottati da amministrazioni deputate alla tutela dell’ambiente e del paesaggio, il sindacato giurisdizionale sui presupposti di fatto e sull’attendibilità delle valutazioni tecniche compiute dall’Amministrazione non solo non è precluso, ma deve essere effettuato in modo particolarmente attento e penetrante, al fine di evitare che la discrezionalità tecnica di cui godono le amministrazioni trascenda in puro arbitrio;

– poiché nessun provvedimento puntuale attribuisce rilevanza alla “percezione d’insieme” dello skyline molisano, quest’ultimo non può formare oggetto di specifica tutela paesaggistica e, di conseguenza, la pretesa del MIBACT di esprimere una valutazione paesaggistica negativa sull’intervento per presunte generiche incompatibilità del progetto con il paesaggio regionale nella sua accezione più ampia deve ritenersi illegittima;

– a dispetto del MIBACT, che si affida a considerazioni soggettive senza neppure preoccuparsi di indicare i criteri sui quali pretende di fondare i propri assunti, le valutazioni paesaggistiche della Società esponente, con riferimento all’area d’impianto, sarebbero state svolte sulla scorta di criteri scientifici, riconosciuti a livello accademico e puntualmente descritti negli elaborati sottoposti all’esame del Ministero.

Alla udienza pubblica del 29 novembre 2017 la causa è stata infine trattenuta in decisione previo deposito di memorie con le quali le parti hanno ulteriormente puntualizzato le rispettive tesi difensive, già diffusamente esposte con i numerosi scritti difensivi in atti, e rassegnato le conclusioni.

DIRITTO

Il ricorso principale è, in parte, infondato e in parte, inammissibile mentre gli atti recanti motivi aggiunti sono in parte infondati (i primi due) in parte inammissibili (il terzo ed il quarto atto) per carenza di interesse.

Riveste carattere pregiudiziale, in quanto incidente sulla stessa legittimazione dell’Avvocatura dello Stato a difendere le intimate Amministrazioni, l’esame dell’eccezione con cui parte ricorrente afferma che l’Avvocatura dello Stato verserebbe in conflitto di interessi, cumulando la difesa giudiziale del Ministero convenuto e della Regione, determinando in tal modo l’appiattimento della seconda sulle posizioni del primo sia nel procedimento che nella difesa giudiziale.

L’eccezione non coglie nel segno.

Rileva il Collegio che il conflitto di interessi che rende inammissibile una difesa giudiziale cumulativa delle Amministrazioni può configurarsi quando i soggetti patrocinati abbiano un interesse differente o configgente sul piano processuale (cfr. Cass. civ., sez. un., 28 ottobre 1995, n. 11296). Nel caso di specie, tuttavia, tale circostanza non si verifica in quanto la Regione ha negato l’autorizzazione alla Re Plus, adottando una soluzione che è perfettamente in linea con il parere negativo della Direzione regionale del MIBAC pure impugnato, di modo che tra le due Amministrazioni non è ravvisabile alcuna contrapposizione processuale che possa fondare il contestato conflitto di interessi.

La circostanza, poi, addotta dalla ricorrente secondo cui l’allineamento sostanziale della Regione al parere della Direzione regionale del MIBAC costituisca proprio espressione del segnalato conflitto, in quanto la Regione avrebbe rinunciato ad esprimere una posizione autonoma da quella del Ministero, costituisce circostanza non apprezzabile nel presente contesto alludendo a decisioni e opzioni logicamente antecedenti ed esterne alla fase giudiziale e che non incidono sull’apprezzamento dell’interesse processuale rispetto al quale deve, invece, solo verificarsi l’esistenza di un eventuale conflitto di interessi nella specie non sussistente nemmeno in forma potenziale (cfr. in termini TAR Molise, 23 giugno 2016, n. 281).

Venendo al merito del giudizio, giova premettere una sintetica ricostruzione in fatto per evidenziare talune circostanze che il collegio reputa dirimenti ai fini della decisione.

Il parco eolico da realizzare nel Comune di San Biase e, in parte, in quello di Sant’Angelo Limosano, nella originaria proposta progettuale, consisteva di 9 aerogeneratori.

A causa di diverse criticità legate ad una prima valutazione condotta dall’ARPA Molise, incaricata dell’istruttoria nell’ambito del subprocedimento di VIA regionale, il progetto è stato ridotto a 7 aerogeneratori.

Il progetto “interferisce con il SIC Monte di Trivento – Bosco Difesa – C.S Pietro – B. Fiorano – B. Ferrara (cod. IT7222236) in quanto la torre LB09 ricade al suo interno mentre le torri SB01, SB02, SB03, SB04 si distribuiscono lungo il suo confine occidentale in modo estremamente prossimo allo stesso” (cfr. descrizione contenuta nella matrice per la valutazione di incidenza ambientale p. 1 allegata alla istruttoria tecnica dell’ARPA Molise prot. 7024 del 22. 7. 2015).

Inoltre il progetto nel suo complesso risulta posizionato in un’area che separa i siti SIC n. IT7222236 “Monte di Trivento – Bosco Difesa – C.S Pietro – B. Fiorano – B. Ferrara” e n. IT7222238 (cfr. p. 14 relazione ARPA) e l’attraversamento del fiume Biferno da parte del cavidotto avviene in area estremamente prossima al confine del SIC “Valle Biferno da confluenza Torrente Quirino a Lago Guardialfiera – Torrente” n. IT7222247 (cfr. p. 19 relazione ARPA).

Il parere dell’ARPA Molise prot. 7024 del 22.7.2015, recante l’istruttoria tecnica e comprensivo della Valutazione di incidenza ambientale, si concludeva positivamente ma con una serie articolata di prescrizioni.

A tali conclusioni l’ARPA era giunta proprio in considerazione delle risultanze della V.INC.A. (allegata al parere) che evidenziavano nella matrice per la valutazione di incidenza (p. 10, 11, 12) numerose criticità in relazione alla componente floristico/vegetazionale e all’avifauna (rischio di collisione con le pale; sottrazione di habitat forestale per l’adeguamento del sistema viario, con perdita di spazi potenzialmente trofici o in uso per la nidificazione o di rifugio ecc…) che l’ARPA aveva ritenuto di poter superare mediante accorgimenti tecnici specifici e, segnatamente, mediante la predisposizione di “un sistema radar nel parco eolico di progetto che individua il volo degli uccelli e dei chirotteri in tempo reale e blocca automaticamente le turbine eoliche quando c’è il rischio di collisione”, nell’ambito di “un programma sperimentale concordato con l’ARPA Molise” (così punto 8 delle prescrizioni a p. 21 e 22 del parere ARPA come già segnalato nella V.INC.A.).

In particolare la V.INC.A evidenziava tra le maggiori criticità la “localizzazione di alcuni aerogeneratori in aree a margine di ecosistemi boschivi che , soprattutto in condizioni morfologiche di versante, rende le pale meno visibili da lontano aumentando il rischio di collisione …per mancata percezione in tempi congrui dell’ostacolo” ma anche che lo studio in itinere della Regione Molise per la redazione del piano di gestione del SIC segnalava che “a fronte di una pressione dovuta alla produzione di energia eolica nel Sito (impianto eolico della ditta Edison”, per numerose specie di uccelli vi era “un impatto per “uccisione di esemplari”, ritenuto elevato e una “valutazione del carico di pressione su Habitat e Specie” del tipo “Critico/elevato””.

Cionondimeno le conclusioni della V.INC.A erano nel senso di poter “ritenere non significativa l’incidenza a carico delle specie segnalate nel SIC a patto che la Ditta ottemperi alla prescrizioni/mitigazioni esposte nelle conclusioni” e cioè:

I. “…spostare l’aerogeneratore n. 9, poiché interno al SIC e collocato alle spalle di un’ampia zona boscata (Bosco Difesa) sul “Colle Carrello” a monte di un importante “valico” per le specie ornitiche che transitano nel SIC”;

II. “…spostare l’aerogeneratore n. SB05, poiché collocato sul “Colle Fasse” a monte di un importante valico per le specie ornitiche che transitano nel SIC e limitrofo ad uno specchio d’acqua temporaneo “Lago del Corva”;

III. adozione di un sistema radar per il blocco automatico delle turbine in tempo reale in presenza di rischio di collisione con l’avifauna;

IV Esecuzione di un piano di monitoraggio della fauna;

V esecuzione dei lavori in periodo appropriato.

L’ARPA, più in generale, rilevava una sottostima dell’interferenza degli aerogeneratori posti lungo il confine del SIC con alcuni nuclei di foreste e l’esistenza di un impatto in termini di sottrazione irreversibile di habitat forestale in connessione con l’adeguamento (KM 2,935) e l’estensione (KM 0,840) dei collegamenti viari e la posa del cavidotto lungo ben 26, 659 KM (cfr. p. 18 e 19 nonché p. 8 della matrice per la V.INC.A.).

Riteneva tuttavia di poter superare le criticità emerse in sede di valutazione di incidenza e quelle ulteriori evidenziate dall’istruttoria, prescrivendo le mitigazioni ivi suggerite (tranne lo spostamento dei due aerogeneratori posti sui valichi di transito di specie ornitiche) ed inserendone di ulteriori per quanto concerne la salvaguardia della vegetazione protetta e l’assetto idrogeologico.

La stessa Soprintendenza con il parere reso in sede di VIA, successivamente confermato ed ampliato con il parere acquisito alla conferenza di servizi del 30.7.2015 e reso ai fini del rilascio del provvedimento di autorizzazione unica, aveva rappresentato che gli aerogeneratori erano tutti posti in prossimità di aree boscate, tutelate ex lege, e ricadevano nella fascia di rispetto – pari a 7,5 KM secondo quanto stabilito dal punto 16 delle linee guida regionale di cui alla DGR 611/2011 – che legittima l’esercizio del potere di imporre prescrizioni ex art. 152 d. lgs. 42/2004 come richiamato dal punto 14.9 delle linee guida nazionali di cui al D.M. 10 settembre 2010.

Esprimeva al riguardo un parere radicalmente negativo stante la radicale modifica dei tratti identitari dei luoghi (caratterizzati da una spiccata valenza rurale e naturalistica oltre che dalla presenza di diffuse emergenze archeologiche) indotta dalla installazione di apparati tecnologici di rilevantissime proporzioni e chiaramente percepibili, alterando la visuale sia del contesto naturalistico e dei boschi limitrofi sia quella godibile dal tratturo Celano – Foggia vincolato ex lege e da altri numerosi punti di belvedere della zona.

Il parere dell’ARPA Molise dava altresì atto delle criticità di carattere geologico ed idraulico evidenziate dall’autorità di Bacino.

In particolare l’Autorità di Bacino con nota n. 10 del 8.1.2015 – richiamata nel parere dell’ARPA e in parte qua ritrascritta – con riferimento agli aerogeneratori evidenziava che “Si confermano le interferenze tra le aree di localizzazione degli aerogeneratori SB01, SB02 e SB 09 e gli areali a pericolosità di frana, interferenze già note alla Ditta in quanto comunicate da questa AdB con nota prot. n. 1089/2013 e confermate peraltro anche nella relazione geomorfologica allegata alla documentazione progettuale trasmessa. Per quanto riguarda la realizzazione degli altri aerogeneratori, viste le diffuse condizioni di instabilità presenti nelle aree circostanti, si raccomanda di valutare la sussistenza di condizioni di sicurezza al fine di non incrementare i livelli di pericolosità e rischio esistenti”.

Quanto al cavidotto all’interno del parco eolico evidenziava che “Il tracciato del cavidotto interferisce con areali a pericolosità di frana estremamente elevata, elevata e moderata (rispettivamente PF3, PF2 e PF1) così come evidenziati nella relazione geologica e nelle cartografie ad essa allegate. Pertanto, laddove non è possibile individuare un tracciato alternativo, si raccomanda di valutare attentamente le criticità segnalate durante le fasi di realizzazione dello stesso adottando tutti gli opportuni accorgimenti costruttivi. Dal punto di vista idraulico il tracciato interseca il reticolo idrografico, le diverse aree a pericolosità idraulica (rispettivamente P13, P12 e P11) e la fascia di riassetto fluviale”.

Nella relazione conclusiva l’ARPA si limitava a riportare tali informazioni (p. 9, 10 e 11) senza esprimersi in merito.

Altrettanto accadeva con il parere radicalmente negativo espresso dal MIBACT per quanto concerne l’impatto paesaggistico e storico archeologico dell’opera (cfr. p. 11) che veniva parimenti solo menzionato nella relazione istruttoria tecnica dell’ARPA Molise.

Tanto precisato in fatto, può ora procedersi all’esame dei motivi di ricorso.

a. Con un primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 10 bis della L. 241/1990 in quanto la Giunta regionale avrebbe portato a conclusione la V.I.A. senza comunicare preventivamente alla società proponente i motivi ostativi al rilascio di un parere positivo, non consentendole di presentare per iscritto osservazioni ed eventuali documenti a sostegno delle proprie ragioni.

Il motivo è infondato.

In giurisprudenza è stato chiarito che la Valutazione di Impatto Ambientale <<non é il provvedimento conclusivo del procedimento di autorizzazione alla realizzazione dell’impianto di produzione di energia eolica, rispetto al quale si configura l’obbligo del preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10-bis della legge n° 241/1990>> (TAR Sicilia, sez. II, 4 giugno 2012, n. 1177).

Sulla non applicabilità dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 alla VIA si è di recente espresso anche Cons. Stato, IV, 11 gennaio 2018, n. 132 – confermando sul punto la sentenza di questo TAR n. 423/2015 – precisando (punto 4.2. della motivazione) che “che la garanzia procedimentale offerta dall’art. 10-bis l. n. 241/1990 deve essere riferita al solo preavviso in ordine alle ragioni su cui si fonderebbe un provvedimento di rigetto dell’istanza che ha dato avvio al procedimento, ma non può essere “moltiplicata” in ordine ad ogni singolo subprocedimento innestato in un più ampio e complesso procedimento”.

Inoltre nel caso di specie la società ha avuto la possibilità di far valere in sede procedimentale la propria posizione nel corso delle diverse riunioni tenutesi in conferenza di servizi (quelle in particolare del 12.2.2015 e del 25.6.2015 in cui vi è stato un dibattito ampio ed approfondito sia sugli aspetti ambientali che su quelli paesaggistici) e, da ultimo, con le osservazioni proposte a seguito del preavviso di rigetto dell’istanza di autorizzazione unica comunicato dall’Amministrazione, sicchè nessuna lesione del contraddittorio procedimentale potrebbe comunque ravvisarsi (cfr. Cons. Stato, IV, 11 gennaio 2018, n. 132 punto 4.2. della motivazione).

Infine le spiccate criticità di carattere ambientale – in relazione ai SIC limitrofi – geologico e paesaggistico emerse nel corso dell’istruttoria condotta dall’ARPA Molise e testè richiamate, inducono il collegio a ritenere – per le motivazioni evidenziate nel prosieguo – che la decisione assunta dalla Giunta regionale in materia di VIA non avrebbe potuto essere diversa da quella in concreto assunta, ai sensi e per gli effetti dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990, ritenuto dalla giurisprudenza applicabile anche al preavviso di rigetto.

b. Con un secondo motivo strettamente connesso a quello che precede, poi ripreso ed ampliato con i primi motivi aggiunti depositati il 22.1.2016, lamenta la violazione degli artt. 3 e 10 della legge n. 241 del 1990, nonché dei principi del contraddittorio, di trasparenza, imparzialità, correttezza e buona fede oggettiva, in quanto la Giunta, nel rendere la VIA negativa, avrebbe omesso di motivare in relazione alle controdeduzione tecniche del 23.7.2015 presentate dalla esponente sul parere del MIBACT espresso in sede di VIA e non avrebbe espresso un giudizio motivato in relazione alle risultanze dell’istruttoria, con particolare riferimento al parere favorevole dell’ARPA, al documento istruttorio del servizio valutazioni ambientali richiamato nella delibera di Giunta regionale n. 372/2015 e recante la proposta di VIA favorevole e ai pareri della Commissione regionale del paesaggio resi nel giugno/luglio 2012 ai fini del rilascio del parere vincolante da parte della Soprintendenza; mancherebbe anche la motivazione sul bilanciamento degli interessi e sul giudizio di prevalenza della tutela paesaggistica rispetto agli altri interessi e, in particolare, a quello ambientale insito nella produzione di energia da fonte rinnovabile.

Il motivo, complessivamente esaminato nei suoi diversi aspetti, è infondato.

La ricorrente insiste sulla inattendibilità del parere reso dal MIBACT in sede di VIA, omettendo di considerare tuttavia che la delibera di Giunta regionale richiama espressamente gli atti istruttori presupposti e pertanto fonda le proprie conclusioni per relationem su di un compendio istruttorio ben più ampio e problematico dal cui esame è possibile cogliere con chiarezza l’iter logico giuridico della decisione finale e il carattere non decisivo dei contributi istruttori della esponente al fine di poter pervenire ad una decisione positiva.

Costituisce insegnamento costante della giurisprudenza quello per cui la motivazione della decisione finale ben può essere desunta dalla lettura degli atti e provvedimenti presupposti, laddove chiaramente evincibile dalle risultanze istruttorie, come accade nel caso di specie: ciò in quanto nella concezione del procedimento quale forma visibile della funzione amministrativa in cui si svolge dinamicamente il potere, la decisione finale funge da mero riepilogo delle risultanze istruttorie in cui rinviene i propri presupposti giustificativi.

Venendo dunque alle risultanze della articolata istruttoria condotta dall’ARPA, si è già detto delle criticità di carattere geologico del progetto reiteratamente evidenziate dall’Autorità di Bacino.

Sebbene sul punto la ricorrente nulla abbia dedotto, la delibera di Giunta motiva il proprio parere negativo anche “Tenuto conto, altresì, delle criticità rilevate sul fattore “suolo” rintracciabili dal contesto istruttorio”.

Il suolo costituisce una delle componenti ambientali in relazione alle quali valutare l’impatto dell’opera ai sensi dell’art. 4, comma 4 del d. lgs. 152/2006 e già di per sé può giustificare, in caso di impatti pregiudizievoli, una VIA negativa.

Alle criticità geologiche si sommano quelle naturalistiche, considerato che il parco eolico si trova in mezzo a due aree SIC lambendone i confini.

Le spiccate criticità evidenziate dalla matrice del sito della Rete Natura 2000, per quanto non espressamente menzionate nella motivazione della delibera di Giunta, hanno ragionevolmente concorso all’esito negativo della VIA, tenuto conto che la Giunta regionale, a differenza dell’ARPA, ha condotto una valutazione globale delle criticità palesate dall’istruttoria mentre l’ARPA non ha espresso alcun giudizio sugli aspetti geologici e su quelli paesaggistici, limitandosi, sul punto, a richiamare i pareri espressi dalle autorità competenti; appare del tutto logico dunque che il parere favorevole condizionato dell’ARPA, nell’analisi complessiva della Giunta di tutte le matrici ambientali, si sia tramutato in un giudizio negativo in presenza di criticità multifattoriali (flora, fauna, suolo, paesaggio), anche perché il documento istruttorio recante la proposta di delibera di Giunta, per quanto favorevole, non ha espresso alcun giudizio suscettibile di confutazione da parte dell’organo decisorio, limitandosi ad una ricognizione degli atti dell’istruttoria.

Proprio in ragione del carattere parziale del giudizio espresso dall’ARPA (limitato cioè alle criticità palesate dalla V.INC.A.) – pur nell’ambito di una istruttoria molto approfondita – non v’era la necessità per la Giunta di approntare una discorso giustificativo più ampio tenuto conto che le conclusioni opposte di segno negativo cui è pervenuta si giustificano in ragione della analisi complessiva dell’impatto dell’opera su tutte le componenti ambientali (cfr. negli stessi termini in identica fattispecie TAR Molise n. 423/2015 punto III) confermata da Cons. Stato, IV, 11.1.2018, n. 132 punto 4.3. della motivazione).

Al contempo nessun profilo di contraddittorietà può inferirsi dai pareri positivi rilasciati nel giugno/luglio 2012 dalla Commissione regionale del Paesaggio in quanto riferiti ad una proposta progettuale successivamente oggetto di incisive modifiche a causa delle criticità riscontrate, tant’è che nel preambolo del parere della Soprintendenza reso in sede di VIA – come pure in quello successivo acquisito alla conferenza di servizi del 30.7.2015 – si dà espressamente atto che, a fronte di una parere paesaggistico già reso sul progetto (nota prot. 343 del 29.1.2015) la stessa ARPA con nota prot. 5007 del 15.5.2015 aveva successivamente chiesto a tutte le amministrazioni interessate di esprimere nuovamente il parere di competenza sul nuovo progetto definitivo richiesto alla società istante per superare le criticità emerse sino a quella data in fase istruttoria.

Per queste ragioni la richiesta istruttoria di parte ricorrente finalizzata alla acquisizione delle relazioni tecniche illustrative menzionate nei predetti pareri deve essere disattesa in quanto irrilevante ai fini della decisione trattandosi di risultanze istruttorie superate dai successivi sviluppi dell’iter procedimentale.

Il fatto che la Giunta nella motivazione della decisione finale abbia ritenuto di attribuire particolare enfasi al parere radicalmente negativo reso dalla Soprintendenza non può certo obliterare le ulteriori rilevanti criticità palesate dalle risultanze istruttorie che danno ampiamente conto della decisione negativa assunta.

Nessun obbligo di motivazione specifica era dunque configurabile, ai sensi del combinato disposto degli artt. 3 e 10 della legge n. 241 del 1990, in relazione a risultanze istruttorie solo parzialmente favorevoli (parere favorevole dell’ARPA, ma con prescrizioni incisive) o comunque superate dai successivi sviluppi procedimentali (pareri della Commissione regionale per il Paesaggio) non potendosi rinvenire alcun profilo di contraddittorietà tra decisione finale ed atti istruttori; ne discende la infondatezza dei motivi 2, 9 e 10, questi ultimi articolati con i primi motivi aggiunti.

c. Con specifico riferimento all’impatto dell’intervento sul patrimonio culturale la ricorrente ha svolto una serrata critica alle considerazioni espresse dal MIBACT ed al giudizio conclusivo della Giunta regionale con i motivi 2 (in parte), 4, 5 e 6 contenuti nel ricorso introduttivo che, in quanto strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente.

Il collegio ritiene che tali critiche siano infondate.

Osserva il collegio in fatto come non appaia revocabile in dubbio che:

– i sette aerogeneratori in questione siano posti al margine di aree boscate sottoposte a tutela ex lege ed integrati (SB09) o prossimi (i restanti) ad aree protette di particolare pregio naturalistico (SIC);

– che sarà indispensabile rimuovere parte di queste aree boscate per realizzare le piazzole di allocazione delle torri e per ampliare o adeguare il sistema viario necessario a raggiungere l’impianto e per realizzare il cavidotto lungo quasi 27 KM;

– che parte del cavidotto deve attraversare il fiume Biferno, anch’esso soggetto a vincolo paesaggistico ex lege, in area prossima ad un terzo SIC;

– che in prossimità delle torri eoliche vi sono Comuni, siti e tratturi – puntualmente descritti nel parere del MIBACT – soggetti a tutela paesaggistica ed archeologica dai quali sarà possibile avvistare le torri alte oltre 100 m..

Tali circostanze sono puntualmente evidenziate anche nella relazione paesaggistica predisposta dalla società ricorrente:

– quanto alla interferenza del cavidotto con il Fiume Biferno ivi si evidenzia che “il tracciato del cavidotto e le relative attività per la sua realizzazione interferiscono comunque con l’ambito fluviale, essendo in quel punto molto esteso”;

– quanto alla aree boscate, sebbene la relazione a p. 55 e ss escluda interferenze dirette, la cartografia evidenzia che le torri sono poste ai margini di aree boscate; che vi sia potenziale interferenza indiretta in ragione della prossimità degli impianti alle aree boschive risulta pertanto per tabulas. Inoltre come precisato dalla Soprintendenza, le torri trovandosi ai margini di importanti aree boschive ricadono oggettivamente in area contermine a zona vincolata ex lege che legittima l’esercizio dei poteri di cui all’art. 152 d. lgs. n. 42/2004 stante le oggettive interferenze che vengono a determinarsi tra le torri eoliche alte oltre 100 m. e l’area boschiva su cui incombono; non è contestato tra le parti che le torri ricadano nell’area contermine ai boschi.

– quanto ai tratturi, tutelati dal D.M. 15 giugno 1976, a p. 33 della relazione paesaggistica si legge che “La parte centrale del tracciato del Regio Tratturo Celano – Foggia si sviluppa non lontano [sottolineatura aggiunta] dall’area di intervento e a nord di essa….Allo stesso modo il Tratturo Lucera – Castel di Sangro che passa molto più a sud dell’area di intervento, è uno dei tratturi principali…”.

Il carattere pacifico di tali circostanze rendeva dunque superflua la necessità di una confutazione specifica delle osservazioni critiche al parere del MIBACT formulate dalla ricorrente in quanto inidonee a sconfessarne l’esistenza e quindi l’idoneità a palesare una esigenza di tutela, essendo poi questione di merito il giudizio relativo al grado di protezione da approntare.

Una volta accertati i fatti storici – mediante pieno accesso al fatto da parte del giudice – che confermano l’esistenza di immobili paesaggisticamente rilevanti, la scelta delle misure idonee a prevenire alterazioni o interferenze del quadro di insieme tutelato, spetta all’autorità a ciò deputata per legge e le relative valutazioni non sono sindacabili dal giudice se non manifestamente irragionevoli e sproporzionate rispetto alle esigenze di tutela del bene.

Deve ancora aggiungersi che le osservazioni critiche al parere paesaggistico negativo reso in sede di VIA, trasmesse con nota del 23.7.2015 (sub doc. 6 in fascicolo ricorso principale), non riescono a superare le criticità relative alla visibilità delle pale eoliche dai tratturi – in particolare dal Tratturo Celano – Foggia – ed alla alterazione dei valori identitari dei luoghi, come evidenziato dalla Soprintendenza nel parere reso in sede di VIA e successivamente confermato in quello reso ai fini del rilascio della autorizzazione unica.

Non è revocabile in dubbio che la visuale dei sistemi boscati possa risentire pregiudizio dalla presenza degli aerogeneratori, in ragione delle loro dimensioni e prossimità, alterando al contempo i caratteri rurali dell’area e di notevole pregio naturalistico in ragione della presenza di due SIC; tanto legittimava la Soprintendenza alla adozione di misure e prescrizioni di tutela dei beni paesaggisticamente rilevanti, ai sensi dell’art. 152 del d. lgs. n. 42/2004.

Quanto alla visuale dai tratturi l’affermazione della Soprintendenza secondo cui anche le visuali storiche percepibili lungo i tratturi verrebbero irrimediabilmente ed ulteriormente alterate, soprattutto per quanto riguarda le visuali che si generano lungo il tratturo Celano Foggia (cfr. lett i) del parere), appare sostanzialmente condivisa dalla ricorrente che nelle osservazioni critiche ammette a p. 11 che un parco eolico possa interferire con un tratturo “quando il parco eolico è visibile dal Tratturo collocandosi nel contesto geografico, modificandone i caratteri paesaggistici”.

Poiché il Tratturo Celano – Foggia dista circa 3,5 Km. dal parco eolico (cfr. p. 9 delle osservazioni) appare del tutto plausibile affermare la piena visibilità degli impianti dal sito sottoposto a tutela archeologica e paesaggistica in ragione delle loro notevoli dimensioni (oltre 100 m. di altezza) e trattandosi di area contermine a immobile tutelato (essendo ricompresa nel raggio di 7,5 Km. prescritto dal punto 16 delle linee guida regionali di cui alla DGR 611/2011) legittimamente la Soprintendenza ha esercitato i poteri di cui all’art. 152 d. lgs. n. 42/2004.

Né in senso contrario può eccepirsi che la visuale dal tratturo sarebbe stata già alterata dalla presenza di altro parco eolico (Parco eolico di Lucito con ben 17 aerogeneratori) che addirittura attraversa il tratturo, in quanto per costante giurisprudenza la condizione di degrado di un bene paesaggistico non ne giustifica l’ulteriore alterazione.

Sulla scorta di tali circostanze di fatto e tenuto conto del carattere di particolare pregio naturalistico dell’area, non solo il parere del MIBACT non appare inattendibile – limite entro il quale il sindacato del giudice amministrativo può essere esercitato – in quanto ancorato a precisi dati di contesto dotati di pregio paesaggistico e culturale e come tali sottoposti a tutela ma anche il bilanciamento degli interessi operato in sede di VIA dalla Giunta regionale appare del tutto immune da profili di eccesso di potere in relazione al canone generale di ragionevolezza, tenuto conto che i numerosi e rilevanti fattori di impatto sulle matrici ambientali connessi alla realizzazione dell’impianto giustificano ampiamente “la superiorità delle esigenze di conservazione dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico rispetto a quelle che comportano una trasformazione del territorio per finalità di iniziativa economica privata” affermata dalla Giunta a corredo della decisione finale.

Il fatto poi che le criticità di impatto sulla flora e sull’avifauna siano state ritenute superabili sia in sede di V.INC.A. che di relazione istruttoria dell’ARPA, mediante la previsione di molteplici misure di mitigazione, non priva la Giunta del potere di optare per una tutela maggiormente incisiva dei valori ambientali: il principio generale di precauzione che governa il settore legittima l’adozione di un approccio maggiormente conservativo in presenza di oggettive circostanze di fatto che evidenziano in modo incontroverso aspetti spiccatamente problematici (sottrazione certa di porzioni di habitat significative, a fronte di tempi lunghi di ripiantumazione e ripristino; disponibilità di uno studio in itinere per la gestione del SIC che già evidenziava un carico critico/elevato di pressione su habitat e specie dovuto alla produzione di energia eolica nel sito per la presenza di altro impianto della ditta Edison oltre ad un impatto elevato per “uccisione di esemplari” già accertato; il fatto che due aerogeneratori siano collocati in corrispondenza di valichi importanti per le specie ornitiche in transito nel SIC; il rischio di morte per collisione accentuato dalla scarsa visibilità delle pale da prevenire con un sistema radar solo sperimentale).

L’intensità (maggiore o minore) del grado di protezione, in presenza di circostanze che evidenziano impatti pregiudizievoli per le matrici ambientali, è questione che impinge nel merito della decisione amministrativa e, come tale, si sottrae al sindacato giurisdizionale, tanto più che nel caso di specie gli aspetti problematici non erano limitati ad una matrice ambientale specifica ma investivano sia la flora che la fauna (avifauna) che il paesaggio, come pure la loro interrelazione, in un contesto di marcata valenza naturalistica e di spiccata bellezza paesaggistica.

A tali conclusioni il collegio ritiene di dover pervenire anche in ragione del carattere ampiamente discrezionale delle decisioni della Giunta in materia di VIA le cui ponderazioni comparative di interessi non avvengono solo su di un piano strettamente tecnico ma involgono valutazioni afferenti all’indirizzo politico amministrativo generale della Regione.

La giurisprudenza ha infatti da tempo affermato al riguardo che “…nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, l’amministrazione esercita una amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti; la natura schiettamente discrezionale della decisione finale risente dunque dei suoi presupposti sia sul versante tecnico che amministrativo” (cfr. Cons. Stato, V, 22 marzo 2012, n. 1640).

Più di recente anche la Corte costituzionale con sentenza 3 maggio 2013, n. 81 ha evidenziato che nella VIA regionale “a verifiche di natura tecnica circa la compatibilità ambientale del progetto, che rientrano nell’attività di gestione in senso stretto e che vengono realizzate nell’ambito della fase istruttoria, possono affiancarsi e intrecciarsi complesse valutazioni che – nel bilanciare fra loro una pluralità di interessi pubblici quali la tutela dell’ambiente, il governo del territorio e lo sviluppo economico – assumono indubbiamente un particolare rilievo politico” che giustificano la competenza della Giunta in luogo di quella dirigenziale.

Ne discende che alcun profilo di sviamento può ritenersi sussistente nel caso di specie in quanto la decisione della Giunta regionale, lungi dal celare l’intendimento di voler assecondare acriticamente la politica del MIBACT contraria alla installazione di parchi eolici nel territorio regionale, trova piuttosto un solido suffragio nelle risultanze della approfondita istruttoria condotta.

Al contempo alcuna rilevanza ai fini del giudizio negativo di compatibilità impugnato può attribuirsi al rinvio contenuto nella delibera di Giunta alla pianificazione energetica regionale in corso di aggiornamento ai fini della individuazione delle aree idonee alla localizzazione di impianti eolici, stante il carattere dirimente delle risultanze istruttorie acquisite ai fini del giudizio negativo di compatibilità ambientale sicchè in relazione alla dedotta violazione (con il sesto motivo) dell’art. 12, ultimo comma, del d. lgs. n. 387/2003 la ricorrente appare priva di interesse.

d. Con il terzo motivo di censura la ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 14-ter comma 4 della L. 241/90 e dell’art. 12 del D.lgs. 387/2003, dato che la Giunta regionale avrebbe perso il potere di esprime il giudizio di compatibilità ambientale al di fuori della conferenza dei servizi, essendo abbondantemente trascorso il termine di 150 giorni per la conclusione del procedimento di V.I.A.; la VIA tardiva infatti doveva essere espressa in conferenza di servizi, mentre nel caso di specie essa sarebbe stata adottata il 27.7.2015, prima della riunione del 30 luglio 2015 e quindi al di fuori della sede conferenziale.

La doglianza è infondata.

Giova premettere che l’art. 12 del d.lgs. n. 387/2000 prevede che all’autorizzazione unica si applichino le previsioni di cui alla l. n. 241/1990 ivi comprese quelle relative alla conferenza di servizi, rendendo così applicabile la regola di cui all’art. 14 ter, co. 4, della legge 241/1990 a mente del quale “Se la VIA non interviene nel termine previsto per l’adozione del relativo provvedimento, l’amministrazione competente si esprime in sede di conferenza di servizi, la quale si conclude nei trenta giorni successivi al termine predetto”.

Viene pertanto in rilievo l’art. 14-quater, comma 1, della legge nr. 241 del 1990, quale risultante dalle modifiche apportate col d.l. 31 maggio 2010, nr. 98, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, nr. 122, che è del tutto chiaro e univoco nello stabilire che anche l’eventuale dissenso delle amministrazioni preposte alla tutela di interessi ambientali e paesaggistici "a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi".

Peraltro un indirizzo ormai prevalente del Consiglio di Stato ha ammesso che il rappresentante dell’amministrazione preposta alla tutela paesaggistica o ambientale possa anche non essere fisicamente presente alla Conferenza, a condizione però che il relativo parere sia riversato agli atti della stessa e in tale sede esaminato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 18 dicembre 2015, nr. 5749; Cons. Stato, IV, 21 agosto 2015, n. 3971; idem 13 aprile 2016, n. 1454; idem. 9 luglio 2018, n. 4191; Cons. Stato, sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5921; TAR Umbria, Perugia, 16 gennaio 2013, n. 16; T.A.R. L’Aquila, sez. I, 06 febbraio 2017, n. 55).

Ritiene il Collegio che i suddetti principi siano stati rispettati nel caso di specie, atteso che dal verbale della conferenza di servizi del 30 luglio 2015 avente ad oggetto la realizzazione ed esercizio dell’impianto eolico progettato dalla Re Plus srl, risulta che la delibera di Giunta regionale n. 373 del 27.7.2015 è stata acquisita alla sede conferenziale ed il suo contenuto è stato illustrato dal dirigente del servizio valutazioni ambientali che ha predisposto il documento istruttorio per la Giunta, non rilevando pertanto che alla conferenza non abbia partecipato un soggetto formalmente delegato dal Presidente della Giunta regionale ad interloquire sui contenuti della VIA (anche se la Giunta al punto 2 del dispositivo demandava espressamente “alla competente struttura regionale ai sensi della L.R. 21/2000 gli adempimenti conseguenti all’esito della pratica” ivi compreso dunque il potere di intervenire in conferenza di servizi una volta scaduto il termine di legge per rendere la VIA al di fuori della sede conferenziale).

In tal modo risulta realizzata, sebbene in via cartolare, la concentrazione nell’unica sede ed in un unico momento, della manifestazione degli interessi di cui è portatore ciascuno dei soggetti partecipanti, i quali nella sede della conferenza manifestano e discutono le reciproche posizioni maturate sulla base delle istruttorie svolte da ciascuna Amministrazione e che, nel caso della VIA, presentano un grado di notevole complessità che impone la predisposizione del relativo documento al di fuori della sede conferenziale.

A quest’ultima è invece demandata la funzione di realizzare una sintesi delle posizioni espresse dai partecipanti pervenendo a soluzioni il più possibile condivise, ma senza tuttavia ripetere tutti i singoli accertamenti tecnici svolti dai partecipanti, perché altrimenti la conferenza perderebbe la funzione di strumento di semplificazione che essa assolve.

Peraltro, la stessa esigenza di concentrazione a cui risponde la conferenza di servizi risulta soddisfatta anche se la VIA sia adottata in anticipo, non inibendosi in tal modo il confronto e la discussione all’interno della conferenza. Come accennato, poi, la complessità dell’istruttoria preordinata alla valutazione di impatto ambientale, rende l’anticipazione della VIA rispetto alla conferenza di servizi una soluzione pressoché obbligata, senza che ciò determini una violazione dell’obbligo fissato dall’art. 14 ter, co. 4, il quale deve interpretarsi nel senso di imporre che, nell’ipotesi in cui l’Amministrazione competente a formulare la VIA non si pronunci nel termine, questa debba esprimersi in sede di conferenza anche in forma cartolare.

Del resto, pur ipotizzando che la VIA sia stata manifestata in modo irrituale, l’Amministrazione procedente aveva comunque l’obbligo di tenerne conto ai fini dell’adozione della decisione sull’autorizzazione ex art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 della VIA, atteso che, come rileva condivisibilmente la giurisprudenza,: «la conferenza di servizi è il luogo, fisico e giuridico, dove devono confluire, per le evidenziate finalità di concentrazione perseguite dal legislatore nella materia, tutte le manifestazioni di volontà delle autorità coinvolte nel procedimento funzionale all’adozione, ai sensi dell’art. 12 del d.lg. n. 387 del 2003, dell’autorizzazione unica; ciò nondimeno, non può considerarsi “tamquam non esset” una manifestazione di dissenso espressa in forma irrituale (e cioè fuori dalla sede conferenziale) da parte di un’autorità preposta alla tutela di un interesse sensibile (come è quello al paesaggio). Pertanto, se per un verso il principio di leale collaborazione impone indubbiamente alle parti pubbliche di cooperare in vista del perseguimento dell’interesse di cui ciascuna risulti attributaria e di rispettare anzitutto le forme previste dalla legge per la manifestazione della volontà di ciascun soggetto coinvolto nel procedimento (dovendosi quindi ritenere irrituale il dissenso espresso fuori dalla conferenza di servizi), per altro verso, ove l’Ente preposto alla tutela di un interesse sensibile esprima comunque il proprio (irrituale) dissenso nell’ambito del procedimento funzionale all’adozione dell’autorizzazione unica, la Regione non può omettere di dare rilievo a tale dissenso espresso rilasciando (illegittimamente) l’autorizzazione unica» (Cons. Stato, Sez. VI, 10 marzo 2014, n. 1144).

Inoltre, un costante orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi, afferma che il decorso del termine di conclusione del procedimento (e la considerazione vale anche per il procedimento di VIA) non può comportare per ciò solo la consumazione del potere di provvedere ovvero l’invalidità degli atti sopravvenuti alla scadenza di questo (ex plurimis: Sez. IV, 12 giugno 2012, n. 2264; 10 giugno 2010 n. 3695; Sez. VI, 1 dicembre 2010, n. 8371; 14 gennaio 2009, n. 140; 25 giugno 2008 n. 3215) né può determinare, in materia ambientale, la formazione del silenzio assenso in quanto istituto incompatibile con le esigenze di tutela effettiva presidiate anche a livello comunitario.

Deve dunque ritenersi che la VIA sia stata adottata validamente e correttamente introdotta nel procedimento di autorizzazione unica e che pertanto abbia legittimamente concorso a tutti gli effetti alla individuazione delle posizioni prevalenti sulla cui scorta assumere la determinazione conclusiva del procedimento.

e. I motivi 7 e 8, articolati con il ricorso introduttivo avverso il parere negativo successivamente espresso dal MIBACT ed acquisito alla conferenza di servizi del 30.7.2015, vanno dichiarati inammissibili poiché a quella data non era ancora intervenuta la adozione del provvedimento conclusivo del procedimento di autorizzazione unica di competenza regionale sicchè il diniego, per quanto vincolante, era privo di lesività, potendo essere superato mediante devoluzione della decisione al superiore livello di governo (Consiglio dei ministri). La tematica tuttavia non merita ulteriore approfondimento atteso che i medesimi motivi sono comunque stati riproposti con i secondi motivi aggiunti avverso il medesimo parere quale atto presupposto della determina regionale di diniego della autorizzazione unica e saranno esaminati nel prosieguo alle lettere g), h) ed i).

f. In particolare con i secondi motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato la determina dirigenziale della Regione Molise n. 988 del 24 marzo 2016 recante il diniego di autorizzazione unica, chiedendone l’annullamento sia per vizi di illegittimità derivata sia per vizi propri.

Preliminarmente devono essere respinti tutti i motivi di annullamento in via derivata incentrati su pretese illegittimità del presupposto provvedimento di VIA la cui infondatezza è già stata accertata per le ragioni espresse alle lettere b) e c) che precedono cui si rimanda.

Infondati sono anche i motivi di censura articolati avverso il nuovo parere paesaggistico reso dalla Soprintendenza ed acquisito agli atti della conferenza di servizi del 30.7.2015 che parimenti inficerebbe in via derivata il provvedimento regionale negativo di rilascio della autorizzazione unica.

g. In particolare con una prima doglianza (la n. 10 della parte in fatto) Re Plus s.r.l. lamenta la violazione degli artt. 14 ter e quater della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003 assumendo che il parere sarebbe stato reso in modo irrituale in quanto portato in conferenza di servizi da un funzionario non legittimato a parteciparvi che si è rifiutato di interloquire con gli altri partecipanti vanificando la finalità di confronto dialettico della conferenza di servizi.

Come già osservato in relazione ad analoga doglianza prospettata in relazione alla VIA, la più recente giurisprudenza del consiglio di Stato ha interpretato gli articoli in questione nel senso che “la presenza dell’autorità preposta alla tutela del vincolo in sede di conferenza di servizi può essere assicurata non necessariamente dalla presenza fisica del suo rappresentante ma anche dalla trasmissione di note scritte” (così Cons. Stato, IV, 21 agosto 2015, n. 3971; in senso analogo cfr. Cons. Stato, sez. V, 18 dicembre 2015, nr. 5749; idem 13 aprile 2016, n. 1454; idem. 9 luglio 2018, n. 4191; Cons. Stato, IV, n. 2443/2013) donde la irrilevanza del mancanza di delega in capo al funzionario del Segretario regionale del MIBACT che ha dato lettura del parere negativo.

Peraltro poiché il nuovo parere riproduce il contenuto di quello espresso in sede di VIA ed oggetto di ampio confronto critico nella conferenza di servizi del 25.6.2015, deve concludersi nel senso che la posizione del MIBACT sia stata oggetto di approfondito contraddittorio, tant’è che sul primo parere la ricorrente ha potuto anche formulare puntuali controdeduzioni istruttorie poi trasmesse in data 23.7.2015 e successivamente valorizzate anche per contestare il successivo parere paesaggistico di analogo tenore.

h. Con una seconda doglianza (la n. 11 della esposizione in fatto) l’esponente reitera le critiche già indirizzate all’analogo parere espresso dal MIBACT in sede di VIA e le estende al nuovo parere reso in conferenza di servizi, per evidenziarne la inattendibilità sub specie di eccesso di potere per difetto di istruttoria, errore e travisamento dei fatti, mancanza di presupposti, inattendibilità e insufficienza della motivazione.

Poiché il nuovo parere, reiterato in sede conferenziale ai fini del rilascio della autorizzazione unica, sostanzialmente riproduce il parere paesaggistico già reso in sede di VIA e le doglianze prospettate dalla ricorrente sono identiche, deve confermarsi il giudizio di infondatezza per le motivazioni espresse alla lettera c) cui si rinvia dove è compendiata la trattazione dei motivi di ricorso 4, 5, 6 e in parte 2 di cui al ricorso introduttivo.

Deve ribadirsi in questa sede che il parere del Segretariato regionale lungi dall’essere affetto dai motivi di censura prospettati, risulta essere il frutto di un’approfondita e puntuale istruttoria della quale la relazione fornisce pieno riscontro e che, quindi, non risulta lacunosa né censurabile.

Peraltro, a tale ultimo riguardo, pur nell’indubbio rigore degli approfondimenti condotti in relazione al profilo paesaggistico, la ricorrente finisce per sovrapporre le proprie valutazioni a quelle di natura tecnico-discrezionale espresse dall’Amministrazione preposta, mentre va ribadito come il sindacato giurisdizionale nella materia de qua deve mantenersi, alla luce di consolidati arresti giurisprudenziali, sul piano della verifica della non irragionevolezza della valutazione degli elementi di fatto acquisiti, non potendo trasmodare fino a ricomprendere le valutazioni caratterizzate da elevato tasso di opinabilità, pacificamente rimesse alla sfera del potere amministrativo.

Il collegio dopo aver scrutinato con rigore gli elementi di fatto dell’istruttoria ribadisce di non poter sostituire la propria valutazione a quelle espresse dall’autorità preposta alla tutela del vincolo che per le motivazioni espresse non appaiono manifestamente illogiche o contraddittorie o altrimenti affette da vizi sintomatici di eccesso di potere sicchè deve concludersi nel senso che la valutazione dell’Amministrazione statale, relativamente ai giudizi di valori espressi, risulta in questa sede incensurabile in quanto nel suo complesso non inattendibile (nei termini chiariti da Cons. Stato, VI, n. 601/1999).

i. Con una terza articolata doglianza (la n. 12 della esposizione in fatto) la ricorrente lamenta che:

ia) il parere sarebbe caratterizzato da una definizione del tutto sbilanciata degli interessi in conflitto con sopravvalutazione enfatica dei valori paesaggistici da tutelare, accompagnato da un apriorismo critico nei confronti degli impianti eolici;

ib) le prescrizioni imposte poi (dislocazione al di fuori di qualsiasi area soggetta a tutela di prossimità o, in subordine, spostamento degli aerogeneratori dai crinali e abbassamento della loro altezza a non più di 25 metri) non sarebbero coerenti con i caratteri della tutela indiretta che viene in rilievo nel caso di specie in quanto non strettamente funzionali alla conservazione dei valori protetti e sarebbero sproporzionate in quanto inattuabili;

ic) inoltre l’art. 152 del d. lgs. n. 42/2004 non sarebbe applicabile ai beni vincolati ex lege, quali sono i boschi, ma solo alle bellezze naturali individuate da provvedimenti puntuali.

La doglianza è infondata.

Nessuna sopravvalutazione enfatica dei valori paesaggistici può ritenersi sussistente nel caso di specie atteso che l’esigenza di tutela mediante imposizione di severe prescrizioni trova conforto nell’ampio materiale istruttorio raccolto che conferma l’esistenza di un contesto di sicura rilevanza paesaggistica e naturalistica suscettibile di subire pregiudizio a motivo della localizzazione, nel quadro di insieme, di impianti tecnologici di rilevanti dimensioni ed altezza.

Deve aggiungersi che l’autorità preposta alla tutela non era tenuta a valutare altri interessi pubblici atteso che per constante insegnamento giurisprudenziale “Il Ministero per i beni e le attività culturali, nell’esercitare la sua funzione di tutela del paesaggio (nel caso di specie, attraverso la manifestazione del parere obbligatorio nell’ambito del procedimento di compatibilità ambientale), non può attenuare la tutela del bene alla cui cura è predisposto per effetto del bilanciamento o della comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, in quanto il parere da esso reso in ordine alla compatibilità paesaggistica non è espressione di discrezionalità amministrativa, ma di discrezionalità tecnica, e deve perciò limitarsi alla valutazione tecnico-professionale di compatibilità dell’intervento sul territorio con il tutelato interesse pubblico paesaggistico, riservando l’attività di bilanciamento alle Amministrazioni cui tale funzione compete; infatti, diversamente dalla discrezionalità amministrativa, la discrezionalità tecnica si concentra su un solo interesse e non può dare luogo ad alcuna forma di comparazione e valutazione di interessi eterogenei, risultando in caso contrario l’atto viziato per eccesso di potere.” (Cons. Stato, sez. VI, 23 luglio 2015 n. 3652).

Da altra angolatura la ricorrente contesta il contenuto della prescrizioni imposte (dislocazione al di fuori di qualsiasi area soggetta a tutela di prossimità o, in subordine, spostamento degli aerogeneratori dai crinali e abbassamento della loro altezza a non più di 25 metri) ritenute sproporzionate ed incoerenti con il carattere indiretto della tutela; più radicalmente contesta la stessa ammissibilità del ricorso al potere di cui all’art. 152 del d. lgs. n. 42/2004 in quanto a suo dire limitato alle bellezze naturali individuate da provvedimenti specifici e non estensibile ai beni vincolati ex lege.

In senso contrario osserva il collegio che la tesi di parte ricorrente si pone in contrasto con l’espresso richiamo all’art. 152 del d. lgs. n. 42/2004 contenuto al punto 14.9 lett.c delle linee guida nazionali di cui al D.M. 10 settembre 2010 e deve ritenersi pertanto applicabile ad ogni tipologia di bene paesaggisticamente tutelato nella amplissima accezione fornita dalla giurisprudenza amministrativa.

Si è osservato al riguardo che “il paesaggio, quale bene potenzialmente pregiudicato dalla realizzazione di opere di rilevante impatto ambientale, si manifesta in una proiezione spaziale più ampia di quella riveniente dalla sua semplice perimetrazione fisica consentita dalle indicazioni contenute nel decreto di vincolo (cd. effetto di irradiamento del regime vincolistico che assiste i beni paesaggistici, nel caso specifico di opere di rilevante impatto visivo). In materia di impianti eolici, peraltro, la considerazione generale sopra indicata è anche concretamente richiamata dai contenuti delle Linee-guida nazionali (approvate con d.m. 10 settembre 2010, parte III, punto 14.9, lettera c), secondo cui il Soprintendente, chiamato a partecipare al procedimento funzionale all’adozione dell’autorizzazione unica, ha facoltà di esercitare i poteri previsti dall’art. 152 del Codice dei beni culturali e del paesaggio anche quando l’intervento ricada “in aree contermini” a quelle espressamente vincolate ex lege ai sensi dell’art. 142 del d.lgs 142/2004” (cfr. TAR Puglia, 1204/2015 cit. che richiama TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 30 luglio 2014, n. 1238 in termini Consiglio di Stato, Sez. VI, 26 marzo 2013 n. 1674).

Più nel dettaglio e con specifico riferimento alla tutela delle aree boschive, la tesi secondo cui il potere conformativo di cui al richiamato art. 152 sussisterebbe in capo all’autorità paesaggistica soltanto limitatamente ai beni ed alle aree indicate all’art. 136, comma 1, lett. a), b) c) e d) del d.lgs n. 42 del 2004 – già sostenuta da questo TAR con sentenza n. 397/2013 – è stata disattesa dalla pronuncia di Cons. Stato, VI, 4 febbraio 2014, n. 1144 la quale ha precisato che “sarebbe illogico che tale sistema di ulteriore protezione (indiretta) dei beni paesaggistici assistesse unicamente quelli sottoposti a dichiarazione di notevole interesse pubblico ( le cui categorie sono contemplate dall’art. 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio) e non invece i beni paesaggistici previsti dalla legge ( art. 142), in cui il valore paesaggistico compendiato nel vincolo ex lege che li assiste è una qualità correlata originariamente al bene, non suscettibile di una protezione giuridica di minore intensità”.

Dalle precisazioni in diritto testè enunciate circa l’ampiezza del potere ex art. 152 e la sua applicabilità anche ai beni vincolati ex lege, discende anche la infondatezza della doglianza specificamente rivolta al contenuto delle misure prescrittive.

Accertato infatti l’impatto degli impianti sulla visuale di beni tutelati a motivo delle loro dimensioni e prossimità all’area boschiva, non vi erano altre alternative a quelle enunciate: la delocalizzazione al di fuori della fascia di rispetto, l’abbassamento di quota o la limitazione dell’altezza degli impianti, non potendosi opporre alle esigenze di tutela la sostanziale impossibilità di potervi ottemperare con conseguente vanificazione del progetto.

In sostanza specifiche criticità sono state ravvisate con riguardo alla concreta collocazione degli impianti (in area geologicamente critica, naturalisticamente sensibile e paesaggisticamente rilevante) e alle loro dimensioni (quanto alle interferenze con la visibilità delle aree tutelate), in tal modo, a contrario, fornendo alla ricorrente indicazioni sulle modalità con cui eventualmente rimodulare il progetto e renderlo assentibile, non potendosi effettivamente pretendere che l’Amministrazione giungesse ad individuare le concrete soluzioni progettuali e allocative necessarie all’assenso, in quanto non si trattava di criticità limitate ad aspetti specifici, ma, come detto, di profili di radicale incompatibilità sia con l’ambiente che con il paesaggio che implicavano la necessità di riformulare integralmente il progetto (cfr. in tal senso da ultimo TAR Lazio, sez. II quater, 9 febbraio 2015, n. 2338; in tal senso anche TAR Molise, 4 giugno 2013, n. 398 e TAR Molise 6 novembre 2015, n. 423 punto III.5 della motivazione confermata anche sul punto da Cons. Stato, IV, 11 gennaio 2018, n. 132).

l. Con una quarta articolata doglianza (la n. 13 della esposizione in fatto) la ricorrente lamenta che l’organo regionale avrebbe errato nel riconoscere una posizione prevalente al dissenso espresso in conferenza di servizi dal MIBACT sino a riconoscergli un potere di veto atteso che nel caso di specie la tutela concerne aree contermini a immobili vincolati, non soggette come tali a disciplina di tutela diretta.

La tesi è infondata in fatto in quanto l’autorità regionale procedente non ha riconosciuto un potere di veto al MIBACT e alla posizione negativa espressa dall’organo statale ma ha valutato le risultanze dell’istruttoria motivando in ordine alla individuazione delle posizioni prevalenti emerse che sono state individuate, in ragione della rilevanza costituzionale degli interessi tutelati “sia sotto il profilo del grado di coinvolgimento degli stessi nella vicenda amministrativa concreta”, in quella espressa dalla Giunta regionale in sede di VIA ed in quella del MIBACT in sede di verifica della compatibilità paesaggistico dell’opera.

Il fatto che l’organo statale abbia esercitato poteri di tutela “indiretta” non rende certo meno rilevante a fini istruttori il parere negativo reso, tanto più che si somma ad una VIA negativa in un contesto di risultanze istruttorie complessivamente connotate da spiccati elementi di criticità, ribaditi ancora una volta in termini perentori, in sede di conferenza di servizi, dall’Autorità di Bacino con riferimento al profilo geologico “stante il generalizzato stato di dissesto dei versanti oggetto d’intervento”.

m. Con una quinta articolata doglianza (la n. 14 della esposizione in fatto) la ricorrente lamenta che l’organo regionale procedente, nell’assumere la decisione conclusiva del procedimento, avrebbe erroneamente attribuito carattere ostativo a meri contributi istruttori contenenti prescrizioni da attuare in fase esecutiva; ciò avrebbe inficiato il giudizio sulle posizioni prevalenti emerse in sede di conferenza decisoria.

Inoltre i profili di criticità introdotti da taluni pareri (Autorità di Bacino, Comune di Matrice, autorità preposta al vincolo idrogeologico) non sarebbero stati rappresentati con la comunicazione preventiva dei motivi ostativi inviata ai sensi dell’art. 10 bis.

La doglianza è infondata.

Dalla lettura della motivazione del provvedimento impugnato emerge che le posizioni prevalenti si fondano sulla VIA negativa e sul parere paesaggistico negativo del MIBAC in ragione della rilevanza degli interessi (ambientale e paesaggistico), peraltro di rango costituzionale nonchè “del grado di coinvolgimento degli stessi nella vicenda amministrativa concreta”, tenuto conto, per l’appunto, che la quasi totalità dell’attività istruttoria ha avuto ad oggetto la verifica della compatibilità dell’impianto rispetto alle matrici ambientali e, specificamente, rispetto alla valenza paesaggistica dei luoghi. Ciò del resto conformemente con il contenuto del preavviso di rigetto incentrato su tali due aspetti.

Nessuna incidenza causale hanno invece rivestito i pareri acquisiti alla conferenza di servizi del 30.7.2015 e menzionati dalla ricorrente, che l’autorità procedente si è limitata a richiamare nelle premesse della determinazione, senza palesarne una qualche rilevanza nella individuazione delle posizioni prevalenti (cfr. p. 6 della determinazione finale).

Ciò a fortiori vale per il parere della Autorità di Bacino e dell’Ufficio vincolo idrogeologico che peraltro confermano criticità già rilevate nell’ambito della istruttoria condotta dall’ARPA, poi confluita nella VIA.

Poiché il diniego conclusivo non si fonda su circostanze non palesate nella comunicazione ex art. 10 bis nessuna violazione della garanzie procedimentali può configurarsi sul punto, fermo restando che “ai sensi dell’art. 10 bis, l. 7 agosto 1990 n. 241, non deve sussistere necessariamente corrispondenza totale, tale da assurgere a condizione di legittimità del provvedimento finale, in ogni dettaglio tra il contenuto del preavviso di rigetto ed il successivo diniego, ben potendo l’amministrazione, sulla base delle osservazioni del privato, ma anche in via autonoma, precisare meglio le proprie posizioni giuridiche nell’atto di diniego, che assume, esso solo, natura di atto lesivo” (Consiglio di Stato sez. IV 10 dicembre 2007 n. 6325).

m. Con una sesta articolata doglianza (la n. 15 della esposizione in fatto) la ricorrente lamenta che:

m1. in presenza del dissenso qualificato espresso dal MIBAC l’organo regionale procedente avrebbe dovuto comunque rimettere la decisione al Consiglio dei ministri;

m2. in ogni caso l’organo regionale procedente avrebbe errato nel valutare le risultanze istruttorie ed avrebbe abdicato alla ponderazione dell’interesse specifico allo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile riconoscendo una prevalenza ingiustificata all’interesse ambientale ed a quello paesaggistico anziché porli in comparazione con l’interesse pubblico primario sotteso al procedimento di autorizzazione unica;

m3 la mancata ponderazione comparativa non potrebbe nemmeno giustificarsi con l’imminente raggiungimento degli obiettivi regionali di incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili stabiliti dal D.M. 15 marzo 2012 (cd. Burden sharing).

Quanto al primo punto il collegio osserva che l’obbligo di rimessione al Consiglio dei ministri sussiste solo in caso di dissenso qualificato e cioè manifestato da una delle amministrazioni titolari di interesse a garanzia procedimentale rafforzata o titolare di autonomia costituzionalmente garantita. La rimessione è prevista per esigenze di unità e di coordinamento amministrativo per superare un conflitto tra organi, anche ai sensi dell’art. 120 Cost., tant’è che è decisa dal dipartimento che svolge i compiti di coordinamento generale dell’azione amministrativa, affidati dall’art. 2 della legge n. 400/1988 al Consiglio dei ministri.

Nel caso di specie non si è determinato alcun conflitto tra organi statali o tra organi statali e regionali essendovi stato pieno accordo sull’esito negativo del procedimento autorizzatorio sicchè non vi erano i presupposti per rimettere la questione al Consiglio dei ministri.

L’art. 14 quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990 parla infatti “..di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero ….di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali…”, ipotesi non ricorrente nel caso di specie.

Anche l’ulteriore censura (m2) è infondata in quanto l’organo regionale non ha affatto abdicato al compito di operare la ponderazione comparativa tra l’interesse pubblico primario allo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile (in relazione alla disciplina del procedimento ex art. art 12 del d. lgs. 387/2003) e gli interessi pubblici secondari relativi alla tutela ambientale ed a quella paesaggistico, ma ha piuttosto vagliato attentamente le risultanze istruttorie e preso atto che la convergenza delle valutazioni critiche delle autorità statali e regionali preposte alla tutela ambientale e paesaggistica erano tali, in ragione della natura degli interessi e della rilevanza preponderante rivestita in sede istruttoria, da integrare la posizione prevalente nel processo di sintesi decisionale, pervenendo alla coerente conclusione che l’interesse primario tipizzato dalla disciplina procedimentale dovesse ritenersi recessivo rispetto ai predetti due interessi pubblici secondari.

Ne discende che non può utilmente invocarsi da parte della ricorrente il precedente di questo TAR rappresentato dalla sentenza 23 giugno 2016, n. 281 – peraltro di recente confermata da Cons. Stato n. 4608/2018 – con la quale il TAR ha stigmatizzato e censurato la rinuncia da parte dell’organo regionale procedente all’esercizio del potere di valutazione comparativa degli interessi procedimentali, riconoscendo alla posizione ministeriale espressa con il parere paesaggistico una forza vincolante che non trova riscontro nella disciplina del procedimento de quo.

Nel caso oggetto del presente giudizio l’organo procedente, lungi dal recepire una gerarchia astratta di valori costituzionali, ne ha verificato la sussistenza nella concretezza delle risultanze istruttorie che hanno confermato il significativo impatto pregiudizievole che l’iniziativa imprenditoriale avrebbe avuto sugli stessi, pervenendo al diniego dell’istanza con decisione del tutto logica e ragionevole e soprattutto coerente con le risultanze istruttorie e con le valutazioni espresse dagli organi intervenuti.

La ragionevolezza della decisione risulta oltremodo confortata dall’esame dell’ulteriore motivo di doglianza (m3) poiché proprio l’imminente raggiungimento degli obiettivi regionali di incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili stabiliti dal D.M. 15 marzo 2012 – espressamente richiamato in motivazione – rendeva, in quel quadro problematico, del tutto ingiustificato e sproporzionato il sacrifico dell’interesse ambientale e di quello paesaggistico.

Se infatti il raggiungimento dell’obiettivo regionale prefissato non preclude il rilascio dell’autorizzazione in assenza di criticità, la medesima condizione certamente giustifica il diniego nei casi in cui la ponderazione comparativa degli interessi risulti maggiormente contrastata ed opinabile e, a fortiori, ciò vale nel caso in cui le posizioni prevalenti si siano espresse in senso marcatamente negativo, come accaduto nel caso di specie.

Con i terzi e con i quarti motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato gli atti di imposizione del vincolo archeologico sull’area, sopravvenuto in corso di giudizio.

Poiché tuttavia per espressa ammissione della ricorrente il vincolo non interferisce con le aree di localizzazione degli aerogeneratori – che non ricadono neppure nella fascia di rispetto di 500 metri dal sito archeologico prevista dall’art. 16.1 lett. a) delle Linee guida regionali di cui alla DGR n. 621/2011 (se non in misura ritenuta irrilevante per tre aerogeneratori) – deve concludersi nel senso che l’esponente non abbia interesse alla loro impugnazione, non potendo risentire alcun pregiudizio dal regime di tutela conseguente e ciò a fortiori, all’esito dello scrutinio che precede, dove ulteriori, plurime e cogenti ragioni precludono in radice la realizzazione dell’impianto.

Alla luce delle motivazioni che precedono il ricorso principale ed i primi motivi aggiunti relativi alla impugnazione della VIA e degli atti presupposti devono essere, in parte, respinti e, in parte, vanno dichiarati inammissibili; i secondi motivi aggiunti relativi al diniego della autorizzazione unica regionale vanno respinti mentre i restanti motivi aggiunti relativi alla imposizione, con plurimi decreti, del vincolo archeologico sull’area vanno dichiarati inammissibili e comunque improcedibili.

L’estrema complessità delle questioni trattate, unitamente al lungo lasso di tempo trascorso tra l’istanza e il suo esito procedimentale, possono essere apprezzate alla stregua di gravi ed eccezionali ragioni per disporre la compensazione integrale tra le parti delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, in parte li respinge in parte li dichiara inammissibili nei sensi di cui in motivazione.

Compensa le spese di lite tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Campobasso nelle camere di consiglio dei giorni 29 novembre 2017, 7 febbraio 2018 e 16 maggio 2018.

Orazio Ciliberti, Presidente
Luca Monteferrante, Consigliere, Estensore
Domenico De Falco, Referendario

L’ESTENSORE
Luca Monteferrante
 

IL PRESIDENTE
Orazio Ciliberti
        
        
IL SEGRETARIO

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